Daurija Campana - Poesie e Dipinti

Poesia

Perché dalla lontana gioventù vai
ti porti via la pace ed il sereno
e sopra le altre stelle splenderai
nascosta come l’acqua da un baleno

che tace e pare non abbia la pace,
la giostra della vita ti riavrebbe
se mai tu ti ricordassi che giace
inerme sulla terra con la febbre

chi va dall’orizzonte verso il sole.
Ascolta la tua musica ancora,
il suono non necessita parole

ma dolce e melodiosa compostezza
il ritmo che si dà non lo decora
ma è del verso essenza e non bellezza.

 


 

Guerra

Ho conservato freddo sopra i nidi
delle rocce un pianto volto a quel cielo
fresco al tramonto e caldo di sera.
Eravam pronti a un’esistenza nuova
a una vita sorridente oltre gli occhi,
con l’immagine del viso pulito,
mentre lontano i suoni delle bombe
fermavano i sorrisi e le speranze
nel cuore. E avremmo mai ritrovato
la serenità di un tempo? Avremmo ancor
vissuto tra i canti degli usignoli
in pace tra la terra e i campi verdi
tra le onde del mare e ricordi lenti
che si dissolvevano all’orizzonte?
Avremmo ancor respirato, sentito,
toccato, annusato, mangiato, visto?
O la vita si sarebbe spenta lì?

 


 

Fiaccole

Cadono
le stelle sospese
nel cuore ora spento.
Cadono a picco frantumandomi dentro;
brilli vano nel cielo,
ora più, ora meno
ora è buio,
ora è freddo, non so se mi reggo.
E il cielo è sereno…

 


 

Luci sparse

Luci sparse sulla strada oscura,
Annebbiano il tuo volto e la speranza
Di rivederti una volta ancora.

Cosa mi resta? Forse la pioggia
che riecheggia vaga tra le fronde
degli arbusti più belli, quelli privi
dei rami più espansi dietro i sibili
lontani degli uccelli, aggrovigliati
in un tumulto di rocce e radici
che si flettono lenti nel loro
vagare lontano…

 


 

Tramonto

Mi ricordai di averti visto
un giorno al calar della sera.
Mi ricordai la luce fioca,
aliti di vento senza colpa.
Mi ricordai la terra che tu
toccasti e il suo fiorire lento.
E avrei cancellato in quell’istante
ogni gioia e ogni sofferenza.

 


 

Apri la porta

Apri la porta, voglio sol vedere
che respiri e mai il sonno della morte
t’ha colto. Spalanca gli occhi, ti darò
la mano, corriamo agili a giocare.
Mio padre sta imballando il verde fieno,
il tuo oro e paglia; ci addormenteremo
in cima al mondo coi graffi sulle gambe.
E rivedremo Meldola lontana,
piccola e grande un po’ nostra e un po’ estranea
e tutto l’universo da quel campi,
dispersi tra i ciliegi e sulle balle.
E staremo lì per tutto il giorno,
divisi dalle mille sofferenze,
uniti dal profumo della terra.
Apri la porta fredda dove il tempo
più non scorre e si celano i sorrisi;
io ti darò la mano ora come allora…

 


 

Passeggiata lungo il fiume

Non dire alla ghiandaia che sono rimasta
incantata dallo scoiattolino nero;
Non lo capirebbe! Dopo l’airone e la garzetta
l’avevo eletta la più bella. Ma poi,
pensando fosse solo un merlo,
ho soffermato gli occhi tra le foglie e…
che sorpresa! Stava lì a farsi ammirare.
Ma tu muto hai chiuso gli occhi d’oro
e non mi hai più chiesto di tornare
a sprofondare il passo tra i pensieri…
Che resta? Qualche piuma chiara e celestina…

 


 

Barré

Ho suonato con forza la chitarra
Accompagnato accordi e canzoni

Là, dove lo sguardo si perde
Vedo solo campi di grano

 


 

La partita

Avrei voluto che fossi rimasto
fino alla fine della partita
ma il tempo agisce spesso in contrasto
e te ne sei andato pieno di vita,
senza vedere quanto abbia sofferto,
senza potermi più consolare
te ne sei andato, quel giorno un po’ incerto,
pur continuando, infondo, a restare…
Prosegue ora lento il gioco del calcio,
tutto è scandito con ritmi lontani
di quei ricordi rivivo uno stralcio,
vorrei ora stringere forte le mani
ma l’arbitro fischia, la palla cade,
tu chiudi gli occhi ed inizi a dormire,
dormon le stelle e dormon le strade
e la mia gioia inizia a finire…

