Gabriella Cacciola - Poesie e Racconti

Angoscia e libertà

Tuoni e fulmini
spezzano il buio
Di questa notte
Senza fiato.
Penso.
Volti oscurati
Da una maschera.
Chiudo gli occhi
A questa dolorosa realtà.
Paura e disordine
Dentro di me.
Il dolore comanda
Su un mondo pandemico.
Ho bisogno di correre
Ma il dolore
con forza mi blocca
al suolo.
L’angoscia nei volti imbavagliati,
negli occhi privati
della libertà.
Ogni vita emerge
Come un corpo annegato
E riporta in superficie
I dolori passati e presenti.
Ascolto un vento forte
E deciso
Che accende la notte
Di luce,
e rende tutto come farfalle.
Volano libere le idee
Come canzoni
Non più legate ai balconi.
Volano i corpi emersi
Come foglie leggere
E osannanti.
Liberi e leggeri
Consapevoli ed eterni.
Nessun dolore è per sempre.
Ci trasforma e ci rende liberi
Di essere e di sognare
Al di là del nostro nome
Prigione di stereotipi,
Voluto da altri
O trovato per caso.
Liberi e consapevoli
Voliamo leggeri
Al di sopra di ogni dolore
Delle cattiverie
Delle passioni
Che ci vorrebbero incatenare.
La crisalide si è trasformata
In una magnifica farfalla
Dalle ali polverose e leggere.
E va.


 

Fuori da solo

Sei fuori da solo
Dove non so.
Come ho fatto?
Mi ripete quella voce.
Urla forte dentro me.
Come ho fatto?
Cosa c’era più importante di te?
Sei fuori da solo
Dove non so.
Ti immagino camminare
Per cercare me
Nel buio più buio
Del mio cuore senza di te.
– Mamma, mamma!
– Sono qui!
Ti stringo e tu ti abbandoni
Alle mie carezze.
Ma sei fuori da solo
Dove non so.
La mia angoscia ti cerca
In vicoli e fossati,
il mio cuore ti chiama forte
da ricoprire ogni altra voce.
Sono fuori da sola
Senza me e senza te.


 

Sulla neve fredda

Scoppietta un ceppo acceso
E tutto assume uno splendore d’incanto…
Ma è solo un sogno.
Cos’era?
Perché tutto era così reale?
Forse è solo una luce
A cui credere per non morire.

La piccola fiammiferaia
Ma tu, piccola fiammiferaia,
non crei da sola i tuoi sogni,
hai bisogno d’amore.
E ti trovi lì, sola,
senza cielo né terra.
Tu non sai che sarà della tua vita.
Non hai più un fiammifero,
nulla a cui aggrapparti.

Ma qualcuno che ascolta
Il tuo pianto
Non starà solo a sentire
E la luce si accenderà
Per illuminare ogni cosa,
per scoprire ogni confine
tra realtà e sogno.

Sulla neve fredda
Costruirai la tua vita
Che non sarà solo un sogno
A cui credere per non morire.


 

L’impronta nel cuore

Si porta l’impronta nel cuore
l’impronta si porta e non è solo dolore
che lascia la scia
perché il tempo corre e va via.
Il tempo donato
e ciò che hai lasciato
gli sguardi bambini
gli adulti vicini.
E tornano alla mente
Messaggi da niente
Biglietti colorati
abbracci mai spezzati.
Rimane per sempre
Scolpita nella mente
La voce festosa
Di una scolaresca gioiosa.
Si porta l’impronta nel cuore
l’impronta si porta…
è amore, è stima e affetto, è grande rispetto.

A Melina

 


 

L’inferno negli occhi dei bambini dell’Afganistan

Ho visto bambini
col fucile in mano
misurarsi con lui
e caricarlo sulle loro spalle.
Come il peso del mondo.

Li ho visti
con le facce sporche
gli occhi sbarrati
in una realtà senza giochi

Ho visto una bambina
coprirsi il viso
con le mani
per non ridere…
per non piangere…
per non mostrarsi al mondo…
per non comunicare
il suo bisogno di amore.

