Armando Patrito - Poesie

Armando Patrito
Il Potere di luce – Romanzo di fantascienza

CAPITOLO I

Il campanello suonò puntualissimo due volte né,
d’altra parte, comunque non avevo mai avuto dubbi in merito:
Laura era sempre stata una ragazza estremamente precisa e
puntuale e nemmeno questa volta si smentiva; mi avviai
immediatamente ad aprire ma, subito allo scorgere il suo viso,
normalmente sempre fresco e sorridente, capii che qualcosa di
grosso doveva essere nell’aria.

La feci accomodare nello studio e, per rompere subito il
ghiaccio le chiesi: “Allora, come va?”

“Male, malissimo…” Mi rispose subito.

“Ahi, ahi, cominciamo proprio bene!” Feci eco, abbozzando
un mezzo sorriso.

“Senti: dimmi un po’… da quanti anni mi conosci?”

Effettivamente conoscevo Laura da quando era nata; ora aveva
ventotto anni, per cui da sempre. Figlia di due miei carissimi
amici, si era sempre confidata con me considerandomi una
sorta di «zio» o forse anche qualcosa di più; da parte mia ero
sempre stato orgoglioso e contento di poterla aiutare nel suo
giovane percorso di vita. Bruna di capelli, abbastanza alta ma
senza esagerazioni, viso sempre sorridente, poteva senza alcun
dubbio essere definita come una bella ragazza; ed in più anche
laureata.
“Da una vita intera, la tua…” Le risposi.

“Appunto. Quindi mi conosci bene, hai presente i miei pregi e
difetti, sai che con te mi sono sempre confidata al pari dei miei
genitori e sicuramente, in alcuni momenti, anche di più.”
“Vero, verissimo. Ma dove vuoi arrivare?” Le domandai,
allarmato.
“Qualunque cosa ti dovessi raccontare, mi prometti…”
“Laura, mi stai preoccupando!” La interruppi.

Ma i suoi occhioni dolci e umidi che ora mi stavano guardando
con un’aria quasi supplichevole, non lasciavano proprio dubbi
sulla gravità del momento.

“Ti prego, non interrompermi: mi è già difficile così!”

“Va bene, ti ascolto e non ti fermo più.”

“Dicevo: qualunque cosa ti dovessi narrare, mi prometti che
non mi prenderai per pazza o visionaria e che continuerai ad
ascoltarmi ed aiutarmi come hai fatto sino ad un minuto fa?”

“Ma certo!”

“Ripeto: mi prometti che continuerai a starmi sempre vicino?”

“Certo!”
“No, ti prego, per me è molto, molto importante sentirti dire
che me lo prometti.”

“Come vuoi, Laura: sì, te lo prometto. Qualunque cosa mi devi
dire ora, io resterò sempre qui ad aiutarti ed a starti vicino.
Sempre.”
“Grazie, credo che ne avrò veramente molto bisogno.” Replicò
per poi restare immobile in silenzio. Forse stava raccogliendo
le idee o forse doveva trovare il coraggio per iniziare; ma nella
stanza si stava comunque creando un intenso stato di tensione.
“Allora, raccontami, non farmi restare in questa angoscia…”
Le chiesi.

Dopo alcuni istanti di ulteriore immobilismo, interrotti solo
dallo scendere di due grosse lacrime lungo le sue guance, lei
iniziò il racconto con un filo di voce.

“Ecco, il fatto è che ho un ritardo… nelle mie cose…”

Il mio cuore improvvisamente si rasserenò; dopotutto non era
certamente la prima né l’ultima ragazza anche se, in tutta
onestà, da lei mai me lo sarei aspettato.

“E di quanti giorni?”

“Abbastanza.” Rispose, per poi aggiungere successivamente:
“Ma comunque ho già fatto il test ed è positivo.”

“Beh, non è poi una cosa così drammatica come la stai
facendo ora!”

Cercai in tal modo di tranquillizzarla leggendo la sua più
profonda disperazione in volto.

