Amore
Adorati
Momenti
Ottengono
Respiri
Eterni
Haiku
Spoglia la quercia -
Umana mano squarcia
La ghianda marcia
Dannata lacrima
Nasce una lacrima dal mio viso
Che pian pian parte, e piove da me
Come nasce e lascia il Pian del Re
Il prolifero Po, progenie del Monviso
Paterno nel terreno il suo corso inciso
Materna origine della piana cui da nome
Tra i tracciati fluenti, del mio paese, è il maggiore
Tra regione e regione, il territorio, da lui e` diviso
Di diversa natura è l’ umida scia
Che segna e separa le mie gote
Il tragitto tracciato è un’ arida via
Senza il profitto intrecciato d’ alcuna dote
Espressione del lamento
Figlia del dolore
Che castra Amore
E ne ingoia il sentimento
Eviterà ogn’ altro concepimento
Evirando ogn’ altro genitore;
Come un Dio
della vecchia storia
Così l’ occhio mio
Mai partorirà lacrima di Gioia
Il riflesso trilla e squilla
d’ una scintilla
nella piangente e cupa trasparenza;
sibilante e muta la sillaba
d’ una Sibilla
mi riflette la sua futura conoscenza:
“nulla può il volume d’ argini di creta e argilla
Contro il tacito tumulto di un’ amara coscienza”
Intrisa dell’ agghiacciante monito
La sanguinante lacrima s’ è gelata
Come se il soffio del Cocito
L’ avesse eternamente condannata;
Lago o fiume non cambia il rito
La pena che dal Sommo fu cantata
Trova nel mio viso il suo pieno invito
Non alle acque fluviali mondiali
I fluidi dei miei bulbi oculari
Sono similari
Alle acque dei fiumi infernali
Dove violenti, traditori, avari
E tutti i loro cari
Vivono la morte di tutti i loro Natali
L’ odio che del mio occhio è l’ effige
Mi mostra le rive dello Stige
La vena che appicca la mia fronte
Mi mostra la miccia del Flagetonte
Trascinandomi ancora una volta in fronte
Alla mortal sponda dell’ Acheronte
Dove l’ appestato non lascia impronte
Pestando le stesse orme
Delle stesse ombre
Che han toccato ambe le sponde.
Cerco l’ oblio trascendente
Che nel Lete trova sorgente
Sbracciando nell’ onda immanente
Originata dalla dannata corrente
Che affoga la mente
Nei vortici dell’ acqua furibonda
Che dal mio occhio gronda
E muta nella forma
Rendendo le mie lacrime pronte
Per essere accolte
Dalle dannate mani di Caronte.
Foschie
ampi vuoti
folgoranti
empi silenzi
frastornanti
(dove…)
tuonano squarcianti
nel monotono tirare avanti
lucenti ma distanti
reminescenti istanti
di momenti appaganti
privi di lamenti e rimpianti;
ormai evanescenti
ofuscati dai dolenti canti
dei torrenti nascenti
dalle mie piogge costanti
(…poi…)
il vuoto torna zitto
il silenzio torna fitto
nel buio d’ un sole sconfitto
dall’ indole del mio essere afflitto;
trapasso nel mio cieco tragitto
col passo bieco e trafitto
d’un gia` secco ancora ritto
(…così… )
verso qualche scritto
libero da ogni editto
libero da ogni norna
anarchico nella forma
affinche` dorma
il dispotico tiranno
nel metrico scranno
cinto da qualche rima;
e torno lindo come prima
(…solo…)
nel tempo delle vivide parole
che, evasive da mani e gole
rivelano il sole
che vive anche quando piove.
(…sono)
VOCI
voci di voci
voci inudibili ma assordanti
voci invisibili ma allucinanti
voci inesistenti
voci insistenti
voci martellanti
devastanti perforanti
voci trivellanti
voci massacranti
mostrificanti
voci destabilizzanti
ipnotizzanti
voci intossicanti
voci infette
voci strette
voci maledette
nelle orecchie del mio cervello
voci vecchie
che tacciono il giovinello
voci disturbanti
chiassose spigolose pericolose
voci contagiose
voci pedanti
voci pesanti
voci di tanti nel suono di uno
inopportune
come un tuono nel plenilunio
voci interne
che animano guerre
voci che lasciano inerme
voci malate che parlano al loro germe
Fogli-e..
