Una casa
La mia casa non ha un odore
io non ci posso entrare.
La mia eco nel salone.
Non ha fiori, solo rumori.
Ha un ricordo sepolto nel suo canto
e nelle fossette del mio gatto.
Ha una cella grigia tutta colorata
e tutto lì dentro è morto.
- Quali amori e quali mostri? -
Ha una carta nera sul lucernario
ha occhiali per vederci meno
ha amori ormai scaduti.
La mia casa non ha un odore da ricordare.
Pharmakon – 2
Abominevole creatura e sublime vesti
di stralci di carne non morta
una scarica elettrica ti vive
dentro che non sarai mai vita.
Non sei ma ti nomino
che solo esisti nei mortuari lembi
e non ti lascio sola
nella lotta contro la vitale essenza
che aleggia in pensieri spenti
piangendo e sputando su tombe impagliate.
Io ti creo di sudore
e di inquietudine di passati dolenti
per quando saprai di esserci
per l’altrove in cui ti perderai
e non saprai più dire
ma provando troverai parole meno giuste
per cucirti addosso l’indicibile terrore
dell’esserci e non essere delle cose.
Non gli amori ti ritroveranno
ma i dolori e i versi
che con torce e picconi
spaccheranno e bruceranno l’esistenza affannosa
e naufragherai nel mare infuocato
come un’esperta di tempeste e naufragi.
Abominevole creatura e sublime vesti
di sangue e di carne miei
insieme sul ciglio della Terra
cadremo nel vuoto che abbiamo formato.
Abito a fiori
(Morcheeba – I am the spring)
Ti calzerò a pennello
come i fiori di ciliegio
e la brezza del mattino
all’aprire i miei cieli
come porte al tuo bussare
e la terra s’attorciglierà
ai tuoi piedi di seta
nell’offrire i miei palmi
al tuo rigoglioso fiorire.
Ti calzerò a pennello
come l’abito che indossano
gli alberi e la morte
e saremo primavera.
La polvere e il lucernario
Avevi il tuo odore tra le dita
ignuda
la luce ti attraversava le gambe.
Niente ti avrebbe distratta
dalla tua quiete illusoria
abbandonata tra l’adipe scarna.
Suonasti un si e un do
ma non urlasti e non desti.
Avevi un dolore tra le dita
ignuda
la luce ignorava il tuo petto.
Niente ti avrebbe restituito
alle mani che ti sfiorarono
perse in rumorosi deserti.
Il silenzio che suonasti partorì buio.
Cantasti rabbia e si dissanguò il sole.
Ninna nanna della resilienza
C’è un posto nella mia guerra
un campo di fiori e di budella
dove modico e indisturbato avanza
il carro funebre della mia danza
In punta di piedi su cocci d’Avorio
di poli danzanti, d’aria e di cranio
all’ombra d’un occhio che guarda
le sbarre lucenti della mia gabbia
esiste velato e felpato, banale
un esser sordido e indigesto, frugale
la Luna smarrita, una benda sugli occhi
ai vivi tempesta, i fiori ai morti
E alla fine del giorno si pulisce lo sporco
di mani sbagliate ed un volto contorto
e addormentandosi su milioni di lotte
non vede la vita, non vede la morte
Se una notte d’inverno un viaggiatore – 2
Se
una notte d’inverno
un viaggiatore
bussasse alla mia porta
io non aprirei
poiché mi nego d’averne
ed entrerebbe
indisturbato
disturbante
facendomi perdere
la mia casa delle bambole
senzaporta,
senzatetto
per le strade della
realtà.
Quando
una notte
d’Inverno un viaggiatore
fingerà di bussare alla mia porta
si chiederà perché
è un viaggiatore
e si dirà che non c’è
soluzione
ché gliel’ha comandato il suo padrone,
per poi scoprire che può essere
un fiore
un raggio di sole
una foglia che cade
o acqua sciogliendosi
ma sceglierà di diventare
un fiocco rosso di vene
per impacchettare la sua essenza
e regalarsela a natale.
Se
una notte d’un viaggiatore
inverno
scendesse di primavera
e congelasse ogni gemma in cristalli
e trasformasse i petali in coltelli
forse
ma forse
il viaggiatore si sentirebbe a suo agio
sentendo dal cuore
uscire sangue caldo
e la vita scorrere dai polsi
formare diramate vie che non conosce
e non sapere più dove andare
diventando senzatetto com’il primo
per le strade del
dolore.
La difficoltà del non esserci
Il tuo corpo da più menti violato
mi è incanto e tragedia
in questo carnevale di dolore
in cui siamo ubique facce bianche
e non sentiamo il distacco
tra noi e il loro vuoto.
Stiamo fallendo.
Li abbelliamo dei nostri desideri
ma non vogliamo essere come loro
che sono morti
e non abbiamo il coraggio
di farli nascere davvero.
Hanno tutti i sintomi della non persona
e il loro sguardo è altrove
in cerca d’una guida che non li conduca morti alla morte
ma non c’è rimedio al nostro continuo errore.
Ciò che noi genitori sterminiamo
un giorno fiorirà.
(Ispirata al film “Detatchment – il distacco”)