Grazia Smario - Poesie

Le ali dimenticate

 

Ho visitato gli abissi profondi

in cui ci si infanga a tal punto le ali

che il risalire è un’impresa assai ardua.

 

Sento i miei mostri agitarsi

consapevoli dei cedimenti dell’anima

avidi tiranni affamati d’ogni residuo barlume di coscienza.

 

Accovacciata nel buio

temo lo smarrimento e l’oblio.

 

Una Voce mi parla

è un suono antico

di lontani paradisi perduti

mi tiene sveglia, mi dà la Forza.

 

E’ quella parte in cui un vago ricordo permane

che trascina la me pesante e pigra,

aggrappandosi alla scivolosa parete verticale dell’esistenza.

 

Forse un giorno ricorderò di avere le ali

e saprò usarle.

Lascerò per sempre il mondo dell’ombra

compiendo il volo nuziale

per attirare la mia vera Natura.



Regressione

 

Distesa su un divano

con sopra il viso un bianco sudario

sprofondo consapevolmente

in un tempo diverso e in un diverso spazio.

 

Le immagini arrivano,

forme e colori stranieri

mi invitano ad oltrepassare

il filo spinato della ragione

per abbandonarmi al più sfrenato atto creativo.

 

Rivedo me stessa nel cicaleccio di un’altra vita,

nelle scomode immagini di un agire

di cui ancora porto i segni,

posso aprire e chiudere porte a mia discrezione.

 

Il coraggio, a volte, ha bisogno di tempo.


 

Voglio essere svegliata

 

Voglio essere svegliata dal tocco leggero

delle Tue dita di vento,

dal tintinnio purissimo dei Tuoi sonagli di luce,

accordati dal Cielo.

Mi solleverò attonita

dal letto della prolungata incoscienza

per cantare inni di gioia ritrovata,

per lodare bellezze a lungo celate ai miei sensi.

Impugnerò lo scettro,

sovrana alla mia stessa esistenza.

La coppa capiente traboccante d’ambrosia,

dell’Amore che in me hai riversato,

sarà assaggio di umori divini

per il viandante assetato che sosterà alla mia casa.

Nella verginità ricordata

Ti sarò eternamente fedele.

La Verità, come anello nuziale, adornerà la mia mano

mi sarà compagna a ogni passo.

In un mattino terso

brulicante di odorose promesse

la nebbia opprimente e illusoria verrà diradata.

Coperta di veli celesti varcherò le porte di Avalon.



Quando eravamo onirocriteidi

 

Quando eravamo onirocriteidi

si aspettava che giungesse la notte

e con la notte il sogno.

 

Distesi su morbidi velli

a formare una stella,

teste vicine

e gambe come raggi di sole.

 

A quel tempo conoscevamo le leggi.

 

Nel sonno sveglio e consapevole

il Divino trovava una breccia

per oltrepassare lo stato di coscienza ordinario  

e la connessione diventava possibile.



Terra di  Belpassaggio

 

Terra di Belpassaggio

il tuo antico nome

vibra di sonora armonia

evoca ridenti colline

e ruscelli che cantano.

Forse così apparivi

prima che il ventre della montagna

si liberasse del suo orrido peso.

Ora i miei occhi vedono

immobili onde di pietra spenta

che segnano di rughe il tuo volto.

Qua e là

come biondi capelli appena lavati

profumate ginestre inebriano il mio olfatto.

Alberelli d’ulivo ancor giovani

si offrono al becco della colomba  

che volerà dopo il diluvio.

Solide querce

rivelano con le loro chiome

la forma della tua essenza di Madre.

 

Terra di Belpassaggio

assolata e ventosa

ti sento gravida.

In te cresce un seme fecondo

che aspetta con pazienza

il compiersi dei giorni.

Quando il tempo verrà,

come calde lacrime di gioia

che liberano un felice segreto,

si romperanno le acque

e il figlio che porti nel grembo

vedrà la luce del nostro padre-sole spirituale.

 

Lode al piano di Dio per noi briganti di passaggio.


 

L’isola del Tonal

 

Sono nata in quest’isola

fin da piccola me l’hanno raccontata.

L’ho studiata sui libri

l’ho visitata nelle mie fantasie

l’ho amata

per lungo tempo ho creduto fosse la mia unica casa.

 

L’orizzonte era là

oltre il mare luccicante,

misterioso e invitante,

mi richiamava a sé.

 

Allora ho attraversato il mare

posato i piedi su terre nuove

incontrato uomini e cose

assaggiato il mistero….

