Fiorella Chiappi - Poesie e Racconti

3. Atmosfere di luce

 

 

 

 

 

 

 

 


 ASCOLTO INTERNO


Intimità

 

Un canto

allegro e fiducioso

o in parte sofferto

ho inteso negli anni 

accendersi in me

e l’ho seguito

come in una danza 

dal ritmo

sinuoso. 

 

Dietro

al suo movimento

per me seducente,

persi i limiti

dello spazio 

e del tempo,

ho ritrovato

intime

forme e confini.


Primavera

Un  particolare 

profumo di mare

mi assale

improvviso

nella stagione 

dalla luce nuova

e sento

il mio desiderio 

in movimento 

verso spazi 

ambiti

da incontrare 

nuovamente.

 

Il dissolversi

delle alghe marine

mi pervade 

quasi 

come l’odore 

di un amore struggente

e vorrei lasciare

ogni mio progetto

per vagare

alla scoperta

di qualcosa 

che ancora

non so intravedere.


Il nostro presente

Nel tuo sguardo vicino

avverto ancora e di più

il tuo desiderio di me.

 

Non porti gli occhi lontani,

mi ascolti, mi dici

e cerchi qualcosa da offrirmi.

 

Non vagheggio futuri diversi

alla ricerca di emozioni perdute

ma mi fermo nel nostro presente.

 

Quel carico di grigio e tempesta,

che aveva frantumato

il mio desiderio di te,

si è dissolto

con la paura di perdersi.

 

In questo improvviso cercarci

mi sembri quello che sei

ed uno che prima non c’era.


Tradimenti, ferite e cambiamenti

 

Cerca nuvole

 

     Sta andando di fretta verso l’appuntamento. Sono quasi le cinque del pomeriggio. Lo sa che è in anticipo, ma sente quasi il bisogno di correre. E’ una bella giornata di aprile, luminosa e tiepida e già molta gente passeggia per il centro di Livorno. Laura guarda le coppie che si tengono per mano. 

Giuliano e io non siamo mai andati per mano. Non mi ricordo che lui lo abbia mai fatto. Da tempo, se mi avvicinavo, mi guardava con il suo sguardo sarcastico.”

A questi ricordi un malessere ricorrente le invade lo stomaco. Sono anni che lo prova. Da quando è nata Aurora, trent’anni fa. È continuato con Simone e con Serena. 

Era stata bene durante i primi tre anni di matrimonio, quando Giuliano era al centro di ogni sua attenzione e ancora le piaceva occuparsi di lui, cucinare i suoi piatti preferiti, stare solo loro due. Le mancava, però, non poter vedere più spesso i suoi genitori e sua sorella.

 “Sei mica una bambina! Che bisogno hai di andare dai tuoi? Ci sono io. Non ti basta?

Il pensiero va improvvisamente alle domeniche dai suoceri, prima che nascessero i ragazzi. “Che noia quei pranzi con suo fratello e la moglie. Parlavano solo di cibo e di lavoro. Mai qualche parente o amico!” 

Con un po’ di nostalgia ricorda il clima di festa, quando i suoi genitori invitavano parenti o amici.

“Eravamo troppo diversi. Perché non l’ho capito subito?” 

Già nei primi anni di matrimonio qualcosa non le tornava nel rapporto con Giuliano, ma non si poneva troppe domande. C’era da occuparsi della casa, di lui e del suo lavoro. “Mi piaceva insegnare lettere alle medie. Stavo volentieri con i ragazzi, i genitori e i colleghi. Fin da bambina ho sognato di fare l’insegnante. Tutto questo un po’ riempiva il vuoto della mia vita con lui.” 

Laura sa benissimo che era cambiato tutto con la nascita dei figli. Giuliano non sopportava che lei fosse particolarmente affettuosa con loro. Non lo diceva esplicitamente, ma la criticava ogni volta che lei li abbracciava o faceva qualche complimento. Se provava a parlargli di questo suo atteggiamento, lui la sgridava. “Sei la solita che vive nelle sue fantasie. Figurati se io non desidero che tu sia una buona madre. Il problema è che non voglio che tu li rovini con la tua smania di moine. Solo perché sei laureata e insegni, pensi di avere ragione. Come tutti gli insegnanti vivi al di fuori della realtà. Sei una cerca nuvole!”

Cominciò così a chiamarla in modo sprezzante “cerca nuvole”, tutte le volte che voleva denigrarla. E questo accadeva spesso. 

Ho cercato di esprimere quello che non mi piaceva del suo modo di fare e gli ho chiesto più attenzione, ma lui riusciva sempre a mettermi dalla parte del torto, spesso ridicolizzandomi.

Smise di farle un qualsiasi complimento, anche quando facevano l’amore, almeno tre volte la settimana. Laura ben presto ne avrebbe fatto a meno, ma lui insisteva fino a che non cedeva. Negli ultimi anni provava quasi una sensazione di nausea all’idea di andare a letto con lui. Riusciva a tollerarlo solo perché si perdeva nelle sue fantasie erotiche, dove Giuliano non c’era mai. 

Lo so che è ancora un bell’uomo – si dice d’un tratto – ma io vedo solo i suoi occhi freddi e mi dà fastidio quel suo continuo ripetere che, pur essendo solo un geometra, è riuscito a mettere su a Livorno la più grande società per la  gestione dei condomini!”

Si ferma, il suo sguardo è attratto dalla vista di un gabbiano che, dopo essersi mosso goffamente per la strada, prende il volto verso l’alto con un’incredibile eleganza. 

Riprende a camminare e a sbuffare, pensando a suo marito. “Per lui conta solo “concretizzare”.  Lavora tutto il giorno. Arriva tardi a casa e la domenica si occupa sempre degli allenamenti della squadra di calcio giovanile.” 

