Due parole scritte piano
Per la leggerezza del contenuto nullo
Per il sentimento che non prende.
Stasera è sera di ricordi e di beoni
Che si passano la bottiglia l’un l’altro
Sorseggiando avidamente l’oro liquido.
Stasera è sera di rimpianti
E colori vecchi per quadri nuovi
Appostati lungo le parte di panna
Di nuvole passeggere.
Leggere ma piene anch’esse di parole.
La madre è vecchia
La figlia lo sta diventando
Non è frutto e fiore per la vita
È smembramento di leggende
E storie che non hanno avuto seguito.
La madre è carne che ha morso la vita
La figlia è riparo che non è stato chiesto
E per lei tutto si sottolineerà
Per gli anni a venire
Nella sterilità
Di un bambino mai nato. Bambino di pietra.
Quel tiglio odoroso, che tante volte
Ci vide vicini, ha cent’anni
Sotto passa un fiume in piena
Rigoglioso di idee in chi guarda e di
Sassi gettati.
E’ un angolo che mistifica gli orgogli
Più incalliti
E ti fa pensare ai giochi lontani
Di quando si era bambini con le gote rosse
Che scavavamo le tane
per gli spiccioli guadagnati.
Ormai cent’anni sono una vita
Che domina i cieli più presuntuosi
E li fa passare sotto nuvoloni carichi di pioggia,
senza sole e con venti maestri,
che portano brume dal nord
per noi che malcontenti viviamo al Sud.
Mamma non ti adirare
Se lo spettacolo della vita
Non è stato proprio quello
Che aspettavi.
Tu aspettavi grandi valichi
E fiumi rettilinei
Dove dormire con gli angeli in fila.
Non è andata proprio cosi
E tu non ti adirare
Il cielo plumbeo a volte riserva sorprese durature,
ma tu non smettere di pregare, come sempre fai,
perché lo spirito di Dio, la Provvidenza,
sono inconcepibili
dalla nostra mente limitata
e possono farti cantare tante cose belle
che più non speravi.
Sono una donna:
Diana cacciatrice
e quel lieve pallore sta
agli occhi di castagna
come un livido
perdita di sangue
vita si fertilizza
ventre che custodisce.
Sono una donna:
dea bendata
amore che ti feci mio
sensibilità come una croce
fragilità che nasconde frutti.
Sono una donna, donna qualunque,
E se mi vorrai amare
Berrò ancora l’ambrosia ed il suo nettare.
Lo specchio è lontano
Il clima di mezzanotte
Apre il plenilunio di luna
Luna cos’hai da dirmi se ti vedo
Mia gemella?: rotonda e bianca.
Il sole batterà forte domani
Domani sarà ancora
Un giorno di luce piena
Con le mie iridi stanche
E gli occhiali da sole
Pressappoco inutili.
La notte calma
Fa finta di passeggiare
Entro i castelli di sabbia
E mi accorgo che sono al mare
Lontano cento kilometri da casa.
Sono in uno specchio lontano.
A tutti quelli che si devono inventare
La vita per non cadere nel baratro
Della depressione.
Ti guardi intorno e non c’è che dire
soprattutto con chi parlare.
Le amiche tutte sistemate
Hanno dimenticato il tuo nome,
soprattutto in questa epoca di covid.
La vita da inventare ha poche
Cose spoglie da inventare
Ma se la solitudine
Ha preso il sopravvento
C’è solo il vento che ulula ricordi
A plagiarti il cuore e le magagne della neve
Nel tuo sangue di ghiaccio
Ma ancora in nessun libro
Hai letto la parola fine.
Mi guardava con gli occhi inquieti
Il resoconto di una gran voglia
Di corpi uniti, allacciati fino a formare un tutt’uno
Era il languore di ardenti cuori
che esprimono poesia ed amore
E liturgicamente era una gran voglia
di sposarsi allo sbaraglio.
Ma il fato è crudele
Ti fece soldato di ventura
Senza più ritorno
Si fa questo per la patria
Sorpassando le storie individuali di ognuno.
Fu così che rimasi ad aspettarti per una vita
e persi definitivamente il sorriso dalle labbra,
quello di una volta bello e sincero.
Ora che ritorno:
ho fatto una viaggio avanti tempo:
tempo sbagliato della malattia
e sono incerta su che proporre
per alterare i messaggi massacranti
del mio inconscio.
Ad est nel giardino di una casa, dove alloggio,
Si sparano alle cimici e si crescono le rose
Ma l’io fasullo che giace sul mio senso cadente
Sterile ed incerto ha mille echi di spilli
Che pungono ancora e sempre
Il mio cuore interessato
Alle fiere condotte, alla tua somma cultura,
Ed ad un addio di botto
Dopo che piansi tanto, tanto da rivolermi bene.