Assenza
In giorni contrastanti,
rimescolando sangue e linfa,
grido al mondo la mia essenza:
quattr’ossa nevrotiche d’uomo.
E non basta il mirto o il ginepro
a dar sapore alla mia vita,
vivido carcere di periferia.
Ricordo le tue mani
quando posavano sul mio petto
come velluto bianco nel cuore.
Or riposa il mio spirito giovanile
come un timido fuoco tra la cenere.
Attesa
Tenero è il canto
del ciliegio fiorito
quando dischiude
il bianco fiore alla vita.
E’ la primavera dei miei sentimenti
e lontane sono le nubi
cariche di tenebra.
Sul ciglio della porta
attendo il tuo ritorno
mentre il mio cuore tace
come un viandante
che passeggia, solo,
all’imbrunire.
Chiedilo al gallo
Chiedilo al gallo
se il Cristo è risorto
o se fu Pietro a rinnegarlo.
Lui saprà darti spiegazioni,
quando nel cuore della notte
il suo canto risponderà
alle tue domande più segrete.
Chiedilo al gallo,
alla sua cresta appuntita,
ai suoi lunghi bargigli rossi
se la notte si nutre di desideri proibiti
o se l’alba sopisce i pensieri più tristi.
Chiedilo al gallo
che fa ritorno al pollaio
se il nuovo giorno porterà con sé
un grande amore,
un velo su cui stendere
le labbra socchiuse degli innamorati.
Il tuo cuore è un eremo
T’amo mia Musa
come il mare che culla
incessante e fedele la battigia.
T’amo perché sei dolce
come le sinuose pose delle colline;
t’amo perché sei eterea
come le sabbiose dune del deserto;
t’amo perché sei fiera
come le montuose vette del nord.
Il tuo cuore è un eremo
silente, pacificato, immortale.
Meravigliosa creatura
fa che io possa abitare
questo tuo incensato tabernacolo,
bagnare le mie dita
nell’acqua santa della tua sacra effigie.
Nel bosco
Nel panico del bosco
riecheggia il mito
che ha sembianze
di chiome e di foglie morte.
Il satiro mesce
il suo sangue nelle coppe
come animalesca apoteosi dell’estasi.
L’uomo nudo brama la terra
come sua vergine sacrificale.
Giocano le ninfe
nell’ebbrezza totale.
Psicosi
Strofe poetiche
di un rosso scarlatto
vibrano sulle mie labbra.
Furiosi pensieri
come serpenti
avvolgono il mio corpo.
Miele velenoso
è il morso
della mia mente,
uno spasmo che
torce il ventre
e le ginocchia piega.
Non so dire
da quali universi
piombi il male.
Io sono un cavallo brado
che corre per la vita
senza una meta.
Sepolcro
Sotto un sasso riposa,
come un fiore sul sepolcro,
l’eterna voce della solitudine.
Come un pescatore, il Tempo
imbriglia con le sue reti
i giorni della fatal quiete.
Terra natia, raccontami le notti
in cui feci ritorno alla tua carne,
di quando le spoglie mortali
lasciai al loro canto.
Chitarra
E’ il mese di Maggio
e le lucciole tornano
con i loro bagliori.
Lunghe giornate
passate in solitudine
ad ascoltare
il rintocco delle campane.
E’ il mese di Maria,
l’inizio di una nuova allegria.
Ma il mio cuore
è spento,
non si dà pace.
O chitarra,
mia unica compagna,
il tuo suono mi riporta
alle passate stagioni,
quando ancor dolce
era il verso dell’usignolo.
Non so dirti perché t’amo.
Forse perché le tue corde,
riecheggiando nella mia mente,
dei tristi affanni
mi dan sollievo.
O forse perché tu,
compagna fedele,
niente chiedi
ma grande è la tua parola.
Le mie mani scivolano
e le tue corde vibrano
sotto l’ardente ritmo
della melodia.
O mia chitarra,
tu che hai fatto di me
un celibe apostolo della trascendenza,
rendi sereno il mio respiro,
nutrilo di gioia
e di profumi sopraffini.
Non stancarti delle mie carezze,
delle mie serenate
e dei miei vezzi.
Non illudermi,
né di giorno né di notte,
ma fa che io possa vivere
ogni volta
il tuo lieve ed eterno canto.
Il Mare
Distesa azzurra
che va verso l’infinito,
culla natia dell’umana gente,
sale della terra.
Dalle tue acque
nacque Venere,
per la tua ira
t’appellaron Nettuno
e del confine antico
delle colonne d’Ercole
le tue gesta il Poeta cantò.
Dimmi, o mare,
quante navi
solcano il tuo passo
e quanti marinai
sfidano il tuo corso?
Sei forse tu il padrone
del destin di ogni viaggio?
O son le stelle
che ti accompagnano
a decider del nostro passaggio?
Tu che hai fatto
del Pescatore
la pietra del Cristo,
tu che hai reso immortal
il naufragar dell’Ulisse,
tu che a Colombo regalasti
le terre delle nuove Indie,
dimmi,
qual è il segreto dell’onda
che s’infrange e risacca
senza sosta?
E’ forse il quotidian
logorio dell’uomo
che si affanna senza fine?
O è forse, dunque,
il metodico confluir
della vita nella morte?
Non ti chiedo altro
se non un battito d’ali
sul tuo ventre piatto.
Luna
O Luna, stanotte
mi sei apparsa
con il tuo sfolgorante
volto di giada
e d’oro prezioso.
Nel tuo vessillo
il volto di un monaco,
dedito ad una mistica
lieve e sublime,
io rivedo.
Lo scrigno che tu disveli
è pieno di gioie luccicanti
e di versi segreti.
E non basterebbe l’arguzia
di un abile matematico
a contar le grazie
che ai passanti tu offri.
Né tanto meno
il sottile discorso di un retore
potrebbe lusingarti
e superarti in misericordia.
O mia dolce Luna,
che risplendi sul mio volto
e che togli il fiato
a chi ti ascolta,
donami la saggezza,
l’intelletto e la sapienza,
assicura al mio cuore
e alla mia mente
le chiavi che conducono
alla fortezza.