Giorgia Nicolosi - Poesie e Racconti

L’attesa

Chiudo gli occhi
e respiro lentamente,
zittisco pensieri ed emozioni
e attendo..
Vola vicino
una mosca temeraria
mentre lontano
al giorno cinguettano
gli usignoli
e fendono di garriti l’aria
i pappagalli.
Attendo con pazienza,
attendo con speranza
che nel silenzio provvisorio
del dolore
riconosca
la tua carezza lieve
su di me..

 


 

 

Attimi di felicità contenuta

Quando da bambina
giocavo in Paradiso,
mi lasciavo respirare
da una vita
incerta sul da farsi,
ignara di nuotare in bolle
di felicità contenuta.
E quando dopo anni
ti incontrai
oltre i miei “se”
e mi spogliasti
di vesti e di ideali,
mi persi dentro me
per mendicare
il tuo ventre sopra il mio,
dolore sconosciuto
legato indissolubilmente
ad una feroce fuggevole delizia.
Mi rubasti
all’amore vagheggiato
cui mi ero aggrappata fino allora,
dispersa in anni
di felicità contenuta.
Oggi che ti accudisco,
Vita e uomo d’altri tempi,
e che ho dovuto
lasciar andare
sogni e tentazioni
per camminarti a fianco,
oggi che resto stupefatta
quando ammicca verso me
una gioia insperata,
sono grata infine
a qualche attimo
di felicità contenuta.
Nel tragitto quotidiano
ho incontrato la mia essenza.
L’esser femmina e poi donna
mi ha reso affanno
con vitalità.
Seppure zoppicando
ho lottato ogni mattina
per guadagnare a sera
un tuffo ad occhi chiusi
nel profondo della mia
felicità contenuta.
Ne sono gelosa
e ne sono generosa.
Se solo ti trovassi
dentro me…

 


 

 

Danzare

E se insieme
danzassimo sull’erba
togliendoci di dosso
successi ed ambizioni.
E se ululassimo di gioia
alla pioggia che ci lava.
Se lasciassimo la brina del mattino
scivolare
spogliando i nostri corpi
di effimere illusioni.
Come e quanto dolce
la vita suonerebbe
il suo inno di ringraziamento.
E se provassimo ad amarci
tutti in tutto,
sapientemente umili,
incuriositi gli uni gli altri,
raccontandoci l’esser forestieri
e l’essere vicini,
golosi eppur discreti
con l’altrui fragilità,
quanto gusto
deliziati assaggeremmo
al banchetto della pace.
Lievi nelle voci,
dolci negli incontri,
danzando tutti insieme
sulle note della vita.

 


 

 

ME ed IO

Quando mi stanco
di esser divertente
mi accomodo sul cuore
e m’abbraccio le ginocchia.
Presto sciolgo i lacci
a quella lacrimuccia
che nel mondo degli adulti
non v’è più..
Getto a terra l’armatura
mi stiracchio per benino
e lascio venir fuori
la mia bimba ricciolina
dalla pelle di nocciola.
In quel tempo e in quello spazio
non c’è posto per successi
né per vacue adulazioni.
La stanchezza si dipana
senza trucco e senza inganno
e la lampada del tempo
fluttua avanti e indietro
come il gioco che non c’è..
Finalmente siamo insieme,
io adulta e me bambina,
ed insieme vagoliamo
nella Notte dei tormenti.
Camminiamo giù nel buio
strette mano nella mano
e seguiamo il sentiero
dalle lagrime indicato.
Là di fuori nulla importa:
nessun grido di piacere
né di rabbia alcuno schiaffo.
E’ quaggiù il vero senso.
E’ nel buio della notte
che m’incontro senza tema,
io e me
senza finzione
me ed io
nell’unità.

