Questa Terra di pandemia
Questa Terra
sfiorata da tante dita
velata da un’aria limpida,
libera la via alle api
e i droni al cielo,
tutto racconta
di fiocchi sparsi
di fiori protesi
come se piovessero.
Soffi imprevisti,
vocali che non ti aspetti
serrano
questo mio cuore,
forte di giorno, forte del sole
ma crolla la sera
guardando fuori da ogni fuori
e nello splendore dei tramonti
tra le sfumature che sembro mai viste
io perdo me stessa.
Sento il pianto dei morti.
Colmo il possibile di musica
nemmeno fossero mani
piene d’acqua di fonte,
bevo note di sinfonie,
vivo nelle oasi di questo deserto.
Non sento guerre
non sento prigioni
mai così forte
sulla pelle
la mia tristezza.
Dove siete?
Dai balconi cade la notte per tutti
e risorge il mattino,
albe cinte di alloro
ma quei dati che feriscono il cuore
fanno sanguinare la Terra.
Si riuniscono lacrime alle maree,
si raccolgono stelle e gusci
ai granchi appena nati,
negli arcipelaghi della memoria
si ricorderanno i canti.
Solo la morte
Solo la morte
chiude gli occhi per davvero, ma la voce no.
Quella resta.
Così la paura nel pianto.
Adotta gli sguardi
guarda il mondo con gli occhi di tutti senza parlare
senza toccare.
La primavera è nell’aria l’amore sulla pelle
la fame nello stomaco. Nella testa. Ma tu sei sordo.
Solo la morte
chiude gli occhi al corpo,
ma non all’anima.
Essa vaga nella neve
ha le impronte dei bambini ha il sapore delle lacrime che sul ghiaccio
diventano fiori di pesco.
Dita piccole e nere
corpi nudi dal sapore vago del latte, il ghiaccio abbraccia per tenerezza
si avvinghiano le creature come fosse madre
nell’ultimo respiro si acquieta la morte sembra sonno.
E se nessuno mi sentisse
- E se nessuno mi sentisse.
Vicina ad una porta ad una cesta di paglia
a un passo da un documento che mi spiega bene
chi sono io -
Dal solaio pendono gocce, non piove ma qualcosa cade sulle scarpe sporche
da non vedere quel rosso che separa il cuore dal cuore.
Ora un violino ora un latrato ora un treno.
La ferrovia attraversa la collina sembra sfiorarla
sembra decollare.
Ascolta come mi batte il petto solo perché sto con te.
Allontana il freddo il sole
appena virgola dagli occhi, una sirena, forse
- sentirsi un deserto o un melograno nero -
null’altro.
Sei il mio universo
Sei il mio universo fatto di braccia calde e spade,
crisalidi sulla lingua
e montagne innevate. Di spalle il Campanile rintocco lontano
funi sudate, registrate macchiano il vento
e i colombi pigri,
lasciano ombre
sulle pietre del selciato.
Eppure sei
il mio polmone verde, ma anche
inchiostro nero agganciato al cuore e il profumo di fiori
arriva dagli occhi chiusi.
Sei cobalto e oro porte aperte
alle mani tese
sei il mio universo
di papaveri e grano. (a mio marito)
È un cuore di paglia
È un cuore di paglia a riempire il cuscino appena tiene la testa sfiora la mente e va sulle onde degli alberi gonfi e verdi
profumati da far tossire, e si dimentica
della memoria.
- il vento è fresco il ricordo scotta. -
È un giorno pieno di luce, il sole è un cerchio sul volto mangia tra gli azzurri
ogni rondine che passa, riconosco nel mare
uno specchio d’amore e nella magia di quei gozzi negli strappi di reti
vedo cadere grani di sale.
- la mia preghiera -
Stringo lo sguardo sulle conchiglie
sui gusci dei granchi, lascio una carezza dentro agli orizzonti, aspetto la sera
con le stelle marine accompagno la scia
di quest’inverno senz’aria.
Rami di alloro
Tra i rami di alloro i nidi dei merli
uova celesti accanto
ai fili di luci sul melograno,
s’illumina la sera.
