Claudio Monti - Poesie

Raccolta di pensieri in forma di versi

(1982-2012)

 

 

Lei negli anni e nei sogni

 

Quanto tempo era passato

prima di quella sera,

ma gli batteva forte il cuore

nel rivederla bella,

vestita come allora.

La gonna bluette

stretta lungo i fianchi,

e quella maglia nera,

ornata di strasse argentei.

le sue gambe sempre belle

in quelle calze nere,

quel viso da ragazzina

rimpianto di tante sere,

quando la inseguiva

sul filo dei ricordi,

e per un po’ fuggiva

i suoi giorni balordi.

Le sorrise impacciato,

senza la forza di parlare,

si tenne dentro la voglia

di chiamarla amore.

Lo vide nei suoi occhi

che lei lo amava ancora,

era grande quel sentimento

che nel tempo non moriva.

Oh, tenero amore,

per tutto il tempo passato,

il sapore dei tuoi baci

io non l’ho mai scordato,

così un po’ per gioco,

e un poco per follia,

non smetto di sognare

di portarti via,

lontano da questa gente

che ci tiene distanti,

lontano da questo mondo,

che non capisce gli amanti.



Riflessioni nella nebbia

 

La nebbia della pianura

avvolge le strade di città,

spruzzando di pioggia,

sottile e pungente,

il viso di chi cammina queste vie

di un’alba grigia e solitaria

come i miei pensieri,

come le mie speranze,

precarie e improbabili,

proprio come questa vita mia,

che sa guardare dentro e fuori di sé,

con sentimento e lucidità,

attenta ragionevole e speranzosa,

ma poi sempre delusa,

o forse solo illusa,

di vedere qualcosa,

di trovare qualcuno,

che non abbia i colori

di questo mattino,

e che sappia dire,

con una lingua nuova,

che di sogni e di vita,

c’è voglia ancora.



Senza Tempo

 

Ci sono occhi

che tagliano le tenebre,

ci sono voci

che rompono il silenzio,

ci sono cose

che non hanno tempo,

sono i versi fra le note

di una vecchia canzone,

il volto di una donna

che ti è rimasto dentro,

l’emozione di un sogno

che ritorna negli anni,

la speranza di sempre

che ti riscalda il cuore.

Sono l’amaro e dolce

sapore della nostalgia,

con cui le ricordi,

e le rimpiangi.



L’amore di un curdo

 

Sarà stato per la luce dei suoi occhi,

sarà stata la sua espressione dolce e decisa,

che ti ha rivoltato dentro come una freccia

al centro del tuo profondo essere,

così teneramente devastante,

da mutarti la vita,

e lenire il dolore,

per le tue radici calpestate.

Inatteso avevi trovato

un porto di conforto,

l’amore di una donna

da cui farti cullare,

per sentirti meno solo, e perduto,

nel tuo infinito lottare

per non scomparire.

Ma quando si nasce su una sponda sbagliata,

anche l’amore più grande,

può diventare una scelta scellerata.

Così clandestino e braccato,

per raggiungere lei hai provato

a stringere un patto con l’acqua del mare,

con le stelle e la luna di un cielo d’inverno,

che mitigassero il freddo e rompessero il buio,

di questa notte che ti prendeva la vita.

Dopo mille bracciate esausto e lontano,

dalla riva e dal calore del suo fiato,

ti sei arreso al sonno della morte.

Piegato ma non vinto,

più che dal mare da un mondo

dove hanno libero transito

solo armi e veleni,

ricchezza di stati e potenti assassini,

mentre tu che volevi soltanto

raggiungere la tua donna,

hai dovuto morire.

Perduto è questo mondo,

dove amore è solo una parola abusata,

e dai più tradita,

e libertà è un sogno,

spazzato dal vento.



Saluto a un Poeta

 

Che triste giorno è oggi,

che non potrai più

costruire ali

per il volo dei sogni,

o solo dolcezza

per anime fragili,

dal grande cuore,

e leggeri pensieri

su importanti ragioni.

Siete ormai tanti

a cantare nel vento,

forse soltanto fuggiti lontano

da dove eravate quasi stranieri,

come tanti fra i pochi

che sono uomini veri.

Mandaci una voce cometa,

che rompa il muro di vento,

e porti a noi orfani,

la ragione e il sentimento

del tuo parlarci sulle note.

Raccontaci ancora,

di donne e uomini

oltre i confini del bene e del male,

di civiltà calpestate,

ma non vinte o perdute,

di borgate di sole e d’ombra,

di coscienze non sopite.

In questo tempo di colpevole oblio,

disabituato al pensiero,

continua a parlarci,

poeta dall’infinito…

 

 

Bologna, 12/01/1999

 

 

Il 11/01/1999 moriva un poeta e un uomo straordinario: Fabrizio de Andrè. Sono diventato uomo da adolescente che ero, ascoltando i suoi pensieri tra le note. Sono passati gli anni, ma il mondo continua ad essere afflitto dagli stessi mali, e sono animati dagli stessi interessi i profittatori che oggi tolgono vita, aria e futuro a questa e alle nuove generazioni. Purtroppo, invece, non ci sono più persone come Fabrizio, che con il linguaggio universale della musica ci trasmetteva ragioni, sentimenti, pensieri, toccandoci nell’animo, nel cuore e nella mente. Non dimenticarlo, e farlo conoscere a chi la fortuna di ascoltarlo vivo non l’ha avuta è un dovere verso la nostra società, ed è anche continuare a dare vita a un sogno…. 



