Giulia Nero - Poesie

Echi di follia

Ogni mattina, appena sveglia,
sento un brivido attraversarmi il corpo:
un’eco, un sussurro,
mi accarezza l’anima ed io,
assuefatta,
lo lascio scivolare in me come una biscia,
lesta e silenziosa.
La finestrella nella mia mente è socchiusa,
passaggio sempre aperto, per lasciarli entrare:
i demoni che dalle mie cellule si originano,
che sento nelle mie membra riprodursi copiosamente,
nutrirsi dei vermigli fiori nelle mie vene,
e trovare dimora appena dietro i miei occhi,
celati all’altrui coscienza dalle due vitree superfici.
Adesso sono lì, al sicuro,
ed io, loro creatrice,
custode e padrona,
lì accolgo,
ne traggo il mio sostentamento.
Ed ecco che finalmente,
torno a respirare.

 

 

 

Icaro

Ho bisogno di uno slancio inaspettato
che mi salvi dalla mediocrità in cui sguazzo costantemente,
consapevole e sofferente.
Questa melma mi incolla il corpo,
immobile,
mi stringe la gola,
mi ottenebra la vista,
mi corrode le ossa
e dentro di me li sento,
tumultuosi,
che si dimenano:
chiedono di uscire.

Sogni lucidi
Viaggio da sola,
persa fra le innumerevoli,
identiche siepi,
fra le pieghe rugose,
che si attorcigliano in fitti grovigli.
Niente picchi,
niente abissi,
solo distese uniformi,
combinazioni sistemiche.
Suoni sordi,
ninnenanne sommerse,
il silenzio.
Niente luce,
niente ombra,
solo nebbia,
Sottile, candida e opaca.
Non sento più il suolo,
ma vi sono a contatto.
niente profumi,
niente miasmi,
solo il mio respiro inodore,
lento,
non più caldo,
non più freddo.
Sono immobile,
paralizzata,
allucinata.
Sono sveglia.

 

 

 

Piromania

Lo sento,
il mio corpo sta bruciando dall’interno,
le fiamme divampano,
sta per scatenarsi l’incendio.
Ma all’esterno,
oh! tutto è fermo,
freddo al contatto.
Inerme,
guardo la vita scorrere,
scivolare via dai miei occhi,
traboccanti di passione,
di incendi mai domati.
Sono una piromane travestita da pompiere,
inadatta a entrambi i ruoli.

 

 

 

Meccanismi illusori

Fragile è la mente;
specchi,
un labirinto contorto di specchi,
dove un’immagine si moltiplica all’infinito; sempre identica,
Eppure mai uguale a se stessa.

Prospettiva, illusione o verità?
Tutte o forse nessuna.
Così è la mente;
quando gli specchi cadranno,
anche lì, nel nulla,
lei insinuerà il dubbio che il nulla sia veramente nulla.

Ma non è forse l’uomo un eterno pellegrino del dubbio?
Oscillante,
in bilico lungo il filo invisibile,
passante per la punta del suo naso,
in mezzo ai suoi occhi,
in mezzo alla realtà,
in mezzo al vuoto.

La mente è fragile si,
quanto straordinaria,
inconoscibile,
irriproducibile.

 

 

 

La mia luna

Curiosa è la mia luna,
che conferisce tanta importanza ai dettagli;
li fa risplendere nell’ombra,
dove la sera li costringe,
troppo avida per non stringerli nel suo sinistro abbraccio.
Ma la mia luna,
oh, lei non cede il passo alle tenebre
che tentano di inghiottirla.
Pallida guaritrice,
lenisce,
col suo flebile tocco,
le pene dell’anima e salva ogni cosa dalla cecità,
dall’oblio,
causati dal buio,
donando il suo tiepido bacio ai pellegrini sperduti.
Volubile è la mia luna,
incarnazione della mutevolezza della vita,
rotta prediletta dai sognatori,
disadattati della realtà,
evasori dell’abitudine,
della staticità.
Gentile è la mia luna,
instancabile nocchiere della mia anima,
la conduce dolcemente
fino al momento della sua lunga notte.

 

 

 

Riflessi

Due occhi,
come finestre aperte sul mondo.
Come fari illuminano, osservano, scrutano.
Specchi, fatti di vetro colorato,
nei quali l’anima si riflette.
Catturano immagini,
intense fotografie di meraviglia:
una vita che nasce,
un sole che muore dietro le onde,
una foglia che cade,
un bacio rubato.
Intrappolate ed impresse nella mente.
Frangenti di tempo vissuto,
attimi,
piccoli fotogrammi di vita
attraversano questi occhi,
testimoni unici di bellezza.
E loro,
affamati,
sognano.

 

 

 

Anestetico

Chiusi gli occhi le immagini iniziano a scorrere,
vorticano nella mia testa senza tregua,
mi pervadono,
mi seducono,
mi sedano,
ed io vengo lasciata indietro.
Sono in balia di me stessa,
il contorno diventa sfuocato,
una voce mi chiama?
Non la sento più.
Forse sto urlando?
O sono muta?
Non lo so più.

 

 

 

Il suono del tempo

Ci sono quei giorni muti,
messi in pausa.
Ogni respiro,
ogni pensiero,
porta con sé il vuoto.
La ricerca è estenuante,
frustrante,
poiché non vi e nulla,
nulla di vero,
nulla di alieno perfino,
solo il nulla.
E tu sei lì,
faccia a faccia col tempo,
con quel maledetto orologio:
tic tac,
martellio insistente,
ti strazia le orecchie,
ti rompe l’anima,
ti confonde,
fino addirittura a cambiare il suo andamento.
O forse sei solo tu che hai smesso di comprenderlo.