Laura Roldi - Poesie

Il tuo profumo.

 

Così, in un attimo di soffocante solitudine,

con mani a coppa, ho afferrato il tuo profumo.

Con guanto fatato ho appena, appena sfiorato

il piccolo sigillo che, come soldato, lo proteggeva.

 

Socchiusi gli occhi, da questo effluvio avvolta,

il mio cuore s’è aperto e, in un sussurro,

tranquillamente, tenendoti la mano,

t’ ho raccontato quanto m’opprimeva.

 

Un fiume di parole, sottovoce

e con dolce pacatezza, è defluito.

T’ho parlato, come se tu mi fossi accanto,

non sentendomi più sola, come sempre è stato.

 

Poi, con l’animo calmo e sereno,

t’ho ringraziato, chiudendo il boccetto

ma, non il cuore, nell’attesa di riuscire

la piramide, con ampie ali e coraggio  salire.

Ambirei abbracciare quel tanto

sospirato spicchio di sole.


Mamma.

 

Ho nuotato nel buio del tuo grembo,

ascoltando i palpiti del tuo cuore.

Mi sono scaldata con il tuo sangue.

 

E tu, giovane e radiosa come mai,

hai nutrito e protetto la tua piccola,

con ali immense, intrise di luce.

 

Ed io galleggiavo serena e fiduciosa,

nell’oscurità luminosa del tuo essere.

Insieme siamo cresciute.

 

La scia potente dell’amore ci univa.

“Mamma” è stata la prima parola

da me sillabata.

 

“Mamma” sarà l’ultima che

sfiorerà le mie labbra, quando, un angelo

mi riaccompagnerà fra le tue braccia,

seguendo i fili d’oro dei tuoi capelli.


Che non succeda… ma se…

L’ingranaggio in noi, così perfetto,

così eccezionale, a volte,

in pezzi piccoli, piccoli

pigramente si ritrova.

La nostra magia se ne va via,

in un attimo o molto lentamente.

Il filmato della nostra vita

si conclude miseramente.

Il vuoto, il nulla prendono

il sopravvento e tu,

gioiosa creatura, dopo molte

lotte, non sai su chi fare affidamento.

La luce scompare ed il tuo nastro,

così ben registrato,

in un lampo viene cancellato,

come un fulmine terribilmente irato.

La sofferenza, per chi è a te legato,

non ha paragoni.

Tu sei ancora qui,

ma il tuo mondo s’è allontanato.

Con un colpo di spugna, è stato cancellato

ogni tuo presente, ogni forma del passato.

Cosa succede nel nostro cervello?

E il nostro cuore, che fa?

Si vive comunque, sempre

spruzzando candore e occhi stupiti

che guardano, senza vedere,

non ricordando più chi hai nutrito.

Ma, chi sei tu?

Lo strazio enorme non ha confini,

né per te, né per chi ti vuole bene

e, con angoscia,

non ti ritrova più.

E così, in silenzio,

come spesso, da figlia resti tu,

affondi il viso vicino

a chi ami da morire

e lasci scorrere calde lacrime,

ripresentandoti con un pallido sorriso.



Fiocchi di neve.

 

Come bimba, ipnotizzata, fisso

dalla finestra i minuscoli fiocchi

di neve che, volteggiando nel cielo,

ammantano questa terra ferita.

Una volta, bastava un poco di candore

per trasformare il tutto in un mondo fatato.

Allontano la malinconia e, al vostro tenue

volteggiare, rivolgo lo sguardo rapito.

Danza ininterrottamente un cielo di farfalline

che, senza mai urtarsi, si fanno strada

impalpabili e delicate,

poeticamente inargentate, frastagliate.

Di pizzi e merletti pregiati impreziosite,

il tutto ricoprono generosamente,

senza nulla chiedere in cambio,

solo con il desiderio di rincuorare.

Pietosamente, sembra desiderino abbellire

quanto di brutto e cattivo questo mondo

crudele ci sbatte sulla fronte,

con inaudita violenza.

Fissando questo immenso mantello,

pare che il cielo sopra di me

abbia deciso di lasciarsi andare,

forse mi cade addosso…

No, è solo un gioco d’illusione,

l’incanto del falso bello che ti illude amaramente.

Mi riprendo velocemente e, di corsa,

mi precipito all’aperto.

 

Incurante del freddo, danzo tra fiocchi birichini

che non si lasciano afferrare,

quasi a volermi sfidare nel gioco fanciullesco

ed io li lascio fare.

Con strana dolcezza, mi accarezzano il viso

ed allora, come rapita, m’abbandono sul candido

manto, così soffice  da lasciarmi affondare

e, col volto riverso al cielo, mi lascio solleticare.