 


 

 

Orizzonti frammentati

Muoio e nasco
sul respiro del mare.
Di lontano scorgo
brandelli d’orizzonte
galleggiare
l’uno all’altro avvinghiati
come anime
dopo la tempesta.
Lieve giunge
il tempo d’abbandono,
fievole luce
alla muta della vita.
Nasco e muoio
indenne tra le onde
e incerta gratitudine
mi porta controvento
verso quei frammenti
lontani.
Mi àncoro
ad una preghiera.
Volgo gli occhi verso riva
nel fremito di una tentazione
ma un Gesto
gentile mi accompagna
alla volta di ultime lampare
su golette senza ormeggi.
E finalmente
respiro a fondo,
ancora e ancora,
fino a salutare
il timore del futuro
e a rifugire
dalla battigia del passato.
Impavida
avanza la mia vita
e fermarla
non oso più..

 


 

 

Perfido idealismo

Sei un sussurro
che non fa rumore,
come uno sparo
col silenziatore.
Mi segui di nascosto
e colpisci a tradimento
giusto appunto nell’istante
in cui guardo un orizzonte.
Non ti vedo
ma ti incontro
ogni volta differente.
Ti camuffi e ti travesti
da silenzio deludente
o fors’anche
da richiesta bellicosa.
Perché celi
quella vita ideale
dentro un mondo ideale
che da sempre mi prometti?
E’ così che ti conosco:
senza chiedere permesso
prendi in giro e per il naso,
poi seduci
come un canto di Sirena
e sghignazzi e ti sganasci
ebbro di chi, ingenuo, a te
incautamente crede.
Sei un nemico che s’asconde
tra le pieghe di speranze
disperate.
Tuttavia la soluzione
equivale a malattia:
l’illusione è tanto forte
quanto amaro il risveglio.
Sarò più capace io
di nascondermi
dalla tua fasulla luce?
Sarò mai in grado
di abbracciare
il fango dolce della vita
e di vivere
la vita nel mio fango?

 


 

 

Se questo tempo

Se questo tempo
che mi corre addosso
portasse in dono una rosa di vitalità
e con me fosse gentile
come un antico cavaliere
Se mi prendesse
per i fianchi
e sussurrasse parole di lussuria.
Se posasse le sue mani
a lungo
sulla mia pelle stupefatta
e lentamente e con sapienza
mi donasse desiderio.
Se questo tempo
fosse per me un amante
invece di un vecchio rugginoso
oh, come lo stringerei a me
e me ne infischierei
dell’onore e del buon nome
di una giovinezza ormai trascorsa…
Come godrei con lui
e lui con me
delle ore accese
dal piacere
E se fosse godimento infine,
come e quanta vita
scambierei nell’anima
prima di morire….
E’ il mio tempo inventato
a dispetto dell’età,
Tempo Cavaliere
che desidera il mio ardore,
Tempo profumato
dei giorni che non sono,
e Tempo vagheggiato
della Vita che verrà..

 


 

 

Lazzaro

L’altro giorno ho incontrato per strada un vecchietto rinseccolito.
Era talmente maleodorante e malridotto che mi ha ricordato la parabola che racconta Gesù sul ricco Epulone e sul mendicante Lazzaro che stava accucciato alla sua porta sperando in una briciola di pane.
Ho seguito il vecchietto con lo sguardo: camminava, se così si può dire, appoggiandosi ad uno di quei carrelli che servono per fare la spesa, e trascinava le sue gambe rinseccolite, corte, semi paralizzate a passetti incerti piccoli piccoli e veloci veloci; era malfermo, sembrava che cadesse da un momento all’altro, ed invece rimaneva in piedi come una formica ubriaca. La sua sporcizia era così spessa e compatta che, accumulatasi probabilmente da anni su quel corpo chino e ripiegato, non faceva distinguere il viso dalla barba, e quest’ultima dal bavero del cappotto cencioso. Angosciata, ho distolto lo sguardo ma, quando sono tornata a cercarlo, era sparito.
Allora, preoccupata per la sua (o per la mia??) incolumità, ho fatto qualche passo lungo la via, ho girato l’angolo e l’ho visto trascinarsi a passettini dentro il porticato di una chiesa.
E’ entrato, si è avvicinato in modo malfermo verso la statua di Maria, ha preso una candela e l’ha accesa.
Quel piccolo gesto di devozione ha fatto sparire improvvisamente il fetore e la paura della diversità: davanti ai miei occhi ho trovato solo un uomo, avanti con gli anni, che stava parlando con una Madre, la sua.
Il pregiudizio mi rende cieca, l’amore mi ha aperto gli occhi. Grazie Lazzaro.

