Claudia Maria Celeste Bertoldo - Poesie e Racconti

COSI’                                                                  

                   

Apro le braccia

a quel vuoto

fatto di niente

che mi viene incontro

mentre tu ti allontani

Stringo a me

quel vacuo spazio

disabitato

che mi appartiene.

Nel buio della mia solitudine

mi cullo.

Polvere di luce

ignara mi inonda

grappoli di stelle

illuminano

i miei pensieri

capriccio di una idea.

Batuffoli di nuvole

disegnano ali

sciolte nel cielo

sorriso di leziosa libertà

cosi’…

mi destreggio

tra il senno e la follia

di sentirmi mia.


DIGNITA’ PRECARIA       

                                    

  Scalza rincorro il tempo

la sua velocità

la sua inutilità

Nuda mi adagio

tra le trappole

dell’ attesa

arida mi perdo

tra la terra senza semi

spiata dall’indifferenza del vento

Utopica sicurezza.

Silenzi. Desideri. Inganni.

Spiegazioni .

Ragnatele di parole

che ingarbugliano i pensieri

che deludono le attese

e confortano le offese

Dignità precaria

caducità di certezze

che impollinano il futuro.

Lavoro

che mi manchi se non ci sei

che mi tormenti se mi detti le tue leggi

che mi nobiliti,che mi distruggi.

Atavico valore

che mi rendi libera e schiava nello stesso tempo.

Persa, indebolita,spenta.

Illusa

corrompo le mie speranze

con  laido disprezzo

verso l’irraggiungibile pensiero.


DIMORA  DI  INFANZIA

 

Le tue finestre stanche mi accolgono sorridenti

desiosa varco la tua soglia

ed entro nei ricordi :

passati sepolti che riemergono intatti

Sonnecchiavi pigramente in attesa del risveglio.

Coperti dalla polvere del tempo

arredi e suppellettili reclamano il loro esistere

Dentro di te ragnatele di vissuti lontani

vite consumate, sognate, fuggite via

Orgogliosa custode di vita

elargisci profonde emozioni

incanto di memorie:

fotografie in bianco e nero che prendono colore

Dimora   della mia infanzia che si allontana

mi restituisci le radici,ricongiungendomi al  destino

In questo silenzio scabro e denso

passeggiano generazioni, legami di sangue che mi appartengono

giochi di bimbi, sogni di fanciulli

accecanti frivolezze ,arrugginite attese

dolori……lacrime…gioie…….sorrisi…

…pungono l’anima.

Ti respiro  mio dolce , vetusto domicilio

e abbraccio il tempo che ancora cammina

ramingo e inabitabile

come parlano le crepe sulle tue pareti

e le rughe sulla mia pelle.

Avvolta da soavi suoni che riecheggiano nelle stanze

indietreggio sull’uscio, con rispetto e con affetto

consapevole di essere parte di te.


E   QUEL  CANCELLO   SI   CHIUDE

 

E rimani dentro a quelle mura

che vorresti veder crollare

e invece crolli tu

tra quelle mura che ti trattengono,

quelle mura che credevi una protezione

diventate trappole.

Quelle mani che un tempo ti accarezzavano

ora si alzano su di te

quelle labbra che un tempo ti baciavano

ora urlano contro te

E quegli occhi oggi cosi’ pieni di rabbia

non si rispecchiano piu’ nei tuoi,

cosi’ pieni di terrore

Vestita della tua vergogna

abbracciata al tuo silenzio e alla tua solitudine

con il cuore stropicciato dall’inquietudine

non riconosci neppure piu’ la tua anima ribelle

che rassegnata e stanca ti tradisce.

E quel cancello si chiude

su quel cortile in cui svanisce anche l’ora d’aria

 

Soffocato nel nulla

anche il tuo ultimo sogno.


INQUIETUDINE                               

                                                                                                     

Trascorrere di giorni finti

fuga dalla realtà  ..

Sogni

Immagini oniriche di speranze

sottili visioni di felicita’

Ambita . Raggiunta.

Tregua.

Affaticata illusione.

Cuore che riparte. Tormento.

Anelata fermezza di intenti

Smarrita.

