Denis Benazzi - Poesie

Amore

 

Adorati

Momenti

Ottengono

Respiri

Eterni


Haiku

 

Spoglia la quercia -

Umana mano squarcia

La ghianda marcia


Dannata lacrima

 

Nasce una lacrima dal mio viso

Che pian pian parte, e piove da me

Come nasce e lascia il Pian del Re

Il prolifero Po, progenie del Monviso

 

Paterno nel terreno il suo corso inciso

Materna origine della piana cui da nome

Tra i tracciati fluenti, del mio paese, è il maggiore

Tra regione e regione, il territorio, da lui e` diviso

 

Di diversa natura è l’ umida scia

Che segna e separa le mie gote

Il tragitto tracciato è  un’ arida via

Senza il profitto intrecciato d’ alcuna dote

 

Espressione del lamento

Figlia del dolore

Che castra Amore

E ne ingoia il sentimento

Eviterà ogn’ altro concepimento

Evirando ogn’ altro genitore;

Come un Dio

della vecchia storia

Così l’ occhio mio

Mai partorirà lacrima di Gioia

 

Il riflesso trilla e squilla

d’ una scintilla

nella piangente e cupa trasparenza;

sibilante e muta la sillaba

d’ una Sibilla

mi riflette la sua futura conoscenza:

“nulla può  il volume d’ argini di creta e argilla

Contro il tacito tumulto di un’ amara coscienza”

 

Intrisa dell’ agghiacciante monito

La sanguinante lacrima s’ è  gelata

Come se il soffio del Cocito

L’ avesse eternamente condannata;

Lago o fiume non cambia il rito

La pena che dal Sommo fu cantata

Trova nel mio viso il suo pieno invito

 

Non alle acque fluviali mondiali

I fluidi dei miei bulbi oculari

Sono similari

Alle acque dei fiumi infernali

Dove violenti, traditori, avari

E tutti i loro cari

Vivono la morte di tutti i loro Natali

 

L’ odio che del mio occhio è  l’ effige

Mi mostra le rive dello Stige

La vena che appicca la mia fronte

Mi mostra la miccia del Flagetonte

Trascinandomi ancora una volta in fronte

Alla mortal sponda dell’ Acheronte

Dove l’ appestato non lascia impronte

Pestando le stesse orme

Delle stesse ombre

Che han toccato ambe le sponde.

Cerco l’ oblio trascendente

Che nel Lete trova sorgente

Sbracciando nell’ onda immanente

Originata dalla dannata corrente

Che affoga la mente

Nei vortici dell’ acqua furibonda

Che dal mio occhio gronda

E muta nella forma

Rendendo le mie lacrime pronte

Per essere accolte

Dalle dannate mani di Caronte.


Foschie

 

ampi vuoti
folgoranti
empi silenzi
frastornanti

(dove…)

tuonano squarcianti
nel monotono tirare avanti
lucenti ma distanti
reminescenti istanti
di momenti appaganti
privi di lamenti e rimpianti;
ormai evanescenti
ofuscati dai dolenti canti
dei torrenti nascenti
dalle mie piogge costanti

(…poi…)

il vuoto torna zitto
il silenzio torna fitto
nel buio d’ un sole sconfitto
dall’ indole del mio essere afflitto;
trapasso nel mio cieco tragitto
col passo bieco e trafitto
d’un gia` secco ancora ritto

(…così… )

verso qualche scritto
libero da ogni editto
libero da ogni norna
anarchico nella forma
affinche` dorma
il dispotico tiranno
nel metrico scranno
cinto da qualche rima;
e torno lindo come prima

(…solo…)

nel tempo delle vivide parole
che, evasive da mani e gole
rivelano il sole
che vive anche quando piove.

(…sono)


 

VOCI

 

voci di voci
voci inudibili ma assordanti
voci invisibili ma allucinanti
voci inesistenti
voci insistenti
voci martellanti
devastanti perforanti
voci trivellanti
voci massacranti
mostrificanti
voci destabilizzanti
ipnotizzanti
voci intossicanti
voci infette
voci strette
voci maledette
nelle orecchie del mio cervello
voci vecchie
che tacciono il giovinello
voci disturbanti
chiassose spigolose pericolose
voci contagiose
voci pedanti
voci pesanti
voci di tanti nel suono di uno
inopportune
come un tuono nel plenilunio
voci interne
che animano guerre
voci che lasciano inerme
voci malate che parlano al loro germe


Fogli-e..