 


 

Natale

È Natale negli occhi, non nel cuore,
dietro di me luci colorate
davanti l’ombra tua che mi sostiene
e vedo riflessa in ogni presepe…

Se con la mente ritorno alle ore
delle tue giovani fresche risate
un brivido freddo prende alle vene…

La nonna, tu ed io; i sorrisi e le pe-
nitenze dei giochi, alla vigilia…

Riempi di carne i cappelli di pasta,
chiudi, disponi e riordini tutto,
presto che arriva la Messa Solenne!

È tardi, socchiudi palpebre e ciglia,
ti sgomito: “Svegliati, adesso basta!”
e un occhio vigile or ora ti butto;
tu, i pastori e tutte le renne

palline di vetro, stelle dorate,
l’acqua che cade tra il bue e l’asinello:
dentro al mio cuore di bimba il Natale
non era altro che questo e il tuo sguardo…

Trascorrono gli anni e muoio le fate,
ma il nostro Natal sarà sempre quello:

la nonna, tu ed io ed era normale
giungere a Messa un poco in ritardo.

E a mezzanotte le stelle, le luci,
l’acqua, le statue di porcellana,
paglia dorata su lustri d’argento,
il cuore che canta a Gesù Redentore.

Tu, la tua mente, lontano, conduci,
il muschio un profumo nuovo emana,
di vita tra i sassi e tanto cemento
in fretta passano i giorni e le ore…

E passa l’inverno… e passa l’estate…
rivolta alla porta: non arrivavi.
E stavo in pena, le lacrime agli occhi,
sola, in chiesa, attendevo il tuo passo.

E d’improvviso le tue risate:
era Natale perché camminavo
verso di me indossando i balocchi
sotto un bell’abito: ero di sasso,

e non capivo quella sensazione
strana, di perderti, che era nel cuore…
T’avrei perduto, capii in un istante
che quel Natale era l’ultimo assieme…
Un treno che parte da una stazione

se non vi torna, porta dolore
così il cammino ti porta distante
da una casa che ancora oggi geme…

La nonna, tu ed io: non c’è più nessuno,
lei ti è venuta, io credo, a cercare
per dirti “Inizia la Messa Solenne,
forza, Lamberto, ancora è Natale!”…

Forse a Natale c’è ancora qualcuno
che può sorridere, che può sognare,
che può toccare le stelle e le renne

ma senza di te, questo a che vale?

 


 

Il lago

E me ne andrò col cuore in gola e un pianto
che soffocherà la mia sete di te,
mio lago amato, del dolce conforto
che, amichevole, non mi hai mai negato.
E venivo con l’angoscia nel cuore:
piangendo ti parlavo di mio padre,
e pregavamo insieme che guardasse…
La tua pace mi rasserenava…
E ti raccontavo di quell’amore
che mi struggeva l’anima e la mente,
che prosciugava lacrime il mio corpo…
Sorridendo tu mi scaldavi il cuore.
E giunse da te senza più parole
quel freddo mattino di quell’inverno
mite che d’improvviso gelò il sangue
e ammutolì il mio sguardo ed anche il tuo.
Ci guardavamo in silenzio piangendo,
e ci aggrappavamo ad una speranza
sempre più flebile e sempre più vana
e tu ricordavi tutto di nuovo:

due bambini che scendevano il colle,
le guance rosse, la fronte bagnata,
che videro in terra un pezzo di cielo;
si avvicinarono: che meraviglia!
Nascosto da canne tu, trasparente,
azzurro e dorato specchio del sole,
canti di rane, rischiami di uccelli,

ronzio di api e profumi leggeri.
E restammo lì muti ad osservarti,
rapiti da quel paradiso in terra,
e sentivamo in cuor che nulla al mondo
ci avrebbe amato come t’amavamo.

