Elsa Aruna Petrongolo - Poesie e Racconti

Note di vita

Quando mi sento sola 

Tu 

sei il mio conforto.

Quando mi sento nulla

Tu 

sei il mio tutto.

Quando sono triste e solitaria

Tu 

sei musica e gioia.

Quando mi sento debole 

e indifesa

Tu 

sei la mia forza

io sono qui per amarti.

Notes on life

When I feel alone 

You 

are my comfort.

When I feel I’m nothing

You 

are my all.

When I am sad and lonely

You 

are music and joy.

When I feel weak 

And defenceless

You

are my strength

and 

I’m here for love you.


Radici

Le mie radici

verbo incarnato nella terra.

Quella stessa 

che guardavo capovolta.

I piedi nelle nuvole

valicavano le sette leghe

Dall’albero muto

dell’antico noce penzolavo

dai frondosi rami

e mi perdevo nelle sue radici

che si snodavano

in ogni campo.

Nella notte 

le donne invocano il tuo nome

Demetra,

inebriate dal fruscio 

della luna piena

deliranti, in cerchio

follemente danzano

nel fuoco cosmico

della creazione.

 

Roots

My roots

Word incarnated in the earth.

The same one

that I looked at upside down.

My feet in the clouds

crossed the seven leagues

From the mute tree

of the ancient walnut I dangled

from the leafy branches

and lost myself in its roots

that wound up

in every field.

In the night

women invoke your name

Demeter,

intoxicated by the rustling

of the full moon

delirious, in a circle

madly they dance

in the cosmic fire

of creation.


Anima

Prigioniera nel corpo 

l’anima ansima

dal desiderio di evadere

Soffre la nostalgia

d’infinito immenso

Come la goccia che

 cade sull’acqua

lo spirito

disegna cerchi concentrici

e viaggia libero nell’universo

ricamato di galassie

con il suono

dell’eterno mantra

 

Soul

Prisoner in the body

the soul pants

from the desire to escape

He suffers nostalgia

of immense infinity

Like the drop that

  falls on the water

the spirit

draw concentric circles

and travel free in the universe

embroidered with galaxies

with sound

of the eternal mantra

 


 

Io e Te

 

Dicesti di amarmi,

Ne fui sorpresa,

Non eri il mio

Principe azzurro.

Ma anch’io ti amavo,

Non sempre

A volte ti odiavo

Non ti capivo.

Mi arrabbiavo,

Anche tu

Non mi capivi,

Ma non ti arrabbiavi.

Solo una volta,

Mi facesti paura.

Qualche volta ci siamo capiti,

Ma durava poco.

Due mondi diversi,

Vicini e lontani

Due mondi misteriosi.

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

Ricordo del Maestro

 

All’improvviso la morte

il corpo senza vita

la cremazione.

Levitante,

circondato da un alone di luce,

come un sogno,

apparivi la domenica per il Darshan.

Dopo una lunga attesa,

anelavo al tuo sorriso intenso e silenzioso

alla tua voce dolce come il miele d’acacia

e vibrante delle melodie profumate

dei fiori di frangipani.

Esultavo d”amore per Te, per la vita!

Ricordo come fosse ora;

la tua dolce e rotonda figura

passeggiare con l’ombrello,

per ripararti dal sole,

nel giardino della tua casa

verdolina di Calcutta.

Mentre io arrampicata sul muro di cinta

sopra una fila di mattoni traballanti

sotto i piedi.

Ti guardavo felice di poterti vedere

anche da una posizione così scomoda.

Ora abiti altri mondi, galassie!!!

Ora, non mi arrampico più

sul muro di cinta,

della tua casa verdolina,

di Calcutta.

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

Ricordo di lilou

 

Mi sei apparsa come in un dipinto

di Manet, una chiazza bianca

sopra un prato verde.

La mamma,

gioiva con i suoi piccoli

e festosi cuccioli,

sul prato della casa sul colle.

Eri una palla di neve!

Come un viandante

mi venisti incontro.

Mentre la mia amica

cercava di convincermi ad adottarti,

tu balzasti sul mio petto

scodinzolando, mi annusavi.

Io non ti volevo, mi conquistasti.

Fu amore a prima vista.

Mi facesti battere il cuore!

Diventasti grande e pelosa,

ti mancava solo la parola.

Sei stata la mia maestra!

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

Sogno

 

Avevo da poco compiuti cinquant’anni

quando feci un sogno che mi portò

in un mondo fino ad allora sconosciuto.