Ho visto bambini e bambini
correre e gridare
osannando le armi.
Sguardi sporchi, furbi, curiosi…
intorno ad ordigni
d’acciaio pronti ad uccidere.

Ed io, che vedo tanto
da lontano,
non ho visto
neanche un frammento
dell’inferno che vedono i loro occhi.


 

Oggi ho chiuso la casa

Oggi ho chiuso la casa…
Come il giorno
Delle vostre nozze.
Lei usciva, bellissima
Nel suo abito bianco,
per raggiungerti
ai piedi dell’altare.
Tu attendevi….
Oggi ho chiuso la casa
Dietro te che uscivi
Portato a spalla.
L’aspetterai
ai piedi dell’altare
dell’Altissimo
col tuo abito da sposo
per un tempo
senza tempo…
E lei sarà sempre bellissima
Nel suo abito bianco.

2 luglio 2014
Per Alfredo


 

Padre

Padre,
ti guardo nel mio specchio
ogni giorno,
ti riconosco sempre più.
Padre,
cammini tra la gente,
viandante sul mio cammino,
e ti mostri
come non ti sei mostrato mai.
Padre,
Mi affianchi e mi sospingi,
incredula ti riconosco a stento,
in questo amore vivo
che non mi hai dato mai.


 

Un quadro

Un’immagine scura
Un volto che cattura
Gli occhi neri senza luce
Ma profondi, lo sguardo che conduce
Verso posti afosi, puzzolenti
Un misto di inferno e corpi spenti.

Donna che abbracci la tua bambina
Come se la vita l’avesse sfiorata
Donna tu porti il fardello
Di un mondo perduto
Che non ti è fratello.
E’ tutto nei tuoi occhi
L’orrore, le urla, le risate
E tu la tieni stretta per riparare
Ogni cosa
Copri il suo viso
Perché non veda più lo schifo
Che ha trovato laggiù.

Tenera donna forte e fragile
Tenera mamma distrutta e ricostruita
In un quadro, un’immagine
Senza tempo né colore
E tutto parla di vita squarciata e di muto dolore.

Partire è stata la salvezza
Per te e lei l’unica certezza
Un branco di uomini, come chiamarli uomini
Che braccano una donna per le loro libidini.

E va la nave, finalmente va!
Una zattera stipata di persone
Che affonda in mare mentre la mano cerca
Il corpo della tua bambina
Fino a trovarlo e stringerlo sul petto
Ormai squarciato.

Ma tu la tieni stretta per riparare ogni cosa
Copri il suo viso perché non veda più
lo schifo che ha trovato quaggiù.


 

Introduzione

Sono sempre stata un’amante della vita, anche se crescendo questo sentimento si è tramutato da cieco ottimismo a riflessione e fatica nelle scelte per seguire sempre la voce dell’amore piuttosto che quella della comodità. Certo apparentemente non sono mai stata una persona che affronta il brivido dell’avventura per conoscere nuovi territori impervi. Apparentemente, dicevo, perché ci sono viaggi avventurosi che si percorrono nell’anima e che coinvolgono poi tutta la propria esistenza.
La mia avventura più entusiasmante sto per raccontarla cercando di viaggiare nel vasto mondo degli avvenimenti e dei sentimenti, partendo dal cuore della storia e non dall’inizio. Ed è la storia più antica e più nuova del mondo: una storia d’amore, un viaggio interiore ancor prima che fisico, la storia della mia maternità. E’ un percorso importante ed anche doloroso per me perché ritornano in gioco i sentimenti che hanno accompagnato i lutti, le rinunce, i rifiuti prima di approdare alla vittoria. Mi piacerebbe guardare e scrivere questa storia anche dalla visuale di mio figlio…ma chissà se un giorno non lo farà lui!
Andiamo! E ’tempo di intraprendere insieme il viaggio.