Il pensiero va improvvisamente ai frequenti apprezzamenti su suo marito da parte di alcuni conoscenti. “Come sei fortunata. Che brava persona è Giuliano. Tutto casa, lavoro e volontariato!”

Per molto tempo a queste frasi è arrossita con disagio, senza capire  il perché di questa sua reazione. 

Mi ci sono voluti anni  – si ripete per l’ennesima volta, mentre cammina sempre più veloce – per capire che non sopportavo più questa farsa del marito e padre perfetto!”

 

     Laura aveva letto di tutto sulla letteratura per l’infanzia, alla ricerca di libri da consigliare ai suoi ragazzi. Con lei leggevano tutti e sempre di più. Un giorno, senza un vero motivo, prese a scrivere e dopo poco terminò il suo primo libro: “La cerca nuvole”. Trovò, senza dire nulla a nessuno, una casa editrice e lo pubblicò. 

Alla presentazione in libreria suo marito non venne.

Ho da fare! Figurati se posso perdere tempo!” E così fece per tutte le altre pubblicazioni. 

Giuliano si comportava come se lei non avesse mai scritto niente. Non la criticava, ma non le chiedeva nulla. Laura capì che, se non si faceva vedere scrivere e non parlava delle sue pubblicazioni, poteva continuare a mantenere il suo spazio di libertà.

Non capisco perché, stranamente, mi permetta di scrivere, non mi dica nulla? Ma non m’importa. Va bene così!”

Giuliano era tranquillo se la casa e il suo armadio dei vestiti erano in ordine e se si pranzava e si cenava alle stesse ore. 

Laura aveva da anni una persona che la aiutava in casa. Lei la pagava e non diceva niente al marito che non l’aveva mai vista. Giuliano usciva e rientrava sempre alle stesse ore. Era un orologio. Non sgarrava mai e per questo motivo era  molto facile organizzare la vita senza che lui si accorgesse di qualcosa. Preferiva non dirgli niente perché sapeva che l’avrebbe criticata. “Che bisogno c’è di spendere i soldi per la donna di servizio. – le aveva detto più volte – Con un lavoro come il tuo hai il tempo per dedicarti alla casa. In fin dei conti io sono occupato per tutto il giorno. Lo puoi fare anche tu!”

Giuliano, come tutta la sua famiglia, era molto attento a non spendere e a investire in immobili. “Con un’enorme quantità di argomentazioni e di pressioni - si dice irritata – mi ha convinta a fare la separazione dei beni. Alla fine ho ceduto e lui, dopo, si è intestato la casa e lo studio.”

Fu proprio dopo l’acquisto della loro casa che Laura cominciò a sentire la sua rabbia nei confronti del marito e a farsi delle domande. “Perché rimango con lui?Perché non me ne vado via? Ho il mio lavoro. Ho qualche soldo da parte. Forse potrei comprarmi un appartamentino.”  

 

     Mentre cammina sempre di fretta, continua a riflettere sul suo rapporto con Giuliano e sul perché è rimasta con lui. “Perché l’ho sopportato così tanto? Per anni mi sono detta che volevo che i figli crescessero. Non è vero. Ero intrappolata nell’idea di salvare il mio matrimonio a tutti i costi. I miei genitori, buoni e bravi, non mi hanno insegnato a vivere nel rispetto di me! Mi ci sono voluti anni, letture, una psicoterapia, nuove amicizie e Sergio, per capire che ero in trappola.

Si ferma. Guarda una bella vetrina di abbigliamento. Si placa. “Non ce l’ho fatta! Basta! Altrimenti faccio come lui. Avevo bisogno di capire!”

Come ogni volta, dopo essersi colpevolizzata, comincia a rivedere tutti gli aspetti positivi della sua vita. “Meno male c’erano mia sorella e suo marito!Sandra le era stata sempre vicina. La ascoltava, la capiva, non le diceva niente che lei non volesse sentirsi dire. Non la colpevolizzava di nulla ed era lì per ogni evenienza. 

Alla morte dei genitori avevano diviso di comune accordo i loro beni. Sandra aveva scelto la casa all’Elba “Ritaglio un appartamentino per gli ospiti - le aveva detto sua sorella – così, quando vuoi venire, hai la tua libertà!” 

Laura aveva utilizzato parte dei soldi ereditati per restaurare la grande casa lungomare della sua famiglia. Era lì che voleva andare ad abitare.   

Giuliano aveva cercato di gestire la sua eredità, ma lei era riuscita a tenerlo al di fuori da tutto e a non fargli sapere quanti soldi le avevano lasciato i suoi genitori. Anche questa volta, stranamente, era stato zitto. Non ne avevano più parlato. 

 

     D’un tratto comincia a pensare ai messaggi che gli ha inviato Sergio negli ultimi due anni. Ci sono i saluti al mattino e quelli prima di andare a dormire. Le domande sul suo lavoro, i complimenti per le sue pubblicazioni e le preoccupazioni per la sua salute. “Devi farti vedere. Queste febbrette non sono normali! Non puoi pensare solo agli altri. Ci sei anche tu!” 

È Sergio che le ha trovato lo specialista che finalmente le ha permesso di curare la sua rinite. È  sempre lui che ha realizzato le copertine dei suoi ultimi libri.

Le è stato sempre vicino per la malattia e la morte della madre e, dopo poco, per quella improvvisa del padre. 

Sembra che ci conosciamo da un’eternità. Eppure sono solo due anni!

Aveva conosciuto Sergio in una giornata invernale. Era il suo cinquantottesimo compleanno. Con un vestito nuovo color rosso fiammante e il suo bel cappotto nero aderente, era andata a vedere la mostra di disegni e di vignette umoristiche di Sergio. Si era subito innamorata del suo tratto veloce, sintetico, dai colori essenziali. 

