Gino Canale - Poesie

Il Sentiero

Tacito sentier
con te traversai
il lume della luna
all’imbrunir dei giorni
quei che non han ritorno.
E al calar del buio
le ombre seguivano
i miei passi
con l’ineffabile mistero.
L’albero a me caro
sorride ai ricordi
e le tristi parole
suonan dolci.
Il sussurrio del ruscello
e l’alitare del vento
mi riportano
al tempo
della mia giovinezza.

 

 

La solitudine d’amarti

I tuoi occhi
cadono sul mare
e nel divenire stelle
brillano nelle tenue onde.
I capelli,
come ali di farfalla
volteggiano
sulle ciglia rigogliose.
Le labbra tumide
e il seno acerbo
sfiorano la mia pelle.
L’abitar dell’età
dispera l’uomo e
le voci della natura
naufragano nella ragione.
Il corpo, dal cilicio degli anni
fugge come un’ombra
verso l’eliso del tempo,
reo della solitudine d’amarti.

 

 

Verrà il giorno

Verrà il giorno,
avrà tutti i colori
e un alito di vita
volerà sulle foglie
della memoria.
I ricordi tristi
moriranno
e le grida taciute
torneranno parole.
L’alba di tutte le cose
vivrà per sempre
nei luoghi
e i nostri volti
torneranno alla luce.
Al risveglio dell’aurora
le voci danzeranno
nell’aria
e le strade deserte
si tingeranno di sogni.
I nostri occhi
ritroveranno
gli amori perduti
e senza più dolore
vedranno un nuovo ciel.

 

 

La mia Cervaro

Nella notte chiara
la luna accenna
la stradina
d’argento bruno
che porta
al castello diroccato.
Nei vicoletti
dell’imbrunir dolce,
con i lampioni
dai lumi fiochi
le botteghe abbandonate
narrano storie vissute.
Bagliori di luce
posano lo sguardo
nel silenzio ancestrale
e l’antico mondo rivive
senza evocare i ricordi.
Nelle viuzze
i volti pieni di fatiche
siedono sui vecchi massi
e i fanciulli giocano
con le chiavi nelle toppe.
Si sentono
il tintinnio del martello
e l’odore della colla
del calzolaio.
S’odono il rumor
della sega del falegname
e il ritmo
della macchina da cucire
del sarto.
Il barbiere affila il rasoio
e parla
di quel che accade del giorno.
Nella parrocchia il chiasso
dei ragazzi nel campetto
richiama
l’occhiata del curato.
Nelle case,
con il sibilo del vento
e il tremolar delle finestre
s’accende il focolar
delle sere d’inverno.
Muore la quiete
con le grida dei pargoli
che corrono per seder sullo scanno,
ad ascoltar i nonni
favoleggiar sulla giovinezza.
Suonan le campane
nel dì di festa,
i giovinetti con il vestito rattoppato
riveriscon tutte le figure
e i bambini
con i balocchi in mano
allietan le strade.
L’artigian si diletta nell’ ostello
e la sera, con parole ebre
torna alla sua dimora.
Nelle notti ridenti
le stelle brillano
sulle pietre della fontana
e sparuti volti,
tra i nobili palazzi
attendono l’alba.
Or tutto tace,
non ci sono più suoni
né il mio avverar delle cose,
ogni uomo deve nascer
e morir con il suo tempo.
Il genere umano
muta il suo vestir
con il saper dell’universo
senza viver la felicità.
Il pensier insegue il piacer
delle passate stagioni,
o mia Cervaro
per raccontar com’eri allora
agli occhi delle tue genti.

 

 

La sera

Le campane suonano
il diletto inganno dell’anima
e accompagnano
l’ultimo sguardo della luce,
nell’attimo fuggente.
L’ombra sfiora la tenera nube
e la sera lascia nel cuor
il pensier dolce della morte.

 

 

Stanze

Silenzi svelati,
pareti dipinte
da vani ricordi
si perdono
tra ignavi pensieri.
La notte con le ali
di rondine
avvolge la volta
ed io errabondo
continuo a cercar
i sogni nascosti.
Il tempo giace
nella malinconia
e i passi ciechi
chiudono la notte.
L’alba d’argento
cheta la mente,
le voci e i suoni
disserrano l’orizzonte
e il mistero dei sensi
insegue la nuda speme.
Alle umane genti
il sopito dolor
non dona la felicità,
ma effimero tempo
del viver senza meta.

 

 

Ti amo

Ti amo con gli occhi
pieni di fiumi
che sfociano nel solo
mare dell’amore.
Il tuo sorriso, i tuoi baci
sono gocce di bambina
che lasciano ceneri di sogni.
Ti amo quando mi aspetti
sulla riva della notte
tra i silenzi della fantasia.
Ti amo quando ti allontani da me
come un’ombra labile
che cammina senza strada.
Ti amo senza colpa
come la nuvola che
abbraccia il cielo.
Ti amo quando
smetto di amarti
perché tutto quello che amo
è aver amato te.

 

 

Il tempo vissuto

Il trascorrer dei giorni
porta il pensier al tempo vissuto.
Quel che resta a poco a poco
accenderà le pene e spegnerà le gioie.
E tu donna,
nell’ora sincera verrai da me
per comprar le parole più belle
e stupita capirai che il viver
è come un albero senza storia.
Dai vecchi portoni dei vicoli solitari
rievoco i volti del passato
e le illusioni dell’età più bella
svaniscono come ombre nella luce.
Un alito silenzioso sussurra
la voce lontana delle care stagioni
e la notte antica stringe il mio cuor.

 

 

Stella cadente

Stella cadente,
che svanisci nel ciel
per portar con te
l’attimo più bello
del firmamento.
Io ti seguo
con i miei sogni,
per svelar il destin
di un dì lontano.
Lo sguardo rapito
dalla scia luminosa
ti perde
e il mio pensier
vaga smarrito
nell’eco silenziosa
della luce.

 

 

Morte (Coronavirus)

Spogli silenzi,
la volontà ombra labile,
stanche parole
nel tacito tempo.
Creature tremanti,
portate via dallo sguardo del cielo
cadono nel cupo sonno
senza oblio.
Anime insensate
su terre divise
hanno bevuto
la tua rugiada.
Corpi,
memoria di figure vissute,
fratelli dispersi in egual volto:
il tuo, o morte