L’alibi

 

E la consolazione alibi

di un mondo colpevole,

pensare che il fuoco dei bombardieri,

attraversi le genti,

senza ferirle.

Magia d’occidente,

volgare menzogna,

per giustificare un crimine,

senza provar vergogna.

Il sangue di un popolo

scorre in un mare d’indifferenza,

quasi di compiacimento,

per combattere un tiranno,

questo dovremmo credere,

per la peggiore delle tirannie,

la verità che noi sappiamo.



Gli uomini veri

 

Gli uomini veri non rinnegano un amore,

ma gli uomini veri non serbano rancore.

gli uomini veri dicono sempre grazie,

per l’amore ricevuto,

anche se poi col tempo,

quell’amore è svanito.

Gli uomini veri si fanno dire addio,

che è una lama che gli trafigge il cuore,

ma gli uomini veri quella donna,

continuano a chiamarla amore….

Gli uomini veri negli occhi di ogni donna amata,

lasciano un pezzetto di vita e di cuore,

ma dagli occhi di ogni donna amata,

si portano dentro una luce, un calore,

che scalda la vita anche dopo un addio

che un bel ricordo non trasforma mai in odio od oblio.

Ogni donna amata è un solco del cuore,

ogni donna perduta è ferita del cuore,

ma in quel solco e in quel sangue germoglia la vita,

di fiori sempre nuovi, di carni e di cuori,

che continuano la loro schermaglia,

tra amore e passione,

tra lenzuola sdrucite e il pianto in una stazione,

tra il sapore di lei che ti porti dentro,

e il rimpianto di lei che ti cammina accanto.



Migrante

 

Avevi gli occhi troppo neri,

e la pelle troppo scura,

avevi radici di terra e cielo,

e l’odore di uno straniero,

avevi speranze cattive e buone,

avevi sogni senza colore,

avevi quello che noi avevamo,

eri quello che noi eravamo,

avevi il niente, lo stesso,

che un tempo ci spingeva lontano,

e sussulti del cuore,

tra speranza e dolore.

Avevi una patria di tesori e brutture,

di libertà senza ali,

di povertà epocali,

avevi il sangue di una vita,

per pagarti un futuro,

viscido e incerto,

per niente sicuro.

Avevi un mare nero da attraversare,

su un lurido vascello,

di un comandante sciacallo,

per un approdo vicino,

eppure tanto lontano,

su una via d’acqua e sangue,

e di spade piantate nel cuore,

le grida mute dei mai giunti alla riva,

che ti manca il respiro in fondo alla stiva.

Adesso hai terra ferma sotto i piedi,

ma un destino sereno lo stesso non vedi,

e quale sia il tuo posto nel mondo,

per sempre bandito, comunque vagabondo,

sgradito, nemico, rifiuto,

per chi ti condanna prima di averti conosciuto,

non per il bene o il male che fai,

ma solo per quello che sei.



Il testamento di un uomo

 

Poi gli chiesero di rinnegare se stesso,

i suoi amori, la sua fede, i suoi ideali,

allora allargò le braccia,

e i pugni chiusi,

come a chiamar tempesta,

col sangue agli occhi,

e il tumulto del cuore,

chiamò le donne della sua vita,

chiamò i compagni delle sue lotte,

chiamò Dio…..,

ma la sua voce si perse nel vento.

Ancora, indomito, chiamò lei che amava,

ma la sua voce era lontana,

a malapena si sentiva,

“chi sei, chi sei”, come una lama lo trafiggeva,

e a nulla valse il suo nome sul cuore,

fu deriso come pazzo,

bollato da impostore.

Poi una sera,

che solo si sentiva morire,

e nel pugno stringeva il niente,

e il buio dell’avvenire,

in silenzio urlò la sua preghiera,

perché sentisse lei che amava,

quel grido di aiuto,

e come ultimo dono,

per una volta almeno,

lo ripetesse ancora quel “Ti amo, lo giuro”,

dai suoi silenzi poi rinnegato,

come fosse uno spergiuro.

Sentì il suo fiato carezzargli il viso,

diede l’addio al cuore con l’ultimo sorriso,

capì che lei non c’era,

e il tormento lo spegneva,

così con lei negli occhi,

chiusi gli occhi per ritrovarla ancora,

un bacio sulle labbra a quel sogno che svaniva,

fece pace col mondo,

mentre la vita lo lasciava.



L’amore

 

Ah, l’amore, l’amore,

ma dove sta di casa l’amore,

certo nei cuori più disgraziati,

nelle speranze degli infelici,

dolce chimera che si lascia sfiorare,

e pare diventi vera,

ma poi la vedi svanire.

L’amore forse è solo un’illusione,

è un prurito dei sensi,

che chiede soddisfazione,

è un inganno a volte spietato,

è un sogno che dura sempre troppo poco.

È la fede cieca del cuore,

averla fa soffrire,

ma non averla è già morire.