Si era avvicinata, lo aveva salutato, gli aveva fatto i suoi complimenti e poi, quasi senza accorgersene, gli aveva chiesto di collaborare con lei. 

Scrivo libri per l’infanzia. Alcuni anche umoristici. Hanno un discreto successo. Le piacerebbe leggerli e vedere se le interessa curare le copertine dei nuovi che ho scritto?

Sergio l’aveva guardata con un sorriso dolce, dicendole solo: ”Quando e dove?” 

Cominciarono così a vedersi tutti i lunedì nella saletta del caffè Modì per parlare di libri e copertine. 

I loro primi rapporti sessuali furono pieni di parole tenere e di passione e così sono ancora. 

Sergio è un insegnante di matematica in un Liceo scientifico della città. Quando l’aveva conosciuto, aveva sessant’anni, vedovo da poco, con un figlio, laureato in ingegneria col massimo dei voti, che lavorava all’estero.

Da sempre disegna e fa vignette umoristiche. “Questa passione – le aveva detto dopo poco che si erano conosciuti – è stata la mia “scalda anima” durante la malattia di mia  moglie e con mio figlio lontano.”

 

     Un nuovo pensiero inquietante l’assale, mentre si sta avvicinando sempre più al suo appuntamento.

Sei una cerca nuvole, idealista. Nella vita bisogna essere più pratici come babbo!” Questa frase di Aurora la ferisce ancora troppo. Non serve a niente dirsi che Giuliano ha cercato sempre di svalutarla davanti alla figlia e di mostrarsi più capace, più scaltro, ripetendole che lei era come lui. 

Con rabbia e dolore Laura si ricorda che, quando  richiamava Aurora perché non aveva voglia di studiare, lui ripeteva sempre: “Lo sai che tua madre è fissata con lo studio. Io non ho la laurea come lei, ma li ho comprati io casa e studio!”

Un misto di rabbia e di sofferenza la opprime come sempre a questo ricordo. Sente tutto ciò profondamente ingiusto, soprattutto nei confronti di Aurora. “L’ha imbrogliata. Le ha fatto credere che non conta studiare, impegnarsi in una professione. Ora può fare solo la dipendente da lui per qualche ora al giorno. E’ scontenta, ma non vuole ammetterlo. La sua via di fuga è raccontarsi che va bene così e quindi continuare, come lui, a deprezzarmi!”

Un leggero senso di colpa la assale. “Forse ho sbagliato. Dovevo lasciare mio marito. Non dovevo permettergli di umiliarmi davanti a lei e di condizionarla!”

Lascia velocemente questo pensiero e, per cercare una via di uscita, si dice qualcosa che la conforta. “Fortunatamente Simone e Serena studiano volentieri e hanno le idee chiare sul loro futuro. Vorrei che facessero qualcosa che amano, Se non avessi avuto il lavoro e la scrittura, io come avrei fatto? E forse Aurora capirà?”

Rallenta il passo, alza lo sguardo e s’incanta a guardare il movimento delle nuvole bianche  nel cielo terso che affiora sopra i palazzi del centro. Lentamente riprende a camminare e finalmente arriva davanti all’ufficio dell’avvocata che la seguirà per la sua separazione da Giuliano. 

Solo sua sorella sa della sua decisione, neanche Sergio. 

Vuoi che venga con te? Le aveva chiesto Sandra con il suo solito modo garbato.

No. Grazie. Devo fare questo passo da sola, senza nessun aiuto!” 

Suona il campanello ed entra decisa. 


Il  centro di gravità

 

 

     “Una donna, se vuole, sa come tenerselo un uomo!” Queste parole di Carlo le arrivano dentro come una pietra e il silenzio di Anna la inquieta profondamente. 

Stavano  parlando  di una comune amica, ma quella frase Elisa l’ha sentita riferita a lei. Sì, a lei e a quello che le sta capitando con Marco. Quello strano malessere allo stomaco, che oramai le fa compagnia da giorni, diventa ancora più intenso, quasi insopportabile. 

Guarda Carlo e Anna, le sembra di non riconoscerli, eppure sono gli amici  degli ultimi anni, quelli con cui ha condiviso gioie e dolori. Con una scusa li saluta e se ne va a piedi verso casa.

Dunque, io non me lo sono saputo tenere Marco?” Si ripete quasi  ossessivamente, mentre cammina di fretta in questo pomeriggio di novembre in cui la tramontana sembra volerla catturare per portarla via con sé.

Ha sempre saputo che Carlo e Anna erano diversi da lei e da Marco, ma aveva pensato che l’affetto che li legava avrebbe potuto farli comunicare nonostante le differenze. 

 

     Elisa aveva conosciuto Anna, una decina di anni prima, all’associazione “Amici dell’arte” in cui teneva una lezione sui “Non luoghi nelle città moderne.” 

Alla fine di quell’incontro Anna si presentò, le disse che insegnava storia dell’arte in un liceo della città, si complimentò e le chiese se era disponibile a tenere delle lezioni nella sua scuola. Dopo qualche mese già scrivevano assieme alcuni articoli. “Quando Anna mi propose di poter fare qualcosa in studio con me, ne fui contenta. Se non me l’avesse chiesto lei, forse non le avrei proposto di collaborare. Accettai anche perché ero un po’ in crisi.

Da quando la sua amica Maria aveva lasciato Pisa e si era trasferita a Milano, Elisa aveva gestito lo studio da sola. Era contenta dei risultati raggiunti, ma non aveva più qualcuno con cui condividere le emergenze, gli imprevisti e le decisioni da prendere.  “Fare l’architetto, oggi, vuol dire interpretare  continuamente  leggi ed ordinamenti, barcamenarsi fra clienti e pubblica amministrazione. Certe  volte mi sembra che il peso che ho sulle spalle sia insopportabile.”