“Non sei certo la prima e non sarai nemmeno l’ultima. Dai,
tranquillizzati un po’… Chi è il lui?”

“Ecco, il problema è proprio qui…”

“Cioè?”
“Io non ho un ragazzo e non ne ho mai conosciuto nessuno, in
quel senso.” (…)


 

Armando Patrito
Sogno senza confini – romanzo fantasy per ragazzi

CAPITOLO I

Era un pomeriggio di mezza estate e faceva caldo,
talmente caldo che tutto taceva per non affaticarsi troppo;
persino gli uccellini restavano in silenzio, immobili, in attesa
del refrigerio serale. Ma, ad essere veramente precisi, non
proprio tutto taceva: in un angolo di un giardino pubblico,
leggermente al riparo di alcune piante, si poteva udire
l’allegro schiamazzare di un gruppo di adolescenti i quali,
incuranti di quel caldo afoso quasi intollerabile, continuavano
i loro giochi e divertimenti. E la cosa ormai andava avanti da
alcune ore al punto che ormai tutti, natura compresa, si
concentravano solo nel seguire i movimenti di quel gruppetto
di ragazzi, nascosti alla vista dalle piante e dai cespugli.

Ma ecco che, ad un certo punto, prima un urlo di
disappunto di tutto il gruppo, poi una pallina tipo quelle da
tennis improvvisamente attraversò una delle tante piazzole
presenti nel parco, per intendersi quelle con panchine, per
andare a perdersi in un angolo introvabile sotto a chissà quale
cespuglio.
Ora le voci del gruppo erano cambiate, non più risate,
incitamenti, grida, ma piuttosto si udivano domande tipo
“L’hai trovata?” Oppure: “Cercate più in là.” Od ancora: “Tu
guarda da quella parte.” Insomma, in parole povere, avevano
perso la pallina con la quale giocavano.

Parecchi minuti dopo il «fattaccio», ecco che uno dei ragazzi
raggiunse proprio quella piazzola in precedenza attraversata
dall’oggetto scomparso e prese a rovistare tra i vari arbusti.
Dopo svariati altri minuti nell’inutile ricerca, il giovane iniziò
a perdere la pazienza e, con quella, anche la voglia di continuare a frugare, visto il caldo impietoso.

Dopo un altro po’ di ulteriore infruttuoso cercare, stanco ed
ormai stufo, decise di sedersi a terra, all’ombra di un cespuglio e dopo alcuni istanti impiegati ad asciugarsi il sudore, si distese completamente a terra per riposare.

Si sa, il mondo visto dal basso appare un po’ diverso da come
lo si vede quando stiamo in piedi e così il ragazzo prese a
guardarsi attorno finché la sua attenzione venne attratta da un
oggetto metallico, colorato, occultato in un angolo remoto,
con un aspetto che ricordava molto le lattine delle normali
bibite che beviamo; si alzò in tutta fretta e, con non poche
difficoltà, riuscì ad impossessarsi dell’oggetto il quale, ad
un’osservazione attenta e più ravvicinata, confermò avere
proprio l’aspetto di una «bibita in lattina». 

“Fantosuperstralattogeniomix” lesse il ragazzo con attenzione
sull’etichetta della presunta bevanda, mentre continuava ad
analizzare lo strano oggetto in tutte le sue parti. “Ma che
strana cosa… eppure è piena, si sente bene a scuoterla…” I
suoi commenti.

Faceva caldo, molto caldo; lui era sudato per il lungo gioco ed
anche per la vana ricerca della pallina e lì, forse, aveva a sua
disposizione una bibita da bere e con la quale dissetarsi… 

La tentazione era forte, troppo forte per resisterle a lungo: “Io,
quasi, quasi la apro e me la bevo. Dopotutto, che sarà mai?” 

Si guardò attentamente attorno, affinché non ci fosse in zona
nessun altro amico con cui condividere la bevanda, e poi tirò
la linguetta della lattina per aprirla. 

