Di una storia d’amore
come di un addio.
Immobile, sul marciapiede della stazione, con il braccio alzato.
Pensi che sia meglio salutarsi con un addio.
Perché ami gli addii. La ricchezza del momento,
il fascino magnetico e crudele dell’istante ultimo,
l’unicità della luce di uno sguardo silenzioso che si allontana.
Si perde.
Nel mondo.
E insieme ci resta.
Nel mondo.
Immobile. Con il braccio alzato. Nella stazione deserta.
Ma non ci sono treni qui.
Solamente
la notte.
Immobile, sul marciapiedi della stazione, con il braccio alzato.
Non ci sono treni, c’è solo la notte.
Una notte senza treni.
Nessuno che parte, nessuno che arriva,
nella stazione.
Mentre guardi l’orizzonte
perdi l’orizzonte
inventi l’orizzonte
desideri l’orizzonte
distruggi l’orizzonte
con qualcosa, nascosto, che griderà in te.
Fino a quando verrà il tempo.
Del mare dolcissimo che da sempre hai dentro.
Che allora ti accarezzerà, lieve.
Ti cullerà, dolce.
Come prima ti aveva ingoiata,
mentre stavi immobile sul marciapiede di una stazione
senza treni. ed era di notte.
notte notte e ancora notte. a
Immobile, sul marciapiede della stazione, con il braccio alzato.
Ormai è notte. Abbasserai quel braccio e ti incamminerai verso casa.
E’ questo il senso della vita. Del racconto.
Che mescola la sua forma e si frammenta,
per creare nuove unità. mai ritrovabili.
Ritrovabili. Sempre uguali. Diverse.
Dannazione.
Miracolo.
Istante
eterno
come ogni istante che compone il gioco.
Nella stazione. Di notte.
Immobile sul marciapiede con il braccio alzato.
A guardare un orizzonte senza treni.
Di una storia d’amore
come di un addio.
A te, ricordo.
Il gioco sarà alzarsi e volteggiare
nell’aria sempre nuova di tempo
colorandoci in mescolanze e forme
inventate fra passato e futuro.
Quello sarà il presente.
E sarà un per sempre.
Favole e sogni.
Ogni goccia caduta dal cielo.
A volte si naviga
così tanto
che si comprende
la fine e l’inizio
assaporandone
il grande sogno,
perché la vita
è un per sempre,
che conosce le maree,
i passaggi,
i petali dei fiori…
E ama ogni goccia
caduta dal cielo.
Il nostro volo
E poi senza fine
mai nulla per sempre
ci potrà anelato
comprimere sospirato
giammai adorato
soffocherà e ancora
il nostro volo
sogno desiderato
Inventiamo una favola.
La vita è una danza
e tutti dovremmo danzare.
Bisogna riuscire a trovare
la musica della nostra anima.
È inconfondibile,
ci fa sentire leggeri
e nuotare anche quando
il mare è in burrasca.
Inventiamo una favola.
Le parole sono una danza…
Quella di prima e quella di adesso.
Quella donna la conoscevo bene.
L’avevo vista ogni giorno,
ogni attimo,
fuori e dentro di lei.
Mi piaceva. Sempre.
Facile o difficile.
Sorrisi o lacrime.
Tutto ciò che provava,
inventava o ricordava.
Amava.
Questo non lo scordava.
Mai.
Amava tutto.
Di lei, questo,
ancora lo so.
Perché lei,
quella di prima
e quella di adesso,
sono io.
Aveva sognato tanto,
sempre.
Questo lo ricordo.
E forse, fu proprio questo
a portarla
fino a qua.
Vorrei dirti.
Vorrei dirti
sediamoci in un campo
a guardare le lucciole
poi
spargere le parole
nell’aria attorno a noi
così sarebbero pioggia
di puntini luminosi.
Tutto qui.
Lei c’era e non c’era.
Voglio danzare, a piedi nudi
come le fate.
Chiudi gli occhi
e senti com’è bello…
Il mondo
gira in tondo.
Quel giorno
lei voleva danzare
nel prato
a piedi nudi,
come le fate.
Ho chiuso gli occhi e ho capito.
La sua impossibilità.
La sua condanna.
Come le fate.
Lei era lì.
Ma era altrove.
Come le fate.
Lei c’era e non c’era.
La nostra storia.
L’uomo vive in una casetta bianca, in riva al mare.
Così ogni sera, finito il suo lavoro,
può sedersi a guardare la linea dell’orizzonte,
dove il cielo si unisce al mare,
per cercare di vedere più in là.
Capire se c’è, quello che sogna.
E quello che sogna è meraviglioso.
Una sera dopo l’altra.
Mentre la donna indossa il suo vestito azzurro
di sempre, quello senza età.
E sogna di confondersi con il mare
e sogna di confondersi con il cielo.
E un giorno forse ci riuscirà.
E sarà mare, e sarà cielo.
Nel punto preciso dove l’orizzonte,
da sempre,
li rende un’unica cosa.