Giuliana Aversano - Poesie

Il Mare.

 

Guarda il mare, guarda com’è nitido,

guarda il sole e la sua luce, che accarezza la cristallina superficie

come due amanti che si toccano per la prima volta.

Guardalo lontano. Immenso. Silezioso.

Guardalo e sentirai il suo profumo salmastro, che sa di buono e di nostalgia.

Il mare, verità di un fato superiore e forza incontrastata

guardalo e chiudi gli occhi, sentirai il buio,

niente ti sembrerà più vero.


 

 Seta.

 

Parlo dei tuoi occhi. Che sono i miei preferiti.

Sono velati da un panno di seta, nascondono tanto

la tristezza della gioventù, la rabbia della vita che non va come deve andare,

la paura di un futuro incerto, la solitudine di un luogo che non ti appartiene.

Io li guardo i tuoi occhi e un po’ sotto quel velo rivedo me stessa.

Perciò guardami, e parliamone, perché quando sorridi il velo si alza

ed è la bellezza dei tuoi occhi che rende tutto il resto veramente grande.

Come la luce del sole in una giornata di primavera.


 

 Il futuro da dietro una finestra.

 

Vedo il futuro da dietro una finestra, il vento soffia ed il cielo è terso

Nuvole come panni sporchi stesi al vento ad asciugare.

Osservo il mare in lontananza, che brilla di sole, come fosse cosparso di argentee stelline,

Si stente il suo odore, si sente il suo canto,

E come in una fotografia cerco di imprimere ogni singolo particolare

Poiché un giorno quel mare diverso sarà, intriso di una nostalgia che solo il tempo

Potrà portare.

 

Il tempo che crudele imprigiona tutti, a volte troppo poco, a volte troppo lungo,

Momenti che finiscono così in fretta

Quasi fossero un battito di ciglia

e momenti che sono infiniti; intrisi di paura e di rimorsi.

 

Vedo il futuro da dietro una finestra, il cielo è carico di nuvole nere, scure come il carbone, e fredde di neve

Lo vedo sfocato, incerto, forse inesistente

vedo la tristezza di un mondo che non sarà il mio

Vedo la sfiducia verso le persone, la paura di perdere quelle più care.

Il futuro che è come il colore grigio; non mi apparterrà.

 

Adesso è sera, i grilli cantano la loro ninna nanna

Le stelle nel firmamento sono lentiggini sul volto di una donna, e la luna è uno spettacolo per pochi

Pochi eletti possono sentire il suo canto

Poche anime la ascoltano.

Le lucciole illuminano la vita

di una notte d’estate che lascerà il posto ad un’ altra alba

Che lascerà il posto ad altri dubbi, altri timori

Eppure un po’ al futuro non voglio pensarci

Poiché per questo tempo il presente è mio

Un presente clemente e un po’ dolce d’amore

E a me piace questo presente.


Cilento.

 

La luna è uno spicchio d’arancio,

la guardi e lascia un sapore amaro

di sogni catturati, lacrime e

e amori infranti.

Eppure è bella la luna, turgida

bacia il mare da lontano

due amanti che si guardano e si sognano

senza potersi mai toccare.

Sotto il cielo splendono luci

che sanno di presepe,

case arroccate su montagne e

quel sapore d’antico nell’aria

quell’odore di legna

che ti riporta nel cuore

la nostalgia di un camino a casa della nonna.

Il mare ti guarda dentro

sussurra parole che solo tu

sei pronto a capire

ma delle volte non lo sei e

la sensazione d’immenso ti sovrasta,

eppure immobile rimani a cercare di sentire

l’infinità dello splendore che

ti si apre davanti agli occhi, che li fa lacrimare

un po’ per il vento, un po’ per i ricordi.


La sedia.

C’è una sedia su un balcone tutta sola.
Mi chiedo se la notte le porti compagnia.
Come una vedova sconsolata osserva le stelle e piange.
Ma lei non sa che anche le stelle piangono, che cadono nel vuoto e non tornano più indietro.
C’è una sedia su un balcone tutta sola.
Una vecchia signora la osserva
E lei guarda il cielo scuro
Aspettando.
C’è una sedia su un balcone tutta sola.
Lei non sa che è la solitudine a rendere le persone ciò che sono.
Lei lo sa che nessuno tornerà a prenderla.


Domenica.

 

Guardo le mani di mio nonno

vecchie di vita, rugose e venose

la storia che portano sopra è lunga

sofferta, storie su storie di un cantastorie

che attraverso un pianoforte o una fisarmonica

le racconta, le canta e si emoziona.

Note in una domenica mattina che

danno un senso ad un giorno in se triste.

Guardo le mani di mia nonna che sono sottili

affusolate, ricche di amore per un uomo

per i figli, per i nipoti, per la vita

che hanno tenuto in braccio

un istinto di protezione e di maternità

che lava ogni peccato.

Guardo gli occhi di mia nonna

sono vitrei e un po’ spenti,

eppure nascondono un verde acceso

vedo la sofferenza di una vita troppo crudele

le mani che non possono più cucire

la frustrazione della vecchiaia.

Vedo che però ci sono giorni felici,

lei sorride, sembra aver ritrovato la pace

parla in dialetto e ride

e tornano i vecchi tempi,

e tutto profuma di spensieratezza

di una nostalgia infantile

che il tempo purtroppo ha spazzato via.


 

Il momento.

 

Intenso è stato il momento

in cui un fiore si stava staccando dal suo ramo

viola e profumato

il vento lo toccava con lentezza quasi esteneuante

e piano piano lo sradicava dalla sua radice.

Intenso è stato vederlo cadere

con pensantezza sbattere al suolo

quasi fosse stato di pietra,

morto giaceva su un pavimento di cemento

lontano dal calore della terra.

Strappato via dalla vita per

aver permesso al vento di baciarlo.