Francesco Pasqual - Poesie

Come la prima volta

 

Lo so, domani ti rivedrò ancora…

saremo soli, sicuri e fermi su di noi

come quando gl’inverni gravavano sui colori.

Il tuo sguardo nei miei occhi

mi dirà ancora una volta, la chiarità

dove tu sentisti l’infinito della mia vita.

L’oscurità che ci negò più lunghi incontri

resterà – ora che ti penso sempre più vicina –

oltre l’incanto della tua fronte

e oltre la dolcissima grazia del tuo riso;

rutilante, la fiamma della mia infanzia

al vasto cielo della memoria,

ruberà alla verginità del mistero

un nuovo cammino, un passo ancora…

 

Miraggi per cui fummo noi.

Sogni per cui fummo folli l’uno dell’altra.

La vita è fuggita via attraverso i tuoi occhi,

la vita è scivolata via dalle tue candide mani

che tremando tracciarono eterni profili.

 

Stanco d’aver sofferto la sua perdita,

stanco d’aver perso tempo nella sofferenza

– ora che la penso sempre più vicina –

altre luci mi diranno com’essa le sentì

sopra l’ignoto che c’incalza, ancora

ancora una volta, come la prima volta.

 

Lo so, domani ti rivedrò ancora

saremo soli, fermi e sicuri su di noi

ancora una volta, come la prima volta…

 


Di quando in quando

 

Di quando in quando

riecheggiano immagini di chi non c’è più…

una musica ch’ondeggia lenta tra sorrisi infranti

che si perdono incessanti,

e il chiarore d’una memoria oramai lontana.

Il tempo se n’è andato ancora una volta

lasciando tracce d’istanti che non sanno dire…

e il tempo che ancora non esiste

è già dove vorremmo essere.

 

Cadendo nel buio rincorro il tuo inafferrabile volto

tra le rosee vele d’un sogno

balenato nella fitta nebbia della coscienza;

Ricordo, tu sei corpo della mia stessa assenza…

Ti ritrovo solo in quella foto, lontana

dispersa marea in colori di seppia,

il triste canto di una breve carezza lasciato nell’aria,

un giglio azzurro, appassito

tra le dolenti pieghe del domani.

 

Quanto dolore può avere ancora le sue ore

senza la brezza di un risveglio? Amore,

quanto amore rubato ad ogni mia gioia…

Quante voci sussurreranno ancora nel buio

per uccidere il silenzio dei rimpianti? Buio

 

son io, che cerco di portare questo mio ricordo

più vicino all’armonia, sai, del nostro essere stati:

perché un mare di paure mi bagna

con un continuo rifrangersi d’onde tra le cavità dell’anima,

perché troppo denso è il silenzio che mi parla, mi chiama

ogni notte, pronunciando solamente il tuo nome;

 

 

chiome, due voci sonore tra la voce del cielo

che si rincorrono per portare a terra un po’ d’azzurro…

 

e il sentiero che sentirà ancora il mio cammino

sarà una musica che non saprò mai ascoltare,

un ramo secco spezzato dal vento,

un sorriso innocente, lontano, tra fiocchi di neve,

perché non fu abbastanza la nostra vita, fu breve;

 

e le foglie di questi o d’altri rami

tremeranno per tutti i nostri sospiri,

per le parole i passi che s’uniranno ancora

al leggero soffio dell’esistere…


 

É nel tuo ricordo

 

É nel tuo ricordo che li osservo.

Li osservo nelle fragili vene

della loro stanchezza forzata,

nell’inverno dei loro capelli raccolti

cercando un calore disperso.

 

Tante le parole sussurrate, le carezze

posate sul manto di un tempo

che li segna lentamente, lentamente

piega le ginocchia malferme

verso un sostegno momentaneo

che, anche all’umile coscienza

non può che apparire estraneo.

 

Nel breve volto di sereni luoghi

riposano i rugosi affanni, frustati

dalle rimembranze di un mendico passato.

Quanti miseri oggetti resi tesoro

da queste esili mani tremanti,

da un fazzoletto intriso di lamenti

a un porta pillole liso nel decoro.

 

Io vorrei, in quegli occhi umidi

dell’opaca primavera, ritrovare i segni

d’una forza antica, far rimorire

gesti e spine custoditi dal passato

a germogliare senza alcuna fissità.

 

Ti so presente mia assente verità,

ti rivedo con occhi del cuore, ti sanno

vicina le ansie precoci dei momenti affiorati.

E se nell’eco di questo specchio, potessero

altre parole riempire l’aria ai precipizi

inviolati, soffiare le perdute dolcezze tue

su questa vita,che non paga mai…


 Irripetibili trasparenze

 

É così che t’appartiene quest’amore.

Un tocco fugace,

– una pennellata aspra e tagliente –

quegli occhi azzurri, impenetrabili,

gettati con veemenza

sul dolce inganno del mondo.

L’eterna luce non  muore in quel che vediamo…

 

L’intrecciarsi di verticali promesse

è il tuo essere, dov’entra l’amore

qualora tu fossi, ancora,

il cristallo per la nostra nascita futura;

“Sempre e per Sempre”

la favola prossima per chi ti ama.

Senza nulla capire

sarà il tempo dei ritorni…

 

Esiste una ragione a tutto questo.

Un raggio d’argento si stacca dall’orizzonte.

Le note vibrano trasportate dal vento.

Le stelle sanno il profumo degl’incontri.

L’onda e il bacio scrosciano nel buio,

e le lacrime,

le lacrime rompono il silenzio della voce,

e quel dolore passato

che piange nel presente, ora

si fa carne viva e nuda per la tua venuta.

 

Il tempo: un fuggevole cenno del vivere.

