Francesca Nacca - Poesie

I.

Se fosse tutto sbagliato (e forse lo è)
nulla rifarei del mio passato:
cullerei quello spiritello malaticcio
lo nutrirei di versi
affinché possa comporne di suoi
e vivrei d’arte per sempre

con due soldi di passato
e uno d’avvenire.

Se fosse tutto sbagliato (e vorrei che lo fosse)
uscirei da questa vita
per entrare nella mia.
Mi scuserebbe mia madre
perché mi vedrebbe felice,
mi scuserei persino io
per tutto il tempo che ho perduto
a non far giocar parole e errori.

Voglio vivere d’inchiostro
di paure scritte e lette
su fogli caldi ed accoglienti
voglio dormire la mia vita.


II.

 

Saranno dieci,

forse meno

vecchi volti stanchi

giovani e stanchi

belli e stanchi

e brutti

 

Il tavolo all’aperto

di un bar di periferia.

 

La ragazza triste

triste e volgare

porca e triste

e spenta

e tanta e sfatta

che serve da bere e da

leccare.

 

Ti va di entrare

fragile bambina in cachemire e Monet?


III.

 

Quando fuggo da me

guardo:

 

quell’albero che abbraccia il cielo

quello che vi si scaglia contro

quello che vi entra dentro

quello che lo sorregge

quello che se ne protegge,

curvo.

 

Quell’altro che lo carezza

crepando il suo azzurro,

quello che vi si insinua,

ingordo.

 

Quando fuggo da me

mi accoglie sempre l’arte.

Mi prende la mano

 

mi riporta a casa.


IV.Comignoli

 

Inverno.

Il fumo bianco

nel cielo grigio.

E’ l’alito di vite

attente, operose

e stanche.

Le carte e il vino,

la poesia dei vecchi e i giochi dei bambini

soffiano vivi

scaldando il freddo.

 

Tutto tace e io vedo un abbraccio.

Del fumo bianco

al cielo grigio.

D’inverno.


V.Condanna borghese

 

La sua collana di banconote

da lustrare davanti a specchi

deformanti

non si romperà.

 

Non tintinneranno piccole biglie

rotolando sulla sabbia di spiagge

private.

 

Perché la musica assordante

dei suoi party annegherà

la melodia di ogni pensiero,

di ogni dolce nota,

di tutte le parole

vere.

 

E mentre muove il suo

finto

corpo perfetto, inchiodando la sua

non anima all’illusione di un eterno presente,

l’arte non lo salva.

 

L’arte non lo perdonerà.


 

VI.

 

La vita è tutta negli occhi di un vecchio

dall’altra parte della scala mobile

 

Mio nonno è quegli occhi

che incrociano i miei

 

Io sono la donna

che quel vecchio ha amato

e perduto

 

La vita è tutta negli occhi miei

dall’altra parte della scala mobile


 

VII.

 

Occhi neri d’ossidiana

accolgono l’invito.

Salgono.

Si chiudono lenti,

si aprono stanchi.

Paghi il tuo conto

ad una puttana sbiadita.

 

Il vecchio cane acciambellato

sulla poltrona sgualcita

non sente più rientrare.

Occhi piccole nocciole

declinano l’amore.

Solleva il muso e lo posa piano

sonnecchiando al calore

di una stufa.


VIII. Come Elstir

 

Una poesia è un pezzetto di

muro giallo

in un quadro di Vermeer.

Che non vedi

te ne penti

e ritorni.

 

Come Elstir.


IX.

 

Genova.

La marcia avanza,

ma la gente canta.

La marcia squarcia,

ma la gente canta.

  • Hanno dimenticato tutto –

piange la vecchietta

e raggomitola il cuore.

 

La gente canta.

Canta.

Ancora.

 

La marcia non uccide,

perché la gente canta.

 

Che canti.

Ancora.


X.

 

Cadute disperate

e voli di tacchino

e inciampi in fango e polvere

di macerie di

 

castelli incantati.

Profumi di fantasmi:

 

l’altalena della vita

 

ancora la culla

mio nonno.