Giovanni Silonio - Racconti

AHMED

Stava per consumarsi un tardo e freddo pomeriggio di fine febbraio.
I raggi del sole filtravano, a tratti ancora baldanzosi, e a tratti esili e timidi, attraverso le secolari e familiari sagome dei palazzi del centro città, proiettando sul ciottolato, i marciapiedi e i balconi gli ultimi fraseggi e le ultime pennellate dell’eterno scenografo ed animatore.
Quando passeggiavo per quelle vie, avvertivo come un senso di protezione, proveniente dalla loro atavica presenza, quasi da loro incoraggiato a proseguire il cammino, foriero sempre di nuove esperienze di incontri, e di una visione costantemente rinnovata, appagante ed estasica delle loro bellezze storico- architettoniche.
Mentre mi trovavo avvolto ed emotivamente coinvolto in questo stato d’animo, incrociai uno dei tre o quattro extracomunitari che popolavano il centro cittadino: ci conoscevamo da tempo come frequentatori abituali di quella zona, ma non avevamo mai dialogato. L’individuo attraversò la strada e si fermò davanti a me. Mi porse la mano rugosa ed affaticata e profferì il solito “ciao, amigo, come stai?” Io sfilai il guanto dalla mano destra e strinsi vigorosamente la sua, quanto lui la mia, rispondendo con un “non mi posso lamentare, anche se sto andando in farmacia a ritirare parecchie medicine”. A quel punto il brav’uomo estrasse dal suo trasportino a tracolla un piccolo astuccio di panno, lo aprì e tirò fuori un paio di occhiali da vista, per presbiopia da 3,50 diottrie, con le stanghette snodabili, allungabili e richiudibili, azzeccati al decimale per la mia vista. Me li fece provare: leggevo alla perfezione, come se li avessi commissionati io al suo datore di lavoro. “Prendili” mi disse e dammi quello che vuoi”. Rimasi per un istante impietrito, non sapevo come comportarmi; poi allungai la mano destra dietro al giaccone e afferrai il portafoglio. Non ero solito portare con me grandi somme, al massimo una ventina di euro, ma ero appena passato da un Bancomat ed avevo prelevato 150 euro. Il mio portafoglio era insolitamente ben fornito e mi dispiaceva che quell’uomo vedesse tanta grazia di Dio, inconsueta ai suoi occhi: mi pareva di voler comunicare un’immagine di strafottenza che invece non faceva parte del mio DNA. L’amico, togliendomi dall’imbarazzo, ribattè subito: “dammi quello che vuoi”, non facendo, o fingendo di non fare attenzione a ciò che era apparso davanti a lui, e mi depositò l’astuccio con gli occhiali in mano. Se fossi stato coerente con le mie convinzioni e con lo spirito evangelico che professavo, gli avrei dovuto dare almeno la metà della somma che portavo con me, ma che dico, gli avrei dovuto dare tutti i 150 euro. Non lo fui, ancora una volta non lo fui, e gli consegnai dieci euro. Lui ringraziò e insistette per farmi dono anche di un pacchetto di fazzolettini di carta. Perché alcuni di questi signori, si io li definisco proprio così, sono più onesti e corretti di noi occidentali di carriera. A lui pareva forse troppo ciò che gli avevo dato e voleva quasi compensare con altro oggetto della sua dotazione di ambulante, il valore della merce venduta rispetto al prezzo da me corrisposto. Aveva visto tutti quegli euro, ma non aveva per nulla cambiato espressione, né aveva alzato la richiesta per ciò che mi aveva trasferito in mano. La dignità non fa certamente difetto a queste persone che molte volte noi, vedendo arrivare, cerchiamo di evitare, cambiando direzione, o passando loro accanto con voluta frettolosità, accompagnata spesso da qualche mugugno di giustificazione per il modo sbrigativo del nostro comportamento. Spesso frughiamo in tasca e speriamo di trovare una moneta, per farla cadere sul palmo della loro mano o dentro un bicchiere di carta, scaricandoci così la coscienza.
L’uomo, sfiorando il mio braccio con la sua mano, mi chiese: “come te chiami?” “Giovanni” gli risposi, e tu?” “Ahmèd “ disse, e proseguì “vai in farmacia perché sei malado?” “Niente di grave, aggiunsi, tanti piccoli acciacchi della vecchiaia, per cui devo prendere alcune pastiglie al giorno” .“No pastiglie, no medicine, replicò il nostro amico, medicine no bene, sola medicina è là, là…, indicando il cielo con la mano, sola medicina è Dio. Io stasera pregherò mio Allah, pregherò Dio per te”
Toccato nel profondo da quelle parole riuscii a far uscire dalla bocca quasi anestetizzata, confusamente e balbettando….“a…anch’io sai ….. pregherò lo stesso…stesso… tuo Dio che è, si è…è… anche il mio Dio, per te, sì per te…perché c’è un solo Dio… per tutti… anche se lo chiamiamo con nomi diversi”
Mi salutò ancora e se ne andò con il viso sorridente e sereno, scomparendo piano piano lungo la strada, fasciato dalle ultime luci di quel giorno, che pareva avessero deciso di aspettare, prima di dileguarsi, in modo da poter accompagnare i suoi passi con un alone di misteriosa sacralità.
Ero ormai visibilmente commosso e non volevo farmi scorgere così dai passanti.
Entrai in un negozio di frutta e verdura, anche se non avevo bisogno di nulla. Comprai sei mandaranci e due pere.
Quando lo estrassi per pagare, il portafoglio mi cadde per terra. lo raccolsi e guardai il denaro rimasto dentro. Capivo e non riuscivo a capire, forse non volevo capire, ma ero maledettamente in difficoltà. Mi vennero in mente le parole del Vangelo, pronunciate da Gesù Cristo e riportate dall’evangelista Matteo al capitolo 25: “Venite, benedetti dal Padre mio, entrate nel regno che è stato preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Perché, io ho avuto fame e voi mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa; ero nudo e mi avete dato i vestiti; ero malato e siete venuti a curarmi; ero in prigione e siete venuti a trovarmi”.
E i giusti diranno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo incontrato forestiero e ti abbiamo ospitato nella nostra casa, o nudo e ti abbiamo dato i vestiti? Quando ti abbiamo visto malato o in prigione e siamo venuti a trovarti?”
Dio risponderà: in verità, vi dico: “tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me!”.
Non potei fare a meno di esplodere in un pianto di forte rammarico, anche se in parte liberatore.
La titolare del negozio si affrettò a dirmi “che c’è signor Giovanni, che le è successo, che le sta succedendo?”
Risposi di getto, con un’inflessione di voce rotta dalla commozione: “ vede signora, ho incontrato Dio, ma, ancora una volta, non l’ho riconosciuto!”.