É un’unica scrittura l’infanzia,

un fluire di tinte sempre nuove

– irripetibili trasparenze –

da dover stringere a lungo tra di noi.

Lentamente

ci guarderemo ci ascolteremo ci baceremo

e saremo salvi…


 

La tua voce la mia voce

 

La mia luce profonda

e quella ritrovata,

la mia vita passata

e quella da vivere;

tutto il mio essere

difronte il tuo essere

qualcosa di oltre…

Lascia i ricordi di noi stessi

tra le mani di altri noi stessi.

Senza materia, senza forma

leviamoci dalla terra al cielo,

viviamo nell’aria

– istanti eterni –

per sentirci aria;

cerchiamo in altezza

luci nuove, sconosciute

prossime all’infinito.

Proviamoci ineffabili

come un breve respiro

affidato al vento,

libero e innocente,

sicuro e bisognoso.

Paralleli e identici

ci perderemo nei silenzi,

– la tua voce la mia voce –

per dichiarare l’immenso,

per spengere ogni lamento

tra le fiamme di un crepuscolo.

Tutto sarà un andare lontano

senza sosta, senza domande,

senza perché…

 

 

Volteggiando in alto in basso

ci fermeremo

e poi ripartiremo

come la natura delle nuvole.

Tracceremo linee contorni

in un tremulo cercarsi;

tremeremo lentamente

– foglie sui rami,

guardandoci negli occhi.

Piangeremo anche

stretti stretti

credendo in quelle lacrime.

E poi giù in picchiata

verso il ventre della terra,

tornando a nuova nascita.

Sarà voce d’alba,

sarà sangue, linfa,

mente corpo anima…

profonda luce dirà:  “Aurora”

e nel silenzio assoluto

– la tua voce la mia voce –

barbagli di parole

si chiederanno ancora

improvvisi sulle labbra

il fiore di domani.

 


 L’attimo creduto

         

                  “Vieni” disse una voce,

“Tieni insieme luci ed ombre

e non credere che il mondo sia

nel tuo unico sguardo”;

e in me si svegliò quest’unica verità

che, al tuo occhio ancora non appare.

 

In me sentii ogni percepibile distanza

– a monito –

per le estreme parvenze e,

per l’esigua profondità delle immagini.

L’indicibile mi fu detto

nel turbine creativo che,

proteso l’animo, tende a colmarlo.

Tutto il costruito crolla…

proviamo a ricostruirlo ancora

e crolliamo anche noi.

 

Cos’è che scivola nella realtà che afferri?

Quale domanda eludi per il tuo vivere?

Fermati, chiamami

e chiedimi il suono di quella voce

per l’appello del nostro avvenire…

perché ogni tua gioia sia

in – quell’attimo creduto –

e il vento del mutamento,

non offuschi il tuo respiro…

 


 L’ombra

 

Quando senz’anima

il mio ultimo della voce

si poserà indifeso

– dopo aver amato un amore –

su un petalo di follia,

l’occhio profondo d’un volto passato

mi chiederà ancora

tra le nebbie di un’altro giorno

l’ombra di un Dio…


 Occhi

 

Mi persi in quello sguardo,

nelle vele lontane,

la cresta dell’onda stagliata nell’aria,

il corpo nudo, statuario

nel grembo rigonfio di luce,

un semplice volo nel sospiro del vento,

la voce fragile, poi, delle piccole cose…

 

Ascolto dalle azzurrità del mare

il mio essere indissolubilmente tuo,

quel canto alto che intona melodie,

che colma le mie notti

tra le insenature del cuore.

 

Cos’hanno gli occhi

che non sia parola dell’anima?

Potrei restare, al tocco del sole

come al bagliore della luna

– nell’ultima tua immagine –

perché avvolte Dio

m’ha guardato con i tuoi occhi…


 Più lunga è l’ombra di quand’eri

 

Più lunga è l’ombra di quand’eri, e scure

Le ciglia piangenti salici, sul primo torrente

Di sguardi. Riluce l’involontario legame

Che in te, chiocciava colori d’una farfalla;

 

Alla fonte bevevano i voli, la costante

Brezza dei tuoi occhi verdemare. L’acqua

Delle perenni primavere, scorreva

Ora per ora, sul ricamo muto di dolci labbra;

 

Coricati prima dell’alba, sulla spirale lieve

D’un sogno troppo umano… Malinconia

Nelle cieche poesie di una sola voce, ora

lontana dal mio cuore, la tua fronte luna.

 

Si posò la colomba dalle porte dell’azzurro

Sulla chioma argentea dei tuoi pensieri…

Screziate dal sole le ferite della vita, in te

Che hai liberato altri, dalle ore del tempo.


 Vento dei ritorni

 

…e quella goccia stava ricadendo

lentamente

sulla cresta brillante dell’onda…

 

Ogni incontro rivendica un desiderio,

ogni sogno spogliato dal tempo

il primo ed immutabile sorriso dell’innocenza.

La memoria si perde nell’azzurro,

e nel silenzio, la brezza voluttuosa dell’estate

mi ricorda il tono sicuro della tua voce.

Rivedrò continuamente i tuoi occhi

nella trasparenza d’ogni cosa…

Ricorderò oltre la curva dell’orizzonte

quei teneri momenti d’amore,

quando eravamo a piedi nudi sulla sabbia bagnata

e tuffarsi significava volare…

 

La poesia è una carezza vivente,

mentre nel cuore della poesia sta la mia parola.

 

Credimi, mare tremante d’aurore altissime,

credimi, non c’è giorno

che i ricordi, non ricambino i miei sguardi

perché si ritorna sempre, anche da chi

non ci si è mai allontanati…