 


 

 

Il primo appuntamento

Ha suonato al citofono, ho risposto “Eccoci!”, lui si è fatto una risata e ha detto “Ti aspetto giù”.

Cinque minuti dopo scendo le scale ed apro il portone. Mi sorprendo di trovarlo lì davanti ad aspettarmi, invece che in macchina, come fanno tutti.

Mi vede, gli si illumina il viso, sorride e dice “Finalmente

  • Finalmente cosa? – chiedo – Non ti ho mica fatto aspettare tanto!

Lui continua a sorridere e tira fuori il libro che gli avevo prestato.

  • Invece si. Mi hai fatto aspettare un sacco prima di uscire con me. La verità è che non vedevo l’ora di restituirti il libro..
  • Io non sto uscendo con te – puntualizzo – Sto solo andando a prendermi un prosecco. Comunque grazie – prendo il libro e lo rigiro tra le mani.

Ci incamminiamo restando in silenzio per un po’. Lo osservo di sottecchi sorridere mentre arriviamo al bar fico del quartiere, mediamente affollato in quel momento.

  • Ci sediamo? – mi chiede sfiorandomi il gomito.

Improvviso, si affaccia uno spasmo alla bocca dello stomaco. Del tutto inaspettato.

  • Si, sediamoci. – Non so cosa dire mentre il barista ci riempie di stuzzichini e prosecco.
  • …ti è piaciuto? – gli chiedo
  • Cosa?
  • Il libro che ti ho prestato. – Lui pensa prima di rispondere.
  • Direi di si. Mi ha, però, un po’ inquietato l’idea negativa dell’amore che esprime l’autore. Trovo decisamente pessimista ritenere che l’amore sia un incastro ben riuscito di bisogni reciproci e che il segreto per far durare negli anni un rapporto sia non colmarli mai del tutto.
  • Ma come! E’ l’idea rivoluzionaria del libro! E ti dirò di più: per me l’amore è molto peggio!

I suoi occhi, da festosi che erano, diventano immediatamente seri, attenti, interessati.

  • Ok – dice avvicinando la sua sedia alla mia – Sono tutto orecchi. Fammi sentire la tua idea dell’amore.

Non so se farlo. Cioè, non ho mai detto a nessuno cosa penso dell’amore, prima perché non lo sapevo, e dopo, intendo dopo i vari ragazzi che ho avuto, perché non mi fido.

  • Non so se posso fidarmi di te – sussurro.
  • Prometto che non ti giudico, che non rido, che non piango e che…
  • - Va bene, ho capito! – esclamo suscitando il suo divertimento. – Avevi detto che non avresti riso!
  • Si, certo, sulla tua idea dell’amore, non sul resto! Allora, fammi felice, dimmi qualcosa di te, parlami di come vedi l’Amore.

“Certo che ci sa fare” penso. Si, è davvero irresistibile nelle sue divertite richieste.

Prendo un respiro e poi dico tutto d’un fiato: – Per me l’amore è il metodo migliore inventato da Dio per punire gli esseri umani del peccato originale commesso da Adamo ed Eva. -

Silenzio. Colgo un impercettibile inarcamento di sopracciglia e la bocca che si apre leggermente.

  • Vai avanti – mi dice – Tu credi in Dio?
  • Si, ci credo. Tu no?
  • Diciamo che mi sto ancora ponendo la domanda. Ma continua.
  • E tu non ridere.
  • Non rido! – esclama allargando le labbra in un sorriso
  • Ok. Dunque, la questione è semplice. Adamo ed Eva compiono il loro peccato e Dio si arrabbia di brutto. Ora, come fare a punire i suoi figli disobbedienti ed arroganti per tutte le generazioni future? Pensa che ti ripensa, a un certo punto gli si accende una lampadina..
  • A chi?
  • Come a chi?? A Dio! Dice “IDEA! Li faccio innamorare gli uni degli altri senza mai far loro trovare un punto di intesa.”
  • Quindi secondo te non ci può essere intesa tra uomo e donna?
  • Bè, non solo secondo me, ma anche secondo psicologi, cineasti, romanzieri eccetera..
  • E dunque? Tutto qui?
  • No. Come funziona questo progetto? Con il bisogno. Ogni essere umano, da quando viene al mondo fino a quando se ne va, è afflitto dal vuoto che lo attanaglia. La sensazione di vuoto è la diretta conseguenza dello scampato rischio che Dio non sia per noi, che si volti da un’altra parte. Allora gli esseri umani cercano in tutti i modi di riempire il loro vuoto. 

