Franca Pogliano

Poesie


Donne

Ovunque siano
e a qualunque popolo appartengano,
sono la forza dell’umanità.

Molte, costrette nel loro harem
a guardare un angolino di mondo
attraverso grate arabescate,
si fondono quasi in un unico corpo
che palpita e prova emozioni
al ritmo di un solo cuore;

altre, mute e fedeli schiave,
scoprono soltanto la fronte e gli occhi…:
occhi tristi, profondi, bellissimi
che nascondono chissà quali gioie o angosce;
e i corpi, sorgenti di vita,
celati e castigati in lunghi abiti neri.

Altre ancora, portando con sé creature senza nutrimento,
sono diventate instancabili camminatrici
alla ricerca di acqua e cibo
in un deserto che
offre soltanto arsura e miseria.

E poi le infaticabili lavoratrici
dagli occhi a mandorla
e le schiene spezzate
per aver raccolto sempre riso
o tracciato infiniti solchi con l’aratro…

Altre, forse troppe,
pur consumando la vita
dietro le sbarre di una cella,
continuano ad urlare
la loro disperazione,
il loro odio
oppure il loro amore per un mondo
che non vuole più offrire speranza:
ma sono vive e continuano
ad avere la forza per lottare.

Persino le lucciole
hanno un’anima;
ma, spesso, tutti ce ne dimentichiamo,
considerandole oggetti da mercato:
anche loro lottano per vivere,
magari per trovare l’amore.

Esistono ancora delle splendide
custodi della casa:
anch’esse, dolci e delicate,
portano avanti le loro battaglie
per l’educazione dei figli,
per l’unità della famiglia,
per la vita.

Questi esseri fantastici,
modelli infiniti di creature
all’occorrenza poliedriche,
magnifiche e misteriose,
sono DONNE:
salde come rocce,
fragili come i petali
di un bocciolo di rosa
fresco di rugiada.

 


 

Il mare d’inverno

La solitudine
del mare d’inverno,
la calma piatta della spiaggia
sul calar della sera
mi avvicinano
al respiro della Terra e
all’armonia della Natura:
bastano pochi attimi
di contemplazione
per essere Zen,
per toccare la felicità,
per provare il dolce calore
della serenità.

 


 

L’isola (di Bergeggi)

Mi fermo sulla costa
ad osservarla:
ecco l’isola,
scoglio solitario
dove i gabbiani vigilano
i resti di un piccolo monastero,
testimone di un antico passato,
inghiottito dalla macchia mediterranea
che sembra radicare
la pietra al mare,
dove il corallo è tornato
a popolare il fondale,
custode di un relitto
a lungo ricercato.
E’ questo il miracolo
dell’isola:
la vita che si rigenera,
i profumi mediterranei
nell’aria salina,
il mare blu
che schiuma sulla roccia,
scavando ripari per gli uccelli.
Un’armonia di luci e colori
racchiusi in uno scrigno
da scoprire.

 


 

Mediterraneo

Dov’è finita
l’anima del Mediterraneo
cullata
dal canto delle sirene?
Dov’è finita l’eco
del Mediterraneo,
sorgente di civiltà
e di commerci?
Odo soltanto
l’urlo buio di dolore
di un mare che
ha paura;
le voci disperate
di uomini stremati che
non riescono più a sognare:
come se Nettuno,
vigile custode dell’abisso,
gridasse dal suo antro profondo
l’ira funesta
per le sue acque
ridotte a crocevia di morte.
E con lui, dagli antri terrestri
disseminati lungo le coste,
i suoi figli, i Ciclopi,
divenuti testimoni
del genocidio
di migliaia di uomini.

 


 

Alla piccola “matrioska”

Abbiamo volato
su montagne e pianure
per cercare un piccolo fiore,
assai raro,
che era già sbocciato,
era stato raccolto e custodito
poi dimenticato
come fosse una cosa vecchia,
un giocattolo rotto
che non diverte più.

Ma quel piccolo fiore,
dapprima solo con il pensiero,
è stato nutrito;
alla vecchia cosa
è stata tolta la polvere;
al giocattolo rotto
è stata sostituita la molla
e la vita ha ripreso
la sua corsa sfrenata
come un treno ad alta velocità
su un binario lucente.

 


 

Amica mia

Come una lucciola
che non può nascondere
la sua luce
nemmeno nel folto della foresta,
Tu,
amica mia,
neppure nella sofferenza
puoi cancellare
il Tuo sorriso,
la Tua gioia di vivere:
i Tuoi due doni preziosi
che lo sguardo
e le parole
comunicano a tutti.
E sono gli occhi,
dorati come quelli
di una leonessa nella savana,
a sprigionare
la forza vitale e
quel bagliore intenso
che non puoi celare.

