Enzo Primerano - Poesie

Cuore e Natura

Se il cervello ascolta il cuore
scopre la formula dell’amore.
Se da solo sta in disparte
giocherà funeste carte
Così disse l’intelletto
col parlare molto schietto
che osservando la natura
ne intuiva la statura
Dolce la pioggia del mattino
Che lava le ombre del tuo cammino
Ancora più dolci i raggi del sole
Che danno energia alle tue parole
Vento che soffia sopra la gente
Sgombri le angosce dalla tua mente
Osserva bene la tua natura
Troverai le ricette per la tua cura
E nella divina proporzione
Troverai del mondo la soluzione.

 

 

 

La notte del solstizio D’estate

Se piena è la Luna che sia piatto il mare
per fare in modo di potersi specchiare
che i pesci alla vista di tanta bellezza
Vengano a galla a donar na carezza
Brilla nel cielo un gran mare di stelle
Pungono l’occhi come fossero spille
pungon di più proprio quelle cadenti
a coltivar desideri mai spenti.
Alla tua vista apparirà l’armonia
che le tutte scienze diverranno poesia
con i versi raccolti in una sola equazione
che della realtà diverrai tu il padrone.
Scesa è la notte color nerodiseppia
breve e impetuosa è ben che si sappia
ma porterà a tutti prima che muoia
sogni dorati e lacrime di gioia
Ma ecco Venere Luciferina
Messaggera del sapiente Sole
Belladonna sei tu più dell’Atropina
Da farmi restare ancor senza parole
Gettami giù la tua treccia fluente
E come una fionda in un battibaleno
scaraventami via come fossi un alieno
Dalla terra del Rosso alla strada del Sole
Poi sempre dritto da Sirio alla spalla d’Orione
Dandomi in dono tutti gli elementi
Per ritrovar le mie Sette sorelle splendenti.

 

 

 

Le Porte della Conoscenza

Quante le porte sul mio cammino
ben celate scoprirò
Con l’entusiasmo di un bambino
una ad una le aprirò
La prima è la porta della volontà
Quella si trova nel Dna
Poi vien la porta del sacrificio
Sii come pietra di puro silicio
Tante chiavi userai di sapienza
Per aprire le porte della conoscenza
Ma ti servirà l’Intelletto
per comprendere il giochetto
Irta è la porta dell’obbedienza
Ti fermi subito se ci provi senza
Tuo grande amico è il portone del dubbio
utile a smascherar false certezze
Troverai in un sol momento
il coraggio e l’ardimento
di vedere la porta a forma di cuore
quella che unisce scienza all’amore.
Infine un pertugio piccolino
E’ la porta dell’umiltà
Ci dovrai passare chino
Per veder la vera verità

 

 

 

Tratto da “Il Generale e il Pangolino”

