Gian Paolo Vincis - Poesie

Dannata perdizione

Ti ritrovo nella tristezza di un uomo solo

Nel fondo di un bicchiere

Nelle pozzanghere di Londra

Tra le righe di un giornale mai aperto

Dannata tentazione

Insinuosa e tentatrice

Tutte le notti le dedico a te

Schiavo dei miei ricordi

E Chantal scrive sottovoce

Disprezzando le sue paure

Si sente la tua tensione

Mai svanire abbastanza

La follia è stata sinonimo di speranza

Di fronte alle folle urlanti

Tu devasti le tue manie

E tra le grida disprezzi

Stringi le tue mani senza fuggire

Un lieve strato di follia si mischia al desiderio

Desiderio e silenzio

Desiderio e atrocità

Desiderio nel più intimo dei tuoi meandri

Ogni risata è un gemito

Ogni sorriso un vomito

Quella dolce malinconia che solo tu sai assaporare

Pacata tentazione

Nelle notti d’inverno

Lenzuola bagnate di saliva primordiale

Lottare disperatamente

Vie di  desolazione

Sconfinati antri e lugubri tenute

Sono solo un ridicolo teatro

Non c’è bramosìa tra le tue labbra

E le ali riposano

Tra capelli bagnati e pagine scritte a lume di candela

Il silenzio scalda

Penetra nell’animo

La follia assordante che ti circonda non ti uccide

Ti accarezza piano

Improvvisando danze

Nei mille motivi che ardono nel tuo stesso seno

Dolce goduria o trasgressione

Vetri appannati o gocce di passione

Voce

Silenzio

Tentazione

Il teatro ambulante si fermò

Girovago e vagabondo come le passioni

Svuotato dai sorrisi

Si perse

Ci furono sguardi fissi quasi lobotomizzati

Piovvero critiche all’individualismo

Piovve

E tu giocasti ad appannare i vetri

Sola

Sola

Sola

In silenzio

Il silenzio è tentazione

Il silenzio assordante

Il silenzio che ti urla

Di colpo

Occhi chiari sgranati

Dannata tentazione

Tu che mi guidi che t’imploro

Non desidera altro la sporca serva

Solo vizi per scrivere sulle sue misere vesti

Urlanti di libertà

Chantal dorme

In silenzio

(Non ha tentazioni)


 

E sono solo

al centro della mia anima

grigia tetra

che vaga

scrutando l’orizzonte

cercando

le tue ombre

 

Al tramonto assaporo

quei pochi frammenti

che tra le vecchie fotografie

hanno preso forma

 

Indissolubili

labili

come

il vento che si dissolve

che dissolve

le nostre labbra

 

una volta poggiate al vento

che tempesta all’infinito

sui nostri

impeccabili ricordi


 

Nell’immensa eco

Un frastuono

un dolce frastuono semiserio

surreale s’accinge nel suo teatro

e lì maschere greche

e tragedie

Divertite

Assise

La follia rise

Volteggiando si levò in volo

Ilare come un tramonto

Semiseria come un folle vagabondo

Senza parole


Un vago senso di silenzio

Ombreggia tra le fronde autunnali

in riva al mare

 

E’ un legame che non si dissolve

Una voce che canta soave

 

E’ una Luna che si rispecchia

tra le infinite onde di un mare

in un silenzio che ancora mi chiama

 

Adesso che gli eterni venti hanno soffiato

su fiamme roventi

 

Adesso che il silenzio è in lontananza

un ricordo di cristallo

Resto solo a dipingere le nuvole

 

E…

 

un vago senso di silenzio

di assordante silenzio

 

Un fuoco

Un’ombra

Uno sguardo che tramonta

 

E’  tutto quello che

Un viandante in questa fredda sera può offrire…


 

Il vento

Il silenzio

Un tramonto assopito sussurra parole di ieri

Vivo è il ricordo

Nel lento correre di nuvole e parole,

tra cieli di fiamme e orizzonti intrisi di passione,

tra il profumo di un ricordo e la brezza di un sospiro

spiagge sconfinate si perdono nell’infinito.

La lentezza di un secondo, di un attimo,

un ricordo fugace

una semplice goccia di attesa

un tempo mai taciuto,

sguardi persi che si ritrovano nella confusione di un bagliore mai troppo lontano

e questo non è che un quadro

un quadro di mille voci

un quadro di cento ricordi dove un amalgama di rose e spine fa da cornice

in questa monotonia di autunno

che si assopisce nel lento alternare le stagioni

Le onde che non parlano

ma sottovoce si confidano, aspettando il loro arrivo

Un narratore solitario cerca le note perse di una notte lontana.

Quale notte mai fu più fugace?

