Eva Polli - Poesie

Lui non c’è più
ti sta a fare l’occhiolino
nel pulviscolo
e ti vede
che ti trascini fino all’acqua
dribblando il Noce alla deriva.
Ti fa un cenno Nenè
il volto sbriciolato
nell’acqua chiacchierina
si muove furtivo
timido
nella perduta chiacchieruba
di un tempo
che non restituisce nulla.

 

 

 

Ciao papà
quarant’anni dopo
sei ancora tutto dentro me
Anzi di più
la tua presenza è lievitata
la tua immagine nel sogno
è a campo intero
Ho coccolato quella foto a Roma
quella dove somigli a Berlinguer
E mi ritrovo con sorpresa
nel cuore della mia memoria
due segretari tutti d’un pezzo
due colonne a tutto tondo
che non arretrano mai
coerenti
rigorosi pilastri
di una indomita democrazia.

 

 

 

Sedici anni Giacomina
il tempo passato
a fissare sul muro
I segni di sedie che volano.
Sedici anni
E gli occhi intenti a scrutare
Il traballare dei tavoli
Tra muri neri di fumo
Sedici anni Giacomina
A scontare
Il disagio, la noia e il dolore
di mamma e papà
Sedici anni
A sentir trasudare nella pelle degli altri
la vergogna
e lo stupido orgoglio di chi
si sente sempre
un pelo più in su.
Sedici anni Giacomina
e non torneranno mai più.
(13 maggio 1984 A Giacomina con l’affetto di chi si rende conto delle cose solo anni luce dopo)

 

 

 

Bergamo.
Mi è cara
questa città che non conosco
ma che mi vive dentro
nei ricordi mai sopiti di mia mamma
assorbiti
fin da quando
mi ospitò il suo ventre.
Ora, caro sindaco
evocare un ricordo tanto radicato
fa tutt’uno
con l’umile mestizia
che trapela dal tuo racconto
e dall’aspetto di dolore che
non mi si scrolla di dosso.
La tua immagine
La tua semplicità
mi si è conficcata dentro
la tua Bergamo
è diventata mia
e mi fai sentire addosso
la scia di dolore delle valli
schiacciate
disperate
quasi a trovare
in te una finestra
una luce
un’ancora contro la paura.

 

 

 

M’è parso
per un attimo
nel sogno
di esser tornata nuovamente al grembo
di sentire
l’accattivante desiderio
di un’accoglienza avuta sì
ma mai apprezzata
e ora nel grembo
si fanno strada
improvvisi i ricordi
di un’infanzia alla cieca
nella luce di incomprensioni sbriciolate
che
esaltano
la grandezza dei silenzi
in quella mia ostinata diffidenza.

 

 

 

Quella stagione
che sembrava infinita.
e invece
all’improvviso si è conclusa.
Quel tratto di vita
quel sole intenso
che illumina e dà senso
si è ritirato
e la vita ha preso un’altra strada.
È rimasto uguale e parallelo
imperscrutabile il filo
trait d’union
di tutte le stagioni
quelle intense e piene di energia
vive e vitali
bene a fuoco nel loro prolungarsi
e quelle flebili ed incerte
un tantino spente ma leggere
sfuggenti nella loro debolezza.

 

 

 

Fuor di posto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggerezza

 

 

 

 

 

 

 

 

Delicatezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dall’alto della vita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autoimbrigliamento