Francesco Brancato - Poesie

Amor fugace

 

Fugace fu l’amor, seppur onesto e

puro,

clessidra, ove fuggia veloce la sua

sabbia.  

Passato è il tempo, con esso pur

la rabbia,

ora che poso il guardo all’apparir

sicuro.

 

Rimembro ancora del dì l’alacre

lampo,

ancor la speme, la meraviglia

accolta,

trovai l’amor, la gioia della prima

volta,

fu il rinverdir di piante e rose  in seno

al campo.  

 

Madre Natura a te io mi rivolgo,

per rischiarir dai dubbi la mia

mente.

Fa che il mio pianto, l’Universo

sente,

fa che la luce, il suon, la quiete,

io accolgo!

 

Dimmi, o mia Natura cara:

perché del bello dai la breve

vita? Or non ti appaga vederne la

ferita?

Perché poi resta una stagione

amara?

 

E le vestigie, e l’orme, e la tua

calla,

fan dell’effimero il metro di

bellezza.

Poggi la mano a volgere

carezza,

al breve volo, leggiadro di

farfalla.

 

O mia Natura che dai al cielo

il sole,

del tuo far lieto io sempre mi

stupisco,

ché dura breve il fiore

dell’ibisco,

ma so brami il  ben della

tua prole!


 

Liberazione e Libertà

 

Come potrei, anima mesta e ignara,

scoprire il volto di quell’Italia cara?

L’inclito giorno della Liberazione,

quando la Patria lasciò la sua prigione?

 

Grondava sangue la Patria servile,     

fino quel dì del venticinque aprile.

Quella ferita larga che s’apriva,

guarì in seno alla libertà collettiva!

 

La Libertà, retaggio di gran lotta,

c’è giunta a noi ad indicar la rotta,

e nel gran mare dalle vestige forme,

penso che noi abbiam perso le orme.

 

Cos’è rimasto di quell’aspra conquista?

C’è l’euforia, l’idea a prima vista!

Un’astrazione, la grande illusione,

solo l’idea di una sua invenzione.

 

La libertà sfrenata è anarchia,

l’algido covo di truce tirannia.

Dobbiam tornare a disegnar la storia,

gettar la luce, al sogno, alla  memoria!

 

La libertà nasce dentro anime pure,

liber d’invidia, rabbia e paure.  

Guardarsi dentro è la cosa migliore,

per non cadere a perpetrar l’errore.  

 

La libertà è canto di bel cigno,

verginità d’immacolato giglio,

dolce respiro, leggero d’una brezza,

la libertà è pura e semplice carezza!

 

La libertà è una poesia ispirata:

nasce dal cuor, non è mai insegnata,

nasce dal vento, sussurra le parole,

è tutto e niente, è luce d’un gran sole!

 

La libertà si vive, non s’invoca,

non è mai tanta, non è neppure poca.

E’ puro estro, magia e fantasia,

è l’invenzione più bella che ci sia!


Oleandro d’aprile

 

M’affaccio dal balcone

per rimirarti ancora,

come ogni stagione,

all’alba di buon’ora.

 

Dolce allusion di vita,

nel tempo che perdura,

mi mostri la ferita

dell’empia potatura.

 

O mio oleandro caro,

nella stagione bruma,

versasti il pianto amaro,

per freddo che consuma.

 

Passata è la stagione

di nebbia color latte,

libera è la prigione

delle le tue verdi fratte.

 

Or della tua ferita

vorrei prendermi cura,

ma sappi che è servita

per folta fioritura!

 

E scorgo i tuoi bacilli,

le lanceolate foglie,

i verdi verticilli,

i fiorellin alle soglie.

 

Poi un sospir di vento,

nel cuor greve sussulto,

un ciel color d’argento,

nel petto un gran tumulto!

 

E’ il temporal che s’alza,

piogerellin d’aprile,

un lampo che rimbalza

finendo in un fienile.

