Lavinia Cioli

Agenda del poeta 2025


Ragnatele di silenzio

 

Ho esaurito le parole,
sono nascoste nel vento tormentoso,
nella burrasca fredda dei ricordi.

Strappate via dalla mia bocca,
accartocciate tra le dita,
si schiantano vuote contro rami
avvolti in fitte ragnatele.

S’impigliano tra steli secchi,
sterili di suoni
e di poesia.

Ho esaurito le parole,
perdute nell’ordine del quotidiano,
ove non alberga più Magia.

 


 

Pinocchio

 

Portami nel giardino incantato
dove solevi raccontarmi fiabe
che della vita diventavan chiave
per aprirne il mistero secretato.

Raccontami ancora del peccato
che trasformava un legno irreale
in un somaro che potea ragliare
e del suo naso di bugie allungato

Cullami ancora, vorrei dormire
avvolta dal ricordo della voce
tua, così mi sognerei bambino

che stringe il suo Geppetto per uscire
dal buio della notte e da una croce
che sigillò la fine al tuo cammino.

 


 

Ballata del Silenzio

 

Essiccate, le parole,
rughe di ideali
avvizzite dal tempo,
giacciono banali

come semplici tagliole,
trappole mentali
preparate nottetempo
per stolti animali.

Essiccate, le parole,
come quadri antichi
in gallerie deserte
narran vecchi miti:

Una storia ed un dolore
sterili, infiniti
attimi, grida sofferte
corpi inariditi.

 


 

Binario 21

 

Nel ventre della terra,
nel buio silenzioso
di eventi da non dire
il Genio del Mostruoso
si pasceva di Guerra
e vite da inghiottire.
Quando l’uomo vide l’Uomo abbrutire.
False promesse su carri bestiame
destinate alla Morte,
senza altra sorte
che fango e fame,
stenti, paura e la morte più infame.
Diteci ora “Se questo è un uomo”,
non chi morì per un sì o un no
ma chi, nel delirio di Superuomo,
atroce sterminio di massa ideò.

Nel ventre della terra
quel binario ascoso
la vita stessa ha visto morire
negli occhi di corpi costretti a partire
nel buio di un gelo ferroso
sacrificali su un altare criminoso.
Binario 21, condottiero di morte
guida ora ogni uomo su altra via
perché Indifferenza non chiuda la porta
alla Memoria.

 


 

L’ultima pagina

 

Se quale libro terminasse la mia vita
vorrei chiedere un dono all’Editore,
non conoscendo l’intenzione dell’Autore:
una pagina vuota, anche ingiallita.

In quello spazio lascerei il “sospeso”
ciò che “non fu”, non fu inizio o fine,
e mai seppi racchiudere in confine.
Fiamma mai spenta o fuoco mai acceso.

Vorrei uno spazio illeso dalla penna,
ove lasciare l’Ignoto e la Speranza
cercarsi, unirsi in sfrenata danza
per poi lasciarsi un “punto” quale strenna.

Qui chiuderei il racconto della vita:
nella vastità di ciò che non ho appreso,
nella parola che restò in sospeso,
nel vuoto di una pagina ingiallita.