Dina Campagna - Poesie

Con il pensiero

Ritornavo con il pensiero al ragazzo che avevo conosciuto

E che da quel momento non avevo mai smesso di desiderare.

Immaginavo lui in ogni cosa
Cercavo il suo volto tra la folla.

Non avevo voglia di giocare
Non avevo voglia di far nulla.

Vedere gli altri che si divertivano mi disturbava

E le loro voci sciocche mi facevano sembrare diversa da tutti.

Mi bastava pensare a lui, al nostro incontro
Che sarebbe durato forse un solo istante.

Un magico istante.

L’attimo in cui i miei desideri sarebbero divenuti reali

Di una tenerezza suprema.

Saremmo stati soli

Circondati dal silenzio e dall’oscurità.

In quel momento la giovinezza, la timidezza, l’inesperienza

Sarebbero state dominate da un unico sentimento.

L’amore.

 


 

 In…mente 

Inavvertitamente

Invariabilmente

Incredibilmente

Intensamente

Inesorabilmente

Ineluttabilmente

Interamente

Immensamente

Irresistibilmente

Infinitamente

 


 

 Il nostro incontro 

Il nostro incontro è
Il nostro incontro.

Il nostro incontro è
Magnificamente è.

È già avvenuto
Infinite volte.

È
Semplicemente è.

 


 

 Solo parole 

Ti ho donato i miei segreti di donna
Mi hai regalato i tuoi segreti di uomo
Pezzi di un puzzle, frammenti di una vita.

Niente sguardi, solo parole
Un mondo di atmosfere
Solo noi due.

Abbiamo sorriso, riso, tremato, vibrato
Abbiamo avuto paura
Insieme.

Le mie mani tra le tue
I miei occhi nei tuoi
I nostri volti sempre più seri.

Ho sentito il desiderio fino al dolore
Nel corpo e nell’anima
Ho percepito il tuo dolore.

Inaspettato un vuoto dentro noi
Bisogno di realtà e poi silenzio
Un silenzio eloquente.

Dolce illusione
Amara consolazione
Per sempre io e te
Solo parole.

 


 

 Dissolvenze

Mi dissolvo nella vita
Non opporrò più resistenze.

L’esistenza degli opposti
Il loro conciliarsi
In modi da inventare
O forse solo da scoprire.

Per l’armonia del vivere
Per la felicità di un attimo.

 


 

 Epifania in blu

Oltre il visibile e l’udibile
Ineluttabilmente.

Serenità tattile
Di un blu intenso.

Incastro perfetto
A riscatto di una giornata
Come tante.

Il suo morbido manto percorro.

In un bosco incantato
Tra elfi, fate e folletti
Cado in un sonno profondo
Foriero di nuove promesse.

 


 

 Il libro che (non) scriverò

Un (non) libro in un cassetto
In attesa di far bella mostra di sé
Magari in buona compagnia di libri che meritano davvero tale definizione.

Perché mai qualcuno dovrebbe leggere un (non) libro scritto tra le righe

Di un’esistenza ordinaria, di fatti non vissuti, di luoghi mai visti, di sogni mai realizzati?

Un (non) libro lontano dai soliti stereotipi che hanno vita troppo facile
Perché muoiono le donne, ma non i loro stereotipi.

Un (non) libro fatto con pezzi di un puzzle che non procede secondo un’ipotesi di propagazione.

Per tutto questo e altro ancora

(Non) scriverò.

 


 

 Antiche vestigia

Questo amore
Le emozioni giovanili.

Questo amore
Le mie lacrime improvvise di donna matura.

Questo amore
Violento, fragile, disperato.

Questo amore
Il suo rovescio luminoso.

Il suo lungo cammino.

Distante ormai la scrittura poetica.

La sua portata emozionale
Un dolce ricordo.

 


 

 Caleidoscopio

Pezzi di un puzzle
Che si compongono in nuove forme
Sempre più vicine alla mia essenza
Mentre il mondo resta sullo sfondo.