Quell’infanzia ora è finita e lontana,
e se n’è andata anche la giovinezza,
lui si è spento come un giorno di sole
e tu non hai più visto la sua luce.
Da allora quanti anni son trascorsi?
Troppi, senza di lui, e troppo pochi
per lenire in qualche modo il dolore
che turba dentro come una tempesta…
Addio mio dolce amico e confidente,
custode di ogni mio segreto,
luogo in cui, un tempo, anch’io fui felice;
tornerò da te, non so farne a meno,
percorrendo il campo, oltre la siepe
dietro la casa bianca e abbandonata,
col viso rosso e la fronte sudata
mi vedrai sorriderti piangendo
e so che tra le tue acque limpide,
tra le dolcii note degli uccellini,
un sorriso tenue ed una lacrima
muoveranno la tua pace lustrale…

 


 

Inverno

Tu, sotto la coltre di neve bianca,
pallido in volto e chiuso i tuoi occhi,
tendi la mano all’anima stanca,
scende dal cielo la neve a fiocchi.

T’alzi e sorridi e scrolli già tutto,
rosea la guancia e rossa la bocca,
spezzi il silenzio di quel breve lutto
gridi e schiamazzi il cielo ormai tocca…

Io, sopra un manto chiaro ed innevato,
attonita in viso, apro lo sguardo,
t’afferro la mano! Inadeguato
quel volo che a pensar non m’azzardo…

Mi stendo e piango; il mio corpo è inerte,
gote solcate e respiro frequente,
bagno di urla le bianche coperte
confondo il vissuto con il presente!

 


 

Dammi la mano

Fredda la lacrima congela il sorriso,
cade una foglia che prima era appesa,
notte di stelle in cielo in frantumi,
dammi la mano e stringila forte…

Non sento l’inferno né il paradiso,
e la mia mente rimane sorpresa,
notte profonda schiarita da lumi,
trema ora l’anima, chiara la sorte…

 


 

Rime d’amore

Freddo silenzio
Albeggia appena, non è ancora giorno
tra i muri spessi il freddo tuo silenzio
mi fa sentire il vuoto che ora ho attorno,
sento che mi manchi tanto e penso…

Tra mille e più parole le più belle
son quelle che di certo mai ti ho detto
quelle che serbo nel mio cuore e quelle
che non ho mai osato e non accetto

pronunciare mentre muore il sole
e le tue mani cercano le mie
che nell’angoscia di sentirsi sole
scrivono soltanto meste poesie.

E cadono i pensieri dal tuo sguardo,
i tuoi occhi, come il mare in tempesta,
mi fan sentire un naufrago in ritardo
che mal si muove sotto l’onda lesta.

 


 

Destino

Non mi ricordo quando, dove e come
ma il cuore mio lacerava il silenzio
di quella casa così fredda e vuota
col suo palpitare troppo frequente.

Di te non sapevo neppure il nome

e già ero tua, Amor che non menzio-
no, quando il Destino volse la ruota

e unì i nostri passi candidamente.

Ti vidi riflesso in occhi piangenti
e lacrime che solcano il cuore,
ti sentii dentro come la tempesta
che sradica le foglie dagli arbusti.

In me portasti dolci, caldi venti;
i tuoi baci trasformarono il dolore
che trattenevo in seno in una festa
di fiori con dei petali robusti.

Il tuo sorriso illuminò il mio pianto
mentre i tuoi occhi mi guardavan dentro
come se mi conoscessi da sempre,
come se tu il mio dolore vivessi.

Amore mio, vivevi in me da quanto?

Quando Cupido aveva fatto centro?
E crebbe questo amore nel mio ventre
come in un campo crescono le messi.

Ma cadono anche i petali dai fiori
cerco nella mia anima il tuo respiro
e non trovo che infiniti silenzi
e parole che il vento ha cancellato…

 


 

Fredda estate

Ho una spina nel cuore conficcata
E una ferita sempre più profonda
Mentre versa sangue la mia anima
E i miei occhi non fan che lacrimare…

La lancetta del tempo si è fermata
Dove il tuo cuore più non m’asseconda
E dove il dolore il mio cuore lima
Da quando non ti posso più amare…

Sto cadendo in un pozzo senza fondo,
in una palude dove sprofondo…

 


 

Ricordo

Lontano cerco ancora il tuo sorriso,
La tua mano sui tetti delle case
La bocca chiara tra la pelle ambrata
Quella tua rara voglia di risata
Ma freddo non rivedo il tuo bel viso
Né i tuoi capelli neri o le tue cose
Non odo la tua voce che ora tace
Non posso nel silenzio darmi pace.
Che ore sono? Domanda senza senso
Ho perso l’ indirizzo della casa,
La mia finestra appanna ogni pensiero;
La mano piano tocca ciò che ero,
La mente di ricordi già pervasa
Non più può riportarmi ciò che penso…

