Giulia Aloia - Poesie

Da: “I PENSIERI DELL’ANIMA”– aa.vv. – Versi in volo,  Sensoinverso edizioni –2018

 

DIALOGO

Di Giulia Aloia

 

Dialogo, corsa sfrenata,

gioco di palla su strade sterrate;

metafora straordinaria della vita.

Sinergia, fra centro e periferia,

fra folle infinite di corpi e di visi,

fra tutti gli accenti e i colori del mondo,

fra consistenze di labbra, paura e respiri;

fra storie semplici

e non figlie di un Dio minore,

storie complesse e non figlie di eroi.

Dialogo e si inizia a vedere,

e poi si comincia a guardare, e a capire,

dialogo e la vita scorre,

si ferma di botto senza coglierne il senso,

dialogo e la vita ricomincia e racconta.

Rivela l’insieme di tensione e fusione,

l’oltre della sensibile conoscenza, 

che all’opposto di quanto accade nel vero

guarda dai molti all’uno,

dai diversi all’identico

dalle apparenze alla sostanza

che è il trascendersi del fondamento

e il realizzarsi dei sogni.

Dove trionfa il suo principio

il dialogo si fa via e diventa metodo,

e mai cavalca l’onda

che vuole mutare lo spirito delle cose,

chiudere le porte all’altro e al mondo.

Il dialogo non ha coppe da conquistare

né voci da censurare

ma rispetto da ricevere e dare,

solidarietà da offrire

svolte da operare,                                                                                               

unioni da rinsaldare 

vite da salvare.

Il dialogo è azione e posizione di attesa,

non gioca mai da solo

e nell’urgenza è verità,

non l’apparire del vero.

Dialogo è essere lontani e sentirsi vicini,

è amore disperato e triste 

che torna ad essere allegro;

è sonno divenuto sereno 

che si fa positivo risveglio.

Dialogo è sintesi di valori e costumi

acquisiti nel tempo

che corrono su fili sottili e creano ponti,

pronti a penetrare identità

e ad essere accolti su sfondi unici

di natura, storia, miti e culture.

È sguardo all’indietro,

piede nelle proprie radici

e nel presente proiettato nel nuovo.

Dialogo è l’amico più caro,

è figura d’insieme fra nocciolo e forma.

Non è profumo negli occhi che brucia

ma essenza che si disperde nell’aria,

che armonizza i sensi e sintonizza i cuori.

Dialogo non è spazio arido

o acque profonde che rubano vita,

ma giardino di peonie e camelie,

vivaio di euforbia, di erba cipollina,

aloe, cactus e fichi d’india.

Dialogo è il bene che mi voglio 

per regalarne ad altri: è un loro diritto.

È anima da salvare 

e invito al sorriso a tornare.

Dialogo è la vita che muore 

e  che sempre riprende a battere

a voce alta o appena sussurrata 

o più silenziosa del solito.


Da : “ Le tue parole” – 66 – aa.vv.- Pagine s.r.l. editore – anno 2020

 

Giulia Aloia

 

Tacita è la natura

 

Tacita è la natura 

e il buio che la contiene.
Il silenzio parla 

quanto più lo ascolti,
se anche tu ti fermi…
Mai la natura si perde,
mai essa smette di comunicare
poiché quanto più contempla 

è contemplata.
Arricchisce, il silenzio, 

le valli e i monti,
e le acque assetate di sponde;
abbellisce la coperta di filigrana 

che copre ogni lembo di terra 

e ripara.
Anche il mio cuore è quieto;

nonostante le ferite

non rinuncia a credere, 

a sperare di rinascere, 

non riesce a dormire.


 

 

Aspettando Natale

 

È sull’imbrunire, non posso fare a meno 

di guardare, salutare il giorno che scompare 

nell’atmosfera della luce tenue e diffusa.

Maestoso, in fondo, il grande abete

aspetta d’essere incoronato per la festa

del Celeste Evento e, ai lati, timidi nespoli 

mostrano i fioriti rami di grappoli d’uva 

al contrario, ignari di fare anzitempo primavera; 

a capo del solstizio d’inverno offrono corolle 

latte e miele, regalando agli increduli sguardi

l’incanto del volto seducente della valle.

