Claudia Della Corte - Poesie e Racconti

APNEA – l’arte è un crimine.

Prologo.

E’ la storia di un’enorme Spoon River a cielo aperto nel lontano 2096, dove le storie sono proibite e soltanto le lapidi possono raccontare le vite, e ad esse ne è affidato il ricordo.

Lì gli artisti che narrano l’attesa della disillusione quotidiana diventano criminali, per chi invece, quotidianamente, si lascia definire di buon grado: “capitale umano”.

E’ la società che sa perfettamente come costruire armi in grado d’ uccidere a sangue freddo un uomo e non sa come si fa a stare felici neppure per un quarto d’ora, è quella che ne ha più bisogno, ed è quella che viene costretta a rinunciarvi, perché le storie, si sa, si raccontano e si diffondono attraverso la forma dell’arte.

Ed è la società in cui si può vivere scegliendo la pace, o trovandosi a sceglierla senza neanche essersi posti il problema.

Se sia preferibile ciò alla ribellione per la libertà, sia chiaro, non si può dire: le storie non servono a dare la risposta. Servono solo a porre la domanda.



ATTO I

 

Scena 1.

BAR. CI SONO TRE PROSTITUTE (DI CUI UNA È FIORE) IN ATTESA DI CLIENTI.. DIETRO AL BANCONE SONO APPESI VARI MANIFESTI PROPAGANDISTICI, TRA CUI UNO AL CENTRO PIÙ GRANDE, CHE RIPORTA LA SCRITTA”L’ARTE E’ UN CRIMINE”.

Prostituta 1: <<Avete visto, pare che Corvino non stia tanto bene ultimamente. In giro si dice che già non sia più lui a prendere le decisioni, ma quello che ha designato come erede…>>

Prostituta 2: <<Eh già, ma pover’uomo, dopo tutta la questione della figlia, non stento a credere che stia male. Ancora sta chiusa là dentro, dicono!>>

Fiore: <<Poverina pure lei. Ma vi immaginate, restare chiusa in un posto del genere per due anni sapendo di aver perso tutto?>>

Prostituta 1: <<Certo che se l’è andata proprio a cercare. Una come lei avrebbe potuto avere tutto, e invece ha preferito leggere libri e…>>

Fiore: <<Ssh! Non dite queste cose, che potremmo essere ascoltate>>

Prostituta 2: <<Eh hai ragione, Fiore. L’unica cosa che non capisco, è che pare che l’erede designato da Corvino fosse il suo corteggiatore, ma dico io, come fai a non sposarti uno così, approfittane!>>

Prostituta 1: <<Che stupida>>

Fiore: <<In ogni caso pare che il numero di punti per l’acqua potabile sia di nuovo raddoppiato>>

Prostituta 2: <<Sì, è così. Non sono tempi facili. Ma nessuno può farci niente, noi dobbiamo solo fidarci, lasciar fare alla Confederazione. Tanto se ci si comporta bene, non si ha nulla da temere>>

Fiore: <<Eh… teniamoci Satana al governo, tanto all’Inferno punisce solo i cattivi>> Prostituta 2: <<Eh?>>

 

ENTRA MARIANO, TRAFELATO.



Prostituta 1: <<Ehi ciao, ti serve qualcosa?>> Mariano :<<No, grazie. Sto cercando… ecco, tu!>> Fiore: <<Andiamo>>

SI METTONO INSIEME UN PO’ PIÙ IN DISPARTE, LE ALTRE 2 PROSTITUTE PARLANO TRA LORO ED ESCONO DI SCENA. FIORE CREDE CHE MARIANO SIA UN CLIENTE E CERCA DI BACIARLO, LUI LA FERMA.

Mariano: <<No, aspetta>>

Fiore :<<Eh? Perché? C’è qualcosa che non va?>> Mariano: <<No, no, anzi scusami…>>

Fiore: <<E allora che ti prende? Hai qualche problema…?>>

Mariano: <<Ascoltami. Non abbiamo molto tempo. Mi presento, mi chiamo Mariano. Io… io vengo da quella parte della Città che oggi definite “Città Fantasma”.>>

Fiore: <<Oddio, oh mio Dio… no, mi dispiace io devo proprio andare, devo…>>

Mariano: <<Ascoltami, ti prego! E’ importante! Io non sono pericoloso, sono uno che racconta storie. >>

Fiore: <<Sssh, ma sei impazzito?! Ma dico io, che ti salta in mente, vuoi farmi ammazzare forse? Vattene, prima che…>>

Mariano: <<Per favore! Io devo raccontarle a qualcuno! Sono in fuga e mi nascondo da quasi due anni; stanno venendo a prendermi, e se mi troveranno mi faranno a pezzi il cervello, lo so, io devo lasciare a qualcuno le storie. Qualcuno di cui mi possa fidare>>

Fiore: <<Io e te non ci conosciamo>>

Mariano: <<In realtà ti ho vista spesso camminare sul marciapiede accanto alle rovine del Municipio, la notte, assieme alle altre. Negli ultimi tempi mi sto nascondendo dai soldati in un palazzo di fronte a quel marciapiede. Tu sei sempre triste, anche da lontano è palese. Vorresti scappare da tutto questo, non è così? Ma forse, pensi di non averne il coraggio.>>

Fiore: <<Come sai… Mi hai seguita? Mi stai minacciando forse? Cosa… che vuoi da me?>>

Mariano: <<Niente, ti prego, credimi. Ho solo bisogno di raccontare queste storie, perché qualcuno ancora in vita e sano di mente deve conoscerle, capisci? Tu non devi far altro che ascoltare. Ti pagherò l’intera serata.>>

Fiore: <<Verranno qui>>



Mariano: <<Alla fine mi troveranno, ma non succederà niente a te. Se verranno mentre mi trovo qui con te mi consegnerò, senza opporre resistenza. Ma vedrai, avrò finito per tempo di raccontare. Non ho paura. >>

Fiore: <<Ma cosa c’è da raccontare?>>

Mariano: << Lo sai perché l’arte è un crimine, Fiore? Perché racconta. Racconta del destino di coloro che avevano provato a dipingere un mondo migliore finché non gli sono stati rubati i colori >>

Fiore: <<Va bene. Ti ascolterò, ma devi pagarmi l’intera serata. Quello cos’è?>> Mariano: <<E’ la cosa più preziosa che posseggo>>

Fiore: <<Ma è solo un diario>>

Mariano fa spallucce, lo apre ed inizia a raccontare:

Mariano : <<La storia inizia a raccontarsi tra le fredde pareti d’un carcere…>>

BUIO. Scena 2.

CARCERE. CI SONO DUE DETENUTI (MARCO E DINO), ENTRANO DUE SECONDINI ED AMANDA.

Amanda: <<Sì, credo che la Rimozione sia l’unica soluzione per fargli accettare la situazione. Non si arrende proprio, non vuole giurare fedeltà alla Confederazione, e non giurerà.>>

Secondino 1: <<Siamo d’accordo con lei, dottoressa. Eseguire la procedura>> Dino: <<No no, non potete farmi questo! Lasciatemi!>>

ESCONO DI SCENA. RIMANGONO AMANDA E MARCO.

Amanda: <<Tu sei?>>

Marco: <<Sono nuovo. Me ne andrò presto, suppongo. >>

Amanda: <<Detenuto numero 46378, bene. E’ per questo che stai sorridendo, perché te ne andrai presto?>>

Marco: <<Sei una strizzacervelli, no? Senti ma… a Dino, cosa gli faranno?>>



Amanda: <<Lo sottoporranno ad una nuova tecnica che sta facendo passi da gigante nella criminologia… si chiama Rimozione>>

Marco: <<Ah, ne ho sentito parlare. Eliminazione mediante stimolazione ad impulsi delle sensazioni legate ai ricordi>>

Amanda: <<Esatto. Rende finalmente pacifici ed innocui i delinquenti. Per il tuo compagno di cella è necessario, purtroppo.>>

Marco: <<Ho sentito dire che è un traditore. Per colpa sua sono morte delle persone ed altre sono in fuga. Io non so se sia vero, con me non parla.>>

Amanda: <<Ha fatto dei nomi, sì, da ciò che so>>

Marco: <<Si vede che è tormentato ugualmente, anche se non ricorda.>>

Amanda: <<Tutti i suoi mostri sono ancora vivi, lì dentro. Solo, sono assopiti. Vogliamo cominciare?>>

BUIO. Scena 3.

CARCERE. CI SONO AMANDA E MARCO, POCO DISTANTE DINO CHE ORMAI SEMBRA UN AUTOMA. E’ PASSATO UN PO’ DI TEMPO RISPETTO ALLA SCENA PRECEDENTE. MARCO ED AMANDA STANNO RIDENDO, HANNO ACQUISITO CONFIDENZA.

Amanda: <<Parlami di te un altro po’, Marco. Da dove vieni?>>

Marco: <<Da quella zona della Città Nuova che prima della guerra veniva chiamata “Napoli”>>

Amanda: <<Non so molto delle vecchie città.>>

Marco: <<Oh, credimi dottoressa, so che era bellissima. Là una volta gli abitanti avevano il mare a breve distanza, una scusa per andarci a parlare ogni sera.>>

Amanda: <<Mm…>>

Marco: <<Oggi non visiti il muto?>>

Amanda: <<No, Marco. Lo ritengo inutile; la Rimozione sta facendo il suo naturale corso. Lo aiuta a non stare male e a concentrasi sulla sua riabilitazione. >>



Marco: <<Anch’io che sono qui per aver rubato quelle bottiglie ho bisogno di riabilitazione?>>

Amanda: <<Il tuo è un caso diverso. Vuoi essere di nuovo parte del sistema. Hai capito di aver sbagliato… che fai?>>

MARCO ANNUSA AMANDA.