 


 

Pesche aspre

Non vedi? Verdi tra le fredde foglie
le agre e aspre pesche fresche e acerbe
portano al palato acre colore
agli occhi nessun gusto di dolcezza.
Non vedi? Avidi le staccavamo
con vigore da quella pianta stanca
e ce ne riempivamo bocca e cuore…
A morsi a morte le disgregavamo.
Non vedi. Chiusi gli occhi a giovinezza
mai il dolce miele riuscisti a gustare;
e la pianta morente fu abbattuta
per far spazio al timido rosmarino…

 


 

Eppure è notte

Eppure è notte,
Anche oggi la smania di vivere
Ha chiuso gli occhi
Alla pallida luna.
Ti addormentavi serenamente,
Il giorno,
Senza angustiarti troppo
In vane riflessioni senza senso.
Avrei solo voluto
Prolungare quel lasso d’attesa,
Così entusiasti della vita,
Così acerbi e speranzosi
Nel sole.
Ma è notte e non so più che fare
La frutta è maturata
Non me ne sono accorta in tempo
Ed ora è troppo avanti,
Da buttare.
Avrei voluto conservare ogni istante
Ma la lancetta si è spostata
Troppo in fretta.
E tu, non sei più qui, con me…

 


 

La palla

Su quella collina verde e gioconda,
Tu rincorrevi la palla tra il grano.
E lei rimbalzava, morbida e tonda,
E ti sfuggiva, andando lontano.
Tu la inseguivi tra spighe mature,
presto e veloce tra tutte le alture
Più la vedevi, nascosta com’era
Come se fosse che lei più non c’era.
Eppure la vedo, tengo ora in mano
Ma non ci sei tu, ti sento lontano…
Che fare? Ti vorrei solo abbracciare
E, ancora in volo, la palla lanciare…

 


 

Settembre

Settembre: acre profumo di mosto.
Vorrei coglier fichi al solito posto
e guardar la strada dalla collina
mentre l’inverno, lento si avvicina…
La tua anima ora riposa in pace
e tra i fiori freschi il tuo corpo giace;
ricordo quando eravamo vicini
e guardavamo il tramonto del sole.
Quante risate e quante parole…

 


 

Non i sogni ma le persone

Non i sogni ma le persone
Possono cambiare l’esistenza
La strada segnata dal tempo,
Agognata e desiderata
Può nulla a confronto degli occhi
Di chi ti chiede di restare.
Resti?Torni o via devi andare?
Se lo domando, non rispondi.
Eppure ancora io credevo
Parole di bimbi lontani
Con desiri da realizzare;
Eppur speravo nella fiaba
E lieto fine ci si addice.
Perduta la scarpa di vetro,
Non il ballo, non il palazzo
Ma lo sguardo della sorella
Lo stupore e la gioia in volto,
Fece indietreggiar la fanciulla
Spoglia del suo finto costume.
Sdegnò la vita da sovrana
Per ritornare alla sua casa
Stretta e modesta, ma adatta a lei.
Così farò, perdendo il trono,
Ed i castelli e le nuvole
Tornerò alla nostra terra
Non con cetra ma con la zappa,
A seminar dolci memorie.
Or finalmente so chi sono,
Libero in aria il palloncino:
Ne sono certa, arriverà da te
E ti racconterà che sono
Figlia di terra e del mio mondo.
Non i sogni ma le persone
Possono cambiare l’esistenza…

 


 

Ritorno a Itaca

Ero lontana, la tua ombra il pane
Perduta era la strada, nere l’acque
Fredda la distanza, spento il sole…
Ma c’era ancora vita all’orizzonte,
E i vecchi sogni e i desideri nuovi
E le parole e i canti degli antichi
Il forte sentimento dentro il cuore…
Al largo la voce delle sirene
Mi trascinava sempre più distante
Da te, ed io andavo, andavo lontano…
Ma il tuo volto mi riapparve sereno,
Ed i tuoi occhi, e la tua fronte chiara;
Così mi risvegliai da quel torpore
E rinsavita rigirai le spalle
Questa volta guardando fissa il sole.
Non è arresa ma ritorno a casa…

 


 

Poesie per mio padre

La farfalla

Giovane bruco, divori la casa
che ospitò il tuo corpo per saziarti:
quante scelte strane impone la vita,
e con lo sguardo serio la tua seta

cominci a tessere di gioia invasa;
che lungo lavoro per poi legarti
ad un’esistenza ormai finita,
vicino il traguardo, chiara la meta.