Forse un sorriso, forse un costante intrecciarsi di pensieri,

di cieli che mai torneranno sui nostri occhi

E forse un giorno è già perduto dentro una canzone, mentre scrivo di sorrisi mai taciuti

Arrivò la lenta estate

Spighe di grano  si sporgevano da un ventaglio di cielo

Torrido il disprezzo

Il passato: ecco il passato:

Una spiaggia deserta e un anfratto vuoto

Trasparenti  ondeggiavano le foglie

E l’Aurora (dalle dita rosate) posava il suo sguardo

in un componimento senza fine

Orchestre di silenzi, adesso tacciono gli amori perduti

Non fu mai abbastanza il sogno,

non fu solo passione

fu anche lo scorrere di un piccolo ruscello

furono le voci lontane a vicine che straziavano ogni ricordo

lambiva la paura il tenore dell’ombra

e il racconto si fermò

Nella sua libertà il venditore di fiabe accese una lanterna

Per poi inneggiare al surreale, allo sfuggente sogno fatto di pentimenti e di parole mai dette

Attese vite appeso ai secondi, agli attimi mai troppo lenti

Vile il pensiero annichiliva dinanzi a cotanta bramosia

Abbandonarono il sipario le nuvole, con la loro prima poesia

Brandendo frammenti di speranza

Tessendo attimi di pazienza infinita

E cantò tutta la notte il narratore sulla spiaggia deserta

Abbandonato ai sensi di un incauto sogno (un eterno ritorno).


Nel buio del lontano mare

Si ode una canzone

Una vecchia chitarra

Che narra di leggende

Un faro in lontananza

Il barlume

Le lampare

Le lucciole

Afferrare una nuvola

Il sogno di un bambino

E sgranare la sabbia

Tra le mani

In un istante

In un attimo

Una cornice appesa

E sorrisi graffiati dal tempo

Una piccola casa

Una rete abbandonata e un pescatore fuggito

Una barca che dondola

Tra il riflesso della Luna

E delle stelle

Ed è un’armonia che si distende

Un pezzo di cielo tutto per te


 Lamenti d’autunno

Tesseva lentamente cadenzata

Tra le rive di un fiume

Nel silenzio delle fronde

Dalla pelle lattea

Assorta in un movimento

Alba e sera alternarsi

Nel tacito cielo plumbeo

Scorreva lenta ansimante

Tra follia e disperazione tutto socchiuse

Nel freddo di una notte

Tra frammenti di cristalli

Pentimenti

Specchi di innocenza perduta

Sul comodino il suo squilibrio prendeva forma

Lampade soffuse parlavano sottovoce

Prima gridando poi gemendo

Le mani afferrarono la purezza

I capelli si sciolsero

Insulsi come il sentimento

(Atmosfera cupa)

Nell’indifferenza lo sconosciuto si allontanò grato

Sfinita

Prese il telefono e cantò la sua innocenza

Vaporò i vetri dal balcone soffuso

Pianse

Raccolse le calze nella confusione

Grigio a contrasti fu il suo umore

Le attese furono laceranti

Denti che strinsero le labbra come in un abbraccio

Intrise di finta passione

Qualcuno bussò

(… )


Resto immobile ad ammirarti

O Soave sera

Mite e pacata

Lieve silenziosa e taciuta giungi

Non vi è accenno della tua bellezza

Sulle tue rosee labbra

Scolpite tra mari e monti

Si cullano in attesa

Tutto riposa

Tutto addormenti

E la ragione diventa sogno

La realtà un dipinto

Leggiadra tu, mansueta

Nel leggero rumoreggiare

Di cicale

Nell’eterno movimento

Caduco delle onde

Io ammiro il tuo lento

Tramonto


Poesia della sera

 

Antiche mani ti accarezzano

Ti sorridono nel buio della notte

Tra le lampare

Luci lontane che risuonano tra le onde

Occhi di un pescatore senza età

Il docile suono scricchiola tra le soffiate vele

E lento scruta il cielo

Nella calma, apparente stasi,

Uno spartito armonico ondeggia

 

Calate le reti

La Luna accompagna maestosa il lento rito

È un incontro tra stelle e mare

È una danza tra cielo e onde

Un lieve vento sussurra ai fari lontani, come le stelle

Tra le rugose mani scalfite di poesia

Un pescatore tesse le reti

 

Un verso dopo l’altro da dedicarti ancora


Pomeriggio

Lento e disteso trascini gli attimi appesi a un filo

Sospeso tra i colori di primavera e il cielo limpido

Una campana in lontananza

Un silenzio che si avvicina

Si ode nel borgo il vociare denso

Suoni di cucchiai e ceramica, terracotta

E in un camino anche i ricordi

Fotografie sbiadite dal tempo

 

Il calore in un secondo

Il profumo che pervade

Le parole e i racconti che tra la pareti prendono forma quasi fossero

pagine ingiallite

l’ascolto

il tepore che lieve tutto ricopre

tra le tovaglie e le lenzuola

dei sogni di un bambino