Marco: <<Ah no scusa dottoressa, è che sento odore di fiori. Sono un esperto, perché sono stato fioraio>>

Amanda:<<Ah… sì?>>

Marco: <<Sì, ma quella era un’altra vita. Sono così rari i fiori nel 2096!>>

Amanda: <<Sì… è vero che sono appassionata di fiori. Anche in tempi bui come questi, è bello tornare a casa e trovare un piccolo giardino di cui prendersi cura… sai, non ho figli.  Ma perché stiamo parlando di me, dunque, tu…>>

Marco: <<Invece io credo che dovremmo parlare di te, dottoressa. Sei così bella eppure hai uno sguardo così triste! Dimmi, perché?>>

Amanda: <<Ah… mio marito, è morto in primavera, ed io sono rimasta sola, dopo tanto tempo. E’ che alla compagnia ci si abitua.>>

Marco: <<Terribile. Ma, qualcosa mi dice che la sua morte non è stata un incidente>>

Amanda: <<Ma cosa puoi saperne tu… certo che è stato un incidente! L’avevano portato all’ospedale, ma purtroppo gli sono terminati i punti di produttività prima che finisse l’operazione cui lo stavano sottoponendo. Non potevo dargli tutti i miei, o saremmo morti entrambi, perché comunque non erano abbastanza. Così è stato, va bene? Ora, piuttosto, concentriamoci. Perché hai agito contro la Confederazione rubando quell’acqua?>>

Marco: <<Per lo stesso motivo per cui sei tanto arrabbiata, Amanda, anche se fai finta di non darlo a vedere. Tuo marito è morto perché non aveva abbastanza punti per curarsi… sai quanti punti servono per avere una bottiglietta d’acqua potabile oggi? Circa 40 punti! Lo sai che significa questo, vero?>>

Amanda: <<Che se ci si impegna producendo…>>

Marco: <<E’ comunque sbagliato! Lo sai cos’è una rosa di gerico? >> Amanda: <<Certo che lo so. Ti ho detto che sono appassionata di fiori, ma…>> Marco: <<Ebbene, quella rosa…>>

Amanda: <<Non possiamo parlare di fiori! Sto lavorando! Io pensavo fossi in via di guarigione, invece…>>



Marco: <<E va bene! Ho rubato quelle bottiglie d’acqua per darle a persone che non se le possono permettere! Corvino ha il monopolio sul mondo, controlla il Consiglio della Confederazione, ma non significa che il controllo debba averlo anche sulle nostre vite!>>

Amanda: <<Aah, basta così.>>

Marco: <<Guarda che è successo a quel ragazzo, piuttosto! L’hai mandato a farsi manipolare la memoria, addirittura, per non fargli rendere conto di ciò che gli è successo… quanti giorni sono che non ripete più i nomi dei suoi amici, che non lotta più? L’aveva fatto per quasi due anni! E’ soltanto vigliaccheria un atto del genere>>

Amanda: <<Basta! Mi dispiace molto, perché eri sulla buona strada, ma dovrò compilare il modulo adesso.>>

Marco : <<Fai pure il tuo dovere, dottoressa, meritati i tuoi punti>>

BUIO. Scena 4.

CARCERE. DINO CHE MANGIA, E I DUE SECONDINI DI GUARDIA. ENTRA AMANDA, UN PO’ IN ANSIA, GUARDA L’OROLOGIO.

Amanda: <<Scusi, che ore sono?>>

Secondino 1: <<Sono le 4 e mezza, dottoressa. Ma mi perdoni, perché è venuta qui?>>

Secondino 2: <<Se sta cercando qualcuno glielo andiamo a chiamare. E’ un detenuto che ha in cura?>>

Amanda: <<No… chiedo scusa, ma avevo disposto per le tre di questo pomeriggio un processo di Rimozione per il detenuto Marco Ferri, il ladro di acqua. Sembrava promettente all’inizio, poi è caduto di nuovo nella sua problematica, ed ho pensato che la cosa migliore per fargli accettare la situazione e capire che aveva sbagliato, era quella di…>>

Secondino 1: <<Dottoressa… in realtà abbiamo capito di chi si tratta. Marco Ferri, 27 anni. E’ stato qui per un paio di mesi per quel deprecabile furto>>

Amanda: <<Sì, lui>>

I SECONDINI SI GUARDANO NEGLI OCCHI.

Secondino 2: <<Dottoressa, si è ucciso questa mattina. Era riuscito a prendere un oggetto affilato… è morto dissanguato>>



Secondino 1: <<Evidentemente aveva capito cosa gli aspettava, e vigliaccamente ha compiuto il gesto>>

Secondino 2: <<Dottoressa… si sente bene?>>

Amanda: <<No, io sto bene, io… oddio, io… devo andare, scusate>>

Buio. Scena 5.

UN POSTO DELLA CITTA’ TRANQUILLO DOVE VANNO DI SOLITO. CLELIA E’ GIA’ IN SCENA, SEDUTA, STA LEGGENDO DEI LIBRI. ENTRA DINO CON DELLE BOMBOLETTE SPRAY TRA LE MANI.

Dino: <<Hai sentito quello che oggi hanno detto alla Propaganda, Clelia? Hanno detto che ormai il Decreto è quasi pronto, che manca poco… si tratta di convincere quei quattro fessi del Consiglio che sono ancora contrari ed è fatta. Come se poi tuo padre…>>

Clelia: <<Lo sai che non mi piace parlare di mio padre>>

Dino: <<Hai ragione, chi non vorrebbe essere figlia dell’uomo più ricco e potente della Confederazione>>

Clelia: <<Io>>

Dino: <<Mah, uno che si fa costruire un acquario quando l’acqua è diventato il bene più costoso… strano. Dev’essere una personcina gradevole>>

Clelia: <<Per essere un potenziale criminale per il Decreto sulla criminalizzazione dell’arte ti vedo particolarmente allegro>>

Dino: <<Beh, innanzitutto ho appena finito di dipingere uno dei miei capolavori… potrei aver raffigurato tuo padre, il grande capo del mondo in maniera un tantino grottesca… ok, è a forma di avvoltoio. >>

Clelia: <<Aspe che…?>> Dino: <<Licenza artistica>>

Clelia: <<Meraviglioso. Sai di star commettendo reati contro la Propaganda, vero?>>

Dino: <<Ma non ancora crimine artistico! Bè, parlando seriamente, comunque, il Decreto passerà, Clelia>>

Clelia: <<Sì, anch’io ne sono convinta>>



Dino: << Avremo ancora diritto a dieci minuti di libertà?>>

ENTRANO DAMIANO ED ALTRI 2 SOLDATI DELL’ORDINE DELLA CITTÀ NUOVA. CLELIA QUANDO LO VEDE SI ALZA E FA PER ANDARSENE COI SUOI LIBRI.

Damiano: <<Libri? Davvero?>>

Dino: << Oh no, il potente braccio della Confederazione! Presto, fate ordine, pubblico!>>

CLELIA RIDACCHIA.

Damiano: <<No, mi fa piacere che lo trovi divertente, imbecille, davvero. Anche tu, Clelia>>

Clelia: <<Vai all’inferno, Damiano.>>

Dino: <<Lo troverebbe troppo artistico; hai idea di quanto sia bello da vedere, tutto quel fuoco, lo farebbe radere al suolo per costruirci un centro commerciale da poter controllare 24 ore su 24>>

Guardia 1: <<Bada a come parli, idiota!>>

Dino: <<Oddio, sapete parlare anche voialtri! Avete imparato a coniugare i verbi? Forte, quello è difficile…>>

Damiano: <<Clelia, tuo padre vuole parlarti. Dammi quei libri, andiamo>>

CLELIA TRATTIENE I LIBRI.

Clelia: <<Non puoi dirmi quello che devo fare>> Damiano: <<Adesso basta. Dobbiamo andare>> CLELIA LASCIA I LIBRI A DINO.

Damiano: <<Andiamo>>

BUIO. Scena 6.

RIFUGIO. MARIANO, DINO, CLELIA, PAOLO, ERNESTO, AURORA, MICOL ED ALTRE COMPARSE STANNO FESTEGGIANDO. PAOLO ED ERNESTO SONO IN PRIMO PIANO RISPETTO AGLI ALTRI.

Ernesto: <<Non ci posso credere. Non sei mai stato un vigliacco.>>



Paolo: <<Ernesto, non ha alcun senso: la Confederazione sta facendo piazza pulita. Io non voglio fare questa fine. Noi finora abbiamo lottato per i nostri sogni, come potrei realizzare i miei stando qui a farmi uccidere? E’ questione di giorni ormai, e questo posto diventerà un inferno. >>

Ernesto: <<E cosa farai? Te ne andrai via così, con la tua moto, pagando gli ultimi punti che ti rimangono in benzina, ammesso che ne distribuiscano ancora, sperando che nessuno ti veda, o che i soldati alla frontiera ti facciano tranquillamente attraversare il confine? Per andare dove?>>

Aurora: <<Lascialo perdere, Ernesto, mio fratello ultimamente sragiona>> Paolo: <<Ehi, stavi origliando, sorellina?>>

Aurora: <<Sì. Questa è una commemorazione. Stiamo celebrando la fondazione del Rifugio, dovremmo onorarlo, tutti. Questo posto è stato costruito col sangue di chi ha combattuto per tenere in vita la libertà di esprimerci.>>

