Riflettessioni… un dì agostano
Lenta è l’angoscia
fugace la stasi
ed io sempre lì,
immobile,
a sfuggire l’una e ad afferrare l’altra
in un vortice senza tregua
come l’ombra e il sole
I tuoi occhi
Non calare
le Sue palpebre
La luce ancora filtra
attraverso i Suoi occhi
come a riverberare
il mio animo
straziato
Non mestizia,
non pena,
o voi,
che,
con timido silenzio,
entrate
Forte vibra
l’assenza
della Sua presenza,
e ancora pulsa,
nonostante l’ombra
abbia ormai
invaso
il sorriso del mattino
La notte ora
ci culla
in un unico respiro,
non di aria anelante,
ma di un annullar
continuo
Una madre
Quelle mani,
le mani di una madre,
le mani di colei che
lo ha cullato
di colei che lo ha nutrito
Quelle mani,
le mani di colei che
lo ha carezzato
che dalle preoccupazioni
la fronte gli ha
sgombrato
Quelle mani,
le mani di colei che
l’asfalto insanguinato
un giorno ha tastato
lungo un incrocio
di Morte
Quelle mani,
non più rigogliose
e franche,
non più intente a ristorarlo
Quelle mani,
le mani di colei che ora
un legno acerbo
spinge
Quelle mani
ora tremanti
ma ben salde
tese verso ciò che più
non è afferrabile.
Colui che mai trovai
Quegli abbracci
quanti sorrisi
Quelle parole
trasudanti amore
Quegli sguardi
d’orgoglio traboccanti
Tu, termine sicuro
del mio corso
Tu, sole copernicano
del mio universo
Ecco, si avvicina,
è Lui,
il compiacimento
sgombro di ogni pregiudizio,
lontano da ogni derisione
Ecco, mi osserva,
mi scruta,
come a voler trovare
sul mio volto
la mappa
della sua esistenza
Ecco, è arrivato
ma non dove i miei sogni
da sempre l’han seguito
bensì lì dove
altri l’han meritato
Le parole
Di parole non si vive
ma senza parole si può morire
Le parole sono foglie
che con il loro fruscio
incorniciano il senso
dei nostri silenti addii
Le parole non si contano
si lasciano contare
affinché ognuno
abbia
il suo proprio benestare
Le parole aiutano
ad ammortizzare
il peso che si dà alla vita
spesso irrazionale
E allora accogliamole
queste benedette
parole
che ora ci scuotono
ora ci recan dolore
sta a noi decidere
il valore che ad esse
si vuole dare
Se fossi in me
Se fossi in me
lascerei perdere
ogni inutile
guerra
Se fossi in me
mi addentrerei
in un mondo
che non mi appartiene
Se fossi in me
guarderei dritto in faccia
la stoltezza
della gente
Se fossi in me
ruberei i secoli
alla nostra terra,
li ridistribuirei
in maniera equa
Se fossi in me
farei parlare tutti coloro
che la voce non l’hanno avuta
Se fossi in me
spartirei il giorno dalla notte,
ognuno con il proprio resoconto
da porgere alla vita
Ho smesso di credere
Quando gli astri
lasciano il posto
a meteore fugaci,
allora non c’è più fede
in quella vita che credevamo
sublime ed autentica.
Siamo esseri cosparsi
di nullità eccentrica
La meta e la metà
Quando stai per arrivare
verso la cima
di ciò che i “Più”
additano come
la serenità
e quando ti accorgi che
l’aver imboccato
a metà della tua
strada
un sentiero fallace,
che insensato
ha reso il tuo percorso,
quello che giudicavi
come l’unica finalità,
allora sei di coloro
che non perdonano
a se stessi
il dono
dell’umanità
Non mi appartengono
La bestia resa uomo,
la follia che si tramuta
in equilibrio,
le strade impervie
ricche di paura,
i suoni,
effervescenza
di vandalici
rumori,
gli occhi vitrei
senza sole
Non mi appartengono
la voce grida
ma il loro acuto
silenzio
non perdona
Poetar – sofando
La poesia è il serbatoio
di tutti quei pensieri che
serrati sono nella nostra
mente
Se ne sta in una soffitta,
tacita, zitta,
appena rischiarata
dalla luce della penombra
dell’umano intelletto
Non chiede nulla
Non ha un conto in banca
ma si adagia sottilmente
sulle piaghe aperte
frutto di un morbo
compiacente nei confronti
della vita
a cui non c’è rimedio alcuno
La poesia regala la sua
natura stessa,
rende il dono,
a chi l’ascolta,
di tramutarsi in
voce espressa