Poco per volta,  imbiancare,

poco per volta, interamente fasciare,

poco per volta, lentamente gelare,

poco per volta, eternamente addormentare.


T’ho incontrato.

 

T’ ho incontrato in mezzo alla folla,

t’ho seguito senza indugio,

senza capire il perché, senza pormi se…

Ero chiusa dentro la tua bolla.

 

E’ stato un fulmine strano, latente,

incoerente dapprima, poi, sempre più deciso.

Stavo bene solo con te

e t’ho seguito con passo innocente.

 

Due linee parallele che, con decisione,

hanno sconfitto la geometria e, senza attendere

chissà quanto, si sono abbracciate,

per vivere insieme ogni stagione.

 

Due pesci nel mare infinito si sono incontrati.

Sì, è stata una magia

e, forse, ho scoperto il perché:

lo stesso nascondiglio avevamo io e te.

 

Ora penso che, se incontrarsi

è stata una magia,

il non perdersi, sarà la favola mia.


SOLITUDINE.

Solitudine

in mezzo alla gente.

Solitudine

tra le mie mura.

Vorrei dirti

che non mi fai paura.

Vorrei…

Forse, nell’età giovanile,

potevi sembrare un sostegno,

nei momenti di grande impegno.

Ma ora,

non mi pari attraente,

anche se l’introspezione

è sempre più esigente.

Che tristezza.

Dovrei vivere alla giornata.

Diventare filosofa

sarebbe una bella trovata.

Che fare?

Sicuramente,

dovrei amare e,

soprattutto, essere amata.

Allora, scompariresti

in una sola giornata!


DONDOLIO.

 

Come barchetta tra flutti galleggio,

in correnti sempre più impetuose.

Non dovrei dondolare

ma, bensì, quelle onde navigare.

L’ anima presa al laccio è stata avvinghiata

e, con insolenza, nuovamente depredata.

Un bisogno è stato soddisfatto.

Non si sa come e, senza perchè,

in una vana attesa, si va avanti così,

concedendo attenuanti e

non si capisce il motivo

che, a dover sempre dare,

è chi … veramente sa amare.


Anima accartocciata.

Fragile foglia al vento,

che ti lasci volteggiare.

 

Mai avresti voluto, con intento,

quel ramo abbandonare.

 

Un’intensa stagione, con qualche tormento

ed alcune gioie, t’ha fatta levitare.

 

Piccola verde gemma, sei stata argento,

con  tutta te stessa, il cuore hai fatto amare.

 

Di molti sei stata puro alimento,

non sei pentita, dell’immensità del tuo mare.

 

E’ sempre stato questo il tuo principale talento:

ovunque e in ogni circostanza, dare.

 

Ed ora che, con occhi velati, osservi il cambiamento,

con brividi, t’accorgi che la vita sta per terminare.

 

Ti senti così sola che il cammino è un tormento,

eppure, chissà perché, ancora vorresti amare.

 

Sarà questo il significato del tuo proponimento,

cadere in terra, per riprendere a germogliare.


Non avere paura.

 

Dolce amica mia,

non avere paura della solitudine,

sai, il buio precede ed esalta la luce.

Lo stare soli aiuta a capire noi stessi

e fa pregustare la gioia di ritrovare

chi ti vuole bene.

 

Esalta future risate.

Il saper vivere in isolamento

insegna ad ascoltare e ad apprezzare

quanto ti circonda e tu

guardi ma non vedi,

tu odi ma non ascolti.

 

Quando, in mezzo alla nebbia ti trovi,

colora il suo grigiore con l’arcobaleno:

ti accorgerai che essa è la dieta dell’anima

ed inizierai ad afferrarla e a giocarci insieme,

scoprendo la libertà che ti offre.

 

Sai, ti rivelo una mia scoperta:

la solitudine è devastante, non tanto quando

si è soli da soli,

ma quando, essendo in due,

si anela disperatamente a essere soli da soli.

 


Un pugno allo stomaco.

 

All’improvviso, un pugno allo stomaco,

con violenza inaudita, m’ha colpita.

Così, senza preavviso: nessun respiro,

apnea assoluta, doccia ghiacciata, fulminea,

in un eterno secondo, m’hanno frustata.

 

Le pupille sbarrate, la bocca spalancata,

sono evaporata, inerme e senza sangue.

Niente lacrime agl’occhi seccati.

Mi fermo un po’ frastornata, poi, mi

chino raccattando i cocci d’infinito amore.

 

Li prendo ad uno, ad uno e, con delicata

attenzione e succo di petali rosati,

li incollo con esperta precisione.

Non mi farò incatenare nel tunnel

della nera prigione.

Non mi fermerò di fronte a nulla

e il filo d’Arianna seguirò senza posa,

per dar la forza a chi amo e sperare,

sempre e comunque,

in una vita più generosa.