Cap.1 L’annuncio

Quel pomeriggio aleggiava qualcosa di strano nell’aria.
Era il giorno della festa del papà e non era stata una buona giornata fino a quel momento.
Al mattino ero andata dal dentista con Nino, mio marito, per estirpare una mola che mi dava problemi da dieci anni. Dopo l’intervento siamo andati al funerale di Patrizia, una ragazza della mia età che apparteneva alla nostra comunità parrocchiale, e del suo bambino.
Storia di una maternità desiderata e portata avanti con qualche problema per poi sfociare in una morte improvvisa e crudele proprio al compimento del tempo di gestazione.
C’era materiale di che riflettere.
Tornati a casa abbiamo cercato di riprendere la nostra giornata. Nel pomeriggio è venuto un ragazzino al quale davamo un aiuto scolastico.
All’improvviso squilla il telefono, quel suono mi appare strano in una giornata strana, come un annuncio di qualcosa che ruota nell’aria prima di arrivare a noi.
Risponde Nino che in quel momento è libero. Si chiude in camera da letto con il cordless. Niente di strano, lo fa sempre quando riceve una telefonata. Poco dopo esce turbato, mi chiama in disparte, riconosco la sua espressione tra il gioioso, l’incredulo e lo spaventato. Mi dice tutto d’un fiato:” C’è un bimbo per noi, dicono, si aspetta il fax del foglio dell’accettazione da Milano. Stasera richiamerà la signora per darci i particolari. E’ un maschietto di sette mesi!”
Il mio cuore sussulta ed esulta.
Forse glielo faccio ripetere due o tre volte. – E’ sicuro? – domando. Ho paura di essere illusa e ho anche paura della “macchina” che si metterà in moto da quel momento… ma neanche troppo, ho soprattutto paura delle paure di mio marito. Lui mi dice: – Non pensiamoci, poi magari non se ne fa niente.
Io non posso non pensare che c’è un bambino, è un maschietto e ha sette mesi.
Riprendere a lavorare mi riesce difficile. Spero solo che si confermi che sia per noi l’abbinamento, a tutto il resto penseremo dopo.
E’ sera. Abbiamo cercato di vivere il resto della giornata come se quella telefonata non fosse mai avvenuta. Siamo andati in parrocchia per fare gli auguri ai nostri sacerdoti, abbiamo mangiato la focaccia condivisa con la comunità e chiacchierato cercando di non parlare di Patrizia e del suo bambino. Ho mal di denti e fremo doppiamente di tornare a casa.
E’ sera e siamo a casa.
Squilla il telefono. Risponde Nino perché mi batte in velocità.
E’ la signora, la quale conferma di aver ricevuto il fax con la domanda di accettazione. Il bambino si chiama Silas e ci dà la data di nascita.
E’ concreto!
Il bambino ha un nome e una data di nascita.
Strappo il telefono dalle mani di Nino per ascoltare e parlare. Voglio essere sicura di ogni cosa, essere sicura che domani andremo a firmare quel foglio che attendiamo da tre anni.
Quel bambino è lui, ne sono certa …è nostro figlio, tutto coincide!
E’ un maschio, il suo nome sarà Davide Silas!
Nino è confuso, come previsto esplodono le sue paure, l’ansia lo divora, prende in considerazione l’idea di non accettare. Io so che non lo farà, lo lascio parlare e gli dico: – Non lo capisci? E’ Davide! Il Signore ci ha aperto la strada e ci darà gli strumenti per seguirla!
Decide di dormirci su. Domani mattina sarà più sereno e so che si confronterà con Qualcuno che saprà incoraggiarlo a seguire la via per il viaggio.


