Jacopo Todisco - Poesie

DISTANTE

 

 

Immaginiamoci

che a guardarsi son bravi tutti.

Se siamo riflessi

non siamo gli stessi,

ma dei compromessi

ci sono concessi.

 

Desideriamoci

che ad aversi son buoni tutti.

Se mi toccassi

saremmo diversi

e forse piacersi

potrebbe annoiarci.

 

Interpelliamoci

che ad affermarsi son poveri tutti.

Se non mi chiedessi

quel che oggi vorresti,

domani saremmo

ancora qui ad aspettarci.

 

Consideriamoci

che a dimenticarsi c’è tempo per tutti.

Se fossimo stupidi

potremmo stupirci

di quanto l’amore

oggi possa ferirci.

 

E poi sussurriamoci

nei momenti tristi,

parole di vento

che vengono a dirci,

di quanto quest’ombra

diventi pesante

e di quest’assenza

scostante, incessante.

 

Ma non rassegniamoci,

stella vicina,

aspettiamo la sera

e verrà la mattina,

con quel suo profumo

di gioia e stanchezza

coglieremo il frutto

di una giovane brezza,

spezzata ogni tanto

da qualche caduta,

di chi la fortuna non l’ha mai avuta.


LA VOCE CHE RESTA

 

 

Chiedimi chi sono.

 

Sono un pozzo senza fondo,

sono chi chiede perdono.

Sono libero e son lento.

Sono aria e sono vento.

 

E se viaggio più leggero

domani tornerà il sereno,

se ti manco e se ti penso

non è chiaro cosa sento.

 

E se mi guardi una scintilla,

sembra che ti rassomiglia,

la parola, il parapiglia,

sono solo qualche miglia

contro il tempo e la distanza

che rimante? Non curanza.

 

Ma se non mi hai mai parlato,

tutto questo com’è nato?

Come mai non mi accontento?

Perché ci son finito dentro?

Se tu eri mia amica,

Come mai non sei più ‘nica?

 

Rasserena questa vita,

rasserenati se ti va.

 

Noi per oggi siamo angeli,

siamo neri, siamo margini

di un torrente che straripa,

ogni tanto qualche linea

vagamente mi delinea.

Lascia stare, lascia in pace

questa storia come brace,

che si spenga che si perda!

Che rimanga che dipenda

da quest’ansia che ci assale,

che ci manda all’ospedale,

e da tutta quest’assenza,

dal mattino, dalle gesta

che la tua speranza arresta.

 

Chi mi vede ci ripensa,

si allontana e si spaventa

del pensiero che si versa,

nella Voce che mi resta.


ROSA

 

 

Oggi piove su di noi,

sulle spalle, sugli eroi.

Oggi piove in questa stanza,

la speranza, carta straccia.

 

Oggi piove e siamo tristi,

sorridiamo non sconfitti,

ma stringiamo forte i denti

siamo vivi, stiamo attenti!

 

Oggi piove sulla vita,

sulla pelle, sulle risa,

sugli sguardi, sulle ciglia

questa casa ti assomiglia.

 

Oggi piove sul giardino,

sopra il prato, qui vicino.

 

Ma qualcosa ci colpisce,

è una rosa che resiste,

mentre qui qualcuno affoga,

lei spavalda resta in posa.

 

Sembra quasi voglia dirci

E’ un peccato essere tristi!

 

Oggi piove e siamo stanchi

siamo pigri e siamo amanti,

una goccia bagna il viso

ferma il tempo,

ci ha rapito.

 

Il rumore è ormai cessato

siamo tutti senza fiato.

Non si sente una parola

ma la pioggia parla ancora,

le sue gocce resteranno

nella mente, nell’inganno,

dalla pelle son passate,

dritto al cuore penetrate,

senti? Non ti mancheranno,

anche quando cesseranno

quando il sole e il suo calore

vinceranno ogni malanno,

 

quando insieme con l’amore,

trionferemo

 

anche quest’anno.


LA COLPA

 

 

Alla persona più buona del mondo

hanno tirato uno straccio in faccia.

Quando è caduto lei l’ha raccolto

e dopo ha passato una nottataccia.

 

Alla persona più buona del mondo

uno schiaffo hanno dato

nel pieno del viso,

lei stordita, sommessa, malconcia,

ha provato a rispondere con un sorriso.

 

Alla persona più buona del mondo

è stata affibbiata una brutta condanna,

la paura di essere un porco

non gli ha mai concesso di farla franca.

 

La persona più buona del mondo,

stamattina ha gridato

nel pieno del giorno.

E nessuno se ne sarebbe accorto,

se non fosse caduta giù in terra in un tonfo.

 

Ma poiché non ebbe mai parlato,

nessuno sapeva di che pasta era fatta,

e negli anni giorno dopo giorno,

la ricordarono tutti come un matto.