ricamo lettere
che intrecciano trame
su umili pergamene
cugine del fogliame
come una sarta lega
con ago e filo
cio` che tesse e cuce,
cosi` il poeta lega
con mano e biro
cio` che lesse e produce
arrivo al bordo
di sto fragile foglio
non piu` spoglio;
ne intarsio l’orlo
rimando d’ingegno
e mirando al legno:
lavoro e produco
su un prodotto lavorato
versi che nascono su un supporto nato
dal frutto di un albero ammazzato
e mi autoinduco
nel fondo del buco
Un semplice eroe
Figlio indifeso della sua madre terra
dall’ acqua bagnata e scaldata dal sole
affinché taccia scordata la mera guerra
cresce un vero prode dalla povera prole
Fattosi solo in un pezzo di bosco
tra robusti giganti ingombranti e inombranti
ha guadagnato il suo ruolo nel mezzo del fosco
ergendosi laddove son caduti in tanti
Cresce forte e fiero il natural guerriero
nutrendo le radici nel genitor terreno
fuggendo la morte senza alcun destriero
Quel fosco bosco del suo color non è pieno
nemmeno un compagno e nessuno scudiero
ma il suo odore vola leggero come nel vento un fil di fieno.
Non nelle luci di corte ma nelle tetre penombre
tra cori di rovi e screpitii di pietre
affina stili e farcisce faretre
per tener le natie vie da altre mani sgombre
Sconfitti indenne, il fuoco d’ agosto e il ghiaccio di dicembre
ora il verde investe tutta l’ area rupestre
offrendo fiorite ginestre fuori dalle finestre
e dorate ambre, che portano a spalancar ambe le palpebre
Sempre più forte e fiero il coriaceo prode
attira l’ attenzione di chi ne comprende il valore
stuzzicando la mano di chi non teme ma osa
Strappato alla sua terra e sfruttato altrove
viene immolato a simbolo d’ un giovane amore
forte e fiero come una piccola prodiga rosa.
Questa è la storia d’ un combattente d’ onore
non è un vero guerrigliere ma un misero fiore
che come un prode cavaliere ha affrontato ogni errore
per essere sradicato
da un coraggioso innamorato
diventando il seme d’ un amore
appena sbocciato
“Questo è un destino infausto o benevolo?”
sarò guasto ma proprio non mi do risposta
il giusto incastro dondola come un pendolo
e il non saper, di questo, proprio non mi sposta.
Quello che conta
credo
sia l’ esistenza del dubbio
Sapori
provo di nuovo
quell’ agre sapore
che fa magre le ore
riassaggio il passaggio
di quello scarso fomento
che fa scarno ogni momento
come un tavolo imbandito
profuma di digiuno
se l’ aroma del suo invito
non e` gradito ad alcuno
cosi` il grasso sentimento
e` gramo patimento
se la grossa brama
che in esso trama
non smuove e non sfama
il cuore della sua dama
Tzzz
dicono
“bisogna sempre andare avanti
senza mai guardarsi indietro”
finche` non ci si sente trasmigrati
nella mosca che cozza sempre contro il vetro…
dicono
“e` pieno di pesci
sia il mare che il lago che lo stagno”
ma come puoi snidarli se non riesci
a svischiarti dalla tela del ragno…
dicono
guardandoti in viso
“l’ impegno paga”
ma non ho mai visto
testata su testata
un mosca bucar la vetrata…
dicono
“alzati e sorridi che la vita ti sorride”
ma come puoi gioire
della stessa merda che ti uccide…
dicono
che per imparare a scrivere
bisogna leggere
e che per capire
bisogna saper leggere tra le righe
allora spiaccico le ultime rime
dicono
“prima di parlare bisogna ascoltare”
capisci
che non c’e` quasi nessuno che mi conosca
perche` io spesso sto zitto e mosca
Passeggiata poetica
forse verseggio
forse vaneggio
passeggio distratto
attratto dalle forme del peggio
mi destreggio nel dileggio
del poetico tratteggio
colto di fatto
da un colpo, uno scatto
m’impiglio nell’astratto
del matto bisbiglio
figlio del contatto
fra il benfatto e lo scompiglio;
nel subbuglio dell’estratto
dell’intruglio compatto
vigilo e veglio
attendendo l’impatto
del peggio che diviene meglio