Cosa avvenne poi esattamente, lui non lo capì mai; ma
venne comunque coinvolto in un gran turbine di polvere quasi
da non lasciarlo respirare, e poi nebbia, una nebbia profonda,
umida, inspiegabile in un’estate così torrida. 

(…)

 


 

PIOGGIA

 

Gocce di pioggia sui verdi campi:

come rugiada nella notte oscura

io dilagherò in tutto il tuo cuore

per portarvi i più dolci pensieri,

per disegnare immagini di me.  

Acqua io sarò, che ti disseterà

nel più profondo dell’animo tuo,

per farti vivere i sogni più belli

come sempre, amor, li hai sperati,

a volte pensando ad illusioni.

Pioggia sui nostri stanchi volti,

come ossigeno purificante

che porta via, nell’infinito eterno,

tutti i più tenebrosi pensieri

per cambiarli in meravigliosi sogni.

Pioggia che scende sui nostri corpi,

che lava via tutti i cupi ricordi

per lasciarmi solo immagini di te,

fotografie di nascosti desideri

che s’affollano a volte nella mente.

E come vento che tutto spazza via 

 o come acqua che tutto riempie,

io sarò il tuo sogno e desiderio;

stringiti a me come mai hai fatto

e lasciati trasportare tra le stelle.

Piovono cuori dal cielo:

voglio essere pioggia.


 

BALLO

 

E’ come un ballo,

questo nostro strano mondo, 

questa nostra fredda società,

che ora ti prende e ti coinvolge

ora ti lascia e ti butta via,

quasi un Passo a due d’una vita intera.

E’ come un ballo, il nostro ballo,

il nostro tempo, come ogni tempo,

poi passerà e mai tornerà.

Come un tango, un dolce tango,

magari anche argentino

un po’ triste, un po’ intrigante

ma sempre coinvolgente;

mai una salsa, nella sua allegria,

un po’ vivace, un po’ sbarazzina

ma sempre poi felice.

Tu sei elegante come non mai,

col tuo prezioso abito lungo

stile molti anni passati:

mi ricordi uno splendido valzer

tipo quelli viennesi;

e va bene così, anche se poi

magari solo ogni tanto,

vorrei vederti in una bachata

 con quel vestitino stile costume,

il gonnellino appena accennato,

e quell’anca tutta movimento.

 

O magari, sì, ancor di più  

io vorrei ballare con te 

una sensuale rumba per la vita.

E’ questo mondo come un palco,

ove noi siamo i ballerini.



VENERE

 

Ali del vento

il mio pensiero è.

Emozioni volano

già allo scorgere

la luce del mattino

che, subito al vedermi

a me sorride.

Tra le nubi

naviga il mio spirito:

speciale sensazione 

co’l pensiero a te.

Nelle tue mani

poserò il mio cuore

che, come vento,

volerà al tuo cospetto.

Io camminerò

nell’oscuro più profondo

ma con la luce

innanzi a me

che, Venere, sei tu.



VIAGGIO

 

Viaggio dentro al tuo cuore:

io ti toglierò

tutte le tristezze ed i lati bui,

le paure ed ogni grande angoscia;

io lo inonderò

come un’onda sempre più montante

o come un ossigeno purificante.

Viaggio dentro al tuo cuore:

io lo riempirò

con tutte gioie e tanti bei pensieri,

con di serenità e tranquillità un mare,

ma soprattutto

con tante immagini dalla mente mia

ed i pensieri di un profondo amore.

Viaggio dentro al tuo cuore:

io lo plasmerò

in un desiderio tutto sol per me

di emozioni d’amore un intero mare,

un verde prato:

guarda quest’album di fotografie

con noi due sempre uniti insieme.

Viaggio dentro al tuo cuore:

io lì sarò

per tutti i tempi per noi previsti

perché cosa sola noi or saremo.

Tu sei il giardino

dentro cui io vivrò per sempre.



