SIRENE
Il vostro canto
echeggia negli abissi
I nostri cuori
curiosi
possedere vorrebbero
la vostra vista
di antica bellezza
senza tempo.
Un suono i marinai udirono
nei loro eterni viaggi
nel Mondo.
In tante leggende
si narra di voi.
Da tempi lontani
affascinate l’uman desiderio
di conquista.
ADDIO
Onde nel mare
corpi sospesi
L’emozione di un dolore.
DISTORTE RIFLESSIONI NOTTURNE:
DOVE FINISCE LA REALTà?
Nel buio, notte
piccini noi siamo
lo spazio osserviamo:
stelle che muoiono,
creano materia,
bruciano idrogeno
che in elio diviene.
Fragili esistenze accompagnano
Universi interminabili
solida certezza di esistere
Uomini o dei,
possediamo gli dei che cerchiamo
assiduamente altrove
cuori di materia pulsante.
Ossigeno diviene CO2
Trasformazione
Concentrazioni gravitazionali e
il tempo che conosciamo
non esiste più…
Eppur illusione non è.
Perduti nella monotonia della quotidianità;
stolta tecnologia
bruciamo soli capacità che possediamo da sempre.
E ciò che è superfluo diverge in essenziale.
Errore moderno
di ingenuità superficiale,
loschi frammenti di poteri sovrani,
di libertà perdute…
Eppur illusione non è
Ossessione di sapere il destino che abbiamo
dovuto avere
nell’incertezza di vivere
nell’unica certezza di morire.
Male non è Morte, ma un nuovo inizio;
si torna ad essere frammenti di materia,
di spazi temporali in Universi paralleli,
dispersi nel confine sfumato
di ciò che a mala pena riusciamo ad osservare
nella desolazione dell’immaginario collettivo.
LETTERA A UN VIAGGIATORE
A te,
marinaio lontano, oggi va il mio pensiero.
Vestito di stracci logorati dal Sole e dal vento, ti vedo, laggiù dalla mia innoqua riva: ti senti rinchiuso su di una barca in legno con una vela bianca strappata; strappata da quelle tempeste che, con qualche acciacco e nuove conoscienze sei riuscito a superare.
Ti vedo lontano ma ti sento vicino al mio cuore e un po’ in te, riconosco me.
Vedo ogni particolare: il tuo berretto bianco da cui spuntano occhi color smeraldo, quasi consumati da tutto il mare che hanno veduto.
Sei al sicuro, rinchiuso sulla tua barca che ti dà protezione ma in cui, spesso ti senti prigioniero.
Chissà quanti pesci, sirene, animali a me sconosciuti hai potuto mirare.
Chissà quante Lune, quante Stelle, quanti mari, hai potuto abbracciare.
Da quante mattine ti sarai fatto cullare?
Quanta sicurezza può dare un mare che un momento pima ti logora gli occhi con la sua bellezza e un momento dopo vorrebbe ucciderti?
Quanto bella può esere la sensazione di sentirsi impotente? Di non avere nessuna arma dalla tua parte che possa proteggerti dalla furia marina?
E tutti quegli esseri a me sconosciuti, caro marinaio, quale magnifica tetra sensazione può donarti una creatura tanto bella che non sarai mai in grado di domare e di conoscere in ogni suo movimento e strategia?
So che sei saggio, i tuoi capelli di paglia secchi e bianchi ne sono testimoni.
In ogni situazione sei stato saggio, dacchè avesti sedici anni.
Hai saputo come comportarti in ogni occasone e il mare te ne sarà riconoscente:
lui sa che quando verrà la fine non ti tirerai indietro, accondiscenderai al volere del tuo unico grande indiscusso dio: il Mare.
SERPEGGIARE IN CIELI MAESTOSI DI UN TIEPIDO INVERNO
Noi volevamo solo volare
Attesa
indiscussa indomabile attesa
Ci fai pregustare il momento
dolce mio sentimento
scrivo di te
Che sei nell’aria fresca del mattino
pretesa di essere chi non si è
da quassù il mondo è com’è
Solo,
immerso,
sirene eleganti,
profili radiosi.