Fanno vari tentativi, il più potente dei quali viene sperimentato nell’innamoramento. Così si illudono, per periodi più o meno lunghi, che la persona causa del loro amore riempia il vuoto, e lo riempia in via definitiva. Grande quindi è la delusione quando si accorgono che 

la persona con cui stanno costruendo una vita insieme ha una propria speciale visione delle cose a cui non intende rinunciare, un egoismo più o meno pronunciato, una fantasia che, poca o tanta che sia, tende comunque ad esaurirsi in virtù del fatto che chi la possiede non è altri che un essere umano, vale a dire un essere limitato, finito, condannato.

  • Condannato?? – chiede strabuzzando gli occhi.
  • Si, condannato da Dio, a causa del peccato originale, a non poter colmare il desiderio altrui, ed a desiderare ciò che l’altro non può dare. Eppure, con l’amore, si trova legato a doppia mandata a quel compagno che lo delude, che non riesce a colmare il suo 

vuoto perché gli dà pur sempre quel qualcosa di recondito ed irrinunciabile che è causa del suo legame.

  • Cioè?
  • Cioè non lo so; in genere l’amore è incomprimibile, ineffabile, incommensurabile. E terribilmente deludente. – L’ho detto tutto d’un fiato. E lui ha mantenuto la sua promessa: non ha riso, non mi ha giudicato. Finora.
  • Effettivamente hai una visione piuttosto pessimistica dell’amore. – dice riflettendo. Poi mi guarda. E sorride.
  • Mi piacerebbe farti cambiare idea, almeno un po’…
  • Bè, si certo, capisco la tua buona intenzione, ma come pensi di farlo?

Si avvicina leggermente.

  • Ti fidi di me?
  • No.
  • Almeno un pochino? In fondo ti ho dimostrato che sono di parola: il libro te l’ho restituito…

Considero quello che dice: in effetti non posso negare che sia una persona puntuale. Cerco di non guardarlo. Lui mi prende con dolcezza il mento e volta il mio viso costringendomi a guardarlo.

  • Almeno un pochino? – ripete sussurrando

Non posso evitare di guardarlo. Sento il respiro più veloce, il cuore più veloce, un certo solletico allo stomaco. Annuisco: – Si, un pochino mi fido.

Si avvicina ancora e inonda l’aria del suo dopobarba.

Mi sfiora le labbra con le sue. Inizio a sudare.

Si discosta e mi guarda di nuovo.

  • Ti fidi un poco di più?
  • Si, un po’ di più – ripeto come un pappagallo.

Mi bacia di nuovo, questa volta inumidendo le mie labbra con la sua lingua. 

Timidamente cerco di resistere. Dentro di me si scatena in un istante una lotta tra le immagini dei vecchi fidanzati, di quelli che ho lasciato, di quelli che mi hanno lasciato, ed il gusto di queste labbra che mi carezzano, di questo sorriso che mi vuole. 

Lui è più forte di me, la sua lingua indugia sulle mie labbra che si aprono ad accoglierla, esauste di resistere. 

Lo attiro a me, lo abbraccio, i nostri respiri si accavallano sui nostri volti, le mani si cercano, si trovano, si graffiano di passione.

Un applauso ci ferma.

Avevamo dimenticato di essere in un bar. Una comitiva di ragazzi ci prende in giro battendo le mani e fischiando. Uno di loro si rivolge al barista: – Albe’, smorza ‘e luci ché ‘sti piccioncini stanno a fa’ l’ovo!

Non so perché ma mi viene da ridere.