Come la prima volta
Lo so, domani ti rivedrò ancora…
saremo soli, sicuri e fermi su di noi
come quando gl’inverni gravavano sui colori.
Il tuo sguardo nei miei occhi
mi dirà ancora una volta, la chiarità
dove tu sentisti l’infinito della mia vita.
L’oscurità che ci negò più lunghi incontri
resterà – ora che ti penso sempre più vicina –
oltre l’incanto della tua fronte
e oltre la dolcissima grazia del tuo riso;
rutilante, la fiamma della mia infanzia
al vasto cielo della memoria,
ruberà alla verginità del mistero
un nuovo cammino, un passo ancora…
Miraggi per cui fummo noi.
Sogni per cui fummo folli l’uno dell’altra.
La vita è fuggita via attraverso i tuoi occhi,
la vita è scivolata via dalle tue candide mani
che tremando tracciarono eterni profili.
Stanco d’aver sofferto la sua perdita,
stanco d’aver perso tempo nella sofferenza
– ora che la penso sempre più vicina –
altre luci mi diranno com’essa le sentì
sopra l’ignoto che c’incalza, ancora
ancora una volta, come la prima volta.
Lo so, domani ti rivedrò ancora
saremo soli, fermi e sicuri su di noi
ancora una volta, come la prima volta…
Di quando in quando
Di quando in quando
riecheggiano immagini di chi non c’è più…
una musica ch’ondeggia lenta tra sorrisi infranti
che si perdono incessanti,
e il chiarore d’una memoria oramai lontana.
Il tempo se n’è andato ancora una volta
lasciando tracce d’istanti che non sanno dire…
e il tempo che ancora non esiste
è già dove vorremmo essere.
Cadendo nel buio rincorro il tuo inafferrabile volto
tra le rosee vele d’un sogno
balenato nella fitta nebbia della coscienza;
Ricordo, tu sei corpo della mia stessa assenza…
Ti ritrovo solo in quella foto, lontana
dispersa marea in colori di seppia,
il triste canto di una breve carezza lasciato nell’aria,
un giglio azzurro, appassito
tra le dolenti pieghe del domani.
Quanto dolore può avere ancora le sue ore
senza la brezza di un risveglio? Amore,
quanto amore rubato ad ogni mia gioia…
Quante voci sussurreranno ancora nel buio
per uccidere il silenzio dei rimpianti? Buio
son io, che cerco di portare questo mio ricordo
più vicino all’armonia, sai, del nostro essere stati:
perché un mare di paure mi bagna
con un continuo rifrangersi d’onde tra le cavità dell’anima,
perché troppo denso è il silenzio che mi parla, mi chiama
ogni notte, pronunciando solamente il tuo nome;
chiome, due voci sonore tra la voce del cielo
che si rincorrono per portare a terra un po’ d’azzurro…
e il sentiero che sentirà ancora il mio cammino
sarà una musica che non saprò mai ascoltare,
un ramo secco spezzato dal vento,
un sorriso innocente, lontano, tra fiocchi di neve,
perché non fu abbastanza la nostra vita, fu breve;
e le foglie di questi o d’altri rami
tremeranno per tutti i nostri sospiri,
per le parole i passi che s’uniranno ancora
al leggero soffio dell’esistere…
É nel tuo ricordo
É nel tuo ricordo che li osservo.
Li osservo nelle fragili vene
della loro stanchezza forzata,
nell’inverno dei loro capelli raccolti
cercando un calore disperso.
Tante le parole sussurrate, le carezze
posate sul manto di un tempo
che li segna lentamente, lentamente
piega le ginocchia malferme
verso un sostegno momentaneo
che, anche all’umile coscienza
non può che apparire estraneo.
Nel breve volto di sereni luoghi
riposano i rugosi affanni, frustati
dalle rimembranze di un mendico passato.
Quanti miseri oggetti resi tesoro
da queste esili mani tremanti,
da un fazzoletto intriso di lamenti
a un porta pillole liso nel decoro.
Io vorrei, in quegli occhi umidi
dell’opaca primavera, ritrovare i segni
d’una forza antica, far rimorire
gesti e spine custoditi dal passato
a germogliare senza alcuna fissità.
Ti so presente mia assente verità,
ti rivedo con occhi del cuore, ti sanno
vicina le ansie precoci dei momenti affiorati.
E se nell’eco di questo specchio, potessero
altre parole riempire l’aria ai precipizi
inviolati, soffiare le perdute dolcezze tue
su questa vita,che non paga mai…
Irripetibili trasparenze
É così che t’appartiene quest’amore.
Un tocco fugace,
– una pennellata aspra e tagliente –
quegli occhi azzurri, impenetrabili,
gettati con veemenza
sul dolce inganno del mondo.
L’eterna luce non muore in quel che vediamo…
L’intrecciarsi di verticali promesse
è il tuo essere, dov’entra l’amore
qualora tu fossi, ancora,
il cristallo per la nostra nascita futura;
“Sempre e per Sempre”
la favola prossima per chi ti ama.
Senza nulla capire
sarà il tempo dei ritorni…
Esiste una ragione a tutto questo.
Un raggio d’argento si stacca dall’orizzonte.
Le note vibrano trasportate dal vento.
Le stelle sanno il profumo degl’incontri.
L’onda e il bacio scrosciano nel buio,
e le lacrime,
le lacrime rompono il silenzio della voce,
e quel dolore passato
che piange nel presente, ora
si fa carne viva e nuda per la tua venuta.
Il tempo: un fuggevole cenno del vivere.