Ma sono i più resistenti che a dicembre 

distribuiscono doni, generose elargizioni 

di bacche che ornano le nude cime

e trionfi di rosso fogliame che, come coriandoli, 

dopo aver fatto una serie di capriole nell’aria,

cadono sulla terra umida 

per riprendere ancora il volo, 

viaggiare nel presente e catapultarsi nel futuro.

Guarderò  i loro giochi aspettando Natale,

imparerò da loro la leggerezza, ma anche 

le spinte, le strattonate, la pesantezza; 

e poi, infine, il desiderio di pace, 

lasciandomi sorprendere 

dall’antica pianta che sempre rinasce.    


 

 

Farfalla bianca

 

Farfalla bianca, essenziale presenza,

voli leggera anche quando sei triste

e pesante è intorno la vita.

Sei tu ignara?

Voli per i cieli azzurri, non ti fermi;

voli senza temere ciò che incontri.

Voli tu per mari sconosciuti, 

ma dimmi, dove ti posi, 

dove fai riposare le tue ali?

Senza sosta e sfinita 

vai per la tua meta, segui la tua rotta

senza curarti della temporaneità

e dei temporali.

Forse è la foresta più lontana 

il tuo luogo, il tuo approdo, 

dove di nuovo sotto il sole,

raggiunta la frescura, 

deponi le tue uova.

Dovrai sorvolare ancora cieli 

e acque prima di tornare a casa, 

e solo dopo potrai avere negli occhi 

la bellezza e la gloria del viaggio.


 

 

Oltre l’odio

 

Fiduciosa, osservo la mano che tesse e intreccia 

le trame dell’edenica visuale; 

vorrei carpire il segreto del destino dell’uomo, 

delle cose e del mondo, in questa terra di luci 

che svela sempre più zone d’ombra; 

m’affascina il mistero dell’altrui volontà.

Messaggere sempre in volo, le “ farfalle gialle”

tornano sui luoghi sacri e sofferenti a sorvolare i fili

spinati, a lenire il grido di dolore dei senza nome, 

delle casacche a strisce, e a fecondare la labile 

memoria di chi quel grido non l’ha mai conosciuto, 

ascoltato, o peggio l’ha vissuto e taciuto.

Tornano a “Ferramonti” dove l’urlo è stato accolto 

e arrivate qui, nella valle, gli occhi vivono l’incanto.

Dai fichi partono a raffica razzi e piccoli aerei, 

sono le foglie palmate che si alzano in volo

per riatterrare veloci e pesanti senza prendere quota.

Ma a rallegrare il cuore e ad inebriare la vista

sono i rami nudi dell’albero della pace

traboccanti di loti, nobile boccone per colombe 

e corvi, fringuelli e falchi fra ronzii di vespe e api.

Si ritrovano insieme sull’albero della condivisione

a rianimarlo con il loro chiacchiericcio,

e a godere della provvida offerta per riaccendere 

a giorno il buio dei campi dell’orrore 

perché non torni mai più un orizzonte di ceneri.


 

 

Vite paraboliche

 

Racconto di luci e ombre senza censure,

luminosa, scura, parabola d’ogni uomo.

Scoperta arcuata di un tempo largo

tra infanzia e maturità di volti, 

di significativi frammentati pensieri, 

di una gioventù che annaspa pietrificata

o sbiadita nel disordine sociale dell’oggi;

di vite prive di conforto, prede di facili 

mali, che non vedono albeggiare, 

nel silenzio della pace notturna,

quella luce nascosta

capace di creare moti interiori, sussulti, 

che ravvivino il cuore e lo disgelino,

creando nuovi patti d’avvio 

e di confine fra realtà e sogni.

La vita ch’è ancora davanti, 

promette labili speranze 

e scacciar vorrebbe la malinconia; 

ma la tristezza avvinghia, prostra

e abbozzando un vago sorriso

mantiene gli occhi lucidi 

per la presunta gioia, 

in risposta a quel grido di dolore 

che ancora dentro vive, 

e che il desiderio deve spodestare

per tornare ad una dignità piena. 


 

 

Guardo il cielo buio

 

L’ultimo sentire del giorno 

lo portiamo a spasso la sera, 

e poi, felici, arrabbiati, delusi 

lo mettiamo a dormire con noi.

Non c’è bellezza senza mistero.

Gioia o dolore in prospettiva

è bellezza che trasuda,

levità, grazia, oscenità, 

illustri compagne di viaggio.  

