Eduard Andar - Poesie

Ouroboros

 

Raccolti dai tessuti 

della membrana,

siamo come il mare

trattenuto in bottiglia.

Scoliamo a sorsi

il destino che ci naviga

attraverso la lente

e siamo vivi 

nel grande immaginario.

Saliamo sul dorso del serpente

e andiamo incontro al tempo,

poiché siamo tempo.

Aspettiamo il morso

che chiuda la coda

e ne imploriamo il senso.

Nostro compito è ricordare

la schiuma.


Eroi ignoti

 

Scomposti indizi

di una serenità

impossibile e salva,

più che apparente.

Coraggi anonimi

e glorie mute

fra processioni 

di fedi rincorse,

ruote di manifestazioni.

Cigolii della macchina,

stridente verità

della ruggine.

Operai dello spirito,

rivoluzionari

della volontà espressa.

Portavoce della speranza

mai rotta, 

amore del fratello

Ideale.


Sorridiamo al pensiero

 

Sorridiamo al pensiero

di una possibile casualità.

Figli adolescenti 

di elio e idrogeno,

siamo belli e capricciosi,

tutti presi dal costruire

in moti semi-programmati.

Un giorno viaggeremo davvero

verso noi stessi

nel progetto di un cosmo

più in là.


 

Quiete, morte, pace, entropia 

 

La noia mi ucciderà

colpendo in silenzio,

dove tutto è rumore

e sfoggio di mediocrità

aggressiva.

Sfalderó per sempre 

la mia coscienza 

in un sogno acquoso

e narcisista,

diventerò emissario di morte

con parole intriganti

e specchi di miti.

A chi riconoscerà il gioco

saranno lasciate indicazioni del passato

e l’impossibilità di un’utopia:

che il futuro non sia nullo

e neppure dolore.

 

Il pensiero si divora

e zoppica

nel concepire la pace:

l’inganno delle parole

che affondano le radici

di questa cultura eroica

è l’illusione di un fascino 

privo di violenza,

un motivo valido per dimenticare,

in nome della leggenda,

Il cattivo gusto del male,

la prevaricazione degli elementi

che danno vita alla storia

per chi non si accontenta

della quiete.

Per chi, invece, tace e medita,

l’universo ha in serbo entropia;

la calma è un concetto macro

che non ci riguarda.

 

Non abbiamo altra scelta

che scrivere di lotte e dolore:

lo squilibrio è arte.


Cercherò per sempre la bellezza

 

Cercherò per sempre la bellezza

in un niente che straborda

d’ansia e malinconia.

Il cielo è gratuito

quanto la sofferenza

e l’amore.

Il mio immaginario è pieno

di mani rincorse

ai limiti delle ferite,

sogni felini

a misura degli insonni

per spiegare che son qua.

Sono sentieri di sinestesia,

gioie di chi sa

sopravvivere alla sopravvivenza

per amore della fantasia.

 

Navigherò occhi spenti

a cercare laggiù

un abbraccio negato 

per risalire con eleganza,

accendere una sigaretta

e aspirarne la morte,

risalire a raccontare

di com’è facile chiudere gli occhi.

Mi abbandonerò un giorno, a lei

che m’accompagna da una vita

e parla all’orecchio di me, solo

e chiederò scusa

perché ho amato troppo la fame.


Fiori urbani

 

Cosa segna una giornata,

la chiave di un ricordo?

Una riflessione 

che sfugge al tempo,

una poesia, una storia

respirata nella pioggia

pregna di smog 

e fiori urbani.

Un’eco della mente

che si espande 

come la schiuma,

lasciandosi dietro

una piccola scia 

di esistenze atomiche.


Soggezioni

 

Soggezioni a cui rifarsi,

esplosioni di forma,

bacio cosmico.

Un fatuo divenire 

di gettiti eterni,

energia multicolor 

per esprimere il bello.

Una simmetria perfetta

e struggente, 

aliena all’uomo.

Stringere il pugno

nella sabbia

per tornare bambini.


Acquerelli

 

Un sorriso sospeso.

Sentori di un verbo 

libero e contraddittorio

al limite dell’astratto.

Strade che giocano a incrociarsi,

confusioni che durano una vita.

Lasciare a un sentiero di lucciole 

l’esito di un’esistenza inquieta:

trovarsi di nuovo 

davanti a ricordi evanescenti

da trascrivere allucinati,

attorcigliando lingue

in un voto d’amore.

Rincorrersi all’infinito 

in acquerelli.


Urbanità

 

Ti sfogli in una culla di libri

per ricollegarti a ogni fantasia.

Sottrai tempo all’utile,

negandolo alla gabbia

del circo che ti nutre;

poco importa.

I grattacieli sono morti,

rappresentano il successo

della monotonia e della stasi,

ostacolo al vento

che scopre il senso nel portare

e rapportare

echi di pensieri dinamici,

iridescenti, esplosivi,

organismi di voci.

Le anime circondate da muri

devono esprimersi, ampliarsi

nello spazio negato:

c’è chi ci scarabocchia

sfogando il vivere

di un habitat troppo piccolo,

c’è chi, poi, fa del cemento arte.


Oltre

 

Scansateci pure, ora
che siamo a nudo,
liberi da rimembranze
e cocci di specchi,
una qualche nozione
di identità, o affermazione.
Si sa per educazione
che solo lo sconsiderato
può cercare 

la sostanza della vita
e non uscirne pazzo.
Nelle nostre pupille
pellicole sparse, esplose.
Prospettive surreali,
una grossa caricatura dell’uomo

e, oltre il sipario, 

un silenzio infinito,

pregno di senso.