Gemma Carolina Messori - Poesie

Di una storia d’amore

come di un addio.

 

 

Immobile, sul marciapiede della stazione, con il braccio alzato.

 

Pensi che sia meglio salutarsi con un addio.

Perché ami gli addii. La ricchezza del momento,

il fascino magnetico e  crudele dell’istante ultimo,

l’unicità della luce di  uno sguardo silenzioso che si allontana.

Si perde.

Nel mondo.

E insieme ci resta.

Nel mondo.

 

Immobile. Con il braccio alzato. Nella stazione deserta.

Ma non ci sono treni qui.

Solamente

la notte.

 

Immobile, sul marciapiedi della stazione, con il braccio alzato.

Non ci sono treni, c’è solo la notte.

Una notte senza treni.

Nessuno che parte, nessuno che arriva,

nella stazione.

 

Mentre guardi l’orizzonte

perdi l’orizzonte

inventi l’orizzonte

desideri l’orizzonte

distruggi l’orizzonte

 

con qualcosa, nascosto, che  griderà in te.

Fino a quando verrà il tempo.

Del mare dolcissimo che da sempre hai dentro.

Che allora ti accarezzerà, lieve.

Ti cullerà,  dolce.

Come prima ti aveva ingoiata,

mentre stavi immobile sul marciapiede di una stazione

senza treni. ed era di notte.

notte notte e ancora notte. a

Immobile, sul marciapiede della stazione, con il braccio alzato.

 

Ormai è notte. Abbasserai quel braccio e ti incamminerai verso casa.

 

E’ questo il senso della vita. Del racconto.

Che mescola la  sua forma e si frammenta,

per  creare  nuove unità. mai ritrovabili.

Ritrovabili. Sempre uguali. Diverse.

 

Dannazione.

Miracolo.

Istante

eterno

 

come ogni istante che compone il gioco.

 

Nella stazione. Di notte.

Immobile sul marciapiede con il braccio alzato.

A guardare un orizzonte senza treni.

 

 

                                                                                                 

                                                                      Di una storia d’amore

                                                                     come di un addio.


A te, ricordo.

 

 

Il gioco sarà alzarsi e volteggiare

nell’aria sempre nuova di tempo

colorandoci in mescolanze e forme

inventate fra passato e futuro.

 

Quello sarà il presente.
E sarà un per sempre.

Favole e sogni.


Ogni goccia caduta dal cielo.

 

A volte si naviga

così tanto

che si comprende

la fine e l’inizio

assaporandone

il grande sogno,

perché la vita

è un per sempre,

che conosce le maree,

i passaggi,

i petali dei fiori…

 

E ama ogni goccia

caduta dal cielo.



Il nostro volo

 

E poi                                                                                               senza fine

    mai nulla                                                                            per sempre

           ci potrà                                                             anelato

                 comprimere                                    sospirato

                             giammai        adorato

                                   soffocherà e ancora

                                           il nostro volo

                               sogno desiderato


Inventiamo una favola.

 

 

La vita è una danza

e tutti dovremmo danzare.

Bisogna riuscire a trovare

la musica della nostra anima.

 

                        È inconfondibile,

ci fa sentire leggeri

e nuotare anche quando

il mare è in burrasca.

 

Inventiamo una favola.

Le parole sono una danza…


Quella di prima e quella di adesso.

 

 

Quella donna la conoscevo bene.

 

L’avevo vista ogni giorno,

ogni attimo,

fuori e dentro di lei.

Mi piaceva. Sempre.

Facile o difficile.

Sorrisi o lacrime.

 

Tutto ciò che provava,

inventava o ricordava.

Amava.

Questo non lo scordava.

Mai.

Amava tutto.

Di lei, questo,

ancora lo so.

 

Perché lei,

quella di prima

e quella di adesso,

sono io.

 

Aveva sognato tanto,

sempre.

Questo lo ricordo.

 

E forse, fu proprio questo

a portarla

fino a qua.


Vorrei dirti.

 

Vorrei dirti

sediamoci in un campo

a guardare le lucciole

poi

spargere le parole

nell’aria attorno a noi

così sarebbero pioggia

di puntini luminosi.

 

Tutto qui.


Lei c’era e non c’era.

 

Voglio danzare, a piedi nudi

come le fate.

Chiudi gli occhi

e senti com’è bello…

 

Il mondo

gira in tondo.

 

Quel giorno

lei voleva danzare

nel prato

a piedi nudi,

come le fate.

Ho chiuso gli occhi e ho capito.

 

La sua impossibilità.

La sua condanna.

 

Come le fate.

Lei era lì.

Ma era altrove.

Come le fate.

Lei c’era e non c’era.


La nostra storia.

 

L’uomo vive in una casetta bianca, in riva al mare.

 

Così ogni sera, finito il suo lavoro,

può sedersi a guardare la linea dell’orizzonte,

dove il cielo si unisce al mare,

per cercare di vedere più in là.

 

Capire se c’è, quello che sogna.

 

E quello che sogna è meraviglioso.

Una sera dopo l’altra.

 

Mentre la donna indossa il suo vestito azzurro

di sempre, quello senza età.

E sogna di confondersi con il mare

e sogna di confondersi con il cielo.

 

E un  giorno forse ci riuscirà.

E sarà mare, e sarà cielo.

 

Nel punto preciso dove l’orizzonte,

 

da sempre,

 

li rende un’unica cosa.