E ancora… ero sull’isola

ancora un oceano tra me e l’orizzonte.

 

Poi un giorno

una Voce mi invita a scavare

“Per andare oltre l’isola

è nel profondo che bisogna guardare

trovare il tesoro

nascosto in un posto segreto

da lontanissimo tempo.

 

Come resistere a una tale promessa!

 

Sto ancora scavando,

a mani nude.

Le unghie si rompono

gocciola il sangue

ma continuo a scavare.

 

E ancora la voce mi dice

“non fare”

sospendi il dialogo interno

cancella l’idea che hai del mondo

dell’intero universo

financo l’idea che hai di Dio.

 

Difficile…

La mente, come un treno ad alta velocità

corre su binari consueti e sicuri

non prevede deragliamenti

fende l’aria

lasciandosi dietro

forme di pensieri erranti

che mi cercano come fanno i segugi con l’ambita preda

fino a stanarmi,

fino a stancarmi.

 

Ma nel sogno il pensiero si placa.

Posso allungare la mano

posso sfiorare l’indicibile.

 

Benedette le notti!

Tutte le notti,

le notti dell’anima,

le notti che seguono al giorno!

 

Solo l’oscurità può spingermi

a cercare una luce che guidi i miei passi.

 

Direzione….?    Nagual.


 

La grande falciatrice

 

Perché chiedete di mio padre?

Non vi ho mai parlato di lui

non conoscete il suo nome

non è di lui che chiedete ma della morte.

 

Volete carpirne i segreti

prevenirne le mosse

allontanarne il terrore

cercando barlumi di speranza nelle storie degli altri.

 

La grande falciatrice ci osserva

imprevedibile e discreta

non manca mai l’appuntamento.

 

Solo la certezza della continuità della Vita

dà senso e dignità al misero disfacimento dei corpi.


 

 

Per quanto tempo ancora

 

Per quanto tempo ancora

la pioggia scivolerà sul cuore

scavando solchi come su un campo d’arare?

Nella sacca del contadino i semi,

generosi e fecondi, cercano la sua mano

frementi di vitalità e fede.

Sperano di cadere nella piega accogliente dove annidarsi tepidi

e in primavera,

spingere la nuda terra orizzontale al Cielo.

 

Le foglie dell’albero del Rosario

come paracaduti ingialliti

lasciano la sicurezza del ramo

galleggiano nell’aria

ritardano l’appoggio

temono di adagiarsi su terre sconosciute ed oscure.

Il tepore inconsueto inganna la natura

sospesa nel limbo che è silenzio,

mosto che fermenta dopo la pigiatura.

L’aria immota è in attesa.

 

Arriverà Scirocco debilitante e polveroso?

Chiuderemo allora le porte della casa,

la volontà spossata rimarrà a lungo inerte.

 

Sarà Maestrale impetuoso e salmastro?

Agiterà le nostre acque interne,

onde alte e minacciose

ricadranno spezzate sulle rocce taglienti.

 

O forse Tramontana intransigente e saggio,

venuto a levigare con le sue fredde raffiche

i pensieri?

 

Soffierà Zefiro soave e carezzevole?

E’ allora che chiuderemo gli occhi per aprirli nel sogno.

Allargando le braccia

lasceremo che cadano le nostre bisacce pesanti.

 

Per quanto tempo ancora

la pioggia scivolerà sul cuore?



Alla Madre

 

Madre che sorgi su un letto di stelle

bianco latte trabocca dai tuoi seni su noi figli affamati di Luce.

Potente e delicata apri il mantello,

come coda di pavone in amore,

e attrai a Te chi, consapevole,

sceglie di immergersi nella Tua acqua materna.

 

A Te affido i miei sensi, a Te consacro l’anima mia.

 

Donna divina e argentea,

fiume di benedizioni nel cielo del mio autunno,

odi il canto della mia voce

e accarezza la testa

che adagio come infante sul Tuo grembo.



La prima Rosa

 

Rosa, mia Rosa benedetta,

mia prima Rosa!

 

La tua essenza profuma di mistero,

sogno arcano che inebria,

che sopisce la mente.

Le cose del mondo lontane.

Hai lo stelo di seta,

le spine sono solo un ricordo.

Immergo la mano

nella profondità del tuo ventre

per cogliere il seme

che ancora celato alla vista,

tra le pieghe dei tuoi vessilli amorosi,

si offre all’onda del vento

serbando nel cuore progetti di infiniti roseti.

 

Dalla mia pelle integra

mai più zampillerà goccia di sangue.