Guardo il cielo buio

e questa sera non ha stelle;

porgo l’orecchio, 

ascolto il suo lamento

che amplifica la distanza

e apre all’infinito più lontano

dove l’occhio si perde, 

l’anima si placa

e danza nello spazio siderale. 

In quel grigio-azzurro

dove la musica rallenta il ritmo, 

e nella quiete cuce ghirlande 

di parole perché diventino stelle,

dove il mio cuore  possa tornare

a consolarsi, e gli occhi vivere 

di luce intensa.


 

 

Pulsa il cuore

 

Pulsa il cuore del mondo, pulsa il mio cuore 

e il desiderio di vederli battere all’unisono 

nella vastità che li contiene.

Quando guardo e sento ciò che attorno gira,

un rapimento avvolge l’esser mio 

e urla dentro a squarciagola

da far rifiorir nel petto morenti pensieri;

e quando mi nascondo al mondo 

non è perché temo gli occhi suoi, 

ma perché voglio ritrovar l’anima mia

e ascoltare il suo silenzio. 

Ho bisogno di guardare nel mio pozzo fondo

per trasformare in forza e amore la paura,

ricercare quel battito che tranquillizza 

e asciuga il sudore dalla fronte, 

ridona sorriso alla bocca  

e fa tornare  radioso il viso

rendendolo nuovamente umano.

È difficile parlare col silenzio, 

con la bellezza che muta profili e forme

e cede le armi della bontà all’avarizia, 

ma quando accade, le mie mani sono colme 

di bene e posso guardare con occhi nuovi 

il mondo, perché sono il primo amico 

da salvare e amare.


 

RUBO IL TEMPO AL TEMPO    (di Giulia Aloia)

 

Rubo il tempo al tempo

per frugare nella coscienza dell’uomo di oggi

e coglierne l’essenza; 

quella che sa di umanità ma non trasuda.

Rubo il tempo al tempo 

per cercare di capire, 

lontano da qualsivoglia solitudine, 

su quali principi, nobili aspirazioni, 

sostanza e fondamento 

possa imperniarsi un nuovo umanesimo.

Rubo il tempo al tempo 

per darmi ancora tempo, tempo nuovo, 

quello che mi porta a dormire la sera

e poi torna a tenermi sveglia; 

quello che mi vive dentro, 

che mi viene regalato, e il tempo dato. 

Rubo il tempo alla Valle 

per tutto il tempo che la guardo

e che lei ricambia con occhi grandi, bugiarda,

civettuola e stanca, proprio come me,  

mentre attraversiamo insieme, 

con lo stesso respiro, tutte le stagioni. 

Rubo il tempo ai pensieri 

che, come spilli e aghi, 

vorrebbero cucirmi addosso, 

ogni volta, un vestito nuovo;

e a quelli che vorrebbero inchiodarmi

per mantenermi ferma.

Rubo il tempo alla malattia di turno 

che di tempo non vuole perderne;

che nel corpo ha costruito casa, 

ma sfianca anche la mente.

Rubo il tempo al tempo 

per parlare alle stelle nel cielo, 

puntare col dito alle più fioche 

per chieder loro di non morire; 

poi con l’occhio puntare alle più vive, 

per seguirne la tremula luce

e perdermi nel loro brillio.

Vagare tra forme, cercare una scia, 

acchiappar con la mano la stella che cade. 

Rubo il tempo al tempo 

per far compagnia al sole, offrendogli il  viso 

quando fa capolino fra le nuvole

prima di tuffarsi nel suo letto, 

con un gran tonfo nel Tirreno.

Rubo il tempo al tempo 

per  specchiarmi di notte nella luna;

lei che sa dove andare, 

lei che sa ritrarsi o darsi negli spazi grandi

o negli angoli più angusti e bui 

che fa belli  solo il suo lume, 

rende unici solo il suo fascino. 

Lei  che corre insieme all’ululato del vento

e all’ululato del lupo, 

per rincorrere le acque di rivoli e fiumi

e specchiarsi nell’ acqua profonda del mare,

per riaffermare ai miei occhi

e all’universo che guarda

la forza misteriosa del ritorno alle origini.

Rubo il tempo a mia madre ch’è  sola,

ai miei cari tutti, agli amici;

rubo il tempo a mio padre che è lì ,

sdraiato nel non tempo

e vive la sua rinascita, la sua nuova alba.

