Gian Luigi Bonardi - Poesie

Al calice del dono

 

Essere foglia vibrante

nella suadente carezza

d’un vento sottile;

essere iniziali sperse

nella sabbia d’estate

ritrovate impresse

sull’albero della gioia.

Stare insieme nel tempo

ad intrecciare le dita

superando i giorni;

come la prima volta

rinnovare emozioni

in ripetuti istanti.

Amore tenero, caldo amore,

complice timido e prudente

nella musica di un bacio,

ospite appassionato

d’un abbraccio felice,

sguardi d’intesa confusi

al calice del dono

che ci avvolge.


Nel silenzio

 

Nel silenzio c’è il freddo dell’inverno,

l’umido della nebbia, il timore del buio.

Nel silenzio c’è il calore di una fiamma che arde,

la gioia di un pensiero d’amore,

la dolcezza d’un suono di violino,

lo sbuffo di fumo che sale dalla pipa accesa.

Nel silenzio c’è un mondo di cose,

un animarsi e confondersi di sensazioni profonde,

un immergersi  nell’ignoto ad ascoltare un pianto

che si fa armonia.

Nel silenzio c’è la tua anima leggera

c’è un volto che mi piace,

c’è la voce insistente di un pensiero,

i tuoi capelli neri

il caldo amore nei tuoi occhi chiusi


Nel giardino dei semplici

 

Nel giardino dei semplici

c’è l’aria pulita delle cose,

c’è il disegno perfetto d’una serenità intatta,

suoni d’aria antica, armoniosi,

voci di presenze sincere.

Nel giardino dei semplici il poco è sazietà,

l’urlo dei bisogni non provoca illusioni

il tempo non complica la crescita dell’albero.

Nel giardino dei semplici

vedo solo sorrisi di bambini felici, che resistono ai giorni,

la mia trascorsa infanzia adagiato sul prato, in ascolto.


Minuto di silenzio

 

Immagino, in una grande sala piena di luce,

il suono di un’arpa,

espandersi con  melodia dolce

negli ampi spazi del ricordo.

Ad  occhi chiusi, quella cascata di suoni,

capaci di riempire l’anima,

sono una sensazione misteriosa,

una commozione intensa, un mormorio suadente,

musica di voci amiche,  perdute e ricomposte

in un unico strumento.

Nel minuto di silenzio

resto ancora in ascolto di un affetto che cresce,

un calore di preghiera che rammenta, a noi tutti,

d’essere stati bene,  insieme.


Quando la luna risolve lo sgomento

 

Quando la luna risolve lo sgomento

hai un fremito d’aria in un fumo di nostalgie,

un ossequio all’evaporare dell’ombra,

abbaglio tenue di pianto e di sorriso.

Ti lasci attrarre al vertice in scintille di silenzi,

scivoli in onde armoniche, corporeità leggere,

per confonderti.

Non sottrarre al tempo il  vibrare dell’anima

mentre il vento armonizza quel  lamento sottile

che confonde certezze creando capriole

sul  prato dei lamenti.


Dammi la tua mano

 

Vuoi, con me,

scolpire il tempo fuori dall’anima,

inseguire il vento che si fa carne,

spingere la porta delle illusioni

e gridare al vuoto tutta la rabbia

che nasce dall’espandersi dei bisogni?

Vuoi essere con me

frutto d’inconsapevoli felicità

scovate nei flutti d’un mare tempestoso,

cellula di calma sfuggita all’ansia,

pensiero che si svolge in estro gentile,

calorosamente adatto allo stupore di un risveglio,

tra foglie secche e un limite di fede?

Dammi la tua mano, andiamo insieme

a mescolare i dubbi e le speranze

che il sentiero ha raccolto

fra i nascosti silenzi della luna.


Le parole che siamo

 

Il tempo rifrange immagini antiche,

l’anima sintetizza spicchi di memoria,

la parola vi attinge e dà spettacolo.

Siamo anche parole capaci di dar voce a stravaganti attori,

parole da gettare nell’enfasi, da traslocare in mimiche facciali,

da riprodurre in smorfie e teneri sorrisi, parole silenziose

che fra due mani esperte traducono pensieri senza corpo.


Antenati

 

Sento voci confuse provenire dalle strade dell’anima,

hanno suoni ricolmi di affetti,  consumati dal tempo;

suggeriscono frammenti evocativi, elementi costruttivi

di soluzioni abitative in un vivere antico e scomodo.

Sono voci di avi che si sono riuniti al banchetto del ricordo,

m’invitano a una nutrita incarnazione di discorsi

proferiti dalle  fugaci immagini dei loro volti,

come se desiderassero di essere riconosciuti.

Mostrando gettoni di presenza, con discrezione,

fanno leva sulla mia sensazione d’esserci

per ottenere apparenza nell’albo genealogico.

Rimescolando i suoni che a stento percepisco

in quel confuso articolare di  parole,

cerco riscontri possibili, interpretando i silenzi

dì quei gesti che esprimono un mio probabile agio.


Nel segreto temporale

 

L’incontro con pietre consunte da licheni marcescenti

soffocate da intrecci di cladonia, odorose di fungo,

è come l’inciampare in un segreto temporale,

custodito e protetto per lo stupore della conoscenza.

L’indagine di un’anima ancestrale è meraviglia,

pretende dedizione e riconoscenza.

Mi trovo al limite della linea di rispetto

cui sono concessi vista, udito e odorato,

col divieto di infrangere con l’imprudenza del tatto

la fatica millenaria d’una perfezione ambientale.


Vi lascio ancora un silenzio

 

Vi lascio, amici, questo nuovo grande silenzio,

dentro vi troverete tante voci,

ascoltatele, riconoscetele, non scordatele,

vengono ormai da altra dimensione

e si confondono insieme ai loro sguardi

che luccicano come stelle nuove

oltre la coltre di nubi.

Abbiamo anche quest’anno

rafforzato la schiera degli angeli,

ma il coro è sempre uguale,

i nostri nomi e i loro, sempre insieme,

uniti in questo angolo di ascolto.

La speranza è nel mistero che ci avvolge,

una memoria ricca di ricordi

che continua a viaggiare

coi nostri passi,  al ritmo di un pensiero …

una fiammella tenue di preghiera.