Memoria confusa.

Futuro assente

Ingarbugliato presente.

Desiderio di vento

progetti scompigliati

dissolti nell’infinito.

Brama di pace, quiete.

Delirio, ciclone di riflessioni

Velista dei miei giorni mi appresto :

allento la vela dei miei pensieri ,

andatura di bolina.

Atavico rimpianto di bonaccia

mi sopravvive.

Anima ribelle

vittima di un cuore clandestino

che nemmeno il sogno appagato

riesce ad arenare.


MARE

 

Quel piacere di guardare

come si guarda il mare

oltre quell’orizzonte

che fa sognare

Raggiungere il cielo

come gli occhi di un bambino

o il volo di un aquilone.

Toccare l’azzurro

accarezzare le nuvole.

Disegnare nel blu

i sogni che nascono dal tanto guardare.

Immobile, movimentato o ribelle

il mare….

senso di infinito

si impadronisce di me

sollevandomi e affondandomi

nell’onda dei ricordi.


NELLA  CASA DEI BIANCHI CAPELLI

                                                                                                                        

Rami secchi residui di un folto bosco

foglie cadute

vittime di una vita vissuta.

Pensieri……che passeggiano

tra sentieri di ricordi,

immagini …..che ombreggiano

il quotidiano presente,

solitudine…radicata sui corpi affaticati.

Gocce di pianto

tra le pieghe di visi stanchi

gioie vissute, dolori superati

serenità ritrovata

in occhi che accolgono

confusi racconti

di un trascorso lontano.

Lacrime

consapevoli di scorrere invano

verso la vacuità di  un futuro negato.

Nella casa dei bianchi capelli

radi e spettinati tormenti

abitano l’ anima.

Grottesco …

in un unico luogo

vedere insieme tanti avanzi di vita

che non hanno più nulla da dirsi :

comunicazioni interrotte,

frammenti di esistenza vissuta, tradita.

Sobrietà

dell’inconsapevole appartenenza  al passato .

Rughe di emozioni si intrecciano

nella silenziosa sofferenza della mente,

urla arrugginite echeggiano

nelle stanze dove si vive senza speranze,

anziani sentimenti

palpitano nei  cuori spenti.

Vecchi…

rami secchi,avanzi di un folto bosco

bruciati dalle fiamme dell’indifferenza…

seppelliti dalle cenere

di ciò che resta.


 PAPA’

                                                                                                                                             

 

Sottile il confine tra cielo e mare

lieve il limite tra vita e morte

Piume  leggere ti girano intorno

leggiadre, celate

lentamente si posano sul tuo gentile esistere

impercettibili ali ti abbracciano

ti stringono

ma non conoscono dolcezza.

 

Polvere di dolore si deposita sul tuo respiro

velo di rabbia accarezza i tuoi pensieri

paura profonda trasmettono i tuoi occhi

nella morsa della sofferenza

ossigenato dalla tua serenità d’animo

ti appresti…

 

Delirio di vita.

 

Nella solitudine dei tuoi ultimi attimi

ti lasci andare.

Inesorabile silenzio.

Scivoli via .

Salpi nel mare che ti condurrà lontano

inghiottito dall’infinito

marinaio dei tuoi giorni

getti la tua ancora nel mio cuore .


SILENZIO

 

Ascolto

l’assordante silenzio

del tuo non esserci.

Come l’onda

contro lo scoglio

si infrange,

cosi’ la tua presenza

contro il rumore

dell’oblio

si disperde.

Goccia a goccia

cerco di rimettere insieme

il mare dei ricordi

per cullarmi in quel movimento

dolce e avvolgente,

ormai assente.

Galleggiando sui miei sogni

inabisso i miei pensieri

su inesplorati e inesplorabili fondali.

Salpata dalle sponde del mio cuore

in balia di venti a me sconosciuti,

naufraga,

approdo sull’isola della mia anima

confidando nell’abbraccio

della sua benevolenza.