Senza Maria, tutto era stato molto più faticoso. “Quante volte ho desiderato qualcuno che mi alleggerisse di alcuni pesi e mi lasciasse  libera di disegnare. Sì, disegnare, progettare, studiare, proporre, confrontare, realizzare e non   perdere tempo in attese estenuanti da assessori e tecnici comunali.“  

Improvvisamente si rende conto che con Anna non aveva mai provato quel profondo senso di libertà che aveva vissuto con Maria. “C’era sempre qualcosa che sentivo un po’ distante da me. Con la sua gentilezza, però, era riuscita a catturami.”

Nel tempo si erano frequentate anche con i mariti. 

 

     Elisa si sofferma a riflettere su Carlo, come non ha mai fatto. “Mi divertiva  il suo mettere tutto sotto forma di battuta e mi piaceva anche la sua serietà nel parlare di alcune vicende personali, la sua passione per l’attività di spedizioniere, per la musica classica e la sua dedizione per  la famiglia.“

Si ferma. In ciò che ha appena detto qualcosa non le torna. “Non è vero. Non è interessato alla famiglia, ma piuttosto a stare solo con lei o meglio che lei stia con lui. Delle figlie si deve occupare Anna!”

Mentre cammina spedita, comincia a ricordare i battibecchi scherzosi con Carlo. Lui la prendeva in giro chiamandola femminista e lei rispondeva tacciandolo di maschilista. Sapeva benissimo che dietro quel gioco c’era molta verità, ma la loro differenza, allora, non la vedeva come un problema. 

“Sono diversi da me, lui ha una visione della donna geisha  e lei lo compiace – si era detta più volte – ma è più un gioco che altro. E poi forse stare con persone così diverse da me e da Marco ci aiuta a crescere. Non è con gli opposti che si evitano gli eccessi?”   

Comincia a sfregarsi il naso quasi ghiacciato dalla tramontana che sferza. Entra in una libreria per scaldarsi un po’ e in quel tepore riprende a riflettere su Carlo e Anna. “Quando ci siamo conosciuti, Carlo mi guardava con un po’ di sospetto. Temeva che facessi saltare il suo ordine familiare. La mattina il lavoro, poi a pranzo tutti assieme. Nel pomeriggio lui di nuovo al lavoro e lei, tolto qualche incontro a scuola,  dedicata alle figlie  e soprattutto a lui, quando era in casa. Col tempo si è  tranquillizzato, perché si è reso conto che le sue abitudini rimanevano tali e quali.” 

Elisa ha sempre saputo che Anna anteponeva l’impegno per la sua famiglia a qualsiasi altro dovere. “Ora posso fare anche la libera professione – le aveva detto più volte –  perché le ragazze sono grandi e ho più tempo. E poi qualche soldo in più non fa male!

Elisa ha improvvisamente un moto di stizza: “Si doveva in qualche modo giustificare per il  desiderio di fare la professione. Non riusciva a concepire di mettere in discussione l’ordine familiare di Carlo!“

Si irrita ancora di più, ripensando a quello che Anna le diceva spesso: “Poche ore. Posso stare in studio solo poche ore.”

Fa un bel respiro, si rilassa e, quasi per confortarsi, si dice: “Per me è stata una compagna fondamentale, seria, puntuale, efficiente!”

Finalmente riscaldata, esce dal negozio, riprende a camminare e a pensare alla riconoscenza che spesso le  manifestava Anna. “Grazie a te ho ripreso a fare l’architetto. Non ti puoi immaginare che gioia mi dia. Sembrano lontani quei due anni di depressione che mi hanno fiaccata poco prima di conoscerti!”

Improvvisamente Elisa si ferma. Si deve concentrare su quello che le appare completamente chiaro. 

 “L’ho sempre giustificata, ma in fin dei conti questo suo mettere al centro solo la famiglia e quasi mai i suoi desideri è distante dal mio modo di essere. Ma non è la sua diversità il problema. Mi irrita che lei e Carlo, nonostante le loro modalità disponibili, siano fermamente convinti che il loro modo di fare coppia sia superiore al nostro!”

Finalmente si sente più tranquilla. Capisce che ciò che l’ha turbata molto è stato proprio l’averli sentiti entrambi giudicanti e in quanto tali distanti.  

Forse Marco – si dice improvvisamente – aveva più ragione di quanto io pensassi!” 

Si ricorda che suo marito avvertiva la loro disponibilità e generosità, ma si annoiava e s’infastidiva ad alcune loro affermazioni, per lui moraliste. Non si contrapponeva. Tutt’al più faceva una battuta ironica, leggera. Qualche volta esprimeva il desiderio di non frequentarli, dicendo: “Non ho voglia di andare. Facciamo qualche altra cosa. Usciamo con qualcun altro. “  

Elisa si rende conto che, a differenza di Carlo ed Anna, loro due hanno sempre avuto il bisogno di frequentare non solo i soliti amici, ma anche nuove persone. “Che gioia quando Marco prendeva la chitarra  per suonare e cantare con me! Quante volte abbiamo invitato gli amici a casa e fatto festa con la musica. Prima della nostra crisi rimaneva spesso con noi pure Enrico. Nonostante i suoi quindici anni, non ci snobbava, anzi si univa a noi.

Elisa, per un attimo, è contenta. Non può non ammettere che lei e Marco si sono divertiti molto. Non hanno solo lavorato, ma avuto anche tante passioni comuni. 

