Incontro
Faccio strage di pensieri mentre mi guardi.
Un antico sentimento riconosco
e mi tiene stretta al tuo fianco.
Braccia così forti
non mi pare aver mai conosciute.
Il passato è un faro da cui partire,
la luce dell’incantesimo
dopo il buio della mancanza
rischia di accecare.
Sto imparando molto in fretta ad andare piano.
Con buone frecce nella mia faretra
non esiterò a giocare
la mia partita migliore.
Il punto interrogativo si distende,
si allenta, si lascia cadere
in un lunghissimo punto esclamativo.
La mia sorpresa è un tuffo nel mondo che vorrei.
I frutti preparati con cura
attraverso gli anni,
sono cibo per la mia anima,
e te ne faccio dono.
Ti ho visto passare, oltre la porta,
senza sapere
che stavi correndo da me.
Malinconie
Nel cassetto delle mie malinconie
troverò anche il tuo viso
riflesso nello specchio dell’anima
persa tra inganni e fantasie.
Ti guarderò con gli occhi di oggi
mentre il cuore sobbalza
impaurito e soffocato
dal volere della tua assenza.
Solo il pensiero cambierà direzione
nascondendosi piegato
come il mio amore per te.
Destino
A questo punto se fossi il mio destino
mi regalerei un po’ di felicità di cuore.
Ma il mio destino non sono.
Come il letto di un fiume argino il corso,
devio, forzo un cammino,
ne accompagno un altro,
resto a guardare l’acqua che mi scorre,
creo mulinelli con sbuffi e giri di braccia,
mi diverto e mi stanco.
Infine mi lascio portare, esausta,
in questa lunga rincorsa verso il mare.
Mimesi
Spacco un muro, mi faccio male ma lo spacco,
vedo una farfalla nera
e sono farfalla nera.
Una spinta verso l’alto, le ali più sottili e il colore blu,
riposo su un cane con un osso in bocca
e sono cane con un osso in bocca.
Un sapore ignoto mi sorprende, mi piace e cerco una fonte,
mi disseto di un’ acqua trasparente
e sono acqua trasparente.
Euforica m’infiltro tra i sassi, porto con me ogni ostacolo,
attraverso felice una crepa
e nella roccia sono crepa.
Marmorea e fracassata, immobile abitante del buio e della luce,
sorreggo un albero possente
e sono albero possente.
Fiera delle mie ondeggianti chiome, aggrappata alle mie radici,
scrollo i frutti su un tappeto d’erba
e sono tappeto d’erba.
Lenta, calda e pesantemente distesa, fulgida e smisurata,
innalzo i miei fili sottili al sole rovente
e sono sole rovente.
Il mio calore mi spaventa, ma superba e felice
torno accesa d’anima
e resto bagliore.
Bambina
Da bambina sognavo di diventare invisibile.
Oggi darei l’anima per ritornare materia.
Come impronta sulle dita
indelebile creatura al tuo fianco,
sarei la promessa mantenuta,
l’orgoglio delle tue poesie,
la rosa colta vincendo le sue spine.
Ogni tua parola sarebbe
parola d’ordine per l’accesso al Paradiso.
Ogni tuo abbraccio sarebbe
l’ arcobaleno obbligato dopo la tempesta.
Da bambina sognavo e non sapevo.
Resisto
Tutte le parole nello stomaco
e le lacrime nel cervello
non bastano a distruggermi.
Resisto, ce la faccio
a guardarti come il tuo volto merita,
a regalarti i miei inutili sorrisi.
Chiedo ai tuoi occhi cosa vedono,
ricevo solo risposte di vetro
frantumate al suolo dell’ipocrisia.
Ma resisto, ce la faccio
a ritrovare il tuo profumo su di me
a sfiorarti con i miei ricordi strapazzati.
Ci vuole coraggio a chiamarti per nome,
il sapore di parole che diventano amare
quando restano in gola.
Resisto, costretta nei tempi scanditi
arrestati come nubi in gabbia
mentre l’essenza dell’assenza mi divora.
Lasciami ridere per tutte le volte dimenticate,
mentre colgo l’incanto
di così poco rumore.
La tua voce
La tua voce, una carezza sul cuore
scivola nelle pieghe dei cuscini
mentre il sonno avanza lento
e ti allontana da me.
Come alba tempestiva
torna puntuale a risvegliarmi
la tua voce
primo caffè del mattino.
E’ musica, melodia senza fine
piccola vibrazione di un soffio
vitale come aria e pane.
La tua voce, costante e unica
nuova ad ogni promessa
antica come una leggenda.
Ritorno
Nel cesto delle mie parole trovo anche le tue
confessioni di un effimero mortale
padrone di facili imprudenze.
Tu, prodigio del passaggio
genio dell’evidenza
inventore del possibile.
Quante volte ancora lo sarai
nella morsa delle vite che ti sfiorano
pregno della tua certezza.
L’altro io si affaccia all’improvviso
cavaliere rapito e piegato
sotto il giogo del più raggiante dei destini
Ogni tuo fare sarà chiarore nelle tenebre
purezza d’acque
d’ora in poi solo decenza
Bentornato amore.
Quel che resta
Passi leggeri che portano altrove
dove altrove è sempre qui,
sorrisi schiantati sul muro delle circostanze
quante volte ancora sopporterò.
Rincorse per dare calci a miraggi
che miraggi non sono mai stati,
la verità è un bersaglio mancato
che ha fatto centro solo nel mio cuore.
Mani e piedi legati dal laccio della solitudine
di una solitudine facile a sciogliersi,
materia impercettibile su un corpo disfatto
messo in pausa da uno schiocco di dita.
Braccia forti, potenti, improvvise
come improvviso il nostro richiamo,
un lungo canto salvifico
soffocato da un acuto spezzato.
Resto a guardarti
offesa da un antico splendore.
Mi pento
Mi pento di non averti lasciato niente di mio
di non averti dato un oggetto, un pezzo di me.
Mi pento di non averti fatto dono di un colore
una parte del mio corpo da portare via
lontano da noi.
Mi pento di non averti detto tutto
perché tutto non è possibile.
Mi pento di non averti confessato il mio amore
che insensato per quanto unico diventa piccolo
inaccettabile.
Mi pento di non aver rubato l’aria dei nostri respiri
l’affanno del nostro desiderio.
Mi pento di non aver raccolto l’umido delle tue lacrime,
preziose come l’oro, anzi di più,
essenziali.
Avrei ora il cuore più leggero e meno dolente
e la stanza ricca di inestimabili valori, nascosti,
tutti per me.