IL CALDO VENTO DELLA SERA

 

Com’è caldo il vento, questa sera,

è una mano che m’avvicina a sé.

E mi sovvengono ricordi

forse anche tristi ma tutti no,

un riaffiorare di fatti che

di tristezza spesso son fondatori.

Un ripensare o forse un rivedere

ciò ch’è stato o che si è fatto,

che correggere più non si può

né mai poi alfin potrà tornare.

Quanti pensieri crea, questo

caldo vento della sera.

Alzo gli occhi al cielo:

oh, quante stelle brillan lassù

che il contarle no, non è possibile;

neanche stessi lì ad osservarle

più del tempo della vita mia.

Ma il mondo incombe e’l tempo è breve,

la realtà chiama e mi pretende

e spazio non lascia per il ricordo:

forse è un bene che sia così.

Quanti pensieri crea, questo

caldo vento della sera.

Passeggiare lungo i viali della mia città,

accarezzato da quella calda brezza

ogni sera dopo il calar del sole:

forse è inebriante ed a lungo ricercato,

potrebbe essere di tristezza un desiderio,

od un giocare col sentimento mio.


 

ARABA FENICE

 

Come Araba Fenice 

io mi muovo per il mondo

vivendo l’altalena quotidiana 

della gioia e lo sconforto.

Ma la gioia è merce rara

che presto e rapida evapora

per poi nel nulla scomparire;

ben poche ormai le cose sono

che ad un cuore ormai provato 

un sorriso o dolcezza danno. 

Lo sconforto che comanda

questa nostra ordinaria società

troppo presto e facilmente distrugge 

ogni sogno e speranza dell’umano.

La riconoscenza, ben si sa, 

più non nasce né mai cresce

in tutta questa nostra falsa realtà;

impossibile trovarla tra le qualità

che per bene distinguono l’umano;

fino a quando ancor non si sa,

ma rinvenirla puoi ancora nelle bestie,

che a torto inferiori vengon dette.

Come Araba Fenice io vivrò,

ma chissà se mai si sa:

ha un numero finito

questa gran capacità ?


 

SERA

 

Ecco laggiù, io lo vedo, ora anche tu.

Il sole ora va e non tornerà

a rischiarare questa mia giornata,

a riscaldare le stanche mie membra,

a dare speranza di lunga giornata.

Or il buio s’avanza ed è di gran fretta:

del tutto gioioso non vede già l’ora

nel grande freddo del tutto annegare.

Sera, è sera.

Io sono qui, sì, nel mio lungo pensare,

forse tristezza o cruda realtà,

a quello mai fatto o ancora da fare,

a ciò che sarà o a cosa mai verrà.

Io sono qui, con la nebbia che avanza,

mi nasconde i contorni della città

lasciandomi dubbi del dove e del come

e del quando o se mai poi andrà via.

Sera, è sera.

Io no non ti vedo, ma so che ci sei,

la mano ora prendi e guidami tu:

ovunque tu andrai io lì sempre sarò.

Con te al mio fianco mi sento sicuro:

calore trasmetti a tutto ’l mio corpo,

pace diffondi nella mia mente stanca.

Insieme possiamo andar anche oltre,

uniti fermare mai nessun ci potrà.

Sera, è sera.

 

È sera, lo sai, non aver alcun dubbio:

è giusto così, è sempre poi stato.

Del mio parlare non darti gran pena:

sì, son io l’illuso che sempre poi crede

interessi a qualcuno dei miei pensieri.

Mi circonda la nebbia, completamente:

oh brutto non è, sì, credevo gran peggio:

gran pace si spande dentro al mio cuore.

Sera, è sera.

Tra le nuvole si muove il mio cuore,

si scioglie poi nell’azzurro del cielo;

volgi il tuo sguardo, è scritto così,

il mio volto non puoi non vedere.

La mente mia ora nuota nel mare

vola da sola sopra tutti i pensieri:

una gioia serena, pace profonda,

questo allora porta sorella sera.

Sera, è sera,

sorella sera.