Clara Mastrantoni - Poesie

A mia figlia

 

Quando i miei occhi stanchi di vedere

chiuderanno le porte alla luce

e il mio pensiero cercando andrà

gli attimi preziosi con amore custoditi,

ricorderò il tuo sorriso bambino.

Sentirò ancora la tua minuscola mano sul viso,

il tuo riso cristallino,

pulirò le tue ginocchia sbucciate

e ti gratterò ancora il nasino.

Sorridendo me ne andrò

perché un po’ di me è in te

ed io ancora vivrò.


Ipocrisia

 

Si comincia così…

a vendere un sorriso

per ritrovarsi poi senz’anima

e col riso.

Barattar sé stesso,

vivere per il successo

e rovistare nello specchio

alla vana ricerca dell’io riflesso.

Tu vali poco, io costo tanto,

e lo urli

come fosse un vanto.

Ma da qui non si esce vivi,

da questa pazza gita

dove la cosa più pulita

è una donna che fa la vita.


 

La spiaggia

 

Seduto dove finisce il finito,

i piedi affondati al confine

osservo un gabbiano laggiù!

Quanta invidia per lui!

Si alza e poi giù a bucar l’onda,

nel becco la certezza di vita

nell’aria la casa infinita.

Qui sulla riva, che crediamo sicura,

mille dubbi ci spezzan le ali,

le paure ci dormono accanto

e vivo la vita arrancando.


L’amore perduto

 

La pioggia cade sulla città

lavando case e, forse, anime; chissà!

Un velo di nebbia cela la realtà!

Il cuore vaga per verdi valli,

lo sguardo si alza su alte vette,

la mano sfiora dolci petali

e il tuo viso sfiora il mio.

I giovani pensieri dimenticati

lacerano l’anima stanca e sola.

La nebbia si dirada, si chiudono gli ombrelli

ma la pioggia danza ancora

nei miei occhi.

Il nostro “per sempre”

fece invidia al destino.


L’attimo infinito

 

Cosa c’è più infinito del tempo?

Uno sguardo ad occhi chiusi

oltre l’orizzonte,

un respiro soffiato con passione

abbarbicati alla gioia che esplode.

Un attimo…

Perenne nei ricordi,

immortale nell’anima.

E il resto,

come si cantava a vent’anni…

è noia.


Mi son perso

 

Cercando i perché

in grandi e vuote cose

ho perso le piccole preziose.

Con i denti lottando per apparire

ho spesso dimenticato di essere.

Ho scalciato e sgomitato per la prima fila

senza degnar di sguardo

il piccolo fiore che sbocciava,

il sole che si ergeva,

la pioggia che mi bagnava.

Quante stanze ti occorrono per dormir solo?

Quanti vestiti se nessuno guarda dentro?

Ritorno sui miei passi…

ma il fiore è stato colto, la pioggia cessata

e l’alba è già tramonto.


Soli

 

Se raccolgo un fiore

si farà male?

La mia gioia sarà

il suo dolore?

Ogni giorno un sorriso

viene pagato col pianto,

e a lacrime versate a destra

sgorgan sorrisi a manca.

Ma l’uno non sa dell’altro

E ognuno col suo fardello

Nel proprio viaggio arranca.


Stupido uomo…

 

quanto ancora

dovrò respirare questo dolore?

Quanto ancora

dovrò vedere questi soli cadere?

Quanto ancora

dovrò seppellire speranze mai nate?

Piogge di fuoco

tra polvere e sangue

spengono sorrisi

neanche pensati.

E’ un sogno sognare

fanciulli che calpestano prati?


Troppo tardi

 

Porto la chioma candida

a spasso per il paese mio.

Odo la melodia dei miei passi

su strade nuove di un luogo antico.

Il pensiero fugge a ritroso

e la musica diventa allegro ritmo

di balli, di risate, di lacrime,

di speranzosa inquietudine

e timorosi freni.

Si affollano i sogni già sognati,

i progetti già incompiuti,

i poi ancora rimandati.

Uno stridio di freni ricolloca la mente

torna la melodia stanca…lenta

…già vissuta.  


Vecchio

 

Tu, che guardi
la mia pelle rugosa,
le mie mani nodose,
il mio sguardo perso…
tu non sai chi sono io.
Io sono le lacrime versate,
io sono i sorrisi profusi,
io sono gli abbracci donati,
io sono le malinconie vissute,
io sono le gioie gridate,
io sono i sogni sognati,
io sono i giochi spensierati,
io sono la vita generata.
Io sono…
chi sei tu?