 “Ce l’abbiamo fatta a comprare la nostra bella casa e ora anche questo appartamentino a Tirrenia. E’ vero che il mutuo incombe, ma la casa  stavamo già per  affittarla!

Un cenno di tenerezza le muove le labbra, mentre ricorda che, per risparmiare, hanno condiviso i lavori di casa per anni. Lei la preparazione del pranzo e della cena, lui i panni da stirare, insieme il  resto. Per  il loro figlio hanno dovuto fare tutto da soli, non solo perché le loro famiglie sono economicamente modeste, ma anche perché lontane da sempre. I suoi genitori e sua sorella vivono ad Arezzo e i suoceri, molto anziani, abitano con la cognata a Genova. 

Marco aveva fatto carriera nella sua società, Nell’ultimo anno era stato promosso. Spesso doveva passare diversi giorni nella sede milanese. Qualche volta era impegnato anche il sabato e, la domenica, seguiva soprattutto Enrico che giocava in una squadra giovanile di calcio. Inevitabilmente lei aveva sulle spalle tutto il peso della casa e del figlio, ma lo faceva  volentieri perché era contenta per il successo professionale di suo marito.      

 

     A Milano, Marco non era riuscito a stare da solo dopo il lavoro. Aveva preso a uscire con un gruppo di colleghi e colleghe, fra cui anche Sonia, la sua segretaria di trentanove anni, fisicamente carina, non molto alta, ben curata e con quell’aria sempre disponibile e ammirata. Quando cominciarono a trovarsi nelle case di qualcuno, Marco divenne un po’ il mattatore delle serate con la sua bella voce e la chitarra sempre a portata di mano. Non fu facile resistere allo sguardo rapito di Sonia che lo ascoltava cantare.   

 

     Tre mesi prima, quando aveva scoperto le lettere dell’amante di Marco, Elisa era stata assalita da un improvviso bruciore che le aveva attanagliato la gola. Lentamente si era radicata dentro lo stomaco quell’angoscia sconosciuta che l’ha accompagnata costantemente in tutto questo periodo. Leggere quello che l’altra scriveva di loro due le aveva  aperto un orizzonte ignoto. Non se lo sarebbe mai immaginato. Si sentiva parte di lui e lo sentiva parte di sé. Assieme avevano costruito molte cose, riso e scherzato.

I loro corpi si elettrizzavano ancora quando si strusciavano e non avrebbe mai pensato di scoprire questa relazione e soprattutto di vedere lui incerto, confuso. Anche se diceva che era stata solo un’avventura, intuiva che la storia non era stata ancora chiusa. Non sapeva cosa fare. 

Le sembrava che il terreno si fosse aperto sotto i piedi e non capiva come muoversi. Più niente le era chiaro. Aveva bisogno di trovare delle coordinate e in questo buio, che la attanagliava, seguiva solo il suo istinto. 

Non lo aveva più voluto in casa. Marco si era trasferito nell’appartamentino che avevano appena comprato lungo mare a Tirrenia e che avrebbero dovuto affittare. 

Aveva colto, con un misto di stupore ma anche di soddisfazione, lo sgomento di lui mentre se ne andava via. Accettava, in quel momento, la sua decisione, ma lo spaventava. 

Al figlio avevano detto che stavano attraversando un momento di crisi  e niente più, ma lui aveva ben capito ed era molto arrabbiato con il padre. Non lo voleva più con sé durante le trasferte di calcio. 

Elisa in certi momenti odiava Marco, in altri sentiva l’angoscia divorarla all’idea di lasciarlo. Quando parlavano, finivano sempre col litigare.   

Marco, in quei momenti, riusciva sempre a dirle qualcosa che la disturbava.

Tu non mi hai visto. E’ vero che io avevo avuto una promozione, ma ero anche in ansia. Avevo paura di non essere all’altezza delle aspettative.  Tu avevi sempre da fare. Mi sono sentito solo. Lei mi ha capito!” 

Elisa ritornava, poi, su quanto l’aveva urtata, analizzava ogni parola fino a che non trovava qualcosa da dire per la sua  successiva battaglia.     

“E perché non me lo hai detto che avevi bisogno di me? Io l’avrei fatto. Lei ti ha capito o adulato?”

Ogni volta finivano col litigare, anche perché Marco aveva preso ad addossare a Elisa la colpa del suo tradimento. “Non lo accetto – gli gridava  Elisa – questo tuo scaricarmi la colpa. Mi irriti e basta. Cresci. Assumiti le tue responsabilità!”

 

    Elisa, una volta scoperto il tradimento, aveva raccontato subito tutto ad Anna e a Carlo. Loro si erano scandalizzati per il comportamento di Marco, ma lentamente avevano cominciato a ripetere  frasi che non le piacevano. 

“Forse anche lui può avere le sue ragioni. Può darsi che avesse avuto bisogno di un po’ più di attenzioni!” Le disse Anna, in un momento in cui Elisa era infuriata per l’ennesimo tentativo di Marco di scaricare su di lei la responsabilità del suo tradimento. Le passò la voglia di confidarsi. Si rese conto che, quando la chiamava disperata, lei aveva sempre poco tempo da dedicarle. 

Eppure io l’ho ascoltata volentieri infinite volte!” 

Non sopportava i suoi  consigli:  “Lo devi riconquistare, devi essere paziente. Hai un figlio!”

Anna non l’aiutava a capire, a rendersi conto di quello che voleva. La sentiva chiusa dentro le sue certezze, incapace di entrare in contatto con la sua sofferenza e la sua confusione. E ora quella frase di Carlo.   

“Ma cosa vuol dire tenersi un uomo?Dire ciò che si vuol sentir dire?Vivere in funzione di lui?” 

 

     Improvvisamente una rabbia nuova invade Elisa e le dà un’energia inaspettata. 

