Le ali dimenticate
Ho visitato gli abissi profondi
in cui ci si infanga a tal punto le ali
che il risalire è un’impresa assai ardua.
Sento i miei mostri agitarsi
consapevoli dei cedimenti dell’anima
avidi tiranni affamati d’ogni residuo barlume di coscienza.
Accovacciata nel buio
temo lo smarrimento e l’oblio.
Una Voce mi parla
è un suono antico
di lontani paradisi perduti
mi tiene sveglia, mi dà la Forza.
E’ quella parte in cui un vago ricordo permane
che trascina la me pesante e pigra,
aggrappandosi alla scivolosa parete verticale dell’esistenza.
Forse un giorno ricorderò di avere le ali
e saprò usarle.
Lascerò per sempre il mondo dell’ombra
compiendo il volo nuziale
per attirare la mia vera Natura.
Regressione
Distesa su un divano
con sopra il viso un bianco sudario
sprofondo consapevolmente
in un tempo diverso e in un diverso spazio.
Le immagini arrivano,
forme e colori stranieri
mi invitano ad oltrepassare
il filo spinato della ragione
per abbandonarmi al più sfrenato atto creativo.
Rivedo me stessa nel cicaleccio di un’altra vita,
nelle scomode immagini di un agire
di cui ancora porto i segni,
posso aprire e chiudere porte a mia discrezione.
Il coraggio, a volte, ha bisogno di tempo.
Voglio essere svegliata
Voglio essere svegliata dal tocco leggero
delle Tue dita di vento,
dal tintinnio purissimo dei Tuoi sonagli di luce,
accordati dal Cielo.
Mi solleverò attonita
dal letto della prolungata incoscienza
per cantare inni di gioia ritrovata,
per lodare bellezze a lungo celate ai miei sensi.
Impugnerò lo scettro,
sovrana alla mia stessa esistenza.
La coppa capiente traboccante d’ambrosia,
dell’Amore che in me hai riversato,
sarà assaggio di umori divini
per il viandante assetato che sosterà alla mia casa.
Nella verginità ricordata
Ti sarò eternamente fedele.
La Verità, come anello nuziale, adornerà la mia mano
mi sarà compagna a ogni passo.
In un mattino terso
brulicante di odorose promesse
la nebbia opprimente e illusoria verrà diradata.
Coperta di veli celesti varcherò le porte di Avalon.
Quando eravamo onirocriteidi
Quando eravamo onirocriteidi
si aspettava che giungesse la notte
e con la notte il sogno.
Distesi su morbidi velli
a formare una stella,
teste vicine
e gambe come raggi di sole.
A quel tempo conoscevamo le leggi.
Nel sonno sveglio e consapevole
il Divino trovava una breccia
per oltrepassare lo stato di coscienza ordinario
e la connessione diventava possibile.
Terra di Belpassaggio
Terra di Belpassaggio
il tuo antico nome
vibra di sonora armonia
evoca ridenti colline
e ruscelli che cantano.
Forse così apparivi
prima che il ventre della montagna
si liberasse del suo orrido peso.
Ora i miei occhi vedono
immobili onde di pietra spenta
che segnano di rughe il tuo volto.
Qua e là
come biondi capelli appena lavati
profumate ginestre inebriano il mio olfatto.
Alberelli d’ulivo ancor giovani
si offrono al becco della colomba
che volerà dopo il diluvio.
Solide querce
rivelano con le loro chiome
la forma della tua essenza di Madre.
Terra di Belpassaggio
assolata e ventosa
ti sento gravida.
In te cresce un seme fecondo
che aspetta con pazienza
il compiersi dei giorni.
Quando il tempo verrà,
come calde lacrime di gioia
che liberano un felice segreto,
si romperanno le acque
e il figlio che porti nel grembo
vedrà la luce del nostro padre-sole spirituale.
Lode al piano di Dio per noi briganti di passaggio.
L’isola del Tonal
Sono nata in quest’isola
fin da piccola me l’hanno raccontata.
L’ho studiata sui libri
l’ho visitata nelle mie fantasie
l’ho amata
per lungo tempo ho creduto fosse la mia unica casa.
L’orizzonte era là
oltre il mare luccicante,
misterioso e invitante,
mi richiamava a sé.
Allora ho attraversato il mare
posato i piedi su terre nuove
incontrato uomini e cose
assaggiato il mistero….