E riconosco le forze della natura
Miseramente tenute a bada
Da deboli artifici umani.

 


 

 Un ideale pastorale complesso

Lasciare la città e andare a vivere in campagna si presentò all’improvviso come un’affascinante prospettiva. Il desiderio di una vita semplice e armoniosa, di un’esistenza a contatto con la natura mi spingeva ormai inesorabilmente verso questa scelta. Nella città il senso dei valori umani da tempo mi appariva falsato e mi sembrava di cedere alla tirannia del tempo, delle ambizioni,  della folla, …
Stanca della solita quotidianità in cui avevo l’impressione di perdere la capacità di esercitare la volontà sulla mia esistenza, desiderai intensamente di lasciare il caos della grande città per rifugiarmi in un’oasi di pace e serenità che durasse tutto l’anno. Provai un’attrazione fatale verso la vita rurale e un crescente distacco verso quella urbana. Giunsi persino ad attribuire alla vita rurale una presunta superiorità morale, estetica e metafisica sulla vita urbana contro quella che appariva ai miei occhi come la corrotta, egoistica e disordinata vita della città.
Il progetto meraviglioso si fece strada gradualmente, ma inesorabilmente, nella mente e nell’anima, in una prospettiva, in questa fase, priva di distorsioni fino al punto in cui decisi di mettere in pratica il sogno di cambiare vita.
Una percezione incantata del reale caratterizzò il primo periodo di vita in campagna. La scoperta della bellezza della natura con le sue infinite sfumature, gli spazi aperti che invitavano a guardare lontano, i rapporti interpersonali fatti di disponibilità e cortesia, il senso inebriante di reciproca ospitalità tutto si trasformava in emozione pura.
Il silenzio intorno a me portò a un recupero di una voce interiore che mai prima di allora mi era apparsa così insistente e mi trovai a riflettere sulla mia vita passata e presente cercando un’idea di futuro. La natura divenne inconsapevolmente un mezzo per far emergere esperienze interiori e la voce da rassicurante divenne assordante.
Iniziò una fase di sofferenza in cui persi l’orientamento; né bussole né radar ad indicarmi la strada da percorrere. Un senso indefinito di perdita pervase la mia coscienza e fece affiorare a poco a poco in me la consapevolezza di appartenere ancora al mondo che avevo appena lasciato; il cordone ombelicale non era stato reciso e dovevo nascere a nuova vita.
Realizzai a poco a poco che i due mondi trovavano una ragione di esistere nel fatto che esisteva un loro opposto e nell’avere entrambi degli aspetti che mi appartenevano ed attraevano. La campagna sembrava offrire quello che più desideravo, ma allo stesso tempo minacciare ciò che avevo raggiunto nel mondo urbano apparendomi come una terra estranea, desolata. Con quale nuova chiave di lettura dovevo interpretare la mia vita?
Mi resi conto di non poter vivere secondo un ideale pastorale primitivo e che dovevo lottare per realizzare il mio ideale pastorale complesso. Cercai con tutte le forze di perseguire  fino in fondo questo obiettivo conciliando tendenze e stili di vita apparentemente inconciliabili e di ritrovare un equilibrio uscendo dalla dissociazione dal reale, diversa, ma in fondo uguale, all’alienazione urbana che mi ero lasciata alle spalle.
Sparì gradualmente il senso di illimitata possibilità del vivere in campagna e fu con questa nuova consapevolezza che gettai le basi per giungere ad un’armonia tra i due mondi e la vita in campagna iniziò a spogliarsi della sua falsa maschera retorica.

È passato tanto tempo ormai. I giorni sono divenuti mesi e persino anni da quando è iniziato questo percorso e del mio ideale ho compreso pienamente … la sua complessità. Dentro di me non saprei dire se è avvenuta una riconciliazione tra questi due stati dell’anima o se un senso di inquietudine e di continua ricerca caratterizzerà per sempre la mia vita e darà ad essa un senso.