A mia figlia
Quando i miei occhi stanchi di vedere
chiuderanno le porte alla luce
e il mio pensiero cercando andrà
gli attimi preziosi con amore custoditi,
ricorderò il tuo sorriso bambino.
Sentirò ancora la tua minuscola mano sul viso,
il tuo riso cristallino,
pulirò le tue ginocchia sbucciate
e ti gratterò ancora il nasino.
Sorridendo me ne andrò
perché un po’ di me è in te
ed io ancora vivrò.
Ipocrisia
Si comincia così…
a vendere un sorriso
per ritrovarsi poi senz’anima
e col riso.
Barattar sé stesso,
vivere per il successo
e rovistare nello specchio
alla vana ricerca dell’io riflesso.
Tu vali poco, io costo tanto,
e lo urli
come fosse un vanto.
Ma da qui non si esce vivi,
da questa pazza gita
dove la cosa più pulita
è una donna che fa la vita.
La spiaggia
Seduto dove finisce il finito,
i piedi affondati al confine
osservo un gabbiano laggiù!
Quanta invidia per lui!
Si alza e poi giù a bucar l’onda,
nel becco la certezza di vita
nell’aria la casa infinita.
Qui sulla riva, che crediamo sicura,
mille dubbi ci spezzan le ali,
le paure ci dormono accanto
e vivo la vita arrancando.
L’amore perduto
La pioggia cade sulla città
lavando case e, forse, anime; chissà!
Un velo di nebbia cela la realtà!
Il cuore vaga per verdi valli,
lo sguardo si alza su alte vette,
la mano sfiora dolci petali
e il tuo viso sfiora il mio.
I giovani pensieri dimenticati
lacerano l’anima stanca e sola.
La nebbia si dirada, si chiudono gli ombrelli
ma la pioggia danza ancora
nei miei occhi.
Il nostro “per sempre”
fece invidia al destino.
L’attimo infinito
Cosa c’è più infinito del tempo?
Uno sguardo ad occhi chiusi
oltre l’orizzonte,
un respiro soffiato con passione
abbarbicati alla gioia che esplode.
Un attimo…
Perenne nei ricordi,
immortale nell’anima.
E il resto,
come si cantava a vent’anni…
è noia.
Mi son perso
Cercando i perché
in grandi e vuote cose
ho perso le piccole preziose.
Con i denti lottando per apparire
ho spesso dimenticato di essere.
Ho scalciato e sgomitato per la prima fila
senza degnar di sguardo
il piccolo fiore che sbocciava,
il sole che si ergeva,
la pioggia che mi bagnava.
Quante stanze ti occorrono per dormir solo?
Quanti vestiti se nessuno guarda dentro?
Ritorno sui miei passi…
ma il fiore è stato colto, la pioggia cessata
e l’alba è già tramonto.
Soli
Se raccolgo un fiore
si farà male?
La mia gioia sarà
il suo dolore?
Ogni giorno un sorriso
viene pagato col pianto,
e a lacrime versate a destra
sgorgan sorrisi a manca.
Ma l’uno non sa dell’altro
E ognuno col suo fardello
Nel proprio viaggio arranca.
Stupido uomo…
quanto ancora
dovrò respirare questo dolore?
Quanto ancora
dovrò vedere questi soli cadere?
Quanto ancora
dovrò seppellire speranze mai nate?
Piogge di fuoco
tra polvere e sangue
spengono sorrisi
neanche pensati.
E’ un sogno sognare
fanciulli che calpestano prati?
Troppo tardi
Porto la chioma candida
a spasso per il paese mio.
Odo la melodia dei miei passi
su strade nuove di un luogo antico.
Il pensiero fugge a ritroso
e la musica diventa allegro ritmo
di balli, di risate, di lacrime,
di speranzosa inquietudine
e timorosi freni.
Si affollano i sogni già sognati,
i progetti già incompiuti,
i poi ancora rimandati.
Uno stridio di freni ricolloca la mente
torna la melodia stanca…lenta
…già vissuta.
Vecchio
Tu, che guardi
la mia pelle rugosa,
le mie mani nodose,
il mio sguardo perso…
tu non sai chi sono io.
Io sono le lacrime versate,
io sono i sorrisi profusi,
io sono gli abbracci donati,
io sono le malinconie vissute,
io sono le gioie gridate,
io sono i sogni sognati,
io sono i giochi spensierati,
io sono la vita generata.
Io sono…
chi sei tu?