Ernesto: <<Non è cosa da poco>> Aurora: <<Dobbiamo restare uniti>>

Paolo: <<Aurora, non è così semplice. Io, vorrei solo stare bene! Non puoi non capirmi, proprio tu! Ti ricordi, da piccoli qualche volta giocavamo con le barchette di carta in riva al fiume. I nostri genitori si arrabbiavano tanto perché era pericoloso: l’acqua era inquinata e tu eri così piccola, e se fossi caduta? Ti ricordi del vento, che se le portava, e noi restavamo zitti, come incantati, ad osservarle? Quanto avrei voluto avere la stessa facoltà, di andarmene, così, come una barchetta guidata dal vento, senza più catene, vincoli, senza problema del ritorno! La Città Nuova è così, è come vivere in un camposanto sconfinato. In questa periferia di scarti, l’arte, da sola non basta, e questo voi non lo capite. A nessuno importa della possibilità di scegliere, se alla fine della giornata avranno avuto i loro punti per comprare un altro monitor per ascoltare i comizi della Propaganda o un altro inutile soprammobile, mentre ad altri potrebbe importare, se solo non rischiassero di morire di sete, perché l’acqua potabile appartiene a Corvino! Solo a lui, che fa il bello e il cattivo tempo. Non posso restare qui sapendo di essere impotente o di vedere i miei amici morire combattendo una guerra contro chi, semplicemente ha già vinto. Perché è così, Ernesto. La Confederazione schiaccia i sogni, uno sull’altro, come fanno le sue grandi industrie con i maledetti prodotti, con le confezioni.  E a te cosa resta se non i coriandoli di questi sogni che tanto desideri realizzare?>>

Ernesto: <<Paolo, quello che dici non ha alcun senso. Ci porteranno via tutto. Ci porteranno via l’arte! Non potrai più suonare il violino. Hai idea di cosa significhi per te, per tutti noi?>>

Aurora: <<Resta>>



Paolo: <<Vieni tu con me. Ti prego. Anche tu, Ernesto, sei il mio migliore amico>> Ernesto: <<Io preferisco morire>>

Paolo: <<Andiamo, non essere ipocrita. Che vuoi fare, l’eroe? E per cosa? E’ perché ti sei innamorato di Clelia?>>

Ernesto: <<Non esistono eroi. Nessuno di noi lo è, neanche lei>> Paolo: <<E allora? Non hai paura di morire?>>

Ernesto: <<Ogni giorno, Paolo. Ogni giorno>>

I TRE SI GUARDANO, NON PARLANO. MUSICA DI SOTTOFONDO SI ALZA DI VOLUME. ERNESTO SI ALLONTANA E VA SULLO SFONDO PER TERMINARE UN QUADRO SU UNA GRANDE TELA (GIÀ INIZIATO). ARRIVANO LE GUARDIE, LA MUSICA SI DISSOLVE.

Soldato 1: <<Tutti a terra! Mani dietro alla testa!>>

MOMENTO DI PAURA, TUTTI INGINOCCHIATI A TERRA CON LE MANI DIETRO ALLA TESTA.

Damiano: <<Il Decreto sta per passare. E’finita la pacchia, è questione di ore. Clelia, andiamo, tu non devi restare in questo posto, né per strada, tra poco probabilmente ci sarà un bagno di sangue>>

LA PRENDE PER IL BRACCIO, LA FA ALZARE, MA LEI LO RESPINGE.

Clelia: <<Io rimango qui>>

Damiano: <<Clelia, non è proprio il caso, mi sono spiegato? Andiamo, non farmi perdere la pazienza, l’hai sentito tuo padre l’altro giorno>>

Clelia: <<Ti sei spiegato benissimo, ed io non vengo proprio da nessuna parte. Soprattutto non con te, e soprattutto dopo aver ascoltato “mio padre l’altro giorno”>>

DAMIANO LA AFFERRA PER IL POLSO.

Clelia: <<E’ inutile, non mi importa, non ci vengo con te, e non ti sposerò mai, fattene una ragione!>>

Damiano: <<Stammi a sentire…>>

DINO SI ALZA.



Dino: <<Ora basta>>

Guardia 2: <<In ginocchio o ti sparo!>> Clelia: <<No, Dino, ti prego>>

DINO SI INGINOCCHIA DI NUOVO, TORVO. DAMIANO LASCIA LA MANO A CLELIA PIENO, DI RABBIA.

Damiano: <<Preferisci questi tuoi “amici” a me? Preferisci restare in questo posto schifoso piuttosto che tornare a casa? Rifiuti un uomo come me? E per cosa, Clelia? Per cosa? Tu  che sei la figlia di Ludovico Corvino, che potresti diventare la moglie dell’uomo più influente…>>

Clelia: <<E’ solo questo che ti importa. Io non sono così>>

Damiano: <<A dire il vero non sei niente male. Comunque non hai scelta, quindi smettila di fare la bambina, o dovrò costringerti!>>

Clelia: <<Io non sono tua moglie o la figlia del grande Corvino. Io sono Clelia. Se mio padre mi vuole fuori dai guai iniziasse a mettere a disposizione di tutti l’acqua potabile, poi potremmo riparlarne>>

Damiano: <<Come vuoi. Non dirmi che non ti avevo avvertita. Andiamo, tanto li arresteremo entro domani tutti, uno ad uno.>>

LE GUARDIE SE NE VANNO, TUTTI SI ALZANO IN PIEDI, PREOCCUPATISSIMI.

Paolo: <<Aurora, Aurora… dobbiamo andarcene. Svelta>> Micol: <<Vengo con voi>>

Dino: <<Clelia, stai…>>

Clelia: <<Sto bene, sto bene… andate, non dovete farvi trovare qui, vi prego. Ci rincontreremo presto>>

Dino: <<Clelia, mi prometti che… stai attenta, ok? Ho già perso mia madre e mio fratello per colpa della guerra. Non posso perdere anche la mia migliore amica>>

Clelia: <<Starò attenta>>

CLELIA E DINO SI ABBRACCIANO, POI SE NE VANNO TUTTI DAL RIFUGIO, TRANNE CLELIA,E SULLO SFONDO ERNESTO, CHE STA ANCORA PENSANDO AL SUO QUADRO. CLELIA RACCOGLIE I LIBRI .

Clelia: <<Sei rimasto. Perché?>>



Ernesto: <<Devo finire questo quadro. Sono arrabbiato per ciò che è successo; se esco di qui porterò la rabbia con me. E poi detesto le cose incomplete. E’ come lasciare una porta aperta>>

Clelia: <<E’ davvero bellissimo. Cosa rappresenta?>> Ernesto: <<L’inquietudine della solitudine>>

CLELIA SI SIEDE.

Clelia: <<Addirittura. Beh, allora mi ci rivedo>>

Ernesto: <<Tu sei più un tumulto. Inquietudine per te è riduttivo>> Clelia: <<Ma sono sola>>

Ernesto: <<Perlomeno tu un padre ce l’hai, anche se è Ludovico Corvino. Io sono cresciuto con quattro fratelli che ho visto morire uno dopo l’altro, ed una madre che si è vista costretta a vendere tutti i punti per le spese mediche, che è stata abbandonata da tutti, per morire sola come un cane su un marciapiede, mentre io ero troppo impegnato a chiedere l’elemosina per comprare un sorso d’acqua potabile. Ma tu che ne sai>>

Clelia: <<Mi pare che io sia qui, no?>>

Ernesto: <<Io non ce l’ho con te. Tu sei diversa>> Clelia: <<Diversa da mio padre?>>

Ernesto: <<Diversa da qualsiasi altra cosa>>

ERNESTO SI SIEDE ACCANTO A LEI.

Ernesto: <<La campagna che mi ha visto dare alla luce era una di quelle poche che la guerra non era riuscita a devastare, non del tutto. Sai, c’erano ancora degli alberi>>

Clelia: <<Tu hai visto un albero da vicino? Un albero vero?>>

Ernesto: <<Sì. Era una magnolia, che nonostante tutta la devastazione aveva resistito ed era cresciuta, rigogliosa, proprio a pochi passi dalla casa dei miei. Prima che fosse abbattuta dopo la svendita della terra, sarò salito sulla sua cima perlomeno un milione di volte, a leggere, a scrivere libri, a disegnare…>>

Clelia: <<Dev’essere stato bello. Non ho mai fatto una cosa così>> Ernesto: <<Possiamo farlo, se vuoi>>

Clelia: <<Cosa?>>

Ernesto: <<Salire sulla magnolia>>



ERNESTO SI ALZA IN PIEDI, GIRA ATTORNO ALLA SEDIA, LE TENDE LA MANO, LEI SI ALZA, LA PRENDE, ERNESTO SI RISIEDE MIMANDO UN ARRAMPICAMENTO.

Ernesto: <<Uuuf, che fatica salire fin quassù. Ma guarda, che bel panorama da qui: la pioggia acida non è arrivata, perlomeno in questa zona… non è potabile comunque, ma non importa, qui gli alberi sono coriacei. Lo senti, è il profumo della torta appena sfornata, con quanta fatica la mamma ha accumulato quei punti, per cucinare quella specifica torta che piace ad Enrico… è il suo compleanno; è felice. Sta giocando con gli altri fratelli nel prato, lo vedi?>>

Clelia: <<Sì… lo vedo>>

SI PRENDONO TENERAMENTE PER MANO.

Clelia: <<Paolo andrà via?>>

Ernesto: <<Credo di sì. Non è facile per persone come lui sentirsi braccate. Credo che alla fine, sceglierà la pace. Se l’arte diventa un crimine, per lui sarà l’unica soluzione. Il problema è che lui non capisce che non è possibile cercare la gioia della pace una volta spezzate le catene: non si rimargineranno mai attorno ai polsi.>>

Clelia: <<E tu?>>

Ernesto: << Paolo diceva che da qui a pochi giorni questo posto sarebbe diventato un inferno; ebbene, che sia. Tanto suppongo che brucerò lo stesso in un lago infuocato, dopotutto sono un ladro, di che mi lamento, ma non posso fare altrimenti; Clelia, c’è questo disordine, dentro di me! E’l’arte… è come una droga, una dipendenza per il mio cuore dannato; una necessità. Questo stesso cuore vorrei che ti appartenesse, ecco, te l’ho detto… e di tutte le cose che non ho mai osato dire, è questa la più vera: per amare, amare davvero, bisogna essere liberi. E allora che arrivi pure l’Inferno, perché perfino quello sarà preferibile al morire senz’arte. >>

BUIO. Scena 7.