…e il tuo essere così indipendente
si limita, a poco, nel movimento:
ti chiudi in te stesso, or afflitto e stanco
la luce nei tuoi occhi già traballa.

…e mi chiamavi “Pupa” dolcemente,
senza capir che forse, quel momento,
sopra il tuo letto freddo, tutto bianco,
stavi diventando una farfalla…

 


 

L’albero

Ascolto con fare incessante e oscuro
la pioggia sui lucernari socchiusi
le fredde gocce cadere dal muro…

Che ore sono? Pensieri delusi
si intrecciano nella mia mente stanca
gli occhi scivolano nel silenzio

e ti vedo, il respiro mi manca,
ti corro incontro, da me mi licenzio,
ti abbraccio, ti bacio e tu sei presente

mi guardi, sorridi e mi stringi forte,
e le tue gambe si muovono lente,
nessun incidente, nessuna morte.

La tua voce calda e profonda ancora,
le mani salde ed il viso abbronzato,
il corpo forte e robusto d’allora:

“Ti cerco ogni giorno, mi sei mancato!
Avrei voluto dirti tante cose,
prima che tu, quel dì, volto alla luce,

la inseguissi dove lei ti nascose…
Dimmi dove il tempo ti conduce
e dove il mio amore ti trattiene…

Dimmi cosa hai provato nel momento
in cui hai lasciato le mie mani piene
del solo respiro di un triste vento.

Sono qui, no, non me ne vergogno,
e provo a fingermi te in ogni istante,
ma non sono che una foglia come tante

e tu l’albero di cui ho ancora bisogno!”…

 


 

Terra

Terra irrigata di lacrime e sudore,
potessi parlare e raccontarmi tutto,
i suoi sorrisi volti al cielo sereno,
la sua tristezza tra le zolle oscure.

Potesse il vento sussurrar le parole
che della sua disperazione il frutto
mutavan sotto il sole come il fieno,
o come spighe indorano mature.

Potessi dare voce ai suoi silenzi
e raccontare tutti i suoi pensieri
per ritrovare i nostri giorni intensi
rivivere oggi ancora come ieri.

 


 

La partenza

Avevo paura quel triste giorno
in cui tu respiravi ormai lento
mentre il resto del mondo, tutt’intorno
continuava a sorridere contento.

Arrivò il pasto a tutti gli ammalati,
rumori di forchette contro il piatto
parenti lungo i corridoi affollati
che forse reputavo un po’ inadatto

che tu ti congedassi in quel momento.
Ti presi la mano resistendo al pianto,
il palpito mio forte, in aumento,
contrastava con il tuo, flebile tanto,

e ti ripetevo “Sono qui con te,
stai tranquillo, babbo, tutto andrà bene!”
e ci credevo proprio come se
potessi alleviare le mie pene.

Non era coraggio ma solo amore
dovevo esser forte perché lo volevi
ma dentro l’angoscia stringeva il cuore
ormai sapevo che non rimanevi…

 


 

Cimiteri

Sole spento nel pomeriggio corto
tra i vialetti ghiaiosi respiro
cielo di un colore azzurro intenso
e acre il profumo dell’incenso.

Luogo di tristezza e di conforto,
ricordo che andavamo a fare un giro
per visitare tutti i nostri cari
e raccontare loro i giorni vari…

Chi aspetti? Non posso più tornare
mi nascondo ora al buio della luce
sono sereno, non ti crucciare,
ti vedo ogni istante in controluce…

 


 

La mano del padre

“Chi mi accompagnerà quando, da solo,
varcherò quell’uscio impervio e angusto,
che mi condurrà lontano da questa
mia vita ora triste e solitaria?
Eppur, se con la mente leggera volo
alla mia giovinezza , ancora gusto
l’odore della terra nera e mesta,
baciata dal sole e la fresca aria
profumata di pulito e di vissuto…

Chi ci sarà quel giorno a ricordare
quanto io abbia amato i miei bei campi,
rinnovati e freschi in primavera
verdi e luccicanti se è piovuto,
e le ciliegie appese a maturare?
E chi, tra i temporali estivi e i lampi,
aspetterà l’aria rossa della sera
e con lo sguardo serio e il viso muto
si metterà stupito ad osservare?