ECCOTI

La neve aveva dato un soffice senso a tutto. Aveva ricoperto
ogni cosa .Il suo bianco rendeva bianche e belle persino le
strade più grigie della città.
La notte aveva dato un silenzioso senso a tutto. Aveva avvolto
come una calda coperta ogni cosa. Il buio rendeva tutto più
raccolto, intimo, silente.
Il libro che stavo leggendo era quasi al termine, quando iniziai
ad avvertire le prime avvisaglie .Attendevo quel momento con
trepida gioia, senza paura, con l’incoscienza e la progettualità
dei miei vent’anni, con la consapevolezza di quanto fosse
grande il mio desiderio di diventare mamma.
I nove mesi della gravidanza , di quella pancia che portavo con
il mio orgoglio di donna, erano ormai al termine. Visite,
controlli, calcoli…tutto ormai diceva che stavi per nascere. Io
ero pronta .Ti aspettavo. Ti avrei accolto con infinito amore,
con incontenibile stupore.
Il mio corpo , preparato , si stava organizzando. Cominciavano
le prime contrazioni. L’utero , la tua casa, cominciava a sentirti
grande e voleva sfrattarti. E cosi’ , eccole arrivare, una dopo
l’altra, una sempre più vicina all’altra….Avevo studiato
qualcosa a riguardo, ma una cosa e’ raccontare e spiegare a
un’altra donna tutte quelle belle faccende sulla gravidanza e sul
parto , una cosa e’ essere tu la donna che in quelle belle
faccende ti trovi implicata. Ma non avevo paura, davvero.
Non sono una donna particolarmente coraggiosa, ma l’ansia da
parto non mi aveva mai sfiorata. So che la natura ha in se’ un
aspetto magico che regala alla nascita la parte migliore della
vita. Finalmente stavo per dare la vita a te , mio adorato e
desiderato figlio. A te, che prima che nel mio corpo, abitavi la
mia mente, passeggiavi tra i miei pensieri e ricucivi la mia
anima , già provata da altre faticose inquietudini.
Le contrazioni le lasciavo venire, le assecondavo con il respiro.
Le accoglievo, le facevo mie. Partecipavo a questo forte
momento con tutta me stessa.
……Bisogna andare, lasciare la casa e raggiungere l’ospedale,
non troppo vicino. Cosi’ siamo partiti tutti insieme per questo
viaggio, per venirti a” prendere “.
Circondata da tutto quello di cui in quel momento avevo
bisogno, mi sono lasciata guidare: dall’istinto materno e dalle
parole di incoraggiamento di tuo papa’ e degli operatori .
All ‘ improvviso qualcosa si e’ capovolto. Mi vedevo come in
un sogno ingarbugliato, fuori dal mio stesso corpo. Mi vedevo,
mi incitavo , mi sostenevo. E ti vidi. La mia mente forse non
aveva retto il dolore fisico che provavo o semplicemente
voleva negare quel dolore , per poter ricordare la tua nascita
come un momento in cui solo la gioia e la voglia di vita
avevano avuto il sopravvento.
Come quando il vento piega gli alberi ma non li spezza e
passato il vento tutto torna come prima, cosi’ e’ stato per te:
passato il momento,il dolore , la fatica, tutto e’ tornato a posto,
come prima.
Eccoti: bello,vivo,vivace, camminare nelle mie emozioni più’
profonde.
Eccoti..il tuo pianto, mimetico linguaggio di un naturale affetto,
farti spazio nella mia vita.
Eccoti, vagito, palpito di vita trai battiti di cuori che si
riconoscono.
Eccoti, trionfo di fantasiose attese.
Respiro il tuo respiro, ti cullo con il mio sguardo e mi nutro del
tuo contatto.
In quel momento ho abbracciato te e i tuoi sogni, consapevole
di iniziare un lungo percorso insieme, consapevole di
trattenerti e lasciarti andare, avendo già fatto anche io questo
viaggio.
Sei nato cosi’ ,dolce figlio mio, in una notte d’inverno.
Sei nato cosi’, regalandomi il momento più bello che custodisco
nello scrigno dei miei ricordi, ricordi che oggi vedo con gli
occhi e il peso della vita che ci e’ passata addosso , ma che il
trascorrere del tempo ha mantenuto nitidi e colorati .