 

O mia amata pianta,

di florida coltura,

non v’è pianta che vanta,

tua lunga fioritura!

 

Adoro la tua anima pura,

l’adoro con anima rapita,

chè frutto di potatura:

e’ una lezion di Vita!


 

La tempesta

 

E ti incontrai stamani

tempesta furibonda.

In cielo alzai le mani

tra l’acqua iraconda!

 

Il vento era furioso,

di rabbia mai placata,

io l’affrontai curioso

con l’anima pacata.

 

Sbattevan le serrande

con ticchettio sonante,

e senza far domande

io l’ascoltai sognante.

 

Quel ciel, tetro colore

spargea giù il suo pianto,

posato sopra un fiore

ad abbellirne il manto.

 

Ho ascoltato il vento,

accolto le parole:

spazzato fu il tormento

d’un cuore che mi duole.

 

Capii l’empia violenza

del grosso acquazzone:

provò la mia pazienza,

spazzò la delusione.

 

Bufera ch’ orma cancella,

che spezza gli ombrelloni,

per me fu come ancella,

d’incliti annunciazioni.

 

Così era quell’olmo

che perse le sue fronde,

ora che d’acqua è colmo,

radici ha più profonde!



Sento…dunque scrivo

 

Ho un foglio qui davanti

che libera il mio sogno,

di quello che ho bisogno,

per dar forma al dolor.

 

Quel foglio, ancora bianco,

è zeppo di emozioni,

paure e sensazioni,

di fulgido calor.

 

S’ adagian le parole

sul foglio delicato,

disegni di broccato,

facella di splendor.

 

Lo sento che sussurra,

al cuore le parole,

su ali d’aquilone

nel ciel, azzurro color.

 

Quel foglio è la salvezza

di grato salvagente,

che libera la mente,

dal suo mesto livor.

 

Non son più prigioniero

d’un sogno rattrappito,

del mistico infinito,

che porto dentro il cuor!

 

In quel velo di carta

c’è dentro un po’ di vita,

sostanza mai svanita,

privata dal rancor.

 

Se riesci poi a sentire,

entrar nell’irto meato,

allor sarai beato,

con l’animo in fervor.

 

Adesso che il mio foglio

ha preso la sua via,

diventa poesia,

s’espande col suo amor!



Vigilia di Natale

 

Di gioventù, ch’io rimembro

i fasti,

dei giorni lieti, d’innanzi al

bel Natale,

solo ricordi ormai mi son

rimasti,

d’un gaio giorno per una età

gioviale.

 

Com’era dolce tenere in cor

l’attesa,

del Santo evento del bambin

divino,

contavo i giorni davanti a la

sorpresa,

dolce vagito di Gesù

Bambino!

 

Or che di anni ne son passati

tanti,

il cuor mi duole nel triste

constatare,

che già da tempo sono spariti

i santi,

è pure vuoto il cuore

dell’altare!

 

L’attesa perì, nella pazzia

più truce,

di far denaro ovunque ad

ogni costo,

l’umano cuor non trova la sua

luce,

l’avidità, del buio ha preso il

posto!

Come facciamo a diventar

sereni,

se non torniamo ad essere

bambini?

Del sol donar dobbiamo essere

fieri,

di gentilezza e amor che son

divini.



Nel mio rifugio

 

C’è un posto del mio cuor ch’e’ il mio rifugio,

la zona d’un angolo vitale.

D’entrare io voglio senza indugio,

per ritrovar la pace senza il male.

 

Non voglio entrarci per difesa,

ma solo per cercare protezione.

Difendersi è entrarci con l’offesa,

proteggersi è la pura accettazione.

 

Difendersi vuol dire entrare con l’arma,

sentir il pericolo in agguato.

Proteggersi è riprendersi la calma,

dei giorni di quando abbiam sbagliato.

