Laura Trimarchi - Poesie

Incontro

 

Faccio strage di pensieri mentre mi guardi. 

Un antico sentimento riconosco

e mi tiene stretta al tuo fianco.

Braccia così forti 

non mi pare aver mai conosciute.

Il passato è un faro da cui partire,

la luce dell’incantesimo 

dopo il buio della mancanza 

rischia di accecare.

Sto imparando molto in fretta ad andare piano.

Con buone frecce nella mia faretra 

non esiterò a giocare 

la mia partita migliore.

Il punto interrogativo si distende, 

si allenta, si lascia cadere 

in un lunghissimo punto esclamativo. 

La mia sorpresa è un tuffo nel mondo che vorrei.

I frutti preparati con cura 

attraverso gli anni, 

sono cibo per la mia anima, 

e te ne faccio dono. 

 

Ti ho visto passare, oltre la porta, 

senza sapere 

che stavi correndo da me. 



Malinconie

 

Nel cassetto delle mie malinconie 

troverò anche il tuo viso 

riflesso nello specchio dell’anima 

persa tra inganni e fantasie. 

 

Ti guarderò con gli occhi di oggi 

mentre il cuore sobbalza 

impaurito e soffocato 

dal volere della tua assenza. 

 

Solo il pensiero cambierà direzione

nascondendosi piegato

come il mio amore per te.



Destino

 

A questo punto se fossi il mio destino 

mi regalerei un po’ di felicità di cuore. 

Ma il mio destino non sono. 

 

Come il letto di un fiume argino il corso, 

devio, forzo un cammino, 

ne accompagno un altro,

resto a guardare l’acqua che mi scorre, 

creo mulinelli con sbuffi e giri di braccia, 

mi diverto e mi stanco.

 

Infine mi lascio portare, esausta, 

in questa lunga rincorsa verso il mare.



Mimesi

 

Spacco un muro, mi faccio male ma lo spacco,

vedo una farfalla nera 

e sono farfalla nera. 

 

Una spinta verso l’alto, le ali più sottili e il colore blu,

riposo su un cane con un osso in bocca 

e sono cane con un osso in bocca.

 

Un sapore ignoto mi sorprende, mi piace e cerco una fonte,

mi disseto di un’ acqua trasparente

e sono acqua trasparente.

 

Euforica m’infiltro tra i sassi, porto con me ogni ostacolo,

attraverso felice una crepa

e nella roccia sono crepa.

 

Marmorea e fracassata, immobile abitante del buio e della luce,

sorreggo un albero possente

e sono albero possente.

 

Fiera delle mie ondeggianti chiome, aggrappata alle mie radici,

scrollo i frutti su un tappeto d’erba

e sono tappeto d’erba.

 

Lenta, calda e pesantemente distesa, fulgida e smisurata,

innalzo i miei fili sottili al sole rovente

e sono sole rovente. 

 

Il mio calore mi spaventa, ma superba e felice

torno accesa d’anima

e resto bagliore. 



Bambina

 

Da bambina sognavo di diventare invisibile. 

Oggi darei l’anima per ritornare materia. 

Come impronta sulle dita

indelebile creatura al tuo fianco, 

sarei la promessa mantenuta, 

l’orgoglio delle tue poesie,

la rosa colta vincendo le sue spine. 

Ogni tua parola sarebbe 

parola d’ordine per l’accesso al Paradiso. 

Ogni tuo abbraccio sarebbe

l’ arcobaleno obbligato dopo la tempesta. 

 

Da bambina sognavo e non sapevo. 


 

Resisto

 

Tutte le parole nello stomaco 

e le lacrime nel cervello

non bastano a distruggermi.

 

Resisto, ce la faccio

a guardarti come il tuo volto merita,

a regalarti i miei inutili sorrisi.

 

Chiedo ai tuoi occhi cosa vedono,

ricevo solo risposte di vetro

frantumate al suolo dell’ipocrisia.

 

Ma resisto, ce la faccio

a ritrovare il tuo profumo su di me

a sfiorarti con i miei ricordi strapazzati.

 

Ci vuole coraggio a chiamarti per nome,

il sapore di parole che diventano amare

quando restano in gola.

 

Resisto, costretta nei tempi scanditi

arrestati come nubi in gabbia

mentre l’essenza dell’assenza mi divora.

 

Lasciami ridere per tutte le volte dimenticate, 

mentre colgo l’incanto

di così poco rumore.



La tua voce

 

La tua voce, una carezza sul cuore

scivola nelle pieghe dei cuscini

mentre il sonno avanza lento 

e ti allontana da me.

 

Come alba tempestiva

torna puntuale a risvegliarmi

la tua voce

primo caffè del mattino.

 

E’ musica, melodia senza fine

piccola vibrazione di un soffio 

vitale come aria e pane.

 

La tua voce, costante e unica

nuova ad ogni promessa

antica come una leggenda.



Ritorno

 

Nel cesto delle mie parole trovo anche le tue

confessioni di un effimero mortale

padrone di facili imprudenze. 

 

Tu, prodigio del passaggio

genio dell’evidenza

inventore del possibile.

 

Quante volte ancora lo sarai

nella morsa delle vite che ti sfiorano

pregno della tua certezza. 

 

L’altro io si affaccia all’improvviso

cavaliere rapito e piegato

sotto il giogo del più raggiante dei destini

 

Ogni tuo fare sarà chiarore nelle tenebre

purezza d’acque

d’ora in poi solo decenza

 

Bentornato amore.



Quel che resta

 

Passi leggeri che portano altrove

dove altrove è sempre qui,

sorrisi schiantati sul muro delle circostanze

quante volte ancora sopporterò. 

 

Rincorse per dare calci a miraggi

che miraggi non sono mai stati,

la verità è un bersaglio mancato

che ha fatto centro solo nel mio cuore.

 

Mani e piedi legati dal laccio della solitudine

di una solitudine facile a sciogliersi,

materia impercettibile su un corpo disfatto 

messo in pausa da uno schiocco di dita.

 

Braccia forti, potenti, improvvise

come improvviso il nostro richiamo,

un lungo canto salvifico

soffocato da un acuto spezzato. 

 

Resto a guardarti

offesa da un antico splendore. 



Mi pento

 

Mi pento di non averti lasciato niente di mio

di non averti dato un oggetto, un pezzo di me.

Mi pento di non averti fatto dono di un colore

una parte del mio corpo da portare via

lontano da noi.

 

Mi pento di non averti detto tutto

perché tutto non è possibile.

Mi pento di non averti confessato il mio amore

che insensato per quanto unico diventa piccolo

inaccettabile.

 

Mi pento di non aver rubato l’aria dei nostri respiri

l’affanno del nostro desiderio.

Mi pento di non aver raccolto l’umido delle tue lacrime, 

preziose come l’oro, anzi di più,

essenziali.

 

Avrei ora il cuore più leggero e meno dolente

e la stanza ricca di inestimabili valori, nascosti,

tutti per me.