Antonio Mario Verdino

Poesie


Fino a quando sentirò – trombe instancabili –
Il mormorio del tempo?
Fino a quando – come rapido –
Il sospiro degli anni che scorrono
Su di me su di noi
Su ciò che di più bello tacque
Per riprendere il suo verso di sempre
Il suo instancabile fluttuare
Tra vene profonde di solitudine
Tra steli giallognoli di papaveri consunti.

E come alto niente splende più d’una stella perduta
Che lì risiede salda a fissare i miei giorni,
I giorni nostri che vagano
Come grani di sabbia nel vento.

 


 

Orfeo ignudo, liberi spazi e tenebre per il tuo canto
E non ha voce il tuo morir lento (ah, l’estremo limite degli anni!)
Il giorno chiude la tua speranza. Gli uomini stringono catene
Nel giro dei discorsi e delle parole non dette. Se la tua fede
Avesse campo di gioia, Orfeo, senza pausa il tuo canto
Ma il tuo cammino evoca un fantasma (un ritorno che ha luce di fiaba)
E sei solo. I suoi capelli, Orfeo, un rifugio di pena, e gli occhi
Scuri e profondi, dove l’abbandono è fugace e, vario, uno strano ricamo.
E i suoi silenzi, improvvisi, e la sua ombra, soltanto,
E l’abbandono (ah, forse la morte!). È un’ombra, è solo un’ombra
La dura presenza che scardina i tuoi giorni, che stringe
Il tuo cuore di pena. Forse giunge fino all’intimo la sua voce
O è solo spossata acquiescenza (le sue parole non ti toccano).
Orfeo, sangue inquieto, raccogli il tuo canto ora, senza posa, inerte.

 


 

Il cielo mostrò
Pallide stelle, nella sera
Cadere in frammenti
E la luna si rabbuiò
Per il sommesso lamento
Del vento che debole
Nel vuoto si spense.