Il Primo Paziente

Oggi Generale, per la prima volta ti ho visto in faccia. Ti ho visto guardando attraverso gli occhi del primo paziente in cui avevi preso domicilio: occhi terrorizzati da un senso imminente di morte. I tempi cambiano, i rituali si modificano, per cui prima di intubare una persona che ha una crisi di asfissia devi cambiarti, vestirti, indossare tutti quei dispositivi che ti permettono di lavorare in sicurezza. Allora capisci che devi imparare in fretta a vestirti proteggendo te, i tuoi colleghi, collaboratori e tutti i tuoi affetti da ciò che intuisci sarà una guerra di lunga durata. Il percorso di isolamento era perfetto ma tutto si sarebbe rivelato presto paurosamente lento. La vestizione fatta di dettagli direi maniacali comportava una enorme perdita di tempo. Per un rianimatore, peraltro ben formato al concetto della autotutela, era innaturale perdere così tanto tempo per una vestizione in sicurezza mentre qualcuno stava morendo. Attimi che durano ore e senso mai visto di dilatazione del tempo. Quando ebbi finito qualcuno mi disse: “Bravo, tre minuti, ci hai messo poco”. Più avanti quei tre minuti, che sembravano interminabili, divennero poi per me il record personale da abbattere ogni volta che c’era un’urgenza. Finalmente entrai nella stanza. Lo scenario era impressionante, con un cinquantenne affetto da grave schizofrenia che gridava di non riuscire a respirare. Il povero Gigi era portatore di questa patologia debilitante che lo costringeva a stare ormai da molti anni ricoverato nelle strutture riabilitative. Per noi che da tanti anni ci dedichiamo alla cura dei malati sappiamo come questa patologia conduca chi ne soffre a rifugiarsi in realtà parallele, il che può avvenire in maniera pacifica o, talvolta, procurando del male a sè stessi o agli altri.
Mi tornarono in mente le parole di un mio vecchio maestro che, scherzando, mi diceva parlando dei malati schizofrenici: “Se loro fossero la maggioranza, i matti saremmo noi. Infatti, mentre la maggioranza di noi è in grado di vivere in una sola realtà, loro decidono di vivere nella realtà che più gli aggrada.” E ciò li rende immuni da molte malattie, ma evidentemente il Generale era in grado di insinuarsi anche in altre realtà. Mentre preparavamo i farmaci e il materiale per assistergli la respirazione ed intubarlo, aiutato da un’infermiera anche lei molto impaurita, mi chiedevo come facesse una persona che non respira a gridare. Solo più tardi mi sarei spiegato il perché, carpendo al Generale una delle sue più importanti armi segrete. Dovevamo intubarlo lì subito e così fu fatto con l’affiatamento di mille competenze. Nel frattempo la paura del contagio continuava a salire fra di noi. Nella camera erano ricoverati altri due pazienti, anch’essi positivi al virus, che ci guardavano con terrore. Non potendo uscire dalla stanza, uno scappò in bagno; l’altro, colto da forte nausea, non poté fare altro che abbandonarsi a ripetuti attacchi di vomito. Li tranquillizzammo ma comprendevamo il loro stato d’animo: Si sentivano come cavie da esperimento dentro la gabbia dello stabulario, aspettando il loro turno per l’intubazione con quella rassegnazione mista a terrore. Finalmente portammo il nostro paziente n.1 nella nuova Terapia Intensiva. Era incredibile: tutto era stato approntato a perfezione, con quattro posti letto completi già disponibili all’uso. Il percorso sporco/pulito era stato approntato con perfezione maniacale dalle caposala; solo più tardi avremmo capito quanto fosse importante per tutti per contenere il contagio. Lo collegammo al respiratore e ci dedicammo alle terapie del caso. Pochi minuti dopo squillò il telefono: c’era bisogno di un nuovo posto letto per una persona che arrivava da fuori provincia. Avendone adesso la disponibilità, acconsentimmo al trasferimento e un’ora più tardi ci rendemmo già disponibili per una nuova richiesta. Tutto attorno a noi ci faceva intuire che ci si stava trovando in una situazione nuova e molto seria. Nei successivi tre giorni la nostra capacità ricettiva si sarebbe più che raddoppiata, con il ricovero esclusivo di pazienti con grave insufficienza respiratoria da coronavirus: la nuova SARS-CoV2. I ricoverati si presentavano terribilmente tutti nel medesimo stato: uguali le necessità di ventilazione, uguale la necessità di eseguire delle salvifiche pronazioni, uguali le terapie come da protocolli nazionali ed internazionali condivisi dalle comunità scientifiche. Nessuno faceva fatica a nascondere che stava girando un grande sgomento tra tutti noi. Potevo scorgere spesso qualcuno di noi fermo a guardare impaurito e confuso la lunga fila di pazienti tutti tragicamente identici. Anche noi facevamo fatica a riconoscerci in quelle divise che ci coprivano da capo a piedi e con i volti mascherati da cuffie, visiere e mascherine di protezione. Ogni usuale gesto diventava complicato, ogni manovra si rivelava complessa, al fine di evitare contaminazioni e dispersioni aeree del virus. Eravamo immersi in un nuovo habitat innaturale, costretti a muoverci come all’interno di un grande campo minato. Sembrava che fosse calata la fredda lama della rivoluzione parigina senza guardare in faccia nessuno: un ingegnere, un avvocato, molti coetanei, un’infermiera, uno scalatore, un maestro, un dirigente. Tutte vite diverse in un corpo tristemente uguale. Quando quelle lunghe ore giungevano al termine ed eri pronto a tornare a casa, ecco l’angoscia finale: liberarsi di tutti i dispositivi di protezione senza contaminarsi e rischiare di portare il virus a casa con mille pensieri aggiuntivi che bombardavano la mente di tutti noi.

