Giovanni Cuppone

Poesie


Trionfo d’amore

Argentea luna di stellato manto coverta,
a te ogn’hom, nel tardo die ormai
svilito
e avvolto nell’ali della tua discepola Nox,
si volge.
Argentea luna che l’umana specie
Trionfante donò a te
l’allori, l’altare e le vesti,
gli incensi, le insegne,
il trono e lo scettro
di divinità e protettrice nostra
poi che tu ascoltasti, sin d’ancestrale tempore,
i lamenti nostri e
pallida e luminosa,
crescente e minuta, dall’alto,
ascoltasti le pene nostre d’amore;
or d’un hom lacerato d’amore…
la pesante lagrima asciugasti;
or dell’altra donna,
nello scrigno segreto delle celesti sfere,
i palpiti e sospir d’amore accogliesti.
Argentea luna, io sono a te e per te
eretico!
Argentea luna vengo per abbattere il tuo dominio,
deporti dal trono,
calpestare le tue insegne,
recidere i tuoi sacri allori divini.
Argentea luna, la mia Dea ha nell’occhi
il ciel d’acquamarina
il ciel di primo estate limpido, caldo come fuoco.
Argentea luna, la mia Dea
come gemme di grano maturo i capelli,
odorosissimi come il dolce miele
che si spande
nelle giornate d’arida e afosa estate.
Non a te argentea luna ma sul
morbido, delicato, nudo suo seno i miei sospiri d’amore,
il mio più totale abbandono.
I nostri corpi stretti nell’abbraccio
Eterno d’amore,
i nostri corpi nudi dormienti nella notta,
uniti nello spirto,
i nostri corpi stretti, nudi, intrecciati,
spodestando il tuo tirannico dominio ed imperio,
incoronano il trionfo dell’Amore!
Oh mia amatissima,
oh mia amatissima Dea,
oh mia amatissima Dea Roberta,
restiamo ancora stretti fin quando
il carro infuocato di Ra non giunge
a proclamare il nuovo dì;
restiamo ancora stretti, nudi, dormienti
avvolti nell’ali di Nox e tu,
nel silenzio assordante e oscuro,
una sola parola ascolta e accogli
nel meraviglioso, dolcissimo tuo cuore:
T’amo!

 


 

Anima pure et clara et bella

Anima pure et clara et bella,
santo giglio ove scorre innocente linfa,
unica Dea tra gli Dei tutti che non di castigo arrechi offesa
ma d’ogne puro amore
concedesti grazia al mio core.
Allorquando mai pria d’or conobbi d’un bacio dolcezza e
Amore giunse giammai alle mie porte,
reietto niuno m’amava
e li occhi mei, nel ripudiar el mondo,
lo annegavano come n’lava.
Mia Euridice, mia Dea,
a te s’innalzi il canto mio nel dì,
nello meriggio et nello vespero imbrunir!
Concedete, oh mia soavissima Dea, d’esser servitore vostro et
ponete lo meo giaciglio sul vostro puro et
claro seno
‘sì ch’io da te sola sia amato
et non alieno.
Mia amatissima et venerata Dea,
dallo vostro perennemente umile amante,
sacerdote et servitore.

 


 

Estate esistenziale

Sferzata dal cocente sole
la terra apre la sua carne,
squarciato petto di brulle zolle.
Scattante, saettante,
or qui or là, ancora colà
la lucertola di verde foresta indossa il suo vestimento
con chiazze e strisce vermiglie, marroni.
Disseccate, aride, morte le frasche pungenti
odore acre di sete spande il sole.
Giallo sole, ocra campo sterile.
Polvere di terre, pietrisco vorticoso che annebbi l’orizzonte,
mare terrestre d’aureo alto grano.
Ronzante, frenetica, tremolo di violino
la cicala.
Non tutto è morte d’estate:
placido e salmastro mare,
tavola che porgi refrigerio alle terre nostre.
Tu che lambisci di dolci carezze la nuda crosta,
Nettuno che modella la liscia pietra.
Succosa pesca mellifera,
appiccicoso zuccherino dono di Proserpina…
addolcisci questa aridità;
dono e refrigerio d’amore.
Terra d’Otranto
culla dura, maestra di vita
tra aridità, solitudine,
tristezza e disperazione,
dolcezza, amore, passione…
come quest’estate
tale è la vita dell’uomo: cangiante vortice.