STRADA. SONO IN SCENA AURORA E MICOL. AURORA È DISPERATA E VA AVANTI E INDIETRO SENZA RIUSCIRE A CALMARSI.

Aurora: <<Come puoi fare questo? Mi stai abbandonando!>>

Micol: <<Aurora, io… ti sto dicendo semplicemente che è la scelta migliore, per tutte e due. Hai visto che è successo prima al Rifugio? Ormai è questione di poche ore>>



Aurora:<<E fingere che non sia successo niente di tutto quello che è accaduto tra noi è la soluzione migliore? La risposta che noi decidiamo di dare all’emanazione del Decreto?>>

Micol: <<Aurora, per il fatto che passavamo ore a dipingere, scrivere e cantare vogliono chiuderci in una cella e buttare via la chiave, e questo nella migliore delle ipotesi. Come reagirebbero se sapessero del nostro amore? Conosci meglio di me le regole della Confederazione sulla famiglia. La famiglia è un nucleo produttivo fondato sull’unione di un uomo e una donna…>>

Aurora: <<Ma io ti amo Micol! Non può non essere vero! Rimani con me, combatti al mio fianco per continuare a passare quelle ore insieme!>>

Micol: <<Tuo fratello ti sta aspettando>>

Aurora: <<Mio fratello mi ha sempre voluta bene per come sono! Stai dicendo che è sbagliato?>>

MICOL SI OFFENDE.

Micol: <<Cazzo, Aurora come puoi anche pensare una cosa del genere! Stai parlando con me! Dal primo momento in cui ti ho vista, in quella stanza del Rifugio dove stavi ballando, eri insieme alle altre, ma io vidi solo te! Ballavi quella tua danza, così bella, con quel ritmo speciale, che ti scompigliava i capelli…>>

Aurora: <<Sì… mi ricordo, ma…>>

Micol: <<Ti vidi, Aurora, quel giorno, in punta di piedi, coi tuoi capelli, eri rossa e dorata, come una fiamma. Ed io in quel momento pensai: chiunque sia triste, chiunque lo sia, non ha mai visto Aurora danzare.>>

Aurora: <<Mi ricordo. Dicesti anche che è importante realizzare i sogni. Il fatto che siamo state bugiarde verso noi stesse per tutto questo tempo non conta, se ora possiamo essere felici, o almeno se possiamo restare insieme!>>

Micol: <<No, perché non possiamo essere cieche e rischiare tutto. Non si tratta più di sogni, ormai. E’ troppo tardi. Abbiamo perso la guerra, l’ultima, quella più importante, siamo alla resa dei conti e siamo i perdenti.>>

Aurora: <<Non ce la faccio a lasciarti andare>>

Micol: <<Preferisco saperti al sicuro da qualche parte lontana con tuo fratello piuttosto che al pericolo con me, se ti succedesse qualcosa di male non potrei mai perdonarmelo>>

Aurora: <<Se non staremo più insieme mi succederà, qualcosa di male! Sta già succedendo, a tutti, non dobbiamo scappare. Temiamo così tanto la violenza degli altri che non ci accorgiamo di quella che facciamo a noi stessi, è una frase tua! Me lo dicesti la prima volta



che ci siamo prese per mano, la prima volta tu mi hai detto che ti vergognavi di ammettere ciò che sei, ciò che provi, perché volevi essere come gli altri. Gli stessi altri che ti dicono che sei sbagliata, è questo che ti ha fatto capire che è meglio essere diversi: la loro violenza di importi chi devi essere, cosa devi desiderare, cosa devi indossare, cosa devi pensare per essere uguale a loro! E quella violenza di chi vuole importi chi amare, come può essere diversa da quella che stiamo facendo a noi stesse, ora?>>

Micol: <<Io preferisco questa violenza al saperti morta>>

Aurora: <<E’ anche una mia scelta! Non credere che sia meno egoista la tua, di sapermi al sicuro…>>

Micol: <<Non rendere le cose ancora più difficili, Aurora, ti prego.>> Aurora: <<No, no, ti prego, non te ne puoi andare così>>

Micol: <<Lasciami la mano, Aurora, non posso…>> Aurora: <<Ti prego, ti prego>>

Micol: <<Devo andare>> Aurora: <<Micol!>>

MICOL SI GIRA A GUARDARLA, C’E’ UNO SCAMBIO DI SGUARDI TRA LE DUE RAGAZZE IN CUI SI DICONO ADDIO, MICOL ESCE DI SCENA. ENTRA PAOLO IN SCENA, TRAFELATO.

Paolo: <<Aurora, presto! Ce ne dobbiamo andare>> Aurora: <<Non possiamo abbandonare tutti così…>>

Paolo: <<Non c’è più tempo. Il Decreto è stato approvato>>

BUIO.



ATTO II

Scena 1.

CIMITERO. IN SCENA C’È LA TOMBA DI ERNESTO, CON UN ERNESTO FANTASMA, DI SPALLE, CON SOLO IL VOLTO RIVOLTO VERSO CLELIA CHE NON SI DÀ PACE ACCANTO ALLA SUA TOMBA.

Clelia: <<Adesso vedo il tuo fantasma? Non riesco a darmi pace, no…>>

IL FANTASMA SEMBRA VOLERSI AVVICINARE A LEI.

Clelia: <<No! No… io ti odio. Ti odio, perché sei morto. Ti odio perché era con te che io mi sentivo viva. Era con te che io volevo stare, ed ora tutto si sta frantumando in mille pezzi, ed anch’io, come fossi fatta di vetro. Per tutta la mia vita sono stata una figlia, una ragazzina, un’ingenua, una puttana, un’ingrata, un desiderio, una speranza… per una donna è così, immagino. Ma non con te. Con te, io ero solo Clelia. Con te non mi preparavo i discorsi, avrei parlato per sempre. Ma avrei dovuto dirlo a mio padre, che so contare, dopotutto, e non solo su me stessa. Avrei dovuto cedere al mio destino, esserne parte, cambiare le sorti. Non guardarmi così, fantasma. Tu, che preferiresti, pace o libertà…? [fantasma apre la bocca per rispondere ma Clelia subito dice: ] No! Non dirmelo un’altra volta, non dirmelo con quella tua sicurezza, di preferire la libertà, di preferire l’Inferno e tutto il resto, perché non c’è bisogno di morire, per quello, né lo assolve la morte! Perché la verità è che sarebbe meglio non sentire, non provare più niente, questa è la verità! La libertà invece è come un limbo, la libertà è come stare in apnea…! Cerchi di combattere, di farti forza contro il nemico che affronti, già sapendo, in cuor tuo di fallire. Io volevo respirare, Ernesto, volevo respirare…[fantasma fa un altro passo per avvicinarsi] No, sparisci…!>>

IL FANTASMA È VICINO A LEI.

Ernesto – fantasma: <<Non si può amare, amare davvero, senza essere liberi. Ed io respiravo ogni volta che ero al tuo fianco>>

FANTASMA DI ERNESTO ESCE DI SCENA, ENTRANO IN SCENA PAOLO, DAMIANO, DUE GUARDIE E LUDOVICO CORVINO.

Clelia: <<Paolo!? Papà…? Cosa?>>

Ludovico: <<Figlia mia. Su, è tutto finito, stai tranquilla. Andiamo>> Clelia: <<Paolo, sei stato tu… sei stato tu a tradirli!>>

Paolo: <<Io… mi dispiace, io non avrei…>>



Clelia: <<Ernesto è morto! Ha opposto resistenza quando lo sono andati a prendere! Tu gli hai detto dov’era!>>

Paolo: <<Ho dovuto farlo! Ho confessato i furti e le rapine ai distributori di acqua, per salvare mia sorella! Non ci avrebbero fatto oltrepassare il confine, ok? Ho collaborato per lei. Ho confessato di essere stato anch’io, ma hanno preso gli altri. Ernesto era troppo compromesso>>

Clelia: <<Ti hanno lasciato stare perché volevano informazioni! Oddio… oddio… tutti pensano che sia stato Dino, perché è sparito senza dire niente…>>

Damiano: <<(ride) Quello non parla neanche sotto tortura, letteralmente! E’ in carcere, l’abbiamo arrestato subito. Sapevo dove trovarlo, quell’idiota non è stato neanche abbastanza furbo da squagliarsela>>

Paolo: <<Mi dispiace…>>

Ludovico: <<Basta così. Andiamo, non sopporto le scenette patetiche, mi danno il voltastomaco. Tu puoi andare. Hai il mio permesso scritto, con questo puoi lasciare il confine. Ti richiamerò se avessi nuovamente bisogno, per trovare qualcun altro.>>

Clelia: <<Paolo… Paolo ti prego, no, Paolo! Aiutami! Paolo!>>

PORTANO VIA CLELIA, PAOLO RIMANE FERMO, RIMANE SENZA DIR NULLA, IL VOLTO SCAVATO DAL TORMENTO, ACCANTO ALLA TOMBA DI ERNESTO.

BUIO. Scena 2.

STANZA. SONO IN SCENA LUDOVICO E CLELIA, DAMIANO E ALTRE DUE GUARDIE.