VIOLA

 

 

Che cos’è l’amore Martina?

L’hai perso questa mattina.

 

Che cos’è il dolore Francesca?

E’ il contrario di una carezza.

 

Che cos’è il pudore Roberta?

Non lasciare la gonna aperta.

 

Che cos’è il perdono Sandra?

E’ lo sguardo di una mamma.

 

Che cos’è un uomo Tommaso?

E’ il coraggio di un soldato.

 

E se qualcuno colpisce più forte,

riderete in faccia alla morte,

se la paura vi spezza e vi affranca,

le darete una pacca sulla spalla,

se il capo è chino e l’occhio viola,

manterrete la dignità di una signora.

 

E all’amore negato brinderete

almeno due o tre volte al mese.



B.

 

 

  1. Ho deciso che inizia così,

non so chi sei, se ci sei, se sei qui.

 

  1. Ho deciso di dirti che con le parole

io non so cosa dirti.

 

  1. Ho deciso di smetterla, di chiedermi e basta,

di mangiare pasta, perché alla tivù hanno detto che ingrassa.

 

  1. Forse è meglio così, forse è meglio distanti,

forse non siamo amanti.

 

  1. Che mi guardi? E che ridi?

Domattina mi alzo e non so se respiri!

 

  1. Che stanchezza di notte,

pure la mia stanza mi ha chiuso le porte,

pure mia sorella mi ha riempito di botte

e quando non parlo…

 

Ma chi se ne fotte!

 

Te l’ho promesso B.

Da domani sarò forte,

e so che mi aspettano con un fucile su cui poggiano il mento,

perché se ritardo e se mi lamento,

mica mi sparano a me! No!…sparano a loro adesso,

Così B, solo così, chi ci rimette è sempre sto fesso.

 

  1. Non ho smesso di dirti che da quando non ci sei ho iniziato a sentirti.

 

B…Hai deciso che finisce così,

senza dirmi che con le parole non riuscivi a dirmi,

senza dirmi che con l’amore eravamo felici.

 

Hai deciso che finisce così B.

Hai deciso che finisco così, Qui.


AMEDEO

 

 

Amedeo mi ha parlato di un fratello ottuso

che ha e che invidia,

perché lui non fa fatica a percepire la realtà.

 

Amedeo mi ha detto che detesta l’intelletto,

che di giorno gli brucia il petto

perché ha rovinato l’umanità

 

E poi prende le mani di suo fratello

le stringe e mi dice che nel tatto,

nel tatto, dice, c’è la forza della bontà.

 

Suo fratello sorride con gli occhi neri

di chi ha scacciato inutili pensieri,

in un posto lontano, nell’aldilà.

 

Mio fratello non parla e non giudica,

mio fratello è felice anche se non comunica.

E ha lo sguardo di chi si è scordato la verità.

 

Mio fratello non ha nome e non ha un amico,

mio fratello si è perso e non l’ha capito.

Ma quando fa forza sui miei polsi normali,

o quando mi tira i capelli, in realtà, sta dicendo:

 

< Fratello mio ti scongiuro, non lasciarmi indietro, non lasciarmi qua!>


NATALE

 

 

Ieri ho pianto per tutto quello che non ho,

ho pianto per tutto quello che non mi è successo,

ho cercato un pretesto

ed ho pianto per tutte le persone che non ho conosciuto,

ieri ho pianto per un minuto.

 

Ieri ho pianto per i giorni che verranno,

per i passi che non ho fatto,

per le parole che non ho detto.

Ho cercato il silenzio

e in silenzio ho pianto,

anche per questo.

 

Ieri ho pianto per le mani che non ho stretto,

per i saluti che non ho posto,

per gli sguardi che ho perso.

 

Ho cercato un fratello,

ed ho pianto anche per quello.

 

Ieri ho pianto per le lacrime che non ho versato,

perché ieri ho scelto di non essere un soldato.

Ieri ho pianto per le luci di natale,

per le persone, per una canzone.

 

Ieri ho pianto, ho pianto con il cuore.


L’OFFICINA

 

 

Perché lo fai?

Perché ti scagli su di me?

Perché con i vetri mi ferisci?

Perché coi pensieri non insisti?

 

Perché non respiri su di me?

Perché mi sorprendi e mi sorpassi?

Perché questi pezzi li sparpagli?

 

Perché non resisti con me?

Perché non esisti e nei miei sogni,

mi togli le notti e poi anche i giorni.

 

Perché non mi guardi?

Se capita, a tratti, che con gli sguardi

si curano i matti.

 

Andiamo via io e te.

Forse c’è un treno che ci aspetta.

Non ha rotaie e non ha un nome

e al posto del motore un enorme cuore.

