Celestino Magliacane. - Poesie

Amori di primavera

Quanti fiori ho raccolto,
donandoti con affetto puro,
mentre ti guardavo negli occhi,
attraversando cieli sconfinati,
alla ricerca del tuo amore.

Erano i giorni di primavera,
quando respiravamo i suoi profumi,
nei prati e tra i germogli fioriti,
carezzando le tue promesse,
disperse dopo pochi sorrisi.

Non era triste ascoltar,
l’eco del tramonto del dì,
trascorso negli abbracci delle oasi silenti,
sfiorando le labbra dei caldi baci,
lasciandoci le carezze sui nostri volti.

Ma il tempo via ci portò,
e la verde stagione con noi finì,
quando intorno vidi tutto inaridito,
ed in cuor mio, restò nel deserto,
nella disperata follia, di cancellar quei ricordi.

Amori della verde età,
dileguati nel tempo e mai più tornati;
e dopo bramosie ed ansie vissute,
ancora intento a meditar di quegli attimi,
che mi hanno risvegliato il desir d’amore.

 


 

Emigrante

Triste e amara fu la tua decisione,
che ti spinse a mutar scelta,
nella strada della tua vita,
e dritto andasti, verso terra ignota,
alla ricerca della fortuna amica.

Tra gli sguardi curiosi della gente,
trascini con le mani il tuo sudore,
piegandoti allo stremo, senza riguardo,
confuso tra le miste voci,
perpetuano nella tua mente.

Alla terra natia, fa ritorno il pensiero,
tra i tuoi cari che lasciasti;
il dolore ti percuote,
e lasci cadere lacrime calde,
asciugate dai lievi soffi di vento.

Ma la forza del tuo morale,
ti sprona sempre a proseguire,
per godere di una mite condizione,
e dare sollievo alla tua ragione,
che nel tuo animo mai si spegne.

Rivolgi l’ennesima preghiera,
per il trionfo di un giorno migliore,
verso i confini della tua dimora, che costretto lasciasti,
ma resta meta del tuo ritorno,
ad abbracciar la vita che ti aspetta.

 


 

Mendicante

Cosciente della tua sventata sorte,
costringi altrui ad aver pietà di te,
che per sfortuna sei costretto a mendicare,
per poter vivere, altro non puoi fare.

Con un volto rassegnato nel dolore,
a tutti ti rivolgi con il cuore,
cercando che la ragione qualcuno intende,
che con i gesti suoli mostrarla.

La strada è la tua dimora,
ove ogni dì cerchi la vita,
essa ti offre un luogo per ristoro,
felice sei per goder anche in poco.

Speri nella fede e nella fortuna,
che ti assista nei momenti di disperazione,
credi che prima o poi ci sia qualcuno,
che ti conforta della tua misera condizione.

Mendicante sei, ti pesa questa parola,
colpa di quello che ti ha ridotto tale,
di questo ne conservi sempre rancore,
per colui che non ha buon cuore.

Vedi tramontar tutti i tuoi sogni,
rinunci di poter vivere nella gioia,
preghi il Divino per goder nella pace,
volgi la speranza al domani,
che sarà un nuovo giorno.

 


 

Terzo millennio

Attesero l’alba che segnò l’era nuova,
lasciando i ricordi del travaglio addietro,
che impressero forte i tatuaggi del dolore,
allor che le menti umane, soffrirono senza amore,
vittime dell’incubo del terrore.

Ma l’aspetto della sorte non ha mutato,
quando nella vita è prevalsa l’unica ragione,
evidente, per la conquista della mole,
assiderato dall’inganno per la gloria,
negando antichi talenti, or tramontati, nell’oblio del silenzio.

Solchi incolmabili di spasimi,
e le perpetue grida ascoltate nella notte,
è l’eco che riecheggia nella tempesta,
e distensione non incontra,
confusa tra i toni turbati dalla coscienza.

Di quei nuovi valori ante narrati,
portatori di ideali diversi, mai saldati,
solo parole portate avanti,
frutto di fatue fantasie,
e dopo, furono lettera morta.

Con passi enormi si fa avanti,
il vistoso declino della luce,
quanti indifferenti, mostrano il loro sguardo,
senza timore per l’oscuro fato che attende,
e con questi dilegua la fede.

Invano per altrui, rivolgere il pensiero al domani,
or che la giusta morale non ancor vigente,
preme sugli animi tristi, invocando la pace,
innalzando all’unisono, il solo verbo, che non mai tace,
per una sola voce, che mai si spegnerà.

E sempre accesa rimane la fiamma,
della speranza di veder sorgere altre menti,
che alle vie della rettitudine guideranno,
per godere in un mondo felice, lontano dall’affanno,
dove ricordi oscuri nell’oblio rimarranno,
in un millennio che d’amore brillerà,
nella gioia dell’umane genti vivrà.

 


 

Mistero notturno

Sei venuta tra le mie braccia,
nell’incanto dei miei sogni,
disperso tra il canto delle sirene,
mi trascini nell’amore,
quando la tua voce, mi spinge nell’ignoto.

Brillano le stelle nei tuoi occhi,
riflesse nelle onde del mare,
e come conchiglie sulla casta laguna,
giungono i suoi profumi,
trascinati dal vento.

L’eco del mio cuore,
invoca il tuo nome,
che sibilla nelle luci della notte,
offuscato dai cristalli della nebbia,
nasconde il sorriso della vita.

