Denise Recchi - Poesie

Negli occhi ti entro

 

Negli occhi ti entro 

e semplicemente non sei,

tu mi entri a tuo modo

e so che io non sono.

 

Ci caliamo entrambi nel cuore del nulla,

scendiamo un gradino alla volta nel nostro oblio,

parliamo una lingua astratta e solitaria

e il nostro tutto abbracciamo con l’oro dell’anima.


 

Domande

 

In mezzo alla gente, cammino.

Occhi fissi, sguardo oltre.

Cosa sto osservando?

Ora lo scrivo, in realtà non lo chiedo.

Mente spenta, mente assente.

Dove sto andando?

Ora lo chiedo, in realtà non mi importa.

Cammino, corro, rallento ma mai mi fermo.

Cosa sto provando?

Ora lo scrivo, in realtà non sento.

Mi arrivano tante, tutte, veloci, le emozioni, 

ma da fuori le guardo.

Cosa sono io?

Ora lo chiedo, in realtà lo so già.

Tutto.


 

L’oltre

 

L’oltre si cela,

timoroso bambino,

si protegge dall’uomo,

a pochi lui parla.

 

Si vela di blu

per confondersi col cielo,

in alto si trova

ad altri sguardi appare.


 

Il lancio

 

Silenzio in viso,

alle spalle rumore,

l’arco è teso

e presto lancerò.

 

Logora l’attesa,

si gioca in solitario,

è il lancio della vita

e non sbaglierò.

 

Cerco il centro,

all’essenziale io miro,

lo scopo mi attende

e insieme a lui sparirò.



Il pianto

 

In un posto qualunque siedo

e ti ascolto piangere,

con il viso a te miro 

e solo la pace mi entra dalle tue lacrime.

 

Tengo gli occhi chiusi per paura che finisca,

i tuoi, invece, sono come un fiume in piena,

in questo attimo di sublime follia, non cessano

e mi regali l’infinito.

 

Quale stupido uomo si fermerebbe mai,

sprecherebbe un respiro del suo tempo,

per entrare nel silenzio di se stesso

e riempirsi del tuo rumore?

 

Caro amico mio,

che ogni cosa abbracci con il tuo sospiro,

anche il cuor tuo si vela di grigio

e alle volte, la tua libertà, cerchi.

 

Ma la bellezza vive anche nell’agonia più profonda,

ad ogni emozione si passa attraverso,

ci si osserva come corpi sconosciuti

e il sollievo, d’un tratto, arriva veloce.

 

Così anche tu il ciclo completi

e ritorni sereno in un attimo poi,

la calma trafigge il tuo oscuro regno

e ora, mio eterno cielo, di nuovo luce sei.


 

Abito il mondo

 

Con il mio vestito ora abito il mondo,

del vecchio solo bigi brandelli,

sopra ad una vecchia sedia li ho abbandonati,

a marcire.

 

Colletto stretto e petto soffocante,

non più aria fresca da inalare,

solo odore di zolfo e di umido,

in vita, la stretta cinghia, ha marchiato la mia carne.

 

Di lungo camminare, in un giorno qualunque,

solo intorno l’ammasso, la folla e la confusione,

si è fatto largo tra le voci, un arcobaleno

e la sua flebile scia luminosa si è lasciata inseguire.

 

Ai piedi della sorgente mi lascia, e danza,

un abito d’armonia profumata, in un vortice di colori,

al guardo si avvicina e fluttua nell’etere,

mi calza a pennello nella letizia di avermi ritrovato.


 

La passeggiata

 

Oblio e desolazione,

nel mio mare d’inverno,

dopo una tempesta,

solo resti di stanca spuma.

 

Tra la sporca sabbia,

impresse, le orme del mio lento cammino,

mi volto, le conto e le osservo

e ora le onde le cancella via.

 

La solitudine non fa rumore,

nessun avviso del suo arrivo,

mi assale da dietro all’improvviso

e come un caldo mantello  mi avvolge.

 

Non mi cagiona terrore,

si imprime nelle mie spalle,

di amaro mi abbraccia

e come un velo di nebbia, per tutto il tempo, sta.

 

Memorie annidate nello spazio tempo,

vengono ad afferrarmi per le caviglie,

ora non le temo, anzi le calpesto,

niente mi trascina nel baratro.

 

Miro un’ultima volta l’orizzonte,

l’animo è libero, il respiro leggero,

non più sola affronterò il paesaggio,

questa volta, mano nella mano con me, camminerò.



La giostra

 

Sei vivo, qui, ora.

Sei sveglio?

Al gioco stanno in pochi.

 

Cos’è per te la realtà?

Tutta un’altra storia!

 

Mille presenti abbiamo vissuto

che oggi son passato,

vuoi fare un altro giro?

Sulla giostra, Sali.


 

L’ora

 

Taccio, a me dinanzi,

osservo, tocco e taccio.

 

Sono materia, dura, solida

ma vedo, me.

 

Mi riconosco, chiusa sono,

ma mi trovo e finalmente mi parlo.

 

Devo andare lo so,

è l’ora.



Anima

 

Spirito imprigionato in una gracile carcassa

sopravvivo per ritornare,

ma pesante sulla schiena

il mio fardello sta perenne.

 

Demoni e serpenti mi parlano nella notte

ma gagliarda e impassibile rimango,

prima che sia domani

avrò, le catene, tolto.

 

Volo in alto, aquila solenne

giù solo vermi, sottili, viscidi,

strisciate sudditi fedeli

al di là del ponte io vado.