Erika Latino

Poesie


Rullino

Anche ora,
a distanza di mesi,
tutto torna indietro
come un caleidoscopio di ricordi.

Pensavo che avrei potuto lasciarli nel passato.
Pensavo di averli uccisi, ma così non è stato.
Loro sono vivi, sono vivi nella mia testa.

Vorrei soltanto potere fermare
il rullino dei ricordi.
Mi ritrovo in ginocchio
e anche se prego
di lasciarmi e liberarmi,
continua a non farmi respirare,
come se tu fossi ancora qui;
come se fossi incastrata
all’interno di questo rullino.

Vorrei soltanto farti vedere
quello che mi hai fatto.
Sono bloccata a metà
tra il sogno e la realtà,
dove niente è ciò che sembra.
Ma anche qui, in ginocchio,
troverò la forza per andarmene,
mi rimetterò in piedi
e brucerò questo nastro dei ricordi.

Guarda ciò che mi hai fatto!
So che non era tua intenzione,
ma devo bruciare questi ricordi.
Il nastro che tengo in mano
devo strapparlo in mille pezzi.
L’unico modo per essere libera
è bruciare questo rullino dei ricordi.

 


 

Strada

Quando cammino da sola,
sono io ad avere il controllo.
Decido io quando svoltare a destra,
quando a sinistra
o se proseguire dritto.
Se mi imbatto in un ostacolo
La responsabilità è solo mia.
Per questo motivo
ho sempre amato camminare da sola.
Fino a quando,
un giorno come un altro,
sei apparso sul mio sentiero
e da quel momento
sei diventato il mio compagno di viaggio più fidato.
Senza che me ne accorgessi
Hai preso tu in mano la situazione
e hai cominciato a guidare il mio cammino.
E io ti ho lasciato fare,
perché mi fidavo.
Poi, un giorno, all’improvviso,
hai intrapreso una strada ispida.
Forse, non hai visto il segnale o,
magari, non ti sei accorto del bivio;
così, invece che continuare a percorrere
la strada comoda, pianeggiante,
hai cominciato a camminare su quella
che portava alla salita
e io ti ho seguito
ciecamente;
e altrettanto ciecamente
ci siamo persi.

Io nella mia paura,
tu nei tuoi pensieri.
Siamo rimasti in silenzio-
Proprio come all’inizio,
tu camminavi ancora al mio fianco,
ma in realtà,
non stavamo camminando più insieme.

Alla fine,
eravamo soli nel nostro vagare.
Soli e in silenzio.
Quando è scesa la nebbia
Io ti ho perso di vista.
Ti ho chiamato,
ma tu non ti sei voltato.
Hai continuato a camminare
Senza di me.
E quando ho capito
Che non saresti tornato indietro a cercarmi Mi sono seduta.
Ho sospirato.
“Spero troverai la tua strada.” Ho detto.
Poi, ho sorriso.

 


 

La prima volta

Ricordo la prima volta,
pensavo che sarei soffocata
ma ho fatto finta di nulla.
Ad ogni conato
dicevo che mi sarei fermata
solo per ritrovarmi di nuovo
con la testa sulla tavola.

Dovrei fermarmi?
Dovrei continuare?
Dio! Non lo so!
Cosa devo fare?
Chi posso chiamare?
Chi può salvarmi
da questa caduta libera?

Su quella strada
camminavo da sola,
perché se qualcuno avesse saputo,
non avrebbe capito.

Dovrei fermarmi?
Dovrei continuare.

Ricordo la prima volta,
è stato difficile.
È partito dallo stomaco
e ha attraversato i polmoni.
È arrivato alla gola.
Non riuscivo a respirare più.
Solo a quel punto
mi sono dovuta fermare.
Dolorante e stanca,
ho ristabilizzato il respiro.
Mi sono alzata
e mi sono guardata nello specchio.
Non c’ero io,
ma il disgusto per me stessa.
Non ho riconosciuto
quella strana sensazione
che ha iniziato ad espandersi
in tutto il mio corpo.
Ho rivolto le guance bagnate
verso il soffitto.
Un’ultima volta
la stessa domanda.
Dovrei fermarmi?
La risposta fu un cenno impercettibile del viso.