Ludovico: <<Allora? Abbiamo finito con questa pagliacciata?>> Clelia: <<La pagliacciata sarebbe la mia vita?>>

Ludovico: <<Ti credi forte, intelligente. In realtà sei solo una povera illusa>>

Clelia: <<Papà, come puoi dirmi questo? Tu, che lasceresti la tua impresa, la più importante della Città Nuova a uno come Damiano! Costringeresti me a sposarlo, come puoi pensare che mi vada bene, tutto questo? Solo perché sono una donna? >>

Ludovico: << [sbatte una mano sul tavolo] Non è perché sei una donna! E’ perché rovineresti tutto! Damiano mi dà fiducia, perché capisce! Capisce di vivere nel maledetto 2096, capisce cosa dev’essere fatto per non far ricadere di nuovo il nostro mondo nella



catastrofe di una guerra civile. Tu sei troppo giovane, non puoi saperlo, e nemmeno io, ma so cosa mi ha raccontato mio nonno, e credimi, non vorresti ritrovatrici! Serviva la creazione della Città Nuova, serviva un nuovo sistema che garantisse stabilità, senza minare l’obiettivo più importante: produrre, per vivere! Il sistema dei punti serve a questo, il sistema dei punti è equo! Che differenza fa rispetto a quello dei soldi, dopotutto, che c’era prima? Credi che mi piaccia alzare il numero di punti che servono per una bottiglietta d’acqua potabile? Lo sai quanto sono delicati quegli impianti, quanto tempo ci è voluto a crearli? Li ha creati il tuo bisnonno, ed è giusto che siano nostri, perché noi ci assumiamo una responsabilità!>>

Clelia: <<Tu sei un assassino!>>

LA SCHIAFFEGGIA.

Ludovico: <<Io mi sono preso la responsabilità! Tu non capisci! Se questo nuovo mondo che si è formato dopo anni di guerre internazionali, disastri nucleari, guerre civili, carestie, la crisi del petrolio, fosse stata lasciata in mano a gente senza fegato, ora non esisterebbe neanche più! Io ho preso tra le mani l’eredità dei Corvino, perché sapevo che era la cosa giusta da fare! Non si può dare acqua potabile a tutti, senza razionare, senza affidamento ad un criterio produttivo. Servono i macchinari per depurare l’acqua dolce dalle radiazioni e da tutte le altre schifezze, abbiamo tutti un’aspettativa di vita bassissima. L’arte era già stata ghettizzata, era questione di tempo che venisse anche messa fuori legge. Che ti aspettavi? Tutti dobbiamo essere capitale umano, ottimizzare! I libri, le poesie, quelle sono cose che inducono le persone a pensare fuori dal coro! Una persona che ha necessità di esprimere se stessa in quel modo lì, l’unico modo che ha pur di non lasciarsi morire, che non reprime i suoi sentimenti, e che anzi, li sfoga, li rende pubblici, alla portata di tutti, istiga all’emotività…è una persona pericolosa! Il bene comune deve venire prima.>>

Clelia: <<Il bene comune che guarda caso coincide con quello della Confederazione>> Ludovico: <<Una società così dona prospettive>>

Clelia: <<Sfruttamento e vessazione, vorrai dire. C’è chi lotterà fino alla morte pur di non essere “capitale umano”. Ho pensato anch’io che fosse meglio, dopotutto, lasciar perdere. Immagino sia nella natura umana. Tu dici di essere “responsabile”, beh, lo sono anch’io. E per mia scelta. >>

Ludovico: <<E’ chiaro. Perché tu ragioni in questo modo. Ed è un modo improduttivo. Cosa provi, quando di mattina ti svegli e devi andare sul posto di lavoro e vedi che c’è una giornata di pioggia?>>

Clelia: <<Eh…? Io credo… beh, credo che sia così bello alzare la testa e guardare le finestre del tetto della metropolitana che grondano acqua, anche se sporca, dannosa, le gocce che



colpiscono il vetro, a ritmo incessante, io credo… credo sia come osservare il corpo della una musica che prende vita, che danza, che scorre… ispirazione.>>

Ludovico: <<Damiano, tu cosa provi?>>

Damiano: <<Io odio la pioggia. Mi rovina il tragitto che faccio per arrivare qui, perché mi  si bagna l’uniforme e mi dà fastidio arrivare in disordine. Se potessi la eliminerei, non fa alcuna differenza che esista. E’ solo acqua sporca.>>

LUDOVICO FA UN GESTO ELOQUENTE VERSO CLELIA.

Ludovico: <<E’ quello di cui ti parlavo! L’unico pensiero di Damiano è quello di essere produttivo, competitivo, il migliore, e guarda caso, lo è! Ed è solo merito suo. Lui è in grado di prendersi la responsabilità di tutto questo, di evitare di toccare il fondo di un baratro cui tendiamo, ogni secondo di più in cui ci allontaniamo dallo scopo: questo sistema! Non si può trarre ispirazione dalla pioggia! Anch’io la vedo, non sono cieco, ma la odio. La allontano da me! Si è visto cosa è successo con la “Sinestesia”…>>

Damiano: <<Clelia lo sa! Lo sa fin troppo bene. E’ che non vuole capire…>> Clelia: <<Sì, so benissimo cosa accadde. E allora?>>

Ludovico: <<Ebbene, quella scellerata organizzazione di scioperanti portò ad una rivolta popolare, che per quanto piccola diede filo da torcere per giorni all’ intera Confederazione. Mio nonno me ne parlò, mi spiegò…>>

Damiano: <<Cercarono di occupare la sede del Consiglio. Fortunatamente la rivolta durò pochi giorni>>

Ludovico: <<Durò pochi giorni grazie all’intervento delle forze dell’ordine, e nonostante ciò, si creò un panico generalizzato, un odio verso di noi, verso il sistema, una sfiducia che fece quasi ripiombare tutto nel baratro, che faticosamente si stava risalendo, il nostro operato… e questo accadde perché furono diffusi gli slogan, gli striscioni, i graffiti, le canzoni e le storie pubblicate su libri, distribuiti ovunque… il caos… e alla fine cosa ci ricavarono? Morirono tutti, senza gloria, come disertori.>>

Damiano: <<Per questo motivo nacque la Propaganda>>

Ludovico: <<Vero. Ed è per questo motivo che mi assumo la responsabilità, Clelia, ogni giorno. Dobbiamo assumerci la responsabilità. Mantenere l’ordine è fondamentale.>>

Clelia: << L’ordine di cui tu parli è solo una maschera che serve a giustificare, celando il vero volto del dispotismo> >

Damiano: <<Che?>>



Clelia: <<So della “Sinestesia”. Quelle storie dopotutto, non sono riuscite a bruciarle, non tutte, non del tutto. Ricordo le parole, “Vedere con le dita/ assaporare con le orecchie il suono dolce tra le labbra/ è il principio dell’arte/ che è il medesimo dell’empatia/ L’arte è un caleidoscopio/ l’arte è una sinestesia”. Quelle persone hanno lottato, hanno perso la vita…>>

Damiano: <<Inutilmente>>

Ludovico: <<Hanno rischiato di mandare tutto a rotoli, hanno rischiato di far dilagare di nuovo la guerra! Hanno rischiato tutto, e sono morti…>>

Clelia: <<Perdi il tuo prezioso tempo produttivo a tentare di spiegarmi come vanno le cose. Non sarò mai come dici tu>>

Ludovico: <<Molto bene. Vedo, e ne sono amareggiato, credimi, che non riesco proprio a farti rinsavire. Hai evidenti problemi comportamentali, mi spaventa questo tuo atteggiamento. Urge un provvedimento, è chiaro. Intendi sposare Damiano e portare avanti l’eredità che ti spetta al suo fianco? >>

Clelia: <<Nemmeno morta.>>

Damiano: <<Come puoi avermi preferito quello straccione di un pittore! Ernesto Viola preferito a me! A me! Io mi ritengo offeso!>>

Clelia: <<Stai zitto.>>

Ludovico: <<Clelia forse non mi perdonerai e mi addolora pensarci, ma mi vedo costretto a prendere questa decisione, per il bene della Confederazione>>

LE GUARDIE PRENDONO CLELIA.

Clelia: <<No, no, lasciatemi, dove mi portate, no!>>

BUIO. Scena 3.

MANICOMIO. SONO PASSATI DUE ANNI. CLELIA E’ IN SCENA, ENTRA AMANDA.

Amanda: <<Sei tu Clelia Corvino?>> Clelia: <<E tu chi sei?>>

Amanda: <<Io sono una psicologa, puoi chiamarmi Amanda. Devi venire con me. Ti ho fatto avere un permesso per uscire da questo centro. Sei ufficialmente guarita dalla malattia mentale. Ti trasferiranno in carcere>>



Clelia: <<Davvero? Perché il mio dottore ieri non la pensava esattamente così. E comunque mi lasci in pace, è come se fossi già morta, non può fare niente per me.>>

Amanda: <<Ho parlato con il tuo dottore, lo conosco bene… mi doveva un grosso favore>>

Clelia: <<E l’ha sprecato per farmi uscire da questo posto di merda per mandarmi in un altro posto di merda? Che vuole in cambio?>>

AMANDA CACCIA UN FIORE RAGGRINZITO DALLA BORSA E LO MOSTRA A CLELIA.

Amanda: <<Redenzione>>

BUIO. Scena 4.

CARCERE. DINO E’ IN SCENA, ENTRANO AMANDA E DUE GUARDIE CHE ACCOMPAGNANO CLELIA E LA CHIUDONO NELLA CELLA. LE GUARDIE RESTANO DI LATO, A CONTROLLARE LA CELLA, AMANDA ESCE.

Clelia: <<Dino… Dino, sei proprio tu, mi riconosci? Sono io, Clelia!>> Dino: <<C- cosa…?>>

Clelia: <<Dino, guardami, per favore. La vedi questa? Si chiama “rosa di gerico”. Sembra un fiore orribile, raggrinzito e decisamente poco attraente. Eppure è meraviglioso. Adesso è morto, lo vedi? Non può negarsi. Ma se lo si immerge nell’acqua, pian piano rinasce. E’ una metafora sciocca, forse, ma mi ha aiutato a capire tante cose. Non ha importanza quante volte si muore, ma quante volte si è capaci di rinascere. Ci siamo sempre fatti forza a vicenda, ci siamo sempre aiutati a rinascere>>

DINO SEMBRA CONFUSO, NON RIESCE A RICONOSCERLA.