La forza è quella di cento uomini,

sono pronti a spingerci lontano.

Siamo pronti a spingerci lontano?

 

C’è questa panchina fredda e piena di brina,

non c’è riparo e non c’è mattina.

Ci sei tu seduta su questa panchina,

che con la mano rovisti nella borsa e tiri fuori una matita,

mi scrivi <ti amo> ma quando ci alziamo,

la pioggia che cade cancella il tuo testo,

come si cancella un disegno, che per la fretta o svogliatezza,

hai concluso troppo presto.

 

Così ho deciso di asciugare il cielo!

E ho cancellato anche io, sì!

Ho cancellato il tempo!

Ho disegnato il sereno,

ho immaginato l’immenso e alla fine ho scoperto,

che era solo una stanza senza il pavimento.

 

E poi ti ho promesso che avrei rapito la notte,

così ogni volta che avessi sentito la stanchezza,

io te l’avrei donata e tu ti saresti addormentata.

E avremmo potuto ricominciare,

ogni volta,

avremmo potuto sperare senza sentirci in colpa.

 

Ma alla fine, forse, non ho mantenuto le mie promesse.

O forse da quando le impegnai ad oggi,

le cose sono cambiate e non sono più le stesse.

Ma c’è un investimento di cui non mi pento.

Ho costruito, in tutto questo tempo,

Un’officina segreta, con una piccola spesa.

C’è una sorpresa per te lì dentro!

E ogni giorno e ogni notte,

aggiungo, tolgo o sistemo un pezzo!

E’ piena di attrezzi che non so neanche usare, ma che è bene possedere.

Perché, vedi? Non si sa mai…

Oggi c’è un tubo rotto, domani un collegamento difettoso.

Non si può mica perder tempo, non si può più restare a riposo!

 

E allora lavoro, Martina, lavoro!

Per consegnarti un giorno,

una macchina senza difetti!

Non dovrai mai cambiare dei pezzi.

Non saprai usarla dapprima,

ma non devi preoccuparti,

ha le istruzioni lei per imparare ad usarti.

Ha lei le risposte ai tuoi dubbi beffardi,

quelle che io non sono capace di darti,

le ho messe qui dentro per ricordarti,

 

Che non si finisce mai di imparare ad amarsi.


OGGETTI

 

E’ come il vento

che se ci stai attento

e ammucchi con cura le cose a cui tieni

gli oggetti pesanti rimangono in piedi.

E i più leggeri volano lontano,

che non basta una mano

per afferrarli, per trattenerli.

 

Il vento li trascina verso nuovi orizzonti

li leviga e li modella,

ne muta la forma, ne cambia il colore.

Li dona ad altre persone.

 

E queste, a loro volta, faranno di quegli oggetti leggeri,

altri oggetti pesanti e li ammucchieranno anche loro,

così, quando il vento tornerà a soffiare non li perderanno.

 

O almeno questa sarà la loro convinzione,

perché un vento più forte arriverà,

e degli oggetti meno pesanti nuovamente, le priverà.

 

Così, questi oggetti già mutati nel tempo

incontreranno un nuovo proprietario,

trasportati dal vento.

E costui farà di questi oggetti non sufficientemente pesanti,

oggetti più resistenti che stiperà a riparo dai venti più forti.

 

O almeno questa sarà la sua convinzione,

poiché un vento contrario lo sorprenderà

e con violenza lo priverà di ogni certezza.

 

Così quest’uomo, perduta ogni cosa,

disperatamente condurrà se stesso

verso l’affannosa ricerca dei suoi unici beni,

e sulla strada un altro uomo incontrerà,

porgendogli un quesito:

< Hai forse visto passare di qua,

dei beni di prima necessità?

Che forse a guardarli parevan cianfrusaglie

ma in realtà rappresentan tutte le mie voglie!>

 

E dal suo interlocutore si vedrà rispondere:

< Buongiorno, buon uomo,

dal volto noto, che sa d’illuso.

Io che queste voglie ho già conosciuto,

ti chiedo cos’è che realmente hai perduto?

Forse c’è in te un’amara certezza

che queste piccole cose fossero una fortezza,

eppure fu sufficiente una brezza

per allontanarti dalla salvezza.

 

Hai smarrito la via, buon uomo!

Ma la buona sorte ti accompagna,

hai incontrato me, che ho trovato i tuoi beni.

 

Li ho trovati tempo fa…ben prima che tu li conoscessi

e come te mi sono dannato per recuperarli una volta persi.

 

Oggi li ho rivisti passare di qua

e li ho lasciati andare,

con lo stesso vento che li venne a rubare.

 

Ed ora sono liberi e sono libero anche io,

che mentre li guardo, gli porgo il mio addio.>