Camminavo in vetta ad una catena montuosa,

ricca di vegetazione e tanti fiori.

Gioivo, nella bellezza della natura,

in serena contemplazione.

Quando una voragine si aprì

sotto i piedi e caddi giù.

Mi ritrovai in una grande valle

arida e deserta,

dove non c’era stabilità.

Esseri agonizzanti,

gemevano, camminando,

avanti e indietro.

Stavano a piccoli gruppi,

appoggiandosi l’un l’altro o ad un bastone.

Abiti ingialliti dal tempo,

pochi e sottili capelli grigi.

Dappertutto aleggiava

lo spettro della morte.

Fissavo come pietrificata

quel luogo arido e surrealista.

Mi svegliai nel letto madida di sudore.

Dopo quel sogno,

non fui più la stessa.

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

                       Time

 

                   I wish to scatter to the wind

                   the ashes of my body

                   now lifeless into the world

                   and be reborn in every place.

                   My soul wanders in tears

                   in the cruel wind of time,

                   is lost in the space

                   of unknown worlds,

                   fretful, it never rests.

                   My heart beats in the breast

                   of the earth

                   and vibrates with it in the song

                   of infinite love


Veronica gatta speciale 2011

 

 

Non ti ho amata

come avrei voluto amarti

Tante volte ti ho trascurata

Tu sei stata una gatta speciale,

dolce e prolifera.

Con la tua presenza

hai reso lieti i miei giorni,

hai tenuto sgombro

il mio giardino

dai topi e

tante volte hai riscaldato

il mio cuore con la tua

costante presenza.

 

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

All’amica scomparsa

 

 

Come l’acqua del fiume

ogni cosa si muta e

noi uno ad uno scompariamo

parenti e amici

come un soffio,

uno sbattere d’ali.

Tutto ciò che è bello

trascorre

solo i ricordi

ornano la vita  

di chi resta

 

Elsa Aruna Petrongolo


 La Terrazza

 

Le onde del mare

cullava il sonno delle bambine.

Quando tutte insieme dormivano

sulla terrazza della casa paterna,

nelle calde notti d’estate.

Fissavano quei puntini

luminosi e lontani

nel cielo stellato.

Era di un profondo blu indaco,

la volta del cielo in quelle notti

di veglie stellate.

Quando pigramente indugiavano

perdute in un vago fantasticare

sul loro futuro di donna.

 

Elsa Aruna Petrongolo


 

Filippo

 

Era sulla porta di casa,con un sorriso dolce e incoraggiante indicava una valigia vuota.

Mio padre è morto alla fine degli anni ’50. Mi guardavo nello specchietto retrovisore con maliziosa civetteria. Prima d’allora non ricordo di essermi mai guardata così in uno specchio.

Ero al funerale di mio padre la primavera stava per iniziare. L’ultimo scorcio dell’inverno  e la tragedia della morte annunciavano un lungo periodo di tristezza.

Ero strippata in una macchina insieme ad alcune delle mie cinque sorelle e parenti venuti dalla provincia di Chieti, per assistere al funerale di mio padre morto all’età di soli quarantotto anni. Lasciava la moglie e sette figli, quasi tutti piccoli. Una vera tragedia, anche se noi non sapevamo ancora che il nostro futuro sarebbe rimasto segnato da quell’evento.

Mentre gli adulti parlavano fra loro, con voce triste, io, seduta sulle ginocchia di qualcuno sul sedile posteriore della vecchia 1100, giocavo con lo specchietto retrovisore. I miei genitori erano abbruzzesi. Ero nata a Torrevecchia Teatina a due passi dal mare, lì, sulle colline intorno, vivevano tutti i nostri parenti, tanti, perchè i miei genitori provenivano da famiglie numerose. I miei nonni, i genitori di mio padre, vivevano tutti insieme, con fratelli, figli e nipoti; trentacinque persone che possedevano ettari ed ettari di terreni, intere colline. Gli altri nonni erano proprietari di un frantoio. Per un lungo periodo buona parte dell’olio che si produceva sulle colline teatine uscì dal frantoio di Panfilo. Poi, mio padre decise di trasferirsi in Toscana, dopo aver venduto la proprietà, per seguire un amico che l’aveva già fatto e gliene aveva parlato bene.