Più in là margherite sparse sembrano pietre bianche in un prato ingiallito
da un maggio avaro
il ciliegio è senza frutti.
Che stagione strana
in terra noccioli di olive d’autunno
un tempo già vissuto rapito di becco in becco
di volo in volo.
L’odore che sento è fumo di legna
arsa all’aperto, come la voglia di restare su questa terra un poco arida abbandonata
ma viva, solo mia.
Fruscii di pensieri, stormi
su un cielo pieno, alto, caldo penso alle tue mani
ai fiori sotto ai piedi, a noi in terra.
Rumori di campagna da lontano echi di falci e motori accesi qualche nuvola
forse due
la pace
mi ferma il cuore.
Due piccioni sul davanzale
Due piccioni sul davanzale grigio cenere le piume, verde e rosa il collo
si sono avvicinati per vedere meglio. Sembravano mani
ad ogni mia parola. Parlavo con il sole parlavo con loro parlavo da sola.
L’istante che ha separato il vetro
ha fermato il tempo
dato il principio ad una promessa.
Diventerò mare ad ogni lacrima
negli occhi senza paura, fruscio di ali
oltre l’ombra della luce
prima di girare
e non vederli più.
Oggi potrei credere in ogni cosa potrei sostenere pensieri nuovi
- pesi nuovi -
senza temere la solitudine.
Quante mura ha questa stanza? Oggi nessuna.
Nel mondo degli uomini
Nel mondo degli Uomini il linguaggio
segue voli malati irraggiungibili
e le piume cadono morte
come foglie d’autunno.
Nel mondo degli angeli non ci sono ali,
solo cuori portano stelle
sui becchi, affinché sia luce nelle anime perdute.
Nel mondo dei morti il passato è vento raggiunge le menti
e vibra
come corde di violino. Ascolta la voce dell’aria
quella musica
che non ti permette di dimenticare
e il dolore sarà neve
che cade sul mare.
È l’ora di andare
È l’ora di andare dove nessuno vede nessuno.
Nei boschi del nuovo nella foresta di sempre colme di pagine vere. Una luce sul tavolo illumina
tra gli occhi una sfera:
è la fiaba
e tutto sembra zittire. Solo le parole fanno un gran rumore
solo le parole gemono tra i denti.
È l’ora di andare tra la gente
in carne ed ossa
quella che ti tocca ogni giorno quella che ha coraggio di vivere.
Quella che soffre davvero e non lo dice.
Fuochi di dolcezza e rabbia. Botti senza sangue, solo il cuore è la sacca di tutte le stragi
del mondo.
Udite ma non ascoltate l’inferno
che galleggia sugli oceani e intanto
affogano i pesci esemplari. Affogano le nuove generazioni… Brindiamo alla solitudine che vince sempre.
Appendiamo ai muri calendari coi numeri rossi
e il vento cesserà di portarsi vie le stelle.
La solidarietà dei muri
La solidarietà dei muri è nel segno di una mano qualsiasi,
è nel peso della bandiera che la muove. Il muro non contesta.
Di notte, accetta alleato ogni fragilità sgrammaticata l’armonia di un’artista sposa la vena di un poeta.
Sulle pareti sì, per trovare il coraggio
di comunicare un amore non condiviso un disprezzo soffocato. Una pioggia ladra…
L’equilibrio sta negli acrilici infedeli,
in uno spray che grida
quanto più è lungo il pensiero. Il muro non contesta.
Anche se ad appoggiarsi sono le spalle, per unire bocche, strette negli abbracci contro la parete, come scriveva Prévert.
Vincoli di promesse e d’ironia amalgamati nell’eterno,
come il tufo e la malta.
Il muro è muto, non sordo.
Chi scrive sui muri, non cerca le risposte. Chi scrive sui muri, non conosce gli occhi. Chi scrive sui muri è senza vergogna.
Allora tu,
che scrivi del passato sapendo del mio sguardo non avere più paura.
- uccidimi dentro di te o accarezzami il viso –