D’incanto alzai lo sguardo,
nell’aprir le porte del mistero,
il pensiero tendeva a te,
tra la romantica armonia,
del notturno di Chopin.

 


 

Quel muro che non è crollato (omertà)

Sotto il sole di una stagione,
prevalse la vittoria della ragione,
e vide cadere la lunga fila di mattoni,
che dividevano l’amore delle nazioni,
e un triste ricordo di regime periva,
mentre un nuovo dì, agli occhi di tutti trionfava.

Il grido dell’odio verso quel muro cadente,
mescolato dal pianto della folla gemente,
fu evidente segno di una vittoria infinita,
dedicata anche a coloro che,
per riuscire nell’ardua impresa,
negli anni addietro persero la vita.

Invano è stato questo sprone,
che non ha mutato l’umana condizione,
di abbattere con il coraggio un altro muro,
che è stato reso forte e duraturo,
e ovunque domina su tutti,
infondendo paura negli animi sconfitti.

Nutrito dal silenzio e dalla freddezza,
dilaga nell’oscuro tra l’amarezza,
e vede ferire tanta gente,
che davanti ai propri occhi fingono di niente,
per evitare la crudele sorte,
ove non sfugge anche la morte.

Terrificante legge, imposta dalle forze del male,
e tutti obbligati a osservare,
con un solo e unico atto dovuto,
il silenzio perpetuo e assoluto,
seguito da menzogna, indifferenza e falsità,
il suo è un vile nome: omertà.

Solo il coraggio e l’amore,
possono demolire per sempre questo muro del disonore,
che non è così grande e imponente,
tanto da poter spaventare la gente,
ma di fronte ai deboli e ai sottomessi,
è l’imponente parete di fango,
dal volto invalicabile e insormontabile,
che nemmeno le parole hanno il potere di perforare,
e in essi tramonterà il sogno di vederlo crollare.

 


 

Dove sei?

Continuavo a cercarti,
tra la folla del giorno,
dietro le siepi, e gli angoli oscuri,
dietro le nubi, e tra i prati di fiori;
era rivolto solo a te il pensiero,
se fossi ancora accanto a me,
o dietro i colori dell’arcobaleno.

Eri l’unica e sempre la sola,
che la mia tristezza potevi guarire,
il mio dolore potevi lenire,
il mio cuore potevi riscaldare,
che or ora è sempre più freddo,
ed il tuo nome è solingo invocare.

Ma il tempo ha trovato la sua ragione,
di tener lontano la vera intenzione,
il volere mai più fu appagato,
di vederti di nuovo tra le mie braccia,
che mi sussurravi quella dolce parola,
che ora è solo una rondine che vola.

Dove sei? Replica che diventa frequente,
riecheggia nel cuore e nella mente,
per un atto mai dovuto,
mi trovai tra un fiume di lacrime,
e dietro le mura, dove solo l’eco,
mi gridava che era un amore perduto.

 


 

L’aurora

Mi sveglio presto di buon’ora,
vedo spuntar nell’ombra l’aurora,
che prende luogo in tutte le dimore,
soprattutto nell’anima e nel cuore.

E’ l’alba serena per un nuovo giorno,
il mio pensiero al passato fa ritorno,
a quell’attimo di pace con l’amore,
e dolenti pensieri d’illusione.

Pensier che colpisci quel cuore che amo,
non è scritto ancora il suo destino,
segui il sentiero del suo cammino,
nell’immenso spazio sognato.

 


 

L’ultima luna

Tu che nascondi il tuo volto,
nelle oscure nubi del cielo,
in un profondo eclissi di tristezza,
nella spina di un infinito dolore.

Hai lasciato nel vuoto il mio cuore,
svanita la speranza di raggiungere l’amore,
privo del desiderio di poter tendere lontano,
alla fonte dei nostri misteri.

Rivolgo dal basso l’ultimo pensiero,
che disperso nella profonda notte,
nelle tenebre lascio il mio respiro,
delle amarezze dell’animo mio.

Nel percorrere il sentiero dei dolci momenti,
la fredda nostalgia mi assale,
né un raggio sul petto mi percuote,
per goder ancora del suo calore.

Le tue gesta sono per ingannare,
con un cruento pianto di lacrime amare,
la tristezza infondi, senza mai godere,
lasciando vane le mie ore.

Sento che non mi sei più vicina,
sei svanita come un’ombra,
appassita come le foglie, mi lasci pensare,
mai ti potrò più amare.

 


 

Ultima speranza

Sei ancora accesa, ardente vivi nel mio cuore,
l’ultima fiamma rimasta,
che ancor resiste alla tempesta,
e non ti lasci perire;
ancor in te ripongo fede,
nel mio indomito spirito,
dinanzi all’ostacolo, non cede.

La tua voce è un eco infinita,
finché ci sei tu, regna la gioia di vita,
immortalata in un quadro di natura viva,
alla luce di colori, su un pino sempreverde,
dove il sorriso non mai perde,
spinta dagli impulsi del proprio volere,
il traguardo del suo fine, vorrà vedere.

Mi porti su quella strada,
lontana dai miraggi all’orizzonte,
verso quei sogni che mai vedrò svanire,
fiero nell’orgoglio, in me non dovrà lenire,
ciò che il mio pensiero tenace tende,
a sicuro, anelante al podio attende,
che mai vedrà naufragare nel mare in burrasca.