Clelia: <<Dino, guardami… non ti ricordi che la prima volta che ci siamo incontrati è stato a scuola, e tu eri stato messo in punizione perché avevi disegnato quella caricatura dell’insegnante? Anch’io ero in punizione, ero lì perché avevo dato un pugno a Tommy “il Duro”, e mi prendesti in simpatia, che quando ti dissi che ero io la figlia di Corvino non mi credesti… e ti ricordi di quando a Tommy glielo hai dato tu un pugno perché aveva offeso la ragazza che ti piaceva, quella così bella, con gli occhi azzurri, come si chiamava… Elena! Beh in quell’occasione le prendesti tu, ma lei venne a medicarti l’occhio nero. Eri così felice che mi raccontasti ogni singolo particolare di quella serata con lei… non puoi aver dimenticato… guardami… ti ricordi che al funerale di tua madre non ci volevi restare, e te ne andasti via? Tutti ti guardarono male, meravigliati, ma io capii. Ti ricordi che andammo sul



ponte, ti raggiunsi lì perché sapevo che ci saresti andato. Non ci dicemmo neanche una parola. Passammo la giornata a dipingere quell’enorme graffito, a forma di orologio. Lo scorrere del tempo, ti spaventava e lo affrontammo. Era bellissimo. Mi piace pensare che tra tutti quelli che hanno fatto cancellare sia ancora lì,che almeno quello l’abbiano lasciato stare… Dino, ti prego, dimmi che c’è ancora.>>

Dino: <<Oddio… tu… Clelia! >> Clelia: <<Sì!>>

SI ABBRACCIANO.

Dino: <<Io non… io mi sento un po’ confuso, io… io non sono un…>>

Clelia: <<Lo so che non hai tradito nessuno. Lo sapevo anche prima che me lo confermasse quel vigliacco di Paolo.>>

Dino: <<Paolo sta… sta bene?>> Clelia: <<Sì. Sta bene>>

Dino: <<Ricordo qualcosa… adesso. Mi sei mancata… tanto>>

Clelia: <<Anche tu, davvero. Non posso credere che Damiano alla fine, abbia ereditato l’impianto Corvino. Lo sai, Mariano è ancora libero, là fuori in fuga da qualche parte. Micol si è arresa e alla fine ha sposato un militare. Hanno avuto una figlia, qualche mese fa. Lo so perché non si usano molte cautele di riservatezza quando ad ascoltare sono i folli>>

Dino: <<Resteremo chiusi qui>> Clelia: <<Almeno siamo liberi>>

I DUE SI GUARDANO, E SCOPPIANO A RIDERE DI UNA RISATA AMARA, CHE QUASI DIVENTA PIANTO. LE DUE GUARDIE ACCANTO ALLA CELLA SI GUARDANO PERPLESSE, NON CAPENDO.

BUIO. Scena 5.

BAR. SONO IN SCENA MARIANO E FIORE.

Mariano: <<Devo andare ora>>

Fiore: <<No, aspetta, ti prego! Quindi Paolo ha scelto la pace perché aveva poco coraggio? O perché non ce l’ha fatta ad affrontare tutto?>>



Mariano: <<Perché è un essere umano>> Fiore: <<Ma anche Dino lo è! Ed Ernesto…>>

Mariano: <<E’ il fatto che abbiano agito in modi tanto diversi, spinti da venti e guidati da rotte diverse a renderli esseri umani>>

Fiore: <<E Clelia, che alla fine ha perso tutto>>

Mariano: <<Ma ha combattuto. Anche Ernesto l’ha fatto>> Fiore: <<Quindi per te è preferibile comunque lottare?>>

Mariano: <<Se volessi darti la risposta sarei un despota, se non ce l’avessi e te ti influenzassi con la mia sarei un politico. Io racconto storie.>>

Fiore: <<Ehi, non scappare! Questo è tuo>> Mariano: <<Oh, quello. E’ solo un diario>>

SE NE VA, LASCIANDOLE IL DIARIO. FIORE LO TIENE TRA LE MANI, HA CAPITO CHE È UNA COSA DAVVERO PREZIOSA.

BUIO.

Fine.



Personaggi

(Prologo)

Mariano: E’ il “narratore”, vuole raccontare la storia a più persone possibili perché teme che lo prenderanno e nessuno potrà più raccontarle.

Fiore: E’ la prostituta che ascolta il racconto di Mariano. Inizialmente è spaventata e non vuole ascoltare, alla fine rimane scossa e comprende ciò che Mariano intendeva.

Amanda: E’ la psicologa specializzata in criminologia che lavora presso il carcere. Ha perso il marito per colpa del sistema sanitario, nonostante ciò cerca di restare fedele al sistema della Confederazione, finché non causa la morte di Marco, cui si era affezionata, e cerca così di aiutare Dino.

Marco: E’ in carcere per aver rubato acqua potabile. Decide di fidarsi di Amanda e tenta di farle capire il proprio punto di vista, senza riuscirci, e quando capisce che sta per subire la Rimozione preferisce togliersi la vita.

Dino: E’ il miglior amico di Clelia, leale, non sopporta sentirsi sottomesso. Quando viene arrestato non si arrende e decide di non chiedere il perdono, e per questo viene sottoposto alla procedura di Rimozione. Verrà accusato dalla Propaganda di tradimento, per mettere in cattiva luce i ragazzi, ma si tratta di una bugia.

Clelia: E’ la figlia dell’uomo più potente ed influente della “Città Nuova”, colui che detiene il potere sull’intero impianto di pulizia dell’acqua dolce che la rende potabile, Ludovico Corvino. Lei ha una visione delle cose totalmente diversa da quella del padre, è determinata ed indipendente, si innamora di Ernesto perché lui rappresenta la scelta che lei desidera senza compromessi: quella della libertà. Dovrà fare i conti col sacrificio che essa comporta.

Ernesto: E’ un artista nel più puro senso del termine, forte nonostante il suo passato e le numerose perdite familiari subite, indipendente e sensibile. Preferisce morire lottando che scappare via ed abbandonare ciò in cui crede.

Paolo: E’ il personaggio più complesso: è il migliore amico di Ernesto, hanno lottato insieme e hanno compiuto numerosi furti e rapine per dare acqua potabile a chi non se la potesse permettere. E’ convinto di agire nel giusto, ma non riesce a trarne consolazione. Ernesto gli dice che non è possibile cercare la gioia della pace una volta spezzate le catene: non si rimargineranno mai attorno ai polsi. Lui però prende la decisione di andare via, con la sorella, e per passare il confine e salvarsi confessa i furti, ma fa anche i nomi degli altri aiutando Corvino e le guardie a trovarli. Per questo trovano Ernesto, che oppone resistenza e viene ucciso, e Paolo sarà divorato dai sensi di colpa.



Aurora: E’ la sorella di Paolo, bella e solare, la sua arte è la danza, per la quale ha delle doti naturali. E’ lesbica, ma non può rivelarlo perché nella Città Nuova l’omosessualità è proibita. Non vorrebbe scappare con Paolo, perché vorrebbe affrontare la situazione assieme a Micol, la sua ragazza, che però la respinge.

Micol: E’ una dei ragazzi del Rifugio, è la fidanzata di Aurora, ma quando vede che le cose si mettono male ha paura che si venga a sapere, e decide di lasciarla andare via col fratello, di fatto sacrificandosi a vivere una vita infelice sposando un militare dell’Ordine, pur di difendere Aurora: sa che se andrà via col fratello anziché restare con lei, avrà più possibilità e potrà rifarsi una vita.

Damiano: E’ il capo delle guardie dell’Ordine, lui è il simbolo di chi si trova perfettamente a suo agio nel contesto in cui vive perché gli è consentito prevaricare. Vuole ereditare l’impero dei Corvino, cosciente che Clelia è una ribelle e che quindi non è adatta ad ereditare il tutto senza qualcuno che la controlli, inizialmente riesce a convincere suo padre a imporle di sposarlo, quando capisce che lei non lo sposerà mai approfitta dell’internamento della ragazza per diventare l’unico fidato di Ludovico per ottenere l’eredità.

Ludovico: Padre di Clelia, uomo freddo e rigido, ma razionale, fermamente cosciente del suo ruolo cruciale, un ruolo di piena responsabilità nel sistema della Confederazione. Non odia la figlia, ma sa che deve agire facendo ciò che è meglio per la Città Nuova ed i suoi interessi per come sono costituiti, capisce che se crollasse il suo impero l’acqua potabile sarebbe inaccessibile a tutti e non solo ai poveri, o si presenterebbe di nuovo il  rischio di una guerra civile. Fa internare Clelia per toglierle il diritto di ottenere l’eredità lasciando così tutto nelle mani di Damiano, l’unico di cui si fidi.

Secondini

Guardie

Prostitute


“LA FARFALLA”

 

Te ne sei andata, come per non dare fastidio, in un giorno d’agosto. Ti hanno coperta, con le ali sotto le lenzuola, disfatti i tuoi sogni. Sarebbe bastato quel cancro per dire che il bello della vita dura poco, ed ha il profumo d’un fiore, ma vive un giorno solo, come una farfalla. La follia? Perché ne dobbiamo parlare? Non è forse intraprendere quella via della fugacità col sorriso di un eterno bambino sulle labbra? Non è forse chiedersi perché il mondo sia fatto di colori tanto accesi, e di tante luci, semafori, caos, buio,composizioni vitali di fiori…? O è tanto pesante, troppo pesante, che si lascia schiacciare, mentre ti lasci andare ancora…? Sorreggiti! E’forse  la pesantezza d’un corpo di 200 chili, sollevato dalle ali leggere d’una farfalla, che vive così quel suo unico giorno? Sei in trappola? Mi senti? Qualcuno ha un pezzetto di torrone per me? Di marmellata ne hai? Mi piace quella di lamponi, ed il miele… No, ma almeno abbracciami! No, ma almeno abbracciami!