 

Trovare rifugio dentro il nostro cuore,

comporta la resa più assoluta.

Sentire il silenzio oltre il rumore,

saper che l’Universo inter ci aiuta.

 

Quando la tempesta ci ci attraversa,

e siamo in preda alla truce paura,

sentiam che la speranza non è persa,

pensando al pio rifugio come cura.

 

Trovo rifugio nell’asciarmi andare,

quando attraverso il mistico imprevisto,

quando la mente è stanca del suo fare,

e vuole lasciare ciò che ha già visto.

 

Vorrei restar nell’angolo mio caro,

per riscoprir la mia vera natura,

per liberarmi di quel pianto amaro,

per ritrovar l’ essenza mia più pura!


 

Questa notte

 

Che far di questa notte,

notte di piena luna?

Riempirla di colori,

come san far le stelle!

Svuotar la mente colma,

senza lasciar lacuna,

e far parlar il cuore di

cose assai più belle!

 

La luna che dall’alto, giù

punta come un faro,

e guida col chiaror

il passo del viandante,

promette la certezza

di un suo cammino caro,

con luce che si alza, con

luce che s’espande.

 

Che far di questa notte,

se hai tristezza in core?

Sei come una barca,

davanti un grande muro,

e il marinar che rema

in seno al suo dolore,

in cerca d’un  riparo,

d’un porto più sicuro.

 

Se vuoi abbracciar la

notte ed essere sereno,

dimentica del giorno

e il chiasso che diffonde.

Lascia cader  il passato

e trova il tempo pieno,

come sa fare il mare

formando nuove onde!



La sfida  

 

Sfida è seme che buca

la zolla di terra, e preme

per diventare una florida

pianta. Germoglio che rompe

la coltre di neve.   

 

Sfida è luce d’un alba che cresce,

s’affaccia un po’ timida, ma dopo

s’allarga a inghiottire la notte,

schiarendo ogni dubbio col sole

danzante.

Sfida è salto nel vuoto di

teneri amanti di vita

sognanti, seppur ignorando

le sorti del tempo che spinge

in avanti.

 

Sfida è onda solerte di mare,

infranta perpetua su scoglio

gigante che cede ogni giorno

frammenti di roccia. A fine

dell’opra s’allegra e s’adagia.

 

Sfida è tenace speranza di

chi del suo male non si duole,

ma vede oltre il buio la luce

che danza! Felice promessa

mai stanca.

 

Sfida è caldo tepore nel cuore

quando fuori imperversa la

fredda tormenta. E tu l’attraversi

sotto una pioggia che bagna

soltanto la pelle! Dolce vittoria

che s’alza e trionfa!



Quando la solitudo giunge

 

Nelle secrete vie d’animo mio,

quando la solitudo giunge,

silenziosa e quieta, col cuor

legger l’accolgo: m’appago

del suo gentil venire!

 

Signora, d’assai prudente garbo,

non sa che mette paura. Perché

sovente è accolta come una

dama scura! Così ella s’attrista

d’inappropriata fama.

 

Quando la solitudo giunge,

col passo suo leggero, t’accorgi

che è arrivata perché non sei

più sola. Ti chiedi cosa porta?

Una silente mente!

 

Nel suo esil venire, non

porta cose nuove ma leva

ciò che non serve. Così che

puoi sentir nel mondo il

suo chiaro silenzio.

 

Poi toglie i rumori di un’

inquieta mente, così tu

puoi trovar la pace più

intensa. Un cuor di

palpitante amore.

 

In chi va comparando la

più mesta tristezza con te

o pia signora, vorrei dir

che sbaglia, che non è mai

nel vero.

 

A te è dato dono di fonte

d’ampio estro che nutre ogni

artista nel suo creare lesto.

Sorgente di gran mare con

onde assai lucenti.

 

Quando la solitudo giunge,

non che tu l’hai cercata,

e lei che t’ha raggiunto

come dolce cascata.