Rubo il tempo allo specchio 

che non sa più regalarmi un bel profilo, 

perché troppo fedele al ricordo originale 

e non riesce a sfumare la figura; 

la trattiene pesante, 

materica e materna qual è, 

inappropriata all’insonnia dei tempi.  

Rubo il tempo al tempo

per tenere unito ciò che non può essere diviso,

corpo e mente, 

quell’io che chiede gambe per andare 

e libertà  per riprendere fiato;

che sa portare pesi 

e dividerli  su entrambe le mani, 

dare con l’una, senza cercare nell’altra il pieno. 

Regalo tempo al tempo 

per il tempo perso o sprecato, 

per riparare il torto fatto ai miei figli, 

nella frenesia di attese , di vite a limite, 

e per aver scelto liberamente 

di donarlo ad altri sottraendolo a loro.

Regalo tempo al tempo

per offrirlo a me stessa 

per il valore che ha, che gli do, 

che vorrei gli desse il mondo intero; 

per la pace che vorrei gli fosse affidata 

da popoli e nazioni,   

perché fosse custodita nel suo grembo.

E se di tutto quel che intorno accade, 

ne restasse un po’ nelle svuotate teste

non dovremmo più attendere

altre rivelazioni di pensiero; 

i germogli di un nuovo sentire

avrebbero gambe già fra queste genti.

Ogni volto avrebbe carpito già i segreti, 

ogni sguardo avvolgerebbe la persona, 

ogni voce parlerebbe a mente e a cuore, 

saprebbe di dolce e amaro, d’aspro e di  salato, 

mostrerebbe unicità e universalità d’intelletto

di un io in accordo con le sue diverse anime.

Rubo il tempo al tempo

perché ci  regali un umanesimo vivo 

e non imbalsamato, 

che goda di trame sonore, poetiche e reali;

che cresca sulle vie della consapevolezza

e della spontaneità del bene, 

coltivi il frutto della meraviglia 

di una terra maltrattata e rifiutata,

perché ogni uomo possa aver restituito 

il senso vero smarrito delle cose.

Rubo il tempo al tempo 

perché pur sembrando una scatola vuota 

 è sempre piena e traboccante 

di quel che ogni sé ci mette dentro, 

percorrendo facili o scomode vie 

fra realtà e metafisica, speranza, cecità,

concretezza e autodeterminazione.

Fin qui, il sogno coltivato sa di evanescenza 

e aspetta che ogni uomo mostri quel ch’è 

nel guadagnarsi la felicità; 

se arriva col dialogo fra l’ esperienze delle virtù, 

fra la diversità delle conoscenze, per straniamento; 

o se, la conquista, è fra istintività e razionalità.

Rubo il tempo al tempo 

perché è  mattone che unisce e divide, 

perché nasce, vive, si sazia di bene, d’amore, 

cede all’odio, al dolore e cieco si dirige dov’è spinto

finché saturo di male, subito, inflitto, scampato, 

cade, ed è rovina, guerra, e solo in sé stesso rivive,

dopo essersi alienato da ricordi e morte.   

Rubo il tempo al tempo

perché è nettare che nutre, nettare mancante, 

unico modo per dare tempo alla vita; 

affinché non restino mute composizioni 

queste incolonnate, nel roboante sedato silenzio 

e la delusione duri solo il tempo di un sospiro.

Rubo il tempo al tempo 

perché è capace di racconto 

aldilà delle vite che lo attraversano.  



Da: “ Rosa ” – aa.vv. – Versi in volo, Sensoinverso edizioni –2017

 

SE TI GUARDO

 

Se ti guardo

non il nome,

ma il viso suggerisce fiore,

sorgente d’acqua pura,

giovinezza;

bocciolo che racchiude

il meglio della vita,

autentico boccone di bellezza,

puro gusto,

toccasana di colori vivaci e buonumore.

Se ti guardo

non il viso suggerisce amore,

ma il profumo intatto della vita,

aria tersa,

estro che esplode,

fuco marino,

germe di grano,

olio d’agrume,

fior di gelsomino. 

Se ti guardo

non il nome,

non il viso,

non il profumo intatto della vita

suggerisce amore,

ma l’innocenza consumata 

accompagnata da parole e gesti

ancora in volo.