Dialogo
Mi dici corona?
Ti dico corolla.
Mi dici virus?
Ti dico vita.
Mi dici caos?
Ti dico disciplina.
Mi dici orizzonte tenebroso?
Ti dico opportunità di crescita.
Mi dici smarrimento?
Ti dico che dentro di te sai perfettamente dov’è il nord.
Mi dici è un caso.
Ti dico ne sei proprio sicuro?
Mi dici morte?
Ti dico promesse di vita.
Mi dici non è giusto?
Ti dico metti le ceneri sui capelli.
Mi dici paura?
Ti dico preghiera.
Mi dici che non ci credi?
Ti dico leggi la storia di Ninive.
Mi dici va’ in quel paese?
Ti dico in quale? Fra poco saranno tutti dichiarati zona rossa.
Mi dici che non ne puoi più?
Ti dico è appena iniziato.
Mi dici la vita fa schifo?
Ti dico guarda i fiori.
Mi dici che c’entra?
Ti dico sono segni di speranza.
Mi dici che sono folle?
Ti dico sì, follemente grata.
Mi dici non c’è di che?
Ti dico sì, sta sbocciando la primavera.
Spettacoli annullati
È chiuso il sipario,
gli attori pendono sospesi
come il lampadario
carico di luce spenta
che regna muto
sopra la deserta platea
e sospeso è il pubblico
che ormai recita stanco
il panico tra scaffali svuotati.
Dramma di Bergamo
Camion di soldati
armati di amore,
camminano
come cammelli
carichi di vite
spente in massa,
sigillate dal rantolo
dell’eterno silenzio.
Un triste convoglio
in funesta processione
porta con pietà
l’offerta all’olocausto
sull’altare di un feticcio
avido di capelli bianchi.
Scorrono i grani scuri
di un rosario mormorato
sulle strade di Bergamo,
custodi di troppe salme
che annunciano,
pur prive di parole,
tempi estremi
per svegliare chi resta.
S. L. 49 anni
Galleggia un corpo inerme nel Piave,
quel fiume ingordo di vite
da tingersi di rosso
in battaglie
inutili.
Fluttua una donna come foglia nel vento,
lontana dalla bruna terra natia,
del Caucaso il ricordo
lo riabbraccia
nell’acqua.
Affiora da onde mattutine, alla foce ignara
di essere culla di morte cercata,
l’esausta infermiera
dedita agli altri,
ma sola.
Si placa così la paura cresciuta di un angelo
in camice bianco, votato all’amore
tra corsie e letti di malati,
a portare balsamo
contro il male.
Umida si spegne la radiosa stella in caduta
libera nel letto largo e perenne,
in battaglia si distingue, ma
sfinita, una donna
muore.
Nulla cresce
Nulla cresce ora nel mio giardino
abituato a profumare di vita,
il sole non svela alcun sentiero,
solo il solito labirinto dove giro a vuoto
e dove gli unici segni sono i sogni.
Mi esortano di fare strada nella giungla
ma la roncola mi cade per terra
tra mani tremanti e un urlo fermo in gola.
Canto di Francesco
Tu sei bellezza!
Lo canta Francesco
come un mentecatto
sulle strade di Assisi.
Tu sei bellezza.
Può non essere bello
colui che ha creato il sorriso?
Prendevo sonno
nel sentir parlare di te
e cercavo la bellezza
in specchi sporchi,
in sorgenti contaminate
da inutili pensieri,
avevo la benda sugli occhi
e non capivo ancora
che tu solo sei bellezza
e tutto il resto che è bello,
è bello per riflesso tuo.
Poco ci vedo anche ora,
il tanto pianto
mi ha consumato gli occhi,
ma vedo con il cuore
e vedo senza ombre e fraintesi
che tu sei bellezza.
E grido con i venti
da penetrare ogni tana
priva di sole
e ogni vita ferma in torbide acque
che c’è, che esiste
la bellezza,
quella mai in balìa dei gusti
e sorride, danza, si moltiplica,
entra e fluisce in te
che, incantato, gorgheggi:
“tu sei bellezza”.
Custodisci la luce
Custodisci la luce
che arde in te:
che sia torcia superba
con lingue di fuoco,
o modesto lumino,
o languida fiamma
di una timida candela,
porta la luce,
mostra la via,
tieni sveglia
l’esile speranza.
Custodisci la parola,
il verbo che trabocca
di forza creatrice,
gentili e calde parole
con cui scioglierai
la prigione delle anime
che ancora dormono
al freddo.
Custodisci la sapienza,
il cuore saggio
nato nell’Eden,
la barca di carta
che naviga in acque pulite,
la barca che spingi
con voglia gioconda
su onde quiete
d’ingenua gioia.
Diagnosi di due parenti 2.
Dove sei, sole, dove?
Tra turbe di siringhe
che sbucano vite
e avanzi di sorrisi
spogli di orgoglio
e consci dell’eternità,
nascosto, lo so, ci sei.
Ombre del passato
Perché le ombre
con il tempo si allungano?
Fingono, bugiarde, di avere
eleganti strascici neri,
subdoli tentacoli del passato,
chiazze violacee
che afferrano l’anima bianca.
Datemi tiepido il sole,
le ombre restino fresche e brune,
si ritirino ubbidienti
all’ora stabilita, chiuse
nel guscio della notte,
a cui da sempre sono destinate,
senza proiettarsi mai
verso il domani.
Leda e il cigno
Nivee le piume mi sorprendono
nel sonno tiepido,
di acqua odora l’aria e di amore,
avvolto di ambrosia divina,
antichi rumori eccheggiano le onde
e rimbomba il Taigeto
sotto i passi del dio in calore.
Cigno,
cigno dal collo profumato
e interminabile come una serpe
che subdola si ruba la preda,
scivolato dall’Olimpo
t’insinui fra le mie colonne
di marmo vivo
per farmi covare
uova immortali.
Sei troppo umano, Zeus,
con questo trucco,
ma ti cedo,
Sparta chiede coraggio
e non certo l’astensione,
servono i figli da mandare in guerra
e Leda è regina,
offro buon esempio
alle donne che siano sempre pronte
a cogliere il seme spartano
e a rendere onore ad Artemide.
Poggiti, cigno, in me,
m’inebria la brezza olimpica,
ubbidisco al candore fallace,
e, posseduta dai sensi sinuosi,
gioisco dell’inganno.