 E’ forse in quei tuoi familiari occhi marroni, tra le mani che stringono le lenzuola bianche d’ospedale, l’abbraccio che avresti voluto, l’ho visto sui riflessi delle tue lacrime, sulla scatola semiaperta di morfina manifesta sul comodino, accanto alla cartella clinica, titolo: “paziente affetto da schizofrenia”. E’ che è un mondo complicato, dicevi, ed è veramente difficile abbracciarsi quando restano attorno a noi umani solo filo spinato, e involucri di pregiudizio; ferisce anche il solo sfiorarsi. Però tu fallo un tentativo, almeno, abbracciami! Almeno abbracciami.

Alla fine tu non l’hai mai chiesto. Te ne sei solo andata, un giorno d’agosto, come per non dare fastidio. 


Amina.

 

Esiste una forma

Di piromania

Anche in amore

Io danzavo 

Tra le fiamme del desiderio

Non v’è nulla

Di più triste

D’un animo d’artista

Intrappolato

Nel corpo d’un burocrate.

Evasi. 


Umano amore, Inferno.

 

Amo il margine delle ferite

Il caldo rosso sangue

Dell’Inferno io posso cantare

Dopo la morte.

Aedo, ladro d’oro

Ho potuto vivere nel ghiaccio 

Bollente come fuoco

Un’altra vita,

 Rimasto intrappolato umano.

Se non vale la pena

Dopo la polvere scriveranno 

Ancora il mio nome

E dei tuoi capelli raccolti in versi

Illuminati d’oro

Perché si può trovare solo all’Inferno

Un amore come quello 

Che abbiamo vissuto, 

Paolo e Francesca.

Hai reso la mia vita 

Tanto triste che è degna

D’esser rivissuta nel dolore.

Ma avrei voluto mi perdonassi.


Fiori.

 

Se avessi pensato

Che son sprecati per i morti

Non avrei capito nulla dei fiori.


Buona fuga, arrivederci. 

 

Scappando

Risolviamo i problemi della storia 

Con la geografia

Mettiamo distanze

Cerchiamo risposte a domande

Con altre domande

Volersi bene è un contributo

Alla vita

Si scontano le ore di sonno 

In un bar

Se esiste una meta

Per il cuore non è quella del mondo

Lo sai

E’ quella in cui ci si addormenta 

Sul cuscino del precario

Instabile fremito

Di un sorriso.

Mancarsi è diventato troppo facile.


Castigo.

 

Amore affrancato dal tempo

Eterno castigo 

Lo schiaffo

Della morte alla vita

Sul corpo d’una ballerina 

Nelle vene grondanti

Di sangue, vino sulle strade affollate

Brulicanti di vermi

I corpi ammassati.

Degno di casa

È il mio cuore.


Randagio.

 

Vidi la morte nei tuoi occhi

Così evidente,

Ti ho respinto

Mi hai respinto

Ti ho amato

Mi hai amato

Eppure cos’è rimasto?

Non apparteniamo allo spazio

Ma ci siamo appartenuti nel tempo

Abbiamo lasciato sanguinare

Le ferite inferte dal mondo,

Randagio e umano,

In effimera sorte

Abbiamo conosciuto

Almeno un’anima .


Solitudine  (quarantena).

 

Tutto questo tempo e ancora

Le parole semplici ingannano

C’è più distanza nel tendere le mani

Dai balconi

Bisogna essere perlomeno in due

Se accadrà, sarà in questa notte 

Così nera

Non ho mai accordato il mio cuore

Al silenzio del mondo

Non sono mai stata

Così sola

E’ la sagoma di un demone

Che risponde al mio sguardo

E al mio canto

Stanotte

Non riesco a farmi compagnia.


“VECCHIO TRENO” – BOZZA  (*ANCORA IN FASE DI ELABORAZIONE E SCRITTURA)

di

Claudia Della Corte

* C’è stata l’inaugurazione del nuovo modello di treno ferroviario “ITALWING 2.0”, la stazione è piena di coriandoli. Un uomo anziano con una strana rosa tra le mani cammina, da solo, fino ad arrivare ad una panchina. C’è un vecchio treno arrugginito, sporco, lì fermo. L’uomo si ferma ad un vagone, si toglie il cappello come in segno di rispetto, sfiora un vecchio adesivo scolorito attaccato al vagone, e poi si siede sulla panchina, sempre col fiore tra le mani, un sorriso malinconico e dolce stampato sul viso. 

Arrivano due uomini eleganti, con calici di champagne tra le mani.

Fabio Vanni: <<Al progresso!>>

Roberto Vanni: <<Alla Italwing!>>

Fabio Vanni: <<Figlio mio, domani termineremo l’affare con Giustini. Mi raccomando, chiamalo, e fallo venire in studio a firmare i documenti necessari>>

Roberto Vanni: <<Quello non ha mai tempo>>

Fabio Vanni: <<Che sarà mai, ci vorrà al massimo una mezz’oretta. Cosa sono trenta minuti nella vita di una persona?>>

Si volta, come a guardare qualcosa di meraviglioso.

Fabio Vanni: <<Italwing 2.0, un miracolo della tecnologia dei trasporti… elegante, raffinato, il treno per la giusta clientela! Il treno del futuro! >>

Roberto Vanni: << Cosa ne sarà dei vecchi treni?>>

Fabio Vanni: <<Esiste un cimitero persino per quella ferraglia>>

Sembrano non notare sullo sfondo il vecchio con la rosa e il cappello. 

 

* Un ragazzo vestito da ferroviere entra di corsa, tra la folla della stazione, con una valigia. 

Pietro: <<Nando! Nando!>>

Nando: <<Eccomi!>>

Pietro: <<Sei arrivato finalmente! Non puoi capire che è successo stamattina! Il sig. Mauro ha discusso con Vanni, gli ha detto in faccia che il sindacato è contrario alla privatizzazione! Dovevi vedere la faccia di quel pallone gonfiato…>>

Nando: <<Shh… non dire queste cose di quell’idiota del nostro datore di lavoro>>

Pietro ride.

Pietro: <<Gli scioperi ci sono stati in tutta Italia.>>

Nando: <<Devo salire. Ci vediamo più tardi>>

Pietro: <<Guarda che finisco il turno>>

Si salutano dal finestrino. 

Nando: <<Proprio il macchinista dovevo fare>>

Nando lavora, poi si siede, stanco, mentre il treno prosegue la sua corsa, ed inizia ad intagliare un pezzo di legno. 

Viola: <<E’ libero?>>

Nando: <<Eh? S- sì, prego…>>

Gli si siede di fronte una ragazza che subito lo colpisce profondamente. 

Lei gli sorride.

Viola: <<Intagli legno?>>

Nando: <<Eh già… mi rilassa, ecco…>>

Viola: <<Davvero bello>>

Nando: <<Viaggio di lavoro?>>

Viola: <<Sì. Ho trovato da poco qualcosa di buono. Lavori sul treno? Cosa fai?>>

Nando: <<Io… il macchinista>>

Viola: <<Sali spesso sul treno allora! Senza neanche avere una meta precisa, in realtà. Puoi sentirti veramente a casa così, beato te>>

Nando: <<Beh, mi sento a casa perché qui lavoro con i miei compagni ma… non ho capito bene cosa intendi>>

Viola: <<Intendo dire che a volte usiamo il treno per coprire le distanze, per risolverle… mentre non riusciamo a stare bene con chi ci sta vicino. Come se i problemi si risolvessero con la geografia, puff! Fai una linea ferroviaria ed è risolto tutto! Trenta minuti per congiungere le anime, wow… e poi c’è più lontananza tra me e chi mi sta accanto, rispetto a chi può sta lontano da me kilometri interi!>>

Viola si alza, per riflesso si alza anche Nando, goffo, si risiede. Viola sorride, scrivendo qualcosa. Gli dà un biglietto.

Viola: <<Scendo qui>>

Nando: <<Cos’è?>>

Viola: <<Il mio numero!>>

Pietro: <<Nando, ma perché non hai lavorato con tuo padre?>>

Nando: <<Perché gli artigiani a quanto pare sono un lusso che non ci si può permettere>>

Pietro: <<Ma cazzo, sei bravo>>

Nando: <<Ho imparato dal migliore>>

Signora Edda: <<Giovanotto, quando parte?>>

Nando: <<Non lo so signora, siamo in pausa>>

Signora Edda: <<Eh… dicevano che i privati non fanno fare pause. Che se fanno troppe pause finiamo senza treni come dall’altro lato>>

Nando: <<Va bene, signora, va bene, avete ragione… oggi la portate la marmellata ai nipotini?>>

Signora Edda: <<Eh se parte il treno sì… ne volete un poco?>>

*Nando prende per mano Viola, nella stazione, tra la folla i due si guardano negli occhi.

Viola: <<Io non sono la ragazza giusta per te>>

Nando: <<Non dirlo>>

Viola: <<Io non sono una ragazza giusta per nessuno>>

Nando: <<Non dirlo>>

Viola (sorridendo): <<Buon compleanno>>

Nando: <<Non è il mio compleanno>>

Viola indica l’adesivo sul fianco del treno.

Viola: <<Qualcuno ci ha messo quell’adesivo, oggi. C’è scritto buon compleanno. Questo è il vagone 8. Noi…>>

Nando: <<Ci siamo incontrati qui, lo so. Nel vagone 7 c’è sempre profumo di marmellata, è la signora Edda che viene dalla campagna e porta due volte a settimana la marmellata ai nipotini. Sceglie sempre un posto accanto alla finestra. Quella ragazzina che  lascia sempre carte di caramelle in giro, gliele dà la signora Stefania, che puzza di gatto. E c’è quel folle, che racconta sempre la sua storia a tutti, proprio a tutti, di come ha combattuto con Napoleone… folle! E poi ci sei tu, Viola. Ci sei tu per trenta minuti nel vagone 8 e per me tutto ha senso. Ho fatto questo per te>>

Viola: <<Hai intagliato un anello?>>

Nando: <<Sì. Ci ho messo una pietra>>

Viola: <<E’ bellissimo>>

Si baciano, mentre la folla sembra fermarsi, i rumori soffocarsi e la luce illuminare solo il vecchio treno alle loro spalle.