Cap.4 Il primo giorno a Salvador

Finalmente mi trovo sull’aereo, in volo verso Salvador in Brasile.
Non mi sembra vero che abbiamo lasciato l’Italia e che tra pochi giorni sarò mamma. Gli intoppi e le novità non sono mancati, infatti mentre ci troviamo a Roma, al consolato brasiliano per la postilla di tutti i documenti, con il biglietto aereo pronto per la partenza fissata per il giorno successivo, ci telefona l’ente e ci comunica che un documento che sarebbe dovuto arrivare da Roma entro la data della nostra convocazione davanti al giudice, non sarebbe arrivato in tempo. Inoltre il giudice si assenterà per il periodo pasquale imminente, per cui è necessario aspettare che si insedi il sostituto. Ci chiedono quindi di rimandare il viaggio a dopo le festività pasquali. Trovandoci nella settimana che precede la domenica delle palme, si tratta quindi di rimandare il viaggio di due o tre settimane. A questa richiesta io reagisco in modo nervoso e antipatico, lo riconosco, nei confronti della responsabile che ci ha contattati al telefono.
Certo, oggi che conosco “l’ambiente” e anche i brasiliani, mi rendo conto di avere avuto una reazione eccessiva. Ma a giustificare il mio comportamento devo dire che in quel periodo di lunga attesa, attesa di anni, io vedevo tutto come un possibile ostacolo al raggiungimento del mio sogno e quel sogno era il piccolo Silas. Volevo quel bambino dalla prima notte dopo la telefonata del 19 marzo e dicevo a me stessa: – E’ il mio bambino e non ci rinuncio per nessun motivo!
Nonostante la proposta di rinviare la partenza, noi decidiamo di prendere quell’aereo e di attendere sul posto gli sviluppi della situazione.
All’aeroporto di Salvador c’è Ribeiro, il tassista di fiducia della responsabile brasiliana, ad attenderci, non ci conosciamo ancora, lui porta un cartoncino con il nome dell’associazione, presto diventeremo amici.
E’ tardi, noi siamo molto stanchi, ci solleva l’idea che tutto il sonno perso a causa del fuso orario e del viaggio potrà essere recuperato durante la notte che ci aspetta.
Uscendo dall’aeroporto veniamo colti da una piacevole brezza, ricorda le nostre sere d’estate siciliane. Il viaggio in macchina non è lungo ed è piacevole. Osservo le persone scure spuntare come fantasmi dal buio, sono a gruppi e singoli, sembra quasi un’andare verso una festa di paese. Il finestrino è aperto, si sentono gli odori, primeggia un forte odore simile allo zolfo. Io penso che nei due mesi della nostra permanenza mi abituerò e non ci farò più caso.
Il giorno successivo, di buon mattino, ci telefona Bete. Non vede l’ora di conoscerci, mi dice con la sua voce allegra, e ci comunica che tra poco verrà a trovarci nel residence in cui ci ha sistemati. Dalla finestra del nostro appartamentino, che si affaccia sulla piscina interna al residence, si vede l’ascensore panoramico. Noi lo teniamo d’occhio fino a quando vediamo salire l’ascensore e fermarsi al piano una giovane donna di colore carina e sorridente. E’ lei! Apriamo la porta e l’accogliamo fuori dall’ingresso, per farla poi accomodare.
Bete si presenta subito come una persona piacevole, aperta e affettuosa. Sembra conoscerci da una vita, è positiva e ci mette a nostro agio.
Trascorriamo un paio d’ore che ci aprono finalmente una finestra sul nostro iter adottivo, così strano e complesso. Ci parla di tante cose mai chiarite fino in fondo con l’ente e che sono state causa di attrito tra noi e l’ente stesso: il cambio dei vertici della commissione per le adozioni del Tribunale superiore di Salvador; il nuovo accreditamento richiesto al nostro ente (questa informazione ci era stata fornita dopo la richiesta da parte del nostro avvocato di motivazioni scritte
circa il ritardo della pratica di adozione e la richiesta di spiegazioni sulla mancanza di informazioni da parte dell’ente sulla nostra pratica adottiva); del difficile rapporto di fiducia tra le autorità brasiliane e le famiglie provenienti dai Paesi esteri, paure determinate dal diffondersi dell’esproprio di organi di bambini sani per il commercio degli stessi; la preferenza che il governo ha dato all’adozione nazionale dei bambini piccoli (anche questa informazione ci era stata fornita solo dopo l’intervento dell’avvocato). Ci parla anche di altre situazioni: le sue vicende personali che hanno portato ad una battuta d’arresto a tutte le pratiche di adozione seguite da lei.
La prima parte del nostro incontro serve soprattutto a chiarirci. Bete ha il bel dono di stendere sul cuore un velo di pace, dipanando, per quanto è nelle sue conoscenze e competenze, gli interrogativi che ci hanno accompagnato in questi anni. Infondo è ciò che avremmo voluto dall’ente e da chi lo rappresenta nella nostra città: comunicazione e trasparenza. Se noi siamo arrivati a questo incontro con Bete e a cambiare la nostra vita familiare è grazie a chi ha capito che chiedevamo questo e ci ha aiutato ad ottenere almeno in parte quel minimo di comunicazione che ha consentito di non mollare tutto. Sentirsi soli nel viaggio dell’adozione è una delle cose più tristi.