E ancora… ero sull’isola
ancora un oceano tra me e l’orizzonte.
Poi un giorno
una Voce mi invita a scavare
“Per andare oltre l’isola
è nel profondo che bisogna guardare
trovare il tesoro
nascosto in un posto segreto
da lontanissimo tempo.
Come resistere a una tale promessa!
Sto ancora scavando,
a mani nude.
Le unghie si rompono
gocciola il sangue
ma continuo a scavare.
E ancora la voce mi dice
“non fare”
sospendi il dialogo interno
cancella l’idea che hai del mondo
dell’intero universo
financo l’idea che hai di Dio.
Difficile…
La mente, come un treno ad alta velocità
corre su binari consueti e sicuri
non prevede deragliamenti
fende l’aria
lasciandosi dietro
forme di pensieri erranti
che mi cercano come fanno i segugi con l’ambita preda
fino a stanarmi,
fino a stancarmi.
Ma nel sogno il pensiero si placa.
Posso allungare la mano
posso sfiorare l’indicibile.
Benedette le notti!
Tutte le notti,
le notti dell’anima,
le notti che seguono al giorno!
Solo l’oscurità può spingermi
a cercare una luce che guidi i miei passi.
Direzione….? Nagual.
La grande falciatrice
Perché chiedete di mio padre?
Non vi ho mai parlato di lui
non conoscete il suo nome
non è di lui che chiedete ma della morte.
Volete carpirne i segreti
prevenirne le mosse
allontanarne il terrore
cercando barlumi di speranza nelle storie degli altri.
La grande falciatrice ci osserva
imprevedibile e discreta
non manca mai l’appuntamento.
Solo la certezza della continuità della Vita
dà senso e dignità al misero disfacimento dei corpi.
Per quanto tempo ancora
Per quanto tempo ancora
la pioggia scivolerà sul cuore
scavando solchi come su un campo d’arare?
Nella sacca del contadino i semi,
generosi e fecondi, cercano la sua mano
frementi di vitalità e fede.
Sperano di cadere nella piega accogliente dove annidarsi tepidi
e in primavera,
spingere la nuda terra orizzontale al Cielo.
Le foglie dell’albero del Rosario
come paracaduti ingialliti
lasciano la sicurezza del ramo
galleggiano nell’aria
ritardano l’appoggio
temono di adagiarsi su terre sconosciute ed oscure.
Il tepore inconsueto inganna la natura
sospesa nel limbo che è silenzio,
mosto che fermenta dopo la pigiatura.
L’aria immota è in attesa.
Arriverà Scirocco debilitante e polveroso?
Chiuderemo allora le porte della casa,
la volontà spossata rimarrà a lungo inerte.
Sarà Maestrale impetuoso e salmastro?
Agiterà le nostre acque interne,
onde alte e minacciose
ricadranno spezzate sulle rocce taglienti.
O forse Tramontana intransigente e saggio,
venuto a levigare con le sue fredde raffiche
i pensieri?
Soffierà Zefiro soave e carezzevole?
E’ allora che chiuderemo gli occhi per aprirli nel sogno.
Allargando le braccia
lasceremo che cadano le nostre bisacce pesanti.
Per quanto tempo ancora
la pioggia scivolerà sul cuore?
Alla Madre
Madre che sorgi su un letto di stelle
bianco latte trabocca dai tuoi seni su noi figli affamati di Luce.
Potente e delicata apri il mantello,
come coda di pavone in amore,
e attrai a Te chi, consapevole,
sceglie di immergersi nella Tua acqua materna.
A Te affido i miei sensi, a Te consacro l’anima mia.
Donna divina e argentea,
fiume di benedizioni nel cielo del mio autunno,
odi il canto della mia voce
e accarezza la testa
che adagio come infante sul Tuo grembo.
La prima Rosa
Rosa, mia Rosa benedetta,
mia prima Rosa!
La tua essenza profuma di mistero,
sogno arcano che inebria,
che sopisce la mente.
Le cose del mondo lontane.
Hai lo stelo di seta,
le spine sono solo un ricordo.
Immergo la mano
nella profondità del tuo ventre
per cogliere il seme
che ancora celato alla vista,
tra le pieghe dei tuoi vessilli amorosi,
si offre all’onda del vento
serbando nel cuore progetti di infiniti roseti.
Dalla mia pelle integra
mai più zampillerà goccia di sangue.