Strage su strage
In quali abissi
ci siamo avventurati
ove perfino i lamenti
non riescono ad assicurare
contorni all’orizzonte
che non c’è?
In questo impalpabile luogo,
in questo mobile deserto,
anche la presenza della poiana,
che si prenda cura
del mio bambino,
offerto agli Dei
e rifiutato
ancor prima dagli uomini,
risulterebbe essere gradita.
Vorrei unicamente vedere
quale poiana,
mossa da una nobile causa,
riuscirà a cancellare
questa ignobile vergogna
e poi, tranquilla, aspetterò
che il mio avvoltoio
venga a banchettare
con il mio corpo,
venga ad incavare
i miei occhi calcinati,
venga a strappare
la mia bocca screpolata,
venga a perforare
le mie mani macerate,
venga a sbrindellare
il mio cuore pietrificato.
Cancellate, amici volatili,
ogni traccia di vergogna
sulle rotte del mercimonio.
Il mare non ha occhi,
il mare non ha lacrime,
il mare non ha cuore
come chi pretende
di cavalcarlo:
il mare non concede spazio
alla croce dedicata alla pietà.
Lupi famelici
Si cammina
sul crinale di sentieri
immersi nel buio,
abbandonati,
in balia
di lupi mai sazi.
Si cammina
in ordine sparso
avvolti da un fumo,
acre e denso,
in sale chiuse
senza poterlo disperdere.
Si cammina
oltre il silenzio
chiudendo gli occhi
allo spiraglio di luce
celato
oltre le porte sprangate.
Amanti
Abbiamo rubato al presente
un momento
favorito dal luogo.
Le ali del vento
hanno socchiuso
le porte del tempo
diluendo
senza interferenze
la sua veste,
sfilacciandola.
Non ascoltiamo
i rintocchi del campanile
né ci preoccupiamo
del desco giornaliero,
preferiamo
consumare il tempo
tra quattro mura
ad esplorare angoli
e ad illuminare pieghe
per offrire all’orecchio
un tono intonato,
prima di ripiombare nel presente
che ci ritrova divisi.
Ricordi
I fili recisi
riaffiorano
al calar della bruma.
Una danza di polvere,
in filigrana,
si offre
a pizzicare
le corde dei ricordi
chiusi in uno scrigno,
intoccabile,
a prova di scasso.
Un balletto improvvisato
strappa la fatica
al quotidiano,
con un dolce ricordo
od un rimpianto.
E mentre la luce
va a morire,
coltivando la rinascita,
colori brillanti
riempiono la scena
stemperandola.
Mai
Mai
sarai il mio sole:
ho il mio giardino
da coltivare
in compagnia
delle mie sorelle stelle.
Mai
sarai il mio sole
e non potrai occultare
la mia luminosità.
Sarò la stella polare
di chi mi vorrà amica
ed insieme
daremo speranze
a quante, pervase da dubbi,
si fanno risucchiare
in un vortice letale.
Mai
sarai il mio sole
e non brucerai le mie ali
ma di questa grande famiglia
potrai essere
solo la luna.
Sorriso
Un volto sconosciuto
che dona il buongiorno
viene a stemperare
come brezza,
refolo gentile,
l’arsura dell’animo.
Un sorriso non dovuto
un saluto inaspettato
allarga il cuore
e le pietre che vi albergano
come calcoli
vengono frantumate.
Porta il tuo sorriso
nell’agone internazionale
e il tuo saluto
nel consesso universale:
gli ardimentosi inganni
si appianeranno.
Olive
Mi mette le ali
il vento
verso l’ultimo ramo
mentre mi asciuga
il sudore sulle spalle.
Le gemme,
le posso afferrare,
si insinuano
nella canottiera,
si infilano negli stivali,
si poggiano
sul ponticello
a contatto con gli occhi
mentre ruvidi rami
tracciano ricami
sulle braccia.
Brucia la pelle
nelle ferite non incrostate
ma brillano gli occhi,
anche nel buio,
quando i rami,
carichi di olive,
ondeggiano al vento.
Naufrago
Scruta l’orizzonte,
vuoto,
la mano agli occhi
e l’ansia
che si fa calcina
intorno al cuore.
Un sudore amaro,
che brucia la pelle
e pietrifica gli occhi,
viene cullato
dallo sciabordio delle onde
e dal rantolo del motore.
L’immensità vuota
è pronta ad inghiottire
l’ennesimo boccone amaro
che pervicacemente
scruta l’orizzonte
in cerca di pietà umana.
Nessun presagio in vista
porta sollievo
a membra sfatte
ma l’ansimare del mare
sollecita una resa calcificata.
Lamento del mare
Quella voce
che mi parla,
quella voce
che ti parla,
quella voce
che ci parla
viene dispersa,
cristallizzata dal vento,
sulle chiome dei cespugli
abbarbicati alla sabbia.
Non basta il merletto,
dardeggiato dal vento,
ad ingentilire
la voce smerigliata dei cardi,
dei giunchi e delle canne
che cerca riparo
dalle sue folate.
I lamenti si intrecciano
Sulla stessa lunghezza d’onda
E si sostengono
E si consolano
Trovando quella assonanza
Che è mancata loro
Nella bella stagione,
sovrastata
dalle voci diverse
e solo ospiti del luogo.
Ed ora mi parla,
quella voce,
e chiede conto
a me ed agli altri
che si accompagnavano
sfruttandone
il melodioso canto,
e si lamenta
propagando il contagio
perché non mi può aiutare
avendone cancellato le orme.
Puzzle
Un cocktail
e una musica travolgente
trascinano i passi
e liberano il corpo
dai limiti imposti
dal pubblico mostrarsi.
Tracima l’energia
nascosta
e a nulla vale
aggrapparsi alle convenienze.
Mi ritrovo
non padrone
di me stesso
e invano cerco
di riallacciare
i fili del mio essere
e di ricomporre il puzzle
che mi accompagna.