 

Aci Castello

Profumo di salsedine alle mie narici
pomeriggi fuggendo al caldo in pantaloncini
le ciabatte a dito
per vicoli freschi d’ombra.
Io col piccolo Giuseppe dietro
a far pericoli sugli scogli scivolosi d’alghe
con l’incoscienza di quell’età.
Il mare negli occhi
il sole tra i capelli.
Sotto il castello ad inventare storie
guerrieri carcerati nelle caverne buie
e su per le scale
alte e basse
larghe e strette
e il fascino misterioso delle porte chiuse
del giardino fiorito
dove non sei mai stato.
Mille profumi e immagini
e mille storie…
Aci Castello.

 


 

Alberi spogli e nudi incendiati da un tramonto

Ogni cosa ha il suo tempo.
Questo è tempo di pace.
Se ti apro il mio cuore
Mi apri le braccia,
Se ti chiudo le braccia
Mi chiudi il tuo cuore.

Questo è il tempo di pace.
Tornano le orecchie ad ascoltare,
La bocca a parlare con voce di mare,
Sulla sabbia ritorneremo a piangere in un abbraccio.

Ogni cosa ha il suo tempo.
Gli alberi spogli e nudi
Si cercano incendiati da un tramonto.
Una vita che muore
Per nascere alla vita.

Questo è tempo di pace.
Ogni cosa ha il suo tempo.
Negli occhi scintilla una luce
Che riporta lontano
Con la mano nella mano.

 


 

Bella tu sei

(A mia madre)

Bella tu sei
con i tuoi occhi chiari
accesi di un momento di sole.
Per sempre così vorrei vederti,
bella nella tua semplicità.
Le rughe attorno agli occhi
coperte da un sorriso
e non vorrei turbarti ancora
nella tua stanchezza.
L’amore che tu doni è totale.
Tu conosci questo amore…
Ed io resto a guardarti svanire
e svanisco con te.

 


 

 Cieli nuovi e terra nuova

Mi chiamo a gran voce
Mi cerco e mi giro
Sono in me e cerco me.

Individuo, persona,
come un mondo a sé stante
che ruotando in se stesso
non si vede mai in faccia.

Mi chiamo a gran voce
Mi sento e mi rispondo.
Non ho voglia, sto zitta
Tutti parlano intorno.

E la vita che scorre
Mentre io me la perdo
Perché ferma a cercarmi
Mi trovo e mi perdo.

E il Signore edifica
Io arrivo e distruggo
Piango afflitta
Per poi ripartire.

Ho sognato e camminato
Ho cercato tra la folla
Ho individuato e camminato
Ed ancora ho scelto:
i sorrisi dei bimbi, le lontananze,
il distacco,
l’amica ribelle
o incerta o perduta.
E l’amore sincero
Ma difficile e incomprensibile.

Poi le attese si attuano
Le lontananze si colmano.
Ma nel ventre
Non cresce una vita nuova
Che riporti il sorriso.

Mi chiamo a gran voce
E mi nascondo.
La vita scorre
Ed io ci salto al galoppo
Senza fiato
Mi trovo in terre lontane.
Ho raggiunto la mia terra
E mi fermo con gioia.

No, tutto è vano
E tutti corrono intorno.
E si parla
Si grida.
Non capisco.
Spalle, musi, ironia.
La mia vita
È un libro aperto
Tutti leggono e sputano.

E mi richiamo a gran voce.
Non mi sento.
Tutti parlano intorno.
Non ho voglia e sto zitta.
E la vita che scorre
Mentre io me la perdo
Perché annaspo a cercarmi
Mi ritrovo e mi perdo.
Sono in me
E cerco me.

