Giovannina Piras

Poesie


Determinata

Grandi occhi,
un po’ impauriti
un po’ sorpresi.

Una madre
ed una figlia
insieme.

Ferita due volte.
Ferita
che ancora
brucia ma,
con la voglia
e la determinazione
di andare avanti.

Una nuova vita
l’attende,
quella mai
vissuta fino in fondo.

Una voglia
di leggerezza,
di sorrisi
e risate libere.

Di raccogliere
a piene mani
cio’ che le
spetta di diritto
La Liberta’.

 


 

 

Un pizzico di follia

Che mai sarebbe la vita,
senza un pizzico di follia?
Correre a piedi nudi
sulla sabbia calda,
per poi unirsi alla battigia.
Prendere un treno
all’ultimo minuto
per farsi abbracciare
da quell’amore
incontrato per caso.
Lasciare tutto e tutti
con un palmo di naso.
Perché sai osare,
laddove nessuno
può immaginare.
Ed il mare calmo
della sera
quieta l’animo mio
è mi conduce
ad un sonno ristoratore.

 


 

Le barche al molo

Allineate
a destra
e sinistra del molo.
Colorate,
tirate a lucido
o in apparenza
abbandonate.
Il moto
del mare
non c’e
in questo rifugio.
Ma quando
tira vento,
si scatena
una sinfonia
fatta di scricchiolii
di funi e catene,
che vorrebbero andare.
Ma l’ancoraggio
e’ sicuro
e la mano dell’uomo
ha la meglio.

 


 

Due piccole brani estratti dal mio libro “Il colore delle ortensie”

Le pezze del mio cuore

I miei nipoti sono le pezze del mio cuore. Ci penso ogni volta che passo del tempo con loro, ogni volta che incrocio il loro sguardo, ogni volta che la nostra complicità riempie un pomeriggio di giochi e chiacchiere nel salotto di casa. Sono la prova vivente, in carne ossa e sorrisi, che c’è un futuro e che nonostante tutto vale sempre la pena viverlo. Sono la mia forza e la mia gioia e in questi anni essere nonna è stata una fortuna, e anche una benedizione. Tutti gli irrisolti della mia vita tutte le difficoltà che ho vissuto spariscono quando sto insieme a loro. Questi bambini prendono il mio dolore e lo mettono in un angolo, dove non dà fastidio, dove smette di venire a bussare per spegnere il mio sorriso. Sono una fiamma che mi rianima e allo stesso tempo un qualcosa che pulisce la mente e il corpo da tutte le ferite che si porta dietro. Una cicatrice profonda rimane visibile per sempre, quando il taglio è doloroso e violento non si può mandarlo via, ma loro mi fanno dimenticare di essere segnata. Sono un balsamo in cui affondare, un porto sicuro in cui tornare ogni volta che posso, e cerco sempre di fare del mio meglio per farli stare bene quando sono con me. A volte i miei figli mi riprendono perché li vizio troppo, e hanno ragione. Li vizio, li coccolo, senza paura di ammetterlo e non ho intenzione di smettere di farlo. Anche con me ci sono delle regole, ma sono i loro genitori a doveri educare.
Io penso a coccolarli.

 


 

“Non ce l’ha fatta”, mi disse.

Quelle parole mi trafissero, una lama che va da parte a parte, ma feci finta di non sentirle. Rifiutai fin da subito l’incubo che stava diventando la mia realtà. Non potevo credere a quelle parole, per me erano solo una menzogna, non poteva essere vero. Continuavo a ripeterle “Cosa? Ma dove? Cosa? non può essere vero”
Mi sono sentita come Orah, la madre protagonista di “A un cerbiatto somiglia il mio amore” di David Grossman. Avrei voluto camminare intorno alla città, sospesa in una dimensione onirica per provare a scappare da quella notizia tremenda.
Volevo fuggire da quello che mi stava succedendo.