Osimo è un ossimoro
Osimo è un ossimoro:
un paradossale contrasto
tra la bellezza, all’esterno,
delle colline attornianti,
verdeggianti e splendide.
E l’interno,
così stretto e caotico,
intasato, nelle sue strette vie,
dallo smog e dal traffico intenso.
Al pari di un corpo umano
intossicato,
solo apparentemente in salute:
splendido, nel fiore della sua bellezza,
forte, all’esterno.
Ma malato, intasato, avvelenato
nella circolazione, all’interno.
L’animo della persona meteoropatica
L’animo della persona meteoropatica
è lo specchio dello stato di natura:
il suo umore è variabile della variabilità
del tempo. Nel suo viso
le labbra si aprono in un sorriso
come in cielo si aprono le nuvole
lasciando passare un raggio di sole.
Un insegnante che non presta ascolto
Un insegnante che non presta ascolto
o, peggio ancora, minimizza
le necessità, i punti di vista,
le sensazioni, i desideri
per il presente e per il futuro
di un suo allievo,
è l’equivalente di un genitore
che invece di tenere al caldo e nutrire
un figlio,
lo butta in strada
a morire di freddo e di fame.
La vera bellezza degli occhi
La vera bellezza degli occhi
non sta nel loro colore
ma nella luce che emanano.
Il colore in sé è solo la superficie.
Invece la luce viene direttamente dal profondo.
E svela, sprigionandola,
l’anima.
Ogni persona fiera e forte desidera
Ogni persona fiera e forte desidera
più profondamente di altri
trovare qualcuno
tra le cui braccia poter riposare
almeno per un momento.
Un momento
in cui poter posare la corazza,
un momento
in cui potersi concedere il lusso
di essere fragile senza paura.
In sì tante distinte stanze spoglie
In sì tante distinte stanze spoglie,
la comune calma dopo il furore,
sdraiati qui nudi spogli di voglie
ancora a lungo per molte quiete ore.
Vissuto quel sesso che tutto toglie
in quello scambio di corpi e calore,
né un sol senso di peccato né foglie;
solo un leggero, languido, terrore:
fuori di qua, quando siamo distanti,
distanti da questi momenti intensi,
momenti dove noi due siamo amanti
per poter amarci nei cinque sensi,
chissà se hai per me pensieri importanti.
Chissà se, semplicemente, mi pensi.
Sei donna
Sei donna.
Donna di quella femminilità
che è un fiore,
e come un fiore, emani.
Emani profumo,
ma anche grazia, bellezza,
eleganza, delicatezza.
Delicatezza che è sensibilità,
fragilità e celata sofferenza.
Soffice al tatto, sei solo da sfiorare.
Il sorriso dolce di chi è consapevole.
E negli occhi lucidi,
la luce di chi emana splendore,
di chi brilla di vita.
Vita passata attraverso il dolore.
PENSIERI
Generalmente tendiamo a considerare una poesia alla persona amata come una dichiarazione d’amore, cioè come, anche e soprattutto, un interessato tentativo di conquista. Invece penso che per la maggior parte le poesie di questo genere siano espressioni d’amore, intese come un modo alternativo di vivere e dare il sentimento d’amore. Semplificando al massimo la questione e relegandola, a titolo di esempio, all’amore eterosessuale poeta > donna amata: l’uomo ha in sé l’impulso innato a desiderare la donna (desiderio che se vissuto sanamente diviene amore; se in modo malsano, violenza), e se per un qualsiasi motivo (amore non corrisposto, impossibilità materiale, tabù sociale, ecc.) questo amore non può arrivare al compimento fisico, la poesia diventa allora quell’unico modo di vivere e dare quest’amore. Un bisogno naturale e necessario come qualunque altro primario impulso vitale.
I sogni si possono dividere in tre categorie: 1) quelli che rimangono solo sogni (grandi o piccoli che siano); 2) quelli che diventano realtà (perché ci sono, in barba ai pessimisti che dicono che non serve sognare); 3) quelli che si realizzano quando ormai non ce ne frega più niente (son quelli che lasciano quel retrogusto amaro in bocca, che ci ricordano come la realtà sia profondamente relativa e come il valore, l’importanza, l’esclusività delle cose e delle persone, non sono sprigionati dall’oggetto del nostro desiderio: l’oggetto del desiderio è, piuttosto, un contenitore, in cui riversiamo ciò che proviamo; tutta l’energia e la meraviglia che percepiamo verso ciò che desideriamo in realtà viene da noi, siamo noi a mettercele).
Il poeta è il mago delle parole. Perché ne conosce i segreti: il poeta sa (o semplicemente sente, in ogni caso percepisce), che il significato di una parola non è mai isolato, ne richiama infiniti altri. Il poeta sa che dire, come ha fatto Fabrizio De André, “bocca di rosa” non significa semplicemente nominare una parte del corpo ed un fiore, significa evocare tutte le sensazioni ad esse connesse: il piacere visivo, con la seduzione della forma e del colore; il piacere olfattivo, col profumo inebriante; la morbidezza e delicatezza al tatto, in un climax che annulla la distanza per passare dal sogno (la vista) al tatto (la realtà). Il tutto, se mal gestito, col rischio di pungersi e sanguinare. Mi si dirà che tutto questo lo percepisce il poeta che scrive ma non necessariamente chi legge. Infatti il poeta non è solo chi scrive ma anche chi legge. Poeta è chiunque porti in sé e riversi nello scrivere, nel leggere, nel parlare, nell’ascoltare, nel vivere, anche solo una scintilla di luce poetica.