Giovanni Varrasi - Poesie e Racconti

Musica

 

Uno strabenedetto sciopero dei ferrovieri

mi regala una giornata libera senza lavoro.

Piove. 

Non ho bisogno di niente,

produco musica in diretta dall’anima.

 

Chitarra e tromba facili, senza sussiego,

note larghe e cafone, vive e spensierate.

Era l’allegria delle piccole città di provincia dei miei tempi.

Uomini canticchiano senza pudore,

qualcuno accenna a un passo di danza,

ognuno per conto suo, come in singing in the rain.

 

On roule sulla vita, si va, si vola:

l’ Aurelia da Castiglioncello a Calafuria,

la costiera amalfitana su su fino a Ravello,

la Cassia da Siena a Roma.

 

Tutto il resto piove a piacere,

suona e canta nell’aria.



Agrifoglio

 

L’orgogliosa piantina di agrifoglio,

dentata, puntuta,

non sopporta il trasferimento in un giardino stretto, ben curato.

 

Vuole tornare al bosco,

accarezzata al crepuscolo dai raggi di sole 

sfrangiati dalle piante di alto fusto.

 

E allora appassisce, si incurva,

diviene molle e grigia.

 

L’estate la trova secca

accanto a un Iris che aspetta la primavera

per far vedere a tutti quanto è bello.



Un mondo migliore

 

È il mondo che vorresti,

sussurrò Alberto con il sorriso più dolce.

Parlavo a una folla di gente al giardino delle rose.

Una luce rosata ci illuminava tutti,

l’orchestra giovanile suonava.

Anche nel mio cuore sognavo un mondo migliore.

 

Alberto è stato inquisito, io non più eletto.

La gente, soddisfatta dell’invito all’evento,

apprezzava la qualità delle pizzette e dei dolci.



Il muro del niente

 

Lapo è un ragazzo di vent’anni.

È alto, magro, con gli occhi grandi, talvolta stupiti, talaltra assenti.

È molto, troppo educato, si comporta con garbo e con una certa eleganza fredda e imbranata.

Da anni è stato seguito dalla neuropsichiatria infantile e, ora, per ragioni anagrafiche, dalla psichiatria degli adulti.

Lapo non va a scuola, non fa niente, dorme fino alle due del pomeriggio.

Non è apparentemente triste, né mostra qualche sciatteria, segno di  turbamento o depressione.

Non l’ho mai visto agitarsi.

Ogni volta che lo vedo, mi dice poche parole.

Cerco di instaurare un rapporto più ravvicinato, ma mi distanzia tutte le volte dicendo che “ è tutto normale, va tutto bene”. 

Sento disperatamente, rabbiosamente, che la forza del suo distanziamento è potente, invincibile.

In qualche circostanza vuole regalarmi la finzione di qualche movimento mentale e di miglioramenti, così che io mi calmi, mi allontani da quella irragionevole smania di occuparmi di lui, di capire, di curare.

Non arrivo a conclusioni utili, non vado oltre quello che ho descritto.

Il niente, la finzione, stravincono la partita.

Da qualche parte, se non già annichilite, zittite per sempre, la paura e il dolore cercano inutilmente di farsi sentire.



Viaggio 

 

Un cuscino caldo di carne invecchiata,

pesante, morbida, esagerata.

Interrogativi nessuno,

un fondo di durezza, di estraneità, da viaggiatore.

 

Una capanna di sassi bianchi

isolata lungo crinali di montagne povere,

un focolare, un tavolo di legno vecchio,

pane secco, vino tannico.

 

Il viandante ripercorre all’indietro il suo destino,

tradisce ogni patto con il tempo e le convenienze.

Si lascia in pace e gode.



Le favole di Miriam

 

Quando eri piccola

ti raccontavo la storia di Cecco e Maria Teresa.

Tra di loro un’intesa,

la libertà,

e lo stallone che di notte lasciava il suo branco selvaggio,

si avvicinava allo steccato di casa.

 

Erano amici, delicatamente, inevitabilmente.

Gesti cauti, sottili, occhi brillanti di vita, dei bambini e del cavallo,

che spesso si incrociavano.

E poi camminare, galoppare

lenti lenti o nel tumulto di avventure,

mentre i genitori dormono.

 

I bambini corrono

sotto i raggi della luna, come i raggi della luna,

verso le avventure.

Me la racconti ancora, papà?



Diversi

 

In due successivi guardie notturne ospedaliere, ho visto una giovane ragazza brasiliana, condotta drammaticamente al dipartimento di emergenza dai genitori, che l’hanno adottata dieci anni fa.

