Fotogramma
Una mezza luce di luna
taglia a dondolo
la destra del tuo sguardo
scivola e risale
falce dallo zigomo alla fronte
Sulla schiena
le mani arrampicano brividi muti
Come sopra un morto
Vangate di terra
come sopra un morto
sequestrano
questo ed altro mio vivere
smarrito
tra ricerca e trovazione
d’abortita necessità
Inconcesso tempo
distilla sui corpi
l’umida gemma dei baci
Trascinata
Trascinata
nella spirale
di
una
voce
Accarezza
lingua
i denti
spalmando
a labbra
dissoluti
sapori
liquefatta
sommossi
urgenti
battiti
mi
precipitano
voglie
a gonfiare
a dilatare
abissi
in morbide
oscure
corolle
Dilaniata
t’accolgo
T’invado
il tempo
esausto
si perde
nel pulsare
lacrimato
e
asincrono
del cuore.
Risveglio
Umori lievi
che sanno ancora
sapore di
sonno
s’affacciano
incerti
alla bocca del buio
valutando
l’abisso
che il giorno
propone.
Stanotte
Non
ci sarà
concesso
il sollievo
espiatore
della notte
stanotte
saranno
ondate
di piena
sonni
errabondi
mutati
in gridati
spaccati
silenzi.
Da dentro
Dentro il tuo respiro
dormire
la carne
si fa d’acqua,
dimentica,
nella Tua bocca
ascoltare
il ritorno dal sonno
come un’alba che nutre
l’ennesimo giorno
disordinare
il tocco delle mani
annidandomi
nel ventaglio rosso
delle Tue carezze
e di nuovo
attendere
che si rinnovi l’estasi.
Il coito interrotto del melograno
Il velluto umido
della lingua
scontorna in
carezze
i coralli freschi
addossati
in gonfio contatto
ne incita il distacco
e si allunga
facendosi cucchiaio
a raccolta.
L’invasione rubinia
della bocca
risale
preme
e si tende
in asprodolce
gocciolio.
Geme la gola
pronta
all’umidore atteso
e fremono i sensi
in arresto
per la dura
sorpresa d’un seme.
Stordito
d’inconcluso piacere
ritorna
riprova
e s’insinua
in vergini morule
ancora ingenuamente
ombelicate.
E ricomincia
l’attendere
e ritorna
l’abisso
e il volo
e il perpetuarsi
del coito interrotto
del melograno.
Il canto d’una matita
Offerta
è
l’anima nera
al ruvido candore
Il corpo legnoso
trattenuto
dalla pelle
morbida ed eccitata
delle dita
Al tocco
s’accende
il roco strusciare,
non un sibilo,
ma una carezza rovente
che traccia
profila
e intona pienezze
S’intromette
irriverente
tra le fibre abbracciate
riempie e aggredisce
e
baciando
dissemina tracce,
lucide
sull’opaco pallore
S’inarca il foglio,
quasi
un brivido lo increspa,
e si distende
ora
e ad ogni tratto ancora
tremando
sotto il graffio
cantato urgente
d’una matita
Tormentum
Tormentate asincronie
Di masticato dolore
Macerano
La carne gonfia
Della mia anima
Come
Sospetti di peccato
E colpe inevase.
Nel caldo condannato
Del cuore
Incompiute ali
Vaneggiano
Misericordia.
Scarificazioni
Si susseguono
solitudini
sbiadite a silenzio
Sembrano
solo
sussurrati sibili
sofferti
sospesi
sopra secche
scarificazioni
del cuore