Il grano ormai biondeggia all’orizzonte,
e la terra si è fatta ancor più bella:
come una donna attende il contadino
che sa vagheggiarla e farla fruttare.
Della sua esistenza unica fonte,
donna dalla florida mammella,
che nutre e tiene in braccio il suo bambino
e sa come lo deve confortare.

E quando l’aria fresca di settembre,
dolce la pelle d’oro accarezza,
non resta che l’aratro preparare
e raffinar le secche e dure zolle.
E bella è la terra anche a novembre,
quando è lavorata e non più grezza
pronta per il grano seminare,
o quando l’inverno la rende molle.

Come la sistemi, lei sta bene,
appare or attraente e profumata,
di fieno, sole, frutti e fresco vento,
di lunghe faticate e di sudore.
Chi l’amerà col fuoco nelle vene,
e ne avrà cura perché io l’ho amata,
e proverà per lei ciò che io sento
e nutro dentro al mio stanco cuore?

Un giorno emetterò un lungo respiro,
e me ne andrò lontano da ‘sto letto,
pronto a volare verso la mia terra
e a rivederla bella come allora.
Il cielo, azzurro come uno zaffiro,
brillerà un bel sole sul mio petto,
sarà allora finita la mia guerra,
sarà giunta per me l’ultima ora…

Chi mi darà la mano in questo mondo,
quando mi troverò davanti a Dio?”,
ti stringo forte e d’impulso rispondo:
“Babbo, vedrai che te la stringerò io!”…

 


 

La vita

Sopra le chiare colline di grano
che bionde ondeggiano al soffio del vento
qui, oggi, io ho scoperto la vita:
era vestita di fiori di pesco

che cinguettavano mesti lontano
portavano al cuore un bel sentimento
come d’eterna gioia infinita
di un respirare umido e fresco

di fronde, di erba, d’acqua e di zolle
di coccinelle e farfalle nell’aria…

Smuove la terra col piede e la zappa
un contadino e s’asciuga la fronte
e pone l’attrezzo sulla terra molle
col sole in faccia e la pelle che varia.

Lavora per ore, si fissa una tappa,
giunto si ferma: guarda quel monte,
la grande distesa e seco sorride;
dentro i suoi occhi alberga la vita

quella che brilla sudato sul volto
del padre mio quando fuori c’è il sole…

Con la sua mente rincorre le fide
distese di grano e le sue dita
sembrano accarezzare il raccolto
e le sue gambe camminar da sole…

Piange, s’arresta e guarda dai vetri
il mondo è in festa, in fiore la terra
e nel suo cuore, d’un tratto in pace,
quella visione gli porta il sorriso…

Addio dolenti giorni oscuri e tetri
lungo è il cammino di colui che erra
per scoprire dove nascosta giace
la gioia che sa illuminare un viso:

forse lì, nella forza e nel coraggio
di avere la vita in ogni momento,
celata tra il calore di quel raggio
che crescere fa i campi e il firmamento.

 


 

Il bosco

Calde lacrime di solitudine
trasporta nel mio cuore alla frescura
di questo bosco, l’inettitudine,
lo sguardo perso nella paura:
rivivono in me i dolci ricordi
della mia infanzia spezzata e lontana,
vecchi ruderi di suoni ormai sordi
silenzio abitato da speranza ora vana…

Tu non ci sei, mi manca la tua mano
che conduceva ogni mio passo lontano…

 


 

Giovinezza

Frammenti di vita, lontani ricordi
vorrei poter essere chi più non sono
profumi nell’aria, suoni ormai sordi
oh mia giovinezza ti chiedo perdono.

Non so se ti ho perso quel giorno lontano
in cui dentro il cuore morì la speranza
o quando stringendoti forte la mano
rimasi da sola dentro la stanza…

 


 

Poesie per Lamberto

Sonetto incompiuto

Tu eri l’alba, io ero il tramonto
tu sole, io pioggia, tu la dolcezza
io l’amaro del vivere e pensare
che un giorno muore per nascere nuovo…

Così ti nascondi mentre io conto
ma il tuo silenzio la mia conta spezza
“Chi è fuori è fuori…”, mi metto a cercare
ma tu non ci sei, ti cerco e non trovo…

Cadono gocce di lacrime a pioggia,
gridi tu: “Libero!” in un momento
e guardo la mano se al muro appoggia

ma non la vedo: è il soffio del vento…