Noi bambini ci eravamo adattati subito al nuovo ambiente, anche se molto diverso da dove eravamo nati. La pianura pisana mi appariva triste e desolata, rispetto alla sinuosità delle colline, che a est confinava con il mare e ad ovest con il Gran Sasso.

La primavera, al mio piccolo paese, era unica, con le colline ricoperte di mandorli in fiore. E quando, nelle notti d’estate, potevo dormire sulla terrazza della nostra casa, con le mie sorelle più grandi e mio fratello, sotto la luna e le stelle, era estasiante. La mattina potevo godermi lo spettacolo dell’alba. Il sole veniva su dal mare, una palla di luce che si levava da un letto d’acqua. Uno spettacolo unico che la natura rinnovava ogni giorno. Andavo in samadhi dalla felicità. Restavo estasiata da tanta bellezza. Mi sentivo come un piccolo Buddha e fu quello l’unico periodo della mia vita in cui sono stata totalmente felice.

L’unione e l’affetto familiare, il contatto con la natura, avevano fatto di me una bambina ridente.

Avevo due fratelli, ma uno era morto in un incidente stradale, Claudio,quando io ero appena nata. Da mia madre, con il latte, ho succhiato il dolore per la morte del suo primogenito.

All’epoca, io ero l’ultima di sette figli, poi era nata un’altra bambina alla quale fu dato lo stesso nome di mio fratello morto.

Ora, a distanza di pochi anni, la morte si portava via anche nostro padre.

Eravamo rimaste tutte donne, sette,e l’unico maschio era un ragazzo di salute gracile.

Non riuscivo a capire l’allontanamento precoce. Anche i miei nonni se n’erano andati,ma loro erano anziani e quella, secondo il mio giudizio di bambina, era una morte naturale. Mio padre doveva ancora occuparsi di noi, avevamo ancora bisogno di lui.

Era un uomo buono e giusto e non aveva mai fatto del male a nessuno. Aveva fondato una cooperativa agricola, dove tutti i coltivatori del posto potevano vendere i loro raccolti. Fu la prima cooperativa agricola ad essere fondata da quelle parti. Mio padre mi ha insegnato il valore della vita, della solidarietà e della giustizia. Ripeteva di avere sempre un saluto e un sorriso per tutti.

Era un uomo pacifico, con uno spirito sociale evoluto rispetto al periodo di cui sto parlando.

Amava la vita e amava la sua famiglia e ci intratteneva sempre con favole e racconti di esperienze

da lui vissute. Seduti intorno al caminetto acceso, nella grande cucina,trascorrevamo le serate d’inverno ascoltando i suoi racconti fantastici. L’ascoltavamo, tutti, con molta attenzione e a bocca aperta per lo stupore. Quando lui ad un certo punto esclamava, “bambini tutti a letto” la storia s’interrompeva nel momento più intenso, più bello e riprendeva la sera dopo. Attraeva completamente la nostra attenzione. I suoi racconti era la nostra fiction serale fatta in casa.

D’estate con la scusa di prendere la sabbia per i lavori di restauro della nostra casa, ci portava al mare, tutta la tribù, tralasciando i suoi impegni.

Ci caricava su un carro trainato dai buoi e via giù per la collina, un coro d’urli e gridolini di paura

e di gioia, per l’emozione del piccolo viaggio avventuroso.

I miei genitori, persone semplici e intelligenti, possedevano una piccola fattoria con tanti animali

e coltivavano cereali, frutta e verdure e c’era sempre lavoro per tutti, dai più grandi ai più piccoli, e avevamo anche dei lavoratori stagionali. Mio padre era un uomo presente nella vita di tutti noi, ci educava alla tradizione cristiana e agli ideali socialisti. Insieme, dovevamo contribuire al buon funzionamento della nostra famiglia e aiutare anche gli altri; assegnava ad ognuno di noi un compito giornaliero e guai a non eseguirlo. Mi ricordo che all’età di cinque anni andavo all’asilo dalle suore, prima di uscire di casa dovevo dare l’acqua al nostro cane. Ero molto felice di quel dovere, mi sentivo importante. Prima d’ogni pasto, facevamo tutti insieme una preghiera, e poi nostro padre ci serviva una porzione adeguata all’età, senza mai eccedere. La sua filosofia era: “meglio restare con un po’ di fame che fare una scorpacciata”. Questo ci permetteva di vivere in salute con le guanciotte bianche e rosse. Nostro padre ci controllava tutti; non so come facesse a portare avanti la sua vita, il suo lavoro, la sua attività sociale e a non perdere di vista tutti noi.

Aveva una grande personalità, una grande energia e io pensavo che fosse invincibile come Attila e immortale come Shiva.

E poi, invece la sua vita si è spezzata, è morto e io non riuscivo a crederci, ad accettarlo. La vita a volte è proprio crudele.

In quel triste pomeriggio di marzo, la mia mente si alternava, dai ricordi della prima infanzia felice

al gioco con lo specchietto retrovisore.

Rifiutavo la morte, la odiavo.

Giocavo per difendermi dal dolore, non avrei voluto giocare con lo specchietto, ero al funerale di mio padre, ma il dondolio dell’auto lo stimolava.

Quel gioco mi faceva sentire strana, scissa, cattiva. C’era qualcosa di sconosciuto che percepivo in me. Da una parte mi sentivo quella di sempre, una bambina gioviale e solare che amava e soffriva per la morte di suo padre. L’altra, invece, era molto arrabbiata e confusa e provava sentimenti non familiari e si sentiva in colpa.

Dopo qualche giorno mi venne la febbre molto alta e il dottore non riuscì a capire la causa. Nel giro di pochi giorni guarii, ma non ero più la stessa bambina, tutto era cambiato dentro e fuori di me.

Ho sognato mio padre. Mi trovavo al mare con Claudia e Caterina, la prima notte che abbiamo dormito insieme nella casa all’Elba l’ho sognato.

Era sulla porta di casa, con un sorriso dolce e incoraggiante indicava una valigia vuota.

Ciao Filippo.



Gioco di parole

 

La poesia ha

svegliato in me

l’amore per le parole.

Ora le parole

si scompongono

in leggere

giocose castagnole.

Provo a catturarle

ma scivolano via

di fra le dita

guacamole.

Si ricompongono

in magiche scatole

di favole.

Le parole volano

via, di qua e di là.

Sono farfalle

sotto il sole.



Sorelle

 

Sola nel caldo tramonto.

Ombre

Rosse nel vento

E stelle cadenti

Lontane,

Luminose meteore

Emozioni



Maree

 

Vado a nuotare

nell’acqua increspata

del mare

nel vento

dei miei pensieri

schiumosi e leggeri.

 

Rema lontano

il mio sguardo,

sull’acqua del mare.

 

Nell’infinito orizzonte

dove il sole tramonta.



Mente

 

Serpente colorato

gira indisturbato.

Con la lingua velenosa

striscia acquattato

lungo il tronco sospeso,

sull’acqua del ruscello.



Pollock

 

Il buddha

in meditazione

era nei pensieri

di Pollock

gettati

nelle allucinazioni

creative.

Rondini ferite

schiacciate nel freddo

metallico

asfalto.

Strada senza uscita.


 

Libertà

 

La libertà è

un abile pifferaio,

fa uscire allo scoperto

anche i serpenti

più velenosi.

 

La dolce melodia

della libertà

tramortisce le coscienze

che si lasciano imprigionare

in guerre fratricide.

 

La libertà

è una fragilità

nella ricerca dell’immortalità,

ambigua scusa

per soppravvivere.

 

La libertà

vibra

nel vento,

come stendardo

di un ideale

irraggiungibile.



Sole di notte

 

Raggi di luce

filtrano le ombre

sottili del mio cuore.

Campi di stelle,

girandole di colore,

bisbigli

incomprensibili.

Brusii di silenzi

risplendono

nella magia

della notte.


 

Sulla nera collina

 

Scavo tunnel e gallerie

nell’inconscio dell’anima

alla ricerca del

loto del Buddha

che giace dormiente

sulla nera collina.

 

Sulla nera collina

nel coltivato

la talpa raspa

la terra a mappa.

Ma il villano

l’acchiappa

e l’attacca al ramo.

 

L’amore per i fiori

mi porta dentro il sole,

nei campi di girasoli.

Passa un trattore

che taglia i girasoli,

con tanto dolore

per il mio cuore

che ama i fiori.


 

Cuore

 

Da sempre ti ho ignorato

Ora sei il mio tormento

Batti sempre

Provo un sentimento,

Devo chiamarlo amore?

Il dubbio mi tormenta.



Colori

 

Le matite vivono

nella fantasia

di chi gli dà forma

e colore,

           nuvole bianche

          riflessi di mare.

Alberi giganti

boschi verdi

gialli, marroni

di foglie disegnate

sulla carta

che calpesto

con i miei pensieri.