 

ricamo lettere
che intrecciano trame
su umili pergamene
cugine del fogliame

come una sarta lega
con ago e filo
cio` che tesse e cuce,
cosi` il poeta lega
con mano e biro
cio` che lesse e produce

arrivo al bordo
di sto fragile foglio
non piu` spoglio;
ne intarsio l’orlo
rimando d’ingegno
e mirando al legno:
lavoro e produco
su un prodotto lavorato
versi che nascono su un supporto nato
dal frutto di un albero ammazzato

e mi autoinduco
nel fondo del buco


Un semplice eroe

 

Figlio indifeso della sua madre terra

dall’ acqua bagnata e scaldata dal sole

affinché taccia scordata la mera guerra

cresce un vero prode dalla povera prole

 

Fattosi solo in un pezzo di bosco

tra robusti giganti ingombranti e inombranti

ha guadagnato il suo ruolo nel mezzo del fosco

ergendosi laddove son caduti in tanti

 

Cresce forte e fiero il natural guerriero

nutrendo le radici nel genitor terreno

fuggendo la morte senza alcun destriero

 

Quel fosco bosco del suo color non è  pieno

nemmeno un compagno e nessuno scudiero

ma il suo odore vola leggero come nel vento un fil di fieno.

 

Non nelle luci di corte ma nelle tetre penombre

tra cori di rovi e screpitii di pietre

affina stili e farcisce faretre

per tener le natie vie da altre mani sgombre

 

Sconfitti indenne, il fuoco d’ agosto e il ghiaccio di dicembre

ora il verde investe tutta l’ area rupestre

offrendo fiorite ginestre fuori dalle finestre

e dorate ambre, che portano a spalancar ambe le palpebre

 

Sempre più forte e fiero il coriaceo prode

attira l’ attenzione di chi ne comprende il valore

stuzzicando la mano di chi non teme ma osa

 

Strappato alla sua terra e sfruttato altrove

viene immolato a simbolo d’ un giovane amore

forte e fiero come una piccola prodiga rosa.

 

Questa è la storia d’ un combattente d’ onore

non è un vero guerrigliere ma un misero fiore

che come un prode cavaliere ha affrontato ogni errore

per essere sradicato

da un coraggioso innamorato

diventando il seme d’ un amore

appena sbocciato

 

“Questo è un destino infausto o benevolo?”

sarò guasto ma proprio non mi do risposta

il giusto incastro dondola come un pendolo

e il non saper, di questo, proprio non mi sposta.

 

Quello che conta

credo

sia l’ esistenza del dubbio


Sapori

 

provo di nuovo
quell’ agre sapore
che fa magre le ore

riassaggio il passaggio
di quello scarso fomento
che fa scarno ogni momento

come un tavolo imbandito
profuma di digiuno
se l’ aroma del suo invito
non e` gradito ad alcuno

cosi` il grasso sentimento
e` gramo patimento
se la grossa brama
che in esso trama
non smuove e non sfama
il cuore della sua dama


Tzzz

 

dicono
“bisogna sempre andare avanti
senza mai guardarsi indietro”
finche` non ci si sente trasmigrati
nella mosca che cozza sempre contro il vetro…

dicono
“e` pieno di pesci
sia il mare che il lago che lo stagno”
ma come puoi snidarli se non riesci
a svischiarti dalla tela del ragno…

dicono
guardandoti in viso
“l’ impegno paga”
ma non ho mai visto
testata su testata
un mosca bucar la vetrata…

dicono
“alzati e sorridi che la vita ti sorride”
ma come puoi gioire
della stessa merda che ti uccide…

dicono
che per imparare a scrivere
bisogna leggere
e che per capire
bisogna saper leggere tra le righe
allora spiaccico le ultime rime
dicono
“prima di parlare bisogna ascoltare”
capisci
che non c’e` quasi nessuno che mi conosca
perche` io spesso sto zitto e mosca


Passeggiata poetica

 

forse verseggio
forse vaneggio
passeggio distratto
attratto dalle forme del peggio
mi destreggio nel dileggio
del poetico tratteggio
colto di fatto
da un colpo, uno scatto
m’impiglio nell’astratto
del matto bisbiglio
figlio del contatto
fra il benfatto e lo scompiglio;
nel subbuglio dell’estratto
dell’intruglio compatto
vigilo e veglio
attendendo l’impatto
del peggio che diviene meglio