 


 

Borgio E Verezzi

Borgio:
riaffiorano ricordi di gioventù
camminando sull’arenile…
Sono le onde,
che riportano le immagini
mentre la brezza
cattura i suoni del borgo
conosciuti dall’infanzia…

Verezzi:
groviglio di case di pietra,
giochi di luci e ombre,
di voci narranti
tra gli intrecci di viuzze
che conducono a scorci mozzafiato…

Due cuori pulsanti all’unisono,
una sola anima.

 


 

Emozioni ad alta quota

Silenzi e spazi immensi
avvolgono la mente
e fanno volare l’anima
su, per le creste aguzze:
soltanto ronzii d’api
e fruscii di vento
interrompono il canto della natura…
E il desiderio di annullarsi
in quell’eternità incontaminata
prende il sopravvento
su ogni cosa,
persino sull’amore.

 


 

I colori della vita

Nei colori
dei campi di Provenza
ho rivisto
i momenti della mia esistenza:
nella purezza del bianco
delle erbe selvatiche c’è
il candore della fanciullezza;
nel giallo dei girasoli
la leggerezza dei mille voli
di una farfalla curiosa,
come un’adolescente alla ricerca
del nettare della vita.
Poi c’è il verde dei prati:
la speranza dei grandi sogni innati…
Ma il viola della lavanda,
che diffonde nell’aria
il suo intenso profumo
di piccolo arbusto
legato alla terra,
si estende a grandi macchie
e mi ricorda
il dolore forte,
le ferite della quotidianità del vivere,
la sofferenza di chi non ha nulla,
l’affanno della depressione.
Al di sopra, l’azzurro del cielo
mitiga il pensiero negativo
e ricuce i fotogrammi di un film
dal finale incognito.

 


 

Impressioni all’alba

Vedo scomparire
nelle tenui brume del mattino
l’ultima stella e
scopro di essere immensamente
felice.
Tutta la natura
nella campagna ovattata
sembra sorridermi e
le piante,
celate ancora nella fioca luce
delle tenebre,
intrecciando i rami già spogli,
paiono intonare un inno gioioso.
Su una collina,
un albero solitario,
dalla chioma ancora ridondante
scossa da una brezza leggera,
pare annuire al mio brivido
di felicità.

 


 

La doppia faccia della luna

La Luna
con i suoi grandi occhi tondi,
la bocca delicata
ed il contorno ben definito
è simile ad un grande specchio fatato
con cui ci interroghiamo,
alla sera,
quando la signora
tinge d’argento le onde del mare,
quando siamo cullati
dal silenzio profondo
che ci avvolge misteriosamente.
Ma nel suo sguardo,
a volte troppo sornione,
a volte assai melanconico,
scorgo il bene
e il male dell’umanità.
E nella sua luce
che rischiara la notte,
colgo il richiamo alla serenità,
alla pace,
nell’attesa di un nuovo giorno.

 


 

Mare

Ti conosco, mare,
compagno indisgiungibile
del mio cuore.
Io nuoto in Te
come un bianco squalo
e Tu vivi solo
dentro di me, mare,
culla di civiltà antichissime,
specchio d’argento
che rifletti
la luna calante e nascente.
Correndo sul bagnasciuga,
libera dagli affanni quotidiani,
Ti sfioro
come un uccello pescatore,
come un grigio gabbiano
in cerca dell’onda perfetta.
Gli spruzzi schiumosi
delle Tue onde
mi trasmettono
la Tua energia vitale
e la forza di proseguire
la corsa della vita,
proprio come il Tuo moto
incessante.

 


 

Palme liguri

Alberi svuotati,
senza rami,
senza chioma fluente;
ridotti a pali di legno
insignificanti, dritti:
bucano l’azzurro del cielo
come croci mozzate
dando alla costa
un aspetto spettrale,
di inconsueto abbandono.
Alberi senza identità,
violati da un insetto
che ha corroso il loro cuore:
anime morte
non più silenziose sentinelle
della riviera
ma scheletri lignei
a cui è stata
rubata la storia.

 


 

Prima che…

Prima che il mare
diventi viola
perché mancherà l’ossigeno
all’acqua.
Prima che le piogge acide
secchino tutte le fronde
del pianeta
e pieghino i tronchi
in un pianto silenzioso.
Prima che le polveri assassine
ingrigiscano il cielo,
facendo respirare ai vivi
solo tristezza.
Prima che degli ordigni maligni
spargano ovunque
distruzione e
morte…
Voglio ancora urlare
il mio dolore,
talmente forte
che la Natura lo avverta,
sperando che gli arcobaleni
tornino a dipingere
il cielo delle città
con i colori della Vita.