Ali create da menti,
antropici lamenti
Il mare di Icaro da quassopra
ammiriamo
con lui andar non vogliamo
ma con Dedalo risoluti siamo
e al dio Apollo un dono portiamo
Ora noi saper non possiamo quale
gioia assiste svolazzar leggiadri
Ma da Icaro qualcosa impararmmo,
rispettare la memoria quando per
cieli gli equlibri cerchiamo.
Aprile 2020
Il bianco lasciava posto
al verde
ma viceversa succedeva per il ciliegio
l’unico albero fiorito
in quell’aprile speranzoso,
pieno di sogni.
Le primavere si infittivano anche sulla mia schiena.
Riconoscevo i profumi della sera chiara,
mi riportavano ricordi:
la cena con le erbette del prato,
il profumo dell’incenso che mia madre era solita accendere mentre godevamo del tramonto,
le corse in piazza in bicicletta…
Più tardi la primavera è stata finalmente andare in piscina in motorino,
uscire con i capelli bagnati,
non vedere l’ora di fare un tuffo nel fiume, un risveglio dell’anima,
una liberazione a tutti gli effetti.
Come il serpente lascia indietro la sua vecchia pelle, io mi spogliavo da quei vestiti caldi e pesanti, che mi opprimevano i sogni e mi facevano vivere a metà per tuffarmi alla ricerca di qualcosa lungo il corso dei fiumi rapidi e sul fondo del lago.
La primavera ci travolge dal vento da est, rincorro il suo tragitto, ascolto le voci degi spiriti del fiume, mi godo il canto degli uccelli e il rincorrersi delle rondini in questo aprile senza uomini.
Il paese si prepara…
alla grande nevicata novembrina
Un fremito generale irrompe le strade
le case già illuminate
dal candido fragore della legna
che canta sapori di di estati passate
Pale,
uomini aspettano la Dama Bianca
Regina dei monti
Nei bar ci si trova allegramente
la sera, prima di cena
Confronti e nuove idee,
Dolce attesa,
Luna piena.
Le chiese dei paeselli calde.
Il cielo diviso,
nuvole in arrivo,
Tramontana.
LIBERTA’ PERDUTA
Voglio scambi,
scambi facciali
intermolecolari
che facciano ridere, sorridere.
arrabbiare bonariamente
Ho bisogno di cultura, di teatro,
di sapere le cose belle
semplici della vita
che oggi mi sento stritolare i nervi,
le membra
al solo pensiero
di essere nella cruda realtà
delle terribili atrocità
in cui l’esistenza
si accinge ad essere
Vorrei essere lo spirito e
l’anima di quei tanti
esseri da pochi anni nati che ora si accingono
ad essere carne per avvoltoi, squali o
per esseri potenti.
SASSI
Pesante è il fardello,
si appresta
silente
di tanto in tanto
irriverente
amor che ogni cosa
tu vedi nella mente,
aiutami dimenticandone
l’oblio portante
del suo corpo inesistente;
esonda in me il pensiero di trascinare con fatica
la colpevolezza umana
ch’ogni cosa distrugge,
ch’ogni cosa aggredisce
consapevole non lo è
attratta dal potere,
dall’avere,
“Voglio tutto e subito” disse,
io non potei darglielo
e si scalfì contro la mia anima.
.
Che poi
era bello lasciarsi amare
essere fusi in unica soluzione
Terra Sacra
E ora
patria sola
Figli di indegno “progresso”
La definizione che offusca
Ragioni radicate all’antico
umano rito
le stagioni che passano
Disdegnate sotto suole
Di scarpe costose
Con nomi di gente
A quanto pare importante
Dimenticando l’essenziale
La strada percorsa crolla
E sotto i nostri piedi scalzi
scorgemmo frammenti di Terra e di
Vivi dissolversi
Ma noi continuammo a vendere scarpe.