Il Signore edifica,
mi dà modo di tenere
la mia lucerna sempre accesa.

Attendo, ma mi muovo.

Voglio essere nuova.
Attraversare insieme al mondo
La Porta che mi conduce al Padre.
Cieli nuovi e terra nuova
Fuori e dentro di me.

Fuori di me ci sono io…
Dentro me c’è Dio.

 


 

Dal mio cuore al tuo cuore

(A Mariangela e Lucia)

Ti voglio bene…
Fammi restare con te.
Vorrei soltanto capire
Sapere
Dove mi trovo
E perché…
Nella mia giovane vita
Ho girato e conosciuto,
Sono entrata ed uscita
Dalle case, dalla vita.
Ora basta!
Fammi restare con te.
Ciò che ti dico
Sono parole
Che vengono
Dal mio cuore al tuo cuore.
Se hai il tempo
Ascoltale.
Se hai il tempo
Abbracciami.
Se hai il tempo
Fermami.
Dal tuo cuore al mio cuore…
Sono rimaste queste parole
Spezzate.
Ho avuto il tempo
Di ascoltarti.
Ho avuto il tempo
Di abbracciarti.
Ma non ho avuto il tempo
Di fermarti.


 

Figlio per sempre

(A Davide Silas)

Ti ho atteso.
Nelle mie notti insonni
ti ho chiamato…
Nei sogni
per le strade
scrutavo ogni volto
per cercare te.
Figlio…atteso…amato…
Sei qui, figlio…
Non più solo dentro.
Sei nel presente figlio
e nel futuro figlio.
Uomo domani
figlio per sempre.

 


 

Fiori d’arancio

Profumo di fiori d’arancio
E’ un preludio d’estate.
Il vento accarezza la pelle
E riporta il cuore
Verso mete sognate…passate.
Il sogno bianco
Di una giovane donna
La mano calda dell’amore
Le speranze in tumulto.
Sospiro e sono qui.
E il tempo sognato adesso è presente.
Il profumo nell’aria intatto
Mi ricorda due giovani corpi ardenti
E un amore che cammina.
Cammina mano nella mano.


 

Ho incontrato un Angelo

Ho incontrato un Angelo
Dal volto silenzioso
Aveva occhi grandi parlanti
Profondi pensieri di vita,
di morte, di Resurrezione.

Ho incontrato un Angelo
Poco più che una donna
Appena appena bambina,
una voce sussurro di bosco.
Andavamo mano nella mano
Mentre il suo silenzio fioriva
Nella primavera dell’anima.

Ho incontrato un Angelo,
un angelo è stato affidato alla mia casa,
accolto nel mio cuore
io accolta nel suo,
desiderio di un Per Sempre Lontano
Presente solo nel cuore di Dio.


 

Il viaggio

Ho atteso questo viaggio
per arrivare a te,
piccolo corpicino desiderato
nel mio cuore.

Nato sulle rive dell’Oceano
e già presente nelle mie viscere.
Come se ti avessi plasmato
Tra le mie membra…
Ti amo!

Mi hai ridato la musica…

Vibra il mio essere
come le corde di una chitarra
che una ragazza suona
per le vie afose di Salvador.

Nella tua risata
ritorna il richiamo
della calda terra che ti ha partorito,
come l’eco del mare
in una conchiglia.

E diventa Forza.
Quella stessa forza
che ti ha condotto
dal cuore del Brasile al mio.

 


 

Inno all’Albero

(Alla mia classe IV D)

Rivolgo il mio inno a te Albero
che dai la vita.
Risplendi nel tuo verde
inondi di profumati sapori.

Rivolgo il mio inno a te Albero
che maestoso
rifugi gli uccelli viandanti
e chi stanco da te si sostiene.

Rivolgo il mio inno a te Albero
Che non conosci Morte
ma nel silenzioso inverno ti immergi
e aspetti.

Sei linfa vitale
Che palpita
Silenziosa e potente
Come il mio cuore bambino.

Rivolgo il mio inno a te Albero
Che con radici profonde ci sostieni.
I rami al cielo
come una preghiera.