É un’unica scrittura l’infanzia,
un fluire di tinte sempre nuove
– irripetibili trasparenze –
da dover stringere a lungo tra di noi.
Lentamente
ci guarderemo ci ascolteremo ci baceremo
e saremo salvi…
La tua voce la mia voce
La mia luce profonda
e quella ritrovata,
la mia vita passata
e quella da vivere;
tutto il mio essere
difronte il tuo essere
qualcosa di oltre…
Lascia i ricordi di noi stessi
tra le mani di altri noi stessi.
Senza materia, senza forma
leviamoci dalla terra al cielo,
viviamo nell’aria
– istanti eterni –
per sentirci aria;
cerchiamo in altezza
luci nuove, sconosciute
prossime all’infinito.
Proviamoci ineffabili
come un breve respiro
affidato al vento,
libero e innocente,
sicuro e bisognoso.
Paralleli e identici
ci perderemo nei silenzi,
– la tua voce la mia voce –
per dichiarare l’immenso,
per spengere ogni lamento
tra le fiamme di un crepuscolo.
Tutto sarà un andare lontano
senza sosta, senza domande,
senza perché…
Volteggiando in alto in basso
ci fermeremo
e poi ripartiremo
come la natura delle nuvole.
Tracceremo linee contorni
in un tremulo cercarsi;
tremeremo lentamente
– foglie sui rami,
guardandoci negli occhi.
Piangeremo anche
stretti stretti
credendo in quelle lacrime.
E poi giù in picchiata
verso il ventre della terra,
tornando a nuova nascita.
Sarà voce d’alba,
sarà sangue, linfa,
mente corpo anima…
profonda luce dirà: “Aurora”
e nel silenzio assoluto
– la tua voce la mia voce –
barbagli di parole
si chiederanno ancora
improvvisi sulle labbra
il fiore di domani.
L’attimo creduto
“Vieni” disse una voce,
“Tieni insieme luci ed ombre
e non credere che il mondo sia
nel tuo unico sguardo”;
e in me si svegliò quest’unica verità
che, al tuo occhio ancora non appare.
In me sentii ogni percepibile distanza
– a monito –
per le estreme parvenze e,
per l’esigua profondità delle immagini.
L’indicibile mi fu detto
nel turbine creativo che,
proteso l’animo, tende a colmarlo.
Tutto il costruito crolla…
proviamo a ricostruirlo ancora
e crolliamo anche noi.
Cos’è che scivola nella realtà che afferri?
Quale domanda eludi per il tuo vivere?
Fermati, chiamami
e chiedimi il suono di quella voce
per l’appello del nostro avvenire…
perché ogni tua gioia sia
in – quell’attimo creduto –
e il vento del mutamento,
non offuschi il tuo respiro…
L’ombra
Quando senz’anima
il mio ultimo della voce
si poserà indifeso
– dopo aver amato un amore –
su un petalo di follia,
l’occhio profondo d’un volto passato
mi chiederà ancora
tra le nebbie di un’altro giorno
l’ombra di un Dio…
Occhi
Mi persi in quello sguardo,
nelle vele lontane,
la cresta dell’onda stagliata nell’aria,
il corpo nudo, statuario
nel grembo rigonfio di luce,
un semplice volo nel sospiro del vento,
la voce fragile, poi, delle piccole cose…
Ascolto dalle azzurrità del mare
il mio essere indissolubilmente tuo,
quel canto alto che intona melodie,
che colma le mie notti
tra le insenature del cuore.
Cos’hanno gli occhi
che non sia parola dell’anima?
Potrei restare, al tocco del sole
come al bagliore della luna
– nell’ultima tua immagine –
perché avvolte Dio
m’ha guardato con i tuoi occhi…
Più lunga è l’ombra di quand’eri
Più lunga è l’ombra di quand’eri, e scure
Le ciglia piangenti salici, sul primo torrente
Di sguardi. Riluce l’involontario legame
Che in te, chiocciava colori d’una farfalla;
Alla fonte bevevano i voli, la costante
Brezza dei tuoi occhi verdemare. L’acqua
Delle perenni primavere, scorreva
Ora per ora, sul ricamo muto di dolci labbra;
Coricati prima dell’alba, sulla spirale lieve
D’un sogno troppo umano… Malinconia
Nelle cieche poesie di una sola voce, ora
lontana dal mio cuore, la tua fronte luna.
Si posò la colomba dalle porte dell’azzurro
Sulla chioma argentea dei tuoi pensieri…
Screziate dal sole le ferite della vita, in te
Che hai liberato altri, dalle ore del tempo.
Vento dei ritorni
…e quella goccia stava ricadendo
lentamente
sulla cresta brillante dell’onda…
Ogni incontro rivendica un desiderio,
ogni sogno spogliato dal tempo
il primo ed immutabile sorriso dell’innocenza.
La memoria si perde nell’azzurro,
e nel silenzio, la brezza voluttuosa dell’estate
mi ricorda il tono sicuro della tua voce.
Rivedrò continuamente i tuoi occhi
nella trasparenza d’ogni cosa…
Ricorderò oltre la curva dell’orizzonte
quei teneri momenti d’amore,
quando eravamo a piedi nudi sulla sabbia bagnata
e tuffarsi significava volare…
La poesia è una carezza vivente,
mentre nel cuore della poesia sta la mia parola.
Credimi, mare tremante d’aurore altissime,
credimi, non c’è giorno
che i ricordi, non ricambino i miei sguardi
perché si ritorna sempre, anche da chi
non ci si è mai allontanati…