La ragazza è alta, atletica. È lucida, intelligente, parla un italiano fluente, chiaro e deciso.

I genitori sono due insegnanti di mezza età.

Sfiorita la signora, rinserrata dentro un aplomb di mamma dolente che non capisce perché il mondo sia così complicato e soprattutto debordi fuori dai suoi confini ristretti.

Il padre, buono e gentile, non ha voce in capitolo.

Si rivolgono con urgenza alla psichiatria perché la figlia adottiva fa tardi la sera, frequenta persone poco raccomandabili, risponde senza rispetto alle loro indicazioni e intimazioni.

Tutto questo, per la signora e suo marito è folle, è incomprensibile, deve essere curato!

La sproporzione fisica tra la ragazza e i genitori è accentuata, ma soprattutto la quantità di energia che le tre persone esprimono. Non è solo questione di età o di ruolo.

I genitori volevano contenere la figlia in una dolce gabbia, adatta per un gattino, da amare ed educare. E invece si ritrovano come figlia una giovane tigre.

L’adolescente è di un’altra categoria e non può essere educata dentro le ristrette regole e valori di una piccola borghesia stanca e consumata, per quanto ancora violenta.

Spiego il mio punto di vista ai genitori che, senza replicare, se la riportano a casa, sconfitti.

O forse pensano che la psichiatria non funziona.



Parole e azioni

Fata cavallo cielo

fallo alce 

falco calafata.

 

Allargo, sgrano le parole, i significati, le narrazioni

e anche il passo della mia corsa.

 

Possiedo un grande campo di terra rossa,

un terreno coltivabile,

da percorrere e da guardare.

E stare senza fare niente, se vuoi.

E fare molto, invece.

 

Approfondire, scavare, ordinare le pietre e costruire muretti,

ripulire e portar via,

levare dal terreno rifiuti di uomini e di animali,

preparare una marcia lunga, una maratona.



Dal romanzo “ togli le tue zampacce dalla mia vita”( non pubblicato)

 

….stanotte ho sognato che scendevo da un declivio quasi pianeggiante.

Indossavo un cappotto morbido di cammello, elegante. Purtroppo sulle mie spalle si vedeva qualche macchia di unto.

Arrivavo in una specie di deserto, proprio un altro pianeta, niente acqua, niente da mangiare.

Animali dalle forme geneticamente modificate si aggiravano tra i cactus.

Erano piccoli, ma pericolosi, la natura aveva scherzato malignamente con loro.

Una scimmietta scacazzava dappertutto, con la faccina triste e le zampe rattrappite.

Non chiedeva niente, come se non ne avesse la forza e la convinzione, accennava piuttosto a un sorriso che appariva invece una smorfia di dolore.

C’era poi una specie di mangusta con la faccia a martello, del tutto inadeguata a cibarsi di piccoli animali o insetti.

Era disperata, inutilmente indaffarata nella caccia che la sua natura profonda le intimava e che per i suoi strumenti deformati, troppo grossolani, risultava ogni volta infruttuosa. 

La forma del suo viso la rendeva inadatta alla flessibilità, a una ricerca più profonda e dettagliata sul terreno, a cui, d’altra parte, tutta sé stessa la induceva. Tuttavia non rinunciava, continuava ad assecondare la spinta genetica, a cercare quello che mai avrebbe trovato.

Un altro animale, una specie di piccolo cane, era gonfio in maniera strana. Sembrava muoversi a stento, aveva un’apparenza tranquillizzante, paciosa, innocua.

Improvvisamente, con una velocità straordinaria che non ti saresti aspettato, ti attacca.

Accadeva dopo che si era ferito ed era diventato sgonfio, scheletrico.

La sua pelle era troppo sottile e bastava poco, una spina, uno strusciamento a pareti dure, una scorticatura casuale, per lacerare la sua scorza e sgonfiarlo, rendendolo pericoloso.

Dovevi temerlo perché, per quanto di piccola taglia, esprimeva, in quei frangenti, una smisurata quantità di stupidità e di odio.

E dunque, in questo mondo pericoloso, dovevo usare una certa cautela, una grande prudenza………………………….



Sorelle

 

L’intelligenza ara il campo dei significati,

delle realtà percepite,

talvolta dure per il gelo, per mancanza d’acqua, o perché troppo sassose.

Le zolle finalmente respirano, disponibili per natura,

in attesa di essere fecondate.

 

La volontà, dietro le spalle della sorella più conosciuta,

sorride compiaciuta, con gli scarponi nel fango.

Lei conosce il suo ruolo in tutta la faccenda.