Un uomo sulla cinquantina, con un libro tra le mani, sta aspettando il treno alla solita ora.

Pietro: <<Professore! Buongiorno, come va nella scuola?>>

Professor Madi: <<Si dice a scuola, Pietro. Tutto bene a scuola. Tu, ancora sui treni a fare l’eroe macchinista, eh?>>

Pietro: <<Si lavora, professor Madi, si lavora…che ha scritto oggi per gli studenti?>>

Professore: <<Leggi>>

Pietro: << “Se è conformista colui che critica il conformismo allora è doppiamente egli conformista, utile in un contesto di bilanciamento di facciata. Ciò non toglie il conformismo di colui che veramente si conforma e trova beneficio nel farlo. Allora il non-conformista è colui al quale non importa nulla del conformismo e non si pone domande? Ma costui non è libero in quanto fa ciò che vuole, semplicemente si muove all’interno degli schemi convenzionali o anticonvenzionali di facciata e non se ne avvede, o non gli importa. Il non porsi domande non crea altro se non parvenza di libertà. La reale libertà sarebbe la distruzione di quegli schemi.”>>

Professore: <<Che ne pensi?>>

Pietro: <<Che è un po’ conformista scrivere sul conformismo>>

Professore ride.

Professore: <<E’ arrivato il treno, Pietro. Mi fa sempre piacere vederti. Anche se sei sprecato qua>>

Pietro: <<Professore, viva la forza- lavoro>>

Alza il pugno.

Professore: (sorridendo sotto i baffi) <<Non lo dire in giro che sono comunista, che mi prendono a lavorare qua, con la “forza lavoro” >>

Pietro: <<Con la sua intelligenza>>

Professore: <<L’hai detto tu>>

Flashback* Nando bambino nell’officina del papà che intaglia il legno.

Nando: <<Papà, qual è la differenza tra una cosa che fai tu e quella della fabbrica?>>

Padre :<< L’anima>>

Nando: <<Che cos’è l’anima?>>

Padre: <<E’ un pezzetto del nostro tempo, Nando. Il tempo è la cosa più preziosa che possediamo. Ci rende umani. Più tempo se ne va più siamo poveri. Ogni singolo gesto che faccio per intagliare il legno con cura, mi richiede un tempo, un’attenzione, che non rivolgo ad altre cose, perché io voglio che sia un’opera d’arte… un pezzo di me! Cosa sono trenta minuti nella vita di una persona, Nando? Sono tante parti della sua anima. Io le intaglio nel legno, perché è questo quello che faccio: in qualche modo mi rende immortale>>

Nando: <<Anch’io voglio farlo>>

Padre: <<Ti insegnerò come si fa. Ma non dovrei fare questo lavoro. Ormai non importa più a nessuno dell’anima, importa a tutti di risparmiare e avere, risparmiare e avere, risparmiare e avere… due cose in netta contraddizione, non trovi? Passami la pinza. No, quella piccola>>

Nando (corrucciato): <<A me importa dell’anima>>

Viola: <<Non possiamo più vederci. >>

Nando: <<Ma che stai dicendo?>>

Viola: <<Cambierò stazione. Andrò in pullman. Non ci vedremo più, ti lascerò in pace, vedrai>>

Nando: <<Viola, non capisco>>

Viola: <<Io non sono la persona che credi, ci ho pensato a lungo, davvero. Tu meriti una donna perbene, che sia degna…>>

Nando: <<Ora smettila con questa storia e dimmi perché…>>

Viola: <<Nando, perché fino a tre mesi fa io ero una prostituta!>>

Viola non riesce a guardarlo più negli occhi, si volta e si appoggia al vecchio treno, sfiorandolo come se stesse sfiorando un volto umano.

Viola: <<Prima scendevo un paio di stazioni più avanti, per incontrare le altre. Nessuno mi ha costretta, avevo solo bisogno di tirare avanti. Non per tutti la vita è una cosa semplice. Vuoi davvero stare con una come me? Io sono sporca, Nando>>

Nando le sfiora il viso con la mano, dolcemente.

Nando: <<Sai quante persone sono state fatte “pulite” dalla vita? Dalle condizioni favorevoli? Ti importa?>>

Viola: <<A te?>>

Nando: <<A me importa dell’anima>> 

Assemblea dei lavoratori della Italwings.

Mauro: <<Non possiamo permettere, noi lavoratori, di essere trattati in questo modo! E’ offensivo!>>

Pietro: <<Il sindacato deve reagire>>

Mauro: <<Il sindacato è con i lavoratori. Si deve scioperare>>

Nico: <<Io devo portare i soldi a casa>>

Nando: <<Ma ti senti? Che vuoi fare, il cagnolino dei padroni?>>

Pietro (ridacchia): <<Bau bau>>

Mauro: <<Smettetela! E’ per stasera>>

Pietro: <<Se mi arrestano, dite al Professor Medi di parlare coi miei genitori e ricordargli che almeno come studente ero impeccabile>>

Nando: <<Ci pensi che questo treno sarà testimone di una specie di rivoluzione?>>

Pietro: <<Questo sarà il fottuto treno della rivoluzione, Nando>>

Arriva Fabio Vanzi.

Fabio Vanzi: <<Ma che state facendo! E’ illegale! Chiamo subito la Polizia!>>

Mauro: <<Assemblea permanente nel treno dell’Azienda. Non ci avete dato i tavoli sindacali, violando i nostri diritti, lo Statuto…>>

Fabio Vanzi: <<E’ illegale! Illegale! Ma vedrete…>>

Nando: <<Oooh… che paura… ci licenzia? Dovrà licenziare tutti!>>

Fabio Vanzi: <<Posso farlo, ragazzo ingrato, posso farlo! E non masticarmi in faccia, tuo padre non ti ha insegnato come comportarti?>>

Nando: <<Non parlare di mio padre. Il tuo ti ha insegnato al massimo come fare i soldi, ma il mio mi ha insegnato a fare le rose>> 

Gli mostra una rosa intagliata

Fabio Vanzi: <<Aaah… e le regali alla tua ragazza che si è fatta scopare da tut…>>

Nando lo aggredisce, Pietro lo blocca.

Pietro: <<Nando, no!>>

Fabio Vanzi: <<Anche aggressione! Un reato dopo l’altro! Mah, mi sa che qualcuno dovrò proprio licenziarlo stasera>>

Pietro: <<Andiamo, Nando, vieni>>

Nando: <<Vigliacco>>

Mauro: <<Lascialo perdere, Nando>>

Fabio Vanzi: <<Ma guardatevi, siete commoventi, tutti uniti, tutti i lavoratori, avete occupato un maledetto treno proprio come quei comunisti a est… ve lo dico, verrà il tempo in cui dovrete piegarvi a terra a baciarmi le scarpe per avere un briciolo di quello che avete oggi, un giorno dovrete ringraziare me e quelli come me per il fatto di non finire in mezzo alla strada, voi, le vostre mogli e la vostra povera prole che non potrà permettersi un cavolo di futuro… succederà, e vi pentirete di aver agito così oggi>>

Mauro: <<Fa’ una cosa, eroe del cazzo! Dacci l’impresa, che ce la gestiamo noi. Vedi come non va nessuno in mezzo alla strada>>

Fabio Vanzi: <<Tu, ridicolo sindacalista blaterante, non avrai mai un’impresa. Ti piacerebbe. Fidati, quelli come te hanno le ore contate. Il progresso è già alle porte.>>

Il treno viene sgomberato dalla Polizia. Nando e Mauro vengono licenziati.

Presente. 

L’uomo col cappello e la rosa è ancora seduto, finchè non si alza, va vicino al treno, e sfiora il vecchio adesivo sul vagone 8, con nostalgia. Cerca di aprire la porta del vagone ma non ci riesce.

Fabio Vanzi: <<Ehi! Che sta facendo! Chi è lei!>>

Vecchio: <<Ah… io…>>

Fabio Vanzi vede la rosa, lo riconosce.

Fabio Vanzi: <<Tu… lavoravi per me. Sei quello dei sindacati>>

Roberto Vanzi: <<Padre, chi è?>>

Nando afferra i vestiti di Fabio Vanzi.

Nando: <<Dove… va… il treno?>>

Fabio Vanzi: <<Lasciami! Smettila>>

Nando: <<Non potete sostituirlo. Lui… lui è tutto>>

Fabio Vanzi: <<Non siamo più negli anni ’70, che ti aspettavi? Che sarebbe rimasto tutto uguale? Il progresso… >>

Arriva una giovane: <<Scusatelo, scusatelo… ogni tanto lo fa. Signor Nando, quante volte le devo dire…>>

Nando: <<Tu… chi… sei…?>>

Vanessa: <<Sono Vanessa, ricorda, signor Nando? Andiamo a casa, su…>>

Nando: <<Questa… è… casa mia>>

Vanessa: <<Se…>>

Nando: <<No! Questa è casa mia!>>

Vanessa: <<Scusatelo… purtroppo l’Alzheimer è una brutta malattia. La moglie è morta e quindi non ha nessuno a parte noi della casa di cura che si occupi di lui…>>

Nando (piangendo): <<Vi prego… è casa mia…>>

Vanessa: <<Andiamo>>

Nando si scosta.

Nando: <<Buon compleanno, anche se… anche se non è il tuo compleanno>>

Lascia la rosa intagliata sulla panchina. Se ne va con l’infermiera.

I due imprenditori si guardano, poi Roberto Vanzi dice: <<Entro domani farò togliere di mezzo questa ferraglia>>

Fabio Vanzi: <<Molto bene>>

Prende la rosa intagliata, la butta nella spazzatura. Senza guardarsi indietro, se ne vanno.