 

 

 

Notte di San Lorenzo

Brilla nel cielo un gran mare di stelle
Pungono l’occhi come fossero spille
pungono di più quelle cadenti
a ravvivar desideri mai spenti
Scesa è la notte col suo buio di seppia
scesa impetuosa che ognuno lo sappia
Ad augurare a tutti i presenti
sogni preziosi e lacrime ridenti

 

 

 

Medit…Erroneo

Vento di Libia che viene dal mare
Torbido intreccio di infido affare
Cavalli di ferro che sembran di Troia
Qui non vi narro le storie del boia
Da sol si comprenda che la Libertà
Nessun la baratti con la Falsità
Perché le vergogne che hai sulla pelle
Le han viste da un pezzo migliaia di stelle

 

 

 

La Pubblicità

La Réclame è quella cosa
Che ti entra dentro in casa
Che ti ammalia e ti conquista
Ti fa perdere la vista
E così senza far male
Ti consiglia cosa fare
Le sue forme son sinuose
Belle forti e maestose
Ma se le guardi gli occhi
Falsi languidi e pinocchi
Presto noterai il suo sguardo
Dove Tu sei il suo traguardo
Tante false verità
Senza che nessun ti chieda
Sei di ciarlatano preda
E così con tal sospetto
Ti allontani dall’oggetto
E comprendi che a esser felici
Non ti servono appendici
Tanto la felicità
L’effimero non te la darà

 

 

 

Raggi de Roma

Nella brezza mattutina
Della Roma papalina
Sole invicto ar pellegrino
In italico latino
“Caro amico qui i miei raggi
Son terror per li selvaggi”
Ma di la dal fiume sacro
Dentro un nobil simulacro
altri Raggi fanno il mazzo
a li servi del palazzo
Stella mia fa brilla’ Roma
Che altre cinque allo sbaraglio
Stanno a mette’ lo scompiglio
Nelli cor de li romani
Che randelli tra le mani
Drizzeran tutte le capre
Storte brille e pur ‘mbriache.
Dammi ascolto disse il Sole
sono a corto di parole
ma stai certo amico mio
Che qui Roma sono io
Venner pastori e villici servaggi
Umili Papi e imperatori saggi
tutti quanti ad uno ad uno
Alla prova son nessuno
Solo Io con il mio estro
A guidar da gran maestro
E il calore dei miei raggi
Possa alfine farvi saggi.

 

 

 

Anno nuovo

Nessun sa come sarà
L’anno nuovo che verrà
Complicato per i magi
Azzeccare dei presagi.
Oggi pur le fattucchiere
Vedon solo carte nere

Tanti buoni senza cuore
Troppi baci senza amore
E il diabolico destino
Di passar per acqua il vino
Ed irrider poi la sorte
Di bugie con gambe corte
Piccolo bimbo ma già burbéro
Bello come un calo gero
Sguardo come il vecchio bardo
Ma spinoso come un cardo

L’anno presto crescerà
Ma se metti il fiuto al cuore
Ogni giorno avrà colore
Rosso arancio e blu turchino
Traccia forte del destino
Nessun sa come sarà

L’anno nuovo che verrà
Ma son certo amico mio
Se il tuo cuore avrà pietà
Vedrà un po’ di verità
e spostando un po’ di vuoto
scorgerai anche l’ignoto

 

 

 

La Libertà

Cosa assai strana la Libertà
tutti la vogliono ma nessuno la dà
tutti la sentono che viene dal cuore
ma quasi sempre ti causa dolore
e come nobile causa gloriosa
tutti la vogliono e nessuno la sposa
e quando alla fine ottenuta l’hai gìà
Pagherai con un fardello di responsabilità

 

 

 

Empatia

L’homo è come na vetrata
Brilla quando il sole c’è
Ma se scende il buio pesto
Brilla sol chi ha il cor onesto
Quando il sole ed i suoi raggi
lo pennellano da lassù
l’arte magica dei saggi

 

 

Pioggia di Maggio

Dolce la pioggia del mattino
Che lava le ombre del mio cammino
Ancora più dolci i raggi del sole
Che danno energia alle tue parole
Vento che soffia sopra la gente
Sgombra le angosce dalla tua mente
Osserva bene la natura
Troverai le ricette per la tua cura
E nella divina proporzione
Troverai del mondo la soluzione

 

 

 

Generazione BOOMER over 50

Danzi col sole per undici lustri
Con l’armonie di mille maestri
Calamo rozzo in penna di cigno
Serba celato il mio amor nello scrigno
Calamo rozzo in rima armoniosa
Prima la bacia poi se la sposa
Quando apri la porta della speranza
Apri una porta senza la stanza
Ma non pensar che la stanza non c’è
Perchè quella stanza è dentro di te.»
Pieno sia il giorno e insonne la notte
Nell’errato errare di un don Quisciotte
Stanotte ogni stella nel ciel si ribella
perché questa sera non c’è la più bella
Soltanto il mio cuore è felice perché
Ormai quella stella fa parte di me

 

 

 

Generazione BOOMER over 60

Non è ansia
Insonnia non è
Ma stavolta tocca a me
Può sembrar pesce d’aprile
O una congiunzione ostile
Mentre è solo il cor che canta
Perché presto son sessanta
Oh gran numero glorioso
Roboante e maestoso
Da divider come te
Altro numero non c’è.

Colpa fu del gran maestro
Se a quest’ora son già desto
Che i suoi calcoli infiniti
Ancor pochi li hanno capiti
Ed anch’io squadra e compasso
Non ho ancor capito un masso
Ma con viva e forte grinta
Questa vita l’ho dipinta
Grandi gioie e qualche dolore
Sempre tutto con gran cuore
Con la bussola ribelle
Sulla rotta delle stelle

 

 

 

La Pol -it(t)ica

Disse er corvo a la civetta
Dove vai così di fretta
Vado a vede’ nella piazza
Tanta gente che starnazza
C’è un fenomeno bizzarro
Un po’ insolito e beffardo
Tutti stretti tutti in piedi
Pesciolini nelle reti
Son sardine senza mare
Che non sanno dove andare
Sono piccole son strette
Sono solo marionette
Son sardin senza color
Preferisco sardine in saor
Sei per ogni Scatoletta
è la regola perfetta.
Mentre Spigole e Salmoni
non abboccano ai Sermoni
e gli Sgombri innamorati
Scappan tosto Sparpagliati
E’ la polittica dei squali
Che ci fingon tutti uguali
Che nel nostro Bel Paese
porteran brutte Sorprese
Anche ai furbi che Si Sa
Son più Stolti di Giufà

 

 

 

Tratto da il “Taccuino ripieno”

Il mio mare

A me non manca più il mio mare.
Da tempo quel mare è parte di me.
Il fragore delle sue onde, le sue correnti, lo scintillio dei suoi tramonti e soprattutto il suo profumo che abbracciandosi con gli elementi scandisce il passare del giorno come un meraviglioso orologio.
E quel profumo immutabile è il mio nocchiero della macchina del tempo…ovunque.

 

 

 

Scienza

Ama la scienza battila dura
Vedrai la potenza della sua natura
e quando ne avrai varcato le porte
il divin teorema diventa più forte
Così che ai tuoi occhi apparirà l’armonia
con i versi raccolti in un’equazione
vedrai le tue scienze diventare poesia
e della realtà diverrai tu il padrone

 

 

 

Moderne ipocrisie

Basta un chimico solfeggio
A trasformar scienza in cazzeggio
L’errore bussò alla verità
regalandole un fiore.
E nacque l’ipocrisia.

 

 

 

Stromboli

Cinniri ‘ncelu e focu nto mari
Si si russigghia un c’ì nenti chi ffari
Forti li troni chi tremanu i peri
Oggi sta Sciara è chiù forti ri ajeri
Se vasa u pertuso a luna china
Presto curriti alla marina
Curriti presto alla marina
Si non vuliti a vostra ruina
E candu la Luna ritorna picciola
Iddu s’addormi comu figghiola
Brezze di meli, tanta spiranza
Frutti a bagghiola e tanta paranza
U mari rialau sta bugghienti criatura
Chi si ricriassi tutta a natura.

 

 

Filicudi – Canna di Mare

Canna di rocca Canna di mari
Chi sfidi l’unni pi fatti taliari
Canna di mari Canna di rocca
Sulu taliari e guai chi ti tocca
Tu testimone di mille tramonti
Ognuno diverso e senza confronti
Ritta al cielo come freccia d’arciere
Trovan rifugio le saure nere
Sfidi la notte sfidi le stelle
Fai l’occhiolino a quelle più belle.
E lì sulla spalla del cacciatore
Della casa lontana già senti l’odore.