“Non voglio tenermi nessun uomo, se questo vuol dire  stare attenta a come prenderlo. Desidero un uomo accanto con cui parlare, confrontarmi.  Crescere. Crescere assieme.

Anch’io non ho capito. Non ho capito le sue fragilità. L’ho visto più solido, più leale di quello che è.”

Scompare quell’angoscia allo stomaco che l’ha  indebolita e le ha dato la sensazione di precipitare in un baratro senza fine.  

Non voglio riconquistare nessuno. Voglio solo capire se è innamorato dell’altra o di me e se è disposto a fare qualcosa per la nostra vita assieme.” 

È arrivata a casa, si toglie sciarpa, guanti, cappello e cappotto  e lo chiama al telefono. “Ti devo dire una cosa. Se vuoi ricostruire il rapporto con me, io sono disposta a riprovarci, ma prima lasci il tuo incarico a Milano e riprendi il tuo posto a Pisa. Pensaci e fammi sapere.” 

Non aspetta la risposta e riattacca.  

Si rimette il cappotto, la sciarpa, s’infila un paio di  scarpe comode, afferra un bel cappello di pelliccia ed esce di casa. Prende l’auto e va a Marina di Pisa, il luogo in cui è cresciuta. Fa freddo, ma l’aria tersa rende tutto più splendente. Mentre cammina verso il mare, si sente stranamente forte.

“Ho ritrovato il mio centro di gravità, come dice Battiato!”   

Il vento di tramontana le sferza il viso, ma il cappello,  la sciarpa e gli occhiali da sole la stanno riparando. E’ piacevole camminare così velocemente lungo mare e perdersi alla vista delle grandi nuvole  bianche che  corrono nell’azzurro limpido di quel freddo pomeriggio.  

Ha chiaro che in questo modo sta rischiando di chiudere definitivamente il suo rapporto con Marco. Sa che lo mette  di fronte ad una scelta, ma anche che, se tornerà, lo farà solo perché lo vuole e questa nuova convinzione trasforma la sua collera in  forza. 

Non è neanche più di tanto arrabbiata con Anna e Carlo. Si rende conto che proprio la frase di Carlo, provocando la sua ribellione, l’ha aiutata  a capire. 

Pensa che in qualche modo le vogliano bene e forse anche lei a loro, ma anche quanto siano profonde le differenze che li separano.  

Un pizzico di tristezza l’assale, ma subito uno squarcio di sole all’orizzonte le fa spaziare lo sguardo lontano.   


Sei l’unica

 

     “Sei l’unica donna della mia vita. E’ stata solo un’avventura, un errore. Non posso stare senza di te.”Sono le parole che Giulia legge sul messaggio di Giovanni a sua moglie. Non riesce a crederci. Riguarda la data. È di ieri alle venti, eppure poco dopo sono andati a cena assieme in Trastevere. Hanno riso, scherzato e dopo è salita da lui, hanno fatto l’amore e si è addormentata fra le sue braccia. 

Le manca il respiro e prova un’angoscia inquietante allo stomaco. “Perché mi sono alzata per andare a bere?Perché ho sentito l’improvvisa voglia di guardare il suo cellulare appoggiato sul tavolo di salotto?” 

La assale una collera prepotente. Ha voglia di chiamarlo, di urlargli qualcosa. Si affaccia alla camera. Lui è lì che dorme tranquillo. Si ferma. Torna indietro. Riprende a leggere i messaggi. In tanti si scusa, chiede perdono. Si accorge che è spaventato all’idea di perdere la moglie. Un pensiero la assale in modo prepotente. “Allora non è vero niente. Non era finito il rapporto, come mi aveva detto!”

All’inizio della loro relazione, le aveva ripetuto più volte che la vita con la moglie era diventata solo una routine senza senso e che da anni non provava più quello che ora sentiva per lei.

“Mi sembra di essere rinato – un giorno le aveva detto – da quando sto con te!

Giulia conosceva Giovanni da alcuni anni, ma si frequentavano da otto mesi, da quando lui aveva affittato un appartamentino a Roma. Aveva casa a Firenze con  le due figlie di dieci e tredici anni e con la moglie Margherita, un’architetta d’interni. Per più di un decennio aveva fatto la spola fra le due città, ma, per un incarico importante nella società di cui facevano parte tutti e due, aveva dovuto fermarsi dal lunedì al venerdì. Non lavoravano assieme, anzi in due palazzi distanti l’uno dall’altro, ma avevano preso ad uscire con un gruppo aziendale di single e di colleghi sposati che, come Giovanni, passavano buona parte della settimana a Roma. 

E’ vero che, quando ho cominciato a chiedergli del nostro futuro, non mi dava risposte certe. Spesso cambiava discorso. Sentivo che qualcosa non mi tornava, ma non volevo sapere più di tanto. Mi godevo quello che stavo vivendo.

 

     Riprende a guardare i messaggi. Ce ne è uno che la lascia senza fiato “Puoi chiederlo a Giuseppe, usciamo assieme per svagarci. Qualche volte sono venute anche delle colleghe. Lei ha cominciato a starmi d’intorno, a chiamarmi, Io, stupido, mi sono lasciato sedurre. Volevo lasciarla, ma dovevo trovare il modo per dirglielo. È  molto suscettibile e permalosa. Avevo paura che facesse qualcosa d’impulsivo, che lo dicesse a te. Avevo paura di perderti.”

Giulia non ci si ritrova in quelle parole, sa che non l’ha mai minacciato. Ha solo chiesto cosa voleva fare del suo futuro. “Sono sempre stata attenta a vedere se poteva nascere qualcosa o meno e soprattutto non volevo forzare nessuno.” 

Riprende a pensare, cercando di trovare dentro di sé una qualche risposta. “Me lo sono sempre detto che una relazione con un uomo sposato contiene dei rischi. Se sei solo un diversivo in un momento di crisi, puoi starci bene, ma non c’è possibilità di evoluzione futura. La relazione può diventare una storia vera solo se sei la donna giusta per l’uomo giusto in un matrimonio oramai finito anche per la moglie.” 

 

     A trentotto anni, dopo una vita di passione lavorativa, ma di storie con single terminate per incompatibilità e con uomini sposati perché non lasciavano moglie e famiglie, le sembrava di aver trovato il grande amore della sua vita. Giovanni era dolce, vivace, divertente e premuroso come nessuno. 

Sente un’improvvisa rabbia. Non riesce ad accettare che lei, una manager così capace di scegliere i suoi collaboratori, sia stata profondamente ingenua. Per un attimo si sente  molto stupida, poi reagisce, dicendosi: “Non potevo accorgermi del suo doppio gioco. E’ un vero attore. Non servono a nulla i corsi sulla comunicazione. Lui riesce a farti credere reale ciò che è solo interpretato abilmente!”

Continua a leggere. “Io volevo rilassarmi un po’ dopo tante ore di lavoro, volevo scherzare con gli amici.

Giulia si rende conto che, nonostante la loro storia, molte volte lui andava a giocare a calcetto con dei colleghi, oppure uscivano tutti insieme. 

Mi raccomando – le aveva detto spesso – facciamo finta di niente, altrimenti al lavoro ci prendono di mira. Soprattutto  se la rifanno con te che sei una donna. Lo sai com’è la mentalità dominante. Non voglio che tu possa soffrirne!”Al ricordo di queste parole, Giulia s’irrita enormemente. “Che cretina! Mi faceva tenerezza. Pensavo che  fosse protettivo nei miei confronti. In realtà  faceva solo i suoi interessi!” 

Deve respirare più volte, come ha imparato al suo corso di mindfullness, per essere un po’ meno preda della furia. 

Che sciocca. Erano poche le sere in cui uscivamo solo noi due. Qualche cena e dopo  a letto, a casa sua.

Riprende a scorrere i messaggi. Legge quelli della moglie. Le appare addolorata, arrabbiata, ma anche in qualche modo  disponibile ad ascoltarlo. Mai violenta, solo triste ogni tanto. 

L’ho stranamente simpatica! Chissà quante volte ha recitato anche con lei?”

 

     Le viene l’idea di vedere se ha scritto anche a Giuseppe, l’amico e collega di sempre. 

Trova un’infinità di messaggi fra loro due. Uno è illuminante: “Giovanni, ne hai fatta un’altra delle tue. Te l’avevo detto che prima o poi Margherita ti avrebbe scoperto e che avresti corso il rischio di perderla. Lo so che ci tieni, ma non puoi non fare il piacione. La devi smettere di scherzare col fuoco!

Velocemente Giulia si rende conto che Giovanni è abituato a tradire la moglie. “Io sono solo una delle tante!

Continua a leggere, preda ancora della collera e di quell’inquietante malessere allo stomaco che oramai la accompagna. Sta male, ma ha anche voglia di capire, per cui continua a guardare i messaggi. 

Giuseppe, lo so. Hai ragione. Non so cosa fare. Margherita ha scoperto la mia relazione. Sono terrorizzato all’idea di perdere lei, la mia famiglia, tutto quello che ho costruito in questi anni. Non so come rimediare. Lo sai che Giulia  non tollera più di tanto i rifiuti. Guarda com’è in azienda: dura, inflessibile. Non è un caso che la chiamino la tedesca. Non è come Margherita: allegra, disponibile, aperta di mente.”

A queste parole Giulia s’indigna .“Che coraggio! Non ha fatto altro che complimentarsi per la mia intelligenza e dire che sua moglie, invece, è una donna molto convenzionale!” Improvvisamente le viene a mente quello che le diceva la sua amica avvocata: “Non capisco perché alcuni uomini devono raccontare così tante balle sulla moglie e far finta di amarti alla follia, quando vogliono solo portarti a letto!”

 

     Mentre riflette sulle ultime frasi lette sul cellulare di Marco, stringe gli occhi con quel suo modo concentrato e duro che ben conosce.

Avrei voglia di chiamare sua moglie e di raccontarle tutto!”Il gusto della vendetta nei confronti di Giovanni per un po’ la seduce, ma subito torna a pensare a Margherita. Nelle sue storie con gli uomini sposati non si è mai posta il problema dell’altra. Questa volta, invece, un po’ se ne preoccupa, forse perché, leggendo i suoi messaggi, è come se la conoscesse

“Potrei salvarla da lui, ma forse non vuole essere salvata! Non posso fare l’angelo vendicatore. Farà lei della sua vita quello che vuole, che capisce o che vuol capire!”

Continua a leggere i messaggi di Giuseppe che rassicura Giovanni, lo invita a essere cauto e gli fa un po’ di predica. “Te l’avevo detto di non aver storie con donne del lavoro. Sono sempre problemi, quando si vuole chiudere!”

Gli conferma in qualche modo la diffidenza nei suoi confronti “E’ vero, stai attento. Può darsi che sia prepotente e  vendicativa!” 

A queste parole Giulia si domanda se il rigore che mette in ciò che fa al lavoro e il porsi sempre su tutto con molta chiarezza e decisione possa essere percepito come una forma di durezza, se non di aggressività. Si ricorda che a un corso  di formazione le avevano detto: ”Lei ha buone capacità assertive, sa dire chiaramente quello che pensa. Stia attenta a non farlo troppo, se vuol fare esprimere anche gli altri e soprattutto se non vuole apparire prepotente!”

Non si era mai vista come si vede ora, ma non avrebbe mai immaginato di doverlo scoprire in questo modo inaspettato e per certi versi brutale.

Devo essere più attenta ai rapporti e non solo ai risultati. E’ il mio punto debole, ma ora non è il momento per pensarci. Un problema per volta!” 

Il suo solito piglio compare anche in questa nuova situazione. Riprende a scorrere i messaggi. Sobbalza, non riesce a credere a ciò che Giovanni dice di lei.

Con me fa la gattina in calore, ma sul lavoro  lo sai com’è. E poi le donne single di una certa età, in carriera e senza figli, sono  egoiste. Lo sapevo. Dovevo trovarmi una bella donna sposata che non vuole lasciare nessuno!”

Anche la risposta di  Giuseppe la ferisce molto. 

“Non so, ma tutte le donne single sui quaranta, se sono innamorate e lasciate, sono pericolose!” 

Giulia aveva sempre pensato  di avere con lui un buon rapporto e di piacergli un po’. 

Forse – si dice, per rincuorarsi – deve dire così per mostrare la sua vicinanza a Giovanni. Forse non è proprio quello che pensa.“ E subito dopo, sprezzante: “Chissà se pensa?”

Rimane qualche minuto in silenzio, fa di nuovo dei lunghi respiri e poi improvvisamente ha un’altra sua certezza: “Cosa sarà vero non lo so, ma non me ne frega niente di quello che dice di me. Ora ho altro a cui pensare!”

 

     Continua a leggere i messaggi. Di fronte all’ennesima lamentela di Giovanni, Giuseppe gli consiglia di chiedere il trasferimento in un’altra città.

 “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. In questo modo ti puoi liberare di lei. Se rimani a Roma, sarà difficile. Ti potrebbe danneggiare anche sul lavoro.

Non riesce a non indignarsi: “Liberarsi di me? Ma come si permettono? Una laurea a pieni voti alla Bocconi, master, specializzazioni, lavori all’estero e dovrei stare qui a cercare di accalappiare un cretino come lui, a strapparlo contro voglia alle braccia tenere della moglie e, se non ottengo subito quello che voglio, fare le bizze e vendicarmi. Ma dove vivono? Con chi credono di avere a che fare?”

 

Trova, infine, l’ultimo messaggio di Giovanni a Giuseppe “Ce l’ho fatta. Mi trasferiranno a Milano e mi hanno promesso che non diranno che l’ho chiesto io, ma che è stata una scelta dell’azienda. Prendere o lasciare.

Non accetta che Giovanni, pur di liberarsi di lei, sia capace di scappare lontano. Non si ritrova nella donna pericolosa, come lui la vuole vedere. 

Giulia sente che le bruciano le guance, forse per orgoglio ferito, senz’altro per la collera. Si sente invasa da una disperazione senza fine. Si siede sul divano. Forse passa un’ora avvilita in silenzio, poi, le attraversa la mente un pensiero: “Giovanni non è l’uomo che amavo. Recitava solo una parte. Lo so che soffrirò per l’umiliazione, per l’ennesima illusione, ma passerà come tutte le altre sofferenze per qualcuno.” 

A queste parole comincia a tranquillizzarsi. Sente ancora il dolore allo stomaco, il bruciore al volto, ma si rende conto che il distacco da Giovanni è già in atto. Quello che ha scoperto è stato imprevedibile e in qualche modo violento, ma proprio per questo motivo l’ha fatta reagire subito in modo molto rapido. Si sente come se fosse stata investita da un’auto, dolorante, quasi spaventata, ma sa anche che da sempre ha imparato ad affrontare le difficoltà e che proprio in questi momenti riesce a ritrovare in sé delle energie inaspettate. 

 

     Comincia a riflettere. E’ come se, improvvisamente, ci fosse solo lei. Lui è sempre più sullo sfondo. 

Lo so che dentro di me ci sono due anime: una determinata e l’altra che ha voglia di abbandonarsi. Se non avessi  incontrato chi nella vita mi ha ferito, probabilmente sarei rimasta a godere il sole, il mare. Senz’altro ho fatto carriera, anche per reagire in modo volitivo a chi mi contrastava. Quando qualcuno mi vuole fare fuori, automaticamente scatta sempre la mia parte guerriera.”

Si guarda d’intorno e quel salotto, in cui hanno condiviso tanti momenti d’intimità, perde il suo abituale senso di calore e diventa uno spazio stretto, angusto ed estraneo. Alcuni oggetti, addirittura, le appaiono finalmente brutti come sono sempre stati. Si rende conto che è come se non fosse più in quella stanza, ma già nel suo futuro. “Probabilmente è giunto il momento di accettare l’invito a lavorare con quell’azienda che da anni mi chiede di collaborare. Ho voglia di cambiare aria, gente, città, forse anche paese!

Si affaccia  di nuovo alla camera, lo guarda e, in preda ad una profonda collera, torna in salotto, diretta verso la mensola dove Giovanni tiene la sua collezione di automobiline. Prende quella che lui ama di più e con decisione stacca una portiera. Mette tutto sul tavolo assieme al cellulare. 

Si  veste velocemente, prende la sua borsa e se ne va via in silenzio, sapendo che non lo vorrà più vedere. 


Ismi e Aforismi

 

L’egocentrismo

 

Senza se e senza ma, 

senza tu e senza voi. 


 

Il protagonismo da  prima donna

 

Uomini e donne 

che non sopportano 

di essere secondi

a nessuno

e non tollerano 

i primi. 



Moralismo

 

Col moralismo non si governa,

non si risolvono i problemi,

ma senz’altro si passa un po’ di tempo

al bar, al mare, in salotto, davanti alla TV.