Chiara Niccià - Poesie

COSA HO PERSO?

Una fredda sera d’inverno ti ho trovato
mia cara malattia,
ti ho sentita colare dalle cosce fin giù alle caviglie
Mia cara malattia
Tu eri rossa come il peccato che mai ti sarà concesso compiere.
rossa come quel sangue caldo e appiccicaticcio che solo le donne per bene racconteranno alle loro figlie.
Tu oh mia malattia
funesta e scandalosa
di te si parlerà sottovoce di soppiatto
Come un maleficio
Come il peccato
Come un dolore
E allora cara mia
Urla, urla, urla ancora
Perché tu mia malattia
Mi hai tolto la vita
La procreazione di cui sono fatte le donne.
Di un frutto acerbo pronto per essere colto
E io non ti colsi
Mai avrei potuto
Mai avrei sentito neonati urlanti
Segni di amore che scorre
La donna come incubatrice di vita.
Io come un ramo avvizzito
E tu di fronte a me
Ti guardo cancro dell’umanità
E niente mi è concesso. Per sempre.


 

NEI MIEI OCCHI TU CI SEI

Ti guardo
E tutto ciò che mi vien da fare è sorridere
Sorrido mentre le vene sono cariche di te.
Il mio sangue è tuo,
Io te lo cedo in segno di infinita passione
E desiderio volitivo e proibito.
Non s’ha da fare questo sentimento
Che io rinnego e calpesto
Mentre ti guardo estasiata.
Estasiata sono dei tuoi occhi e le tue labbra
Carica della tua luce, calda del tuo calore.
E non mi resta niente altro da fare che scrutarti
Perché mai potrò averti.
Mi rifugio dunque in fondo agli oceani.
È amica questa marea che pervade le addolorate membra di una donna.
Mentre mi cullo in queste salate acque il ricordo di te si fa più labile,
Lontano ormai dalla civiltà.
Chiudo gli occhi.
E non ti sento.


 

IO TI GUARDO

 

Dolce male mio
Ti sazio
Nutriti di passato e futuro,
Di domande attese
e risposte sparite.
Cerco me stessa allo specchio.
Angeli e Demoni
annidati tra le dita
Capelli sfarzosi
Occhi sibillini.
Cerco e mi perdo.


 

LA ROMA, LA STOLTA

 

E fammi distratta
Incoerente
La santa prospera Gioconda
e sorridimi marcia
che io non posso.
Posso, io posso agonizzare
caduta in pozze di morte,
della Luna che cade
sotto i bombardamenti degli amanti.
Negli anfratti dei sogni sparnicciati
come cuscini usati da vecchie puttane.
I Papi Peccatori di Roma,
La Forte la Stolta.
Di notte peccatrice
nei bordi delle strade.
E giungi nei nidi mesti
dove mangi forsennatamente
calde bugie.
Sorridimi e dormi.


 

IL CANTO DELLE PRINCIPESSE

 

I sogni dei bambini
sono belli e profumati.
Sanno di mamme dolci e sorridenti.
Di disegni colorati e alberi alti alti.
Di foglie illuminate dal sole
Un sole caldo.
Di ombre di Fate
e animali morbidi e forti.
I Draghi provano a spaventare
sogni non accorti e un po smarriti.
Angeli e tenere Principesse
in soccorso di pianti liberi e ingenui.
Occhi grandi e vividi
guardano madri soccorritrici.
Dove torna la pace
nelle menti pure
di chi ancora
non ha vissuto drammi inerti.


 

OSPEDALI ELETTRICI

 

Giunsero in nubi sporche,
di urla sante
e di pensieri fugaci.
Residenti in ospedali elettrici
di dolore spasmodico e vivido.
Tempie bruciate da fili coatti.
Intervenire, chi può intervenire
per soccorrere e accorrere
i miei esseri umani
che lottano in voci maligne
e umori palpitanti.
La mente cos’è?
Cosa scegli di pensare?
Si può scegliere? Sul serio?
Se c’è un libero arbitrio
io scelgo la mia casta agonia.
La libertà dei folli è questa.
La libertà dei folli è Mia.


 

 AMAMI ADESSO

 

Amami adesso
mentre il mondo sprigiona
la sua forza vitale.
Amami poi,
quando ci saranno soltanto macerie di feste mai avvenute.
Amami nel passato
dove avevi solo un’idea di me.
Una sterile convinzione
di onnipotenza
dovuta alla cieca supposizione
di primeggiare
nei cuori di fanciulle
vergini ed eteree.
Amami quando tu sarai pronto
ad amarti
Perché solo allora
Io sarò Tua, veramente Tua.
E solo lì il cielo
canterà dolci melodie d’